LA CORTE DEI CONTI Ha pronunciato la seguente ordinanza sui ricorsi iscritti, rispettivamente, al n. 2011/G e al n. 5300/C del registo di segreteria, proposti dal dott. Negri Romolo, nato a Bologna il 19 dicembre 1914 e residente a Pieve di Cento (Bologna), in via Rossini n. 29, rappresentato e difeso dall'avv. Fabio Dani, elettivamente domiciliato presso lo studio del difensore in Bologna, via Mazzini n. 2/3, avverso il decreto di pensione del Ministero del tesoro - Direzione generale degli istituti di previdenza - Cassa pensioni sanitari n. 0585 in data 8 maggio 1994 nella parte in cui si dispone che il trattamento di quiescenza, liquidato nell'importo annuo lordo di lire 5.366.500, sia corrisposto a decorrere dal 12 dicembre 1992, giorno successivo alla domanda di pensione presentata oltre 10 anni dalla cessazione dal servizio. Uditi alla pubblica udienza del 12 giugno 1997, con l'assistenza del segretario signora Elisabetta Bergami, il magristrato relatore consigliere Francesco Maria Pagliara, il difensore del ricorrente, avv. Fabio Dani, ed il rappresentante del Ministero del tesoro, dott. Lorenzo De Lorenzis. Visti gli atti e i documenti di causa. F a t t o Il dott. Negri, gia' medico condotto del comune di Pieve di Cento (Bologna), cesso' dal servizio per raggiunti limiti di eta' il 31 luglio 1980. L'ente di appartenenza provvide, quindi, alla liquidazione del trattamento provvisorio di quiescenza spettante al predetto il quale, peraltro, si rifiuto' di firmare la "dichiarazione del titolare del trattamento" di cui al relativo modello S.C. 756, sicche' la Direzione provinciale del tesoro di Bologna, avente in carico la pensione iscrizione n. 6472916 a lui intestata, ne sospese il pagamento. Soltanto il 13 aprile 1992 l'interessato sottoscrisse la suddetta dichiarazione in relazione al foglio di liquidazione in data 11 aprile 1992, con il quale gli veniva attribuita a partire dal 1 agosto 1980 la pensione provvisoria dell'importo annuo lordo di lire 2.293.400, poi rideterminato in lire 5.179.200 con modello S.C. 756/4 del 25 maggio 1992. La Direzione provinciale del tesoro dianzi citata diede allora applicazione a quanto disposto nei suindicati modelli, facendo decorrere i pagamenti dal 1 marzo 1987, in quanto per le rate precedenti era intervenuta la prescrizione. Successivamente, la Direzione generale degli istituti di previdenza del Ministero del tesoro con nota del 16 marzo 1993 comunico' al predetto ufficio che il Negri aveva presentato domanda di pensione ad essa Direzione generale soltanto l'11 dicembre 1992, e poiche' il trattamento d quiescenza decorreva, ai sensi e per gli effetti dell'art. 13 della legge 22 novembre 1962, n. 1646, soltanto dal 12 dicembre 1992, giorno successivo alla data della domanda medesima in quanto presentata oltre dieci anni dalla cessazione del servizio, autorizzo' il recupero di quanto corrisposto in piu'. La Direzione provinciale, percio', a partire dalla rata del mese di maggio 1993 ha trattenuto in via cautelare la somma mensile di lire 241.527 - poi ridotta a lire 88.642 dal 1 giugno 1995 - e con nota n. 90764 del 30 marzo 1994 ha comunicato al ricorrente l'avvio del procedimento amministrativo di accertamento del debito per somme percepite in piu' a regime di trattamento provvisorio di pensione. La Direzione generale degli istituti di previdenza ha poi emesso il decreto impugnato, con il quale e' stata conferita al ricorrente la pensione definitiva di lire 5.366.500 a decorrere dal 12 dicembre 1992. Con il primo dei ricorsi all'esame (n. 2011/G) - depositato il 10 maggio 1994 presso la segreteria delle sezioni speciali pensioni di guerra e pervenuto a questa sezione, per competenza, il 15 ottobre 1994 -l'interessato ha fatto presente che non intende restituire le somme percepite come acconti sulla pensione, all'uopo richiamando la sentenza della Corte costituzionale sez. lav. n. 559 del 18 gennaio 1993, che ha affermato l'irrepetibilita' delle somme indebitamete percepite in buona fede da dipendente pubblico a titolo di retribuzione, e rilevando, altresi', la possibilita' da parte sua di "chiedere di usufruire di tutti i benefici concessi ai reduci combattenti e partigiani previsti dalle vigenti disposizioni di legge". Nel secondo gravame (n. 5300/C), invece, viene eccepita l'illegittimita' del decreto di pensione per i seguenti motivi: 1) incostituzionalita', per contrasto con gli artt. 3 e 38 della Costituzione, dell'art. 13 della legge 22 novembre 1962 n, 1646, laddove dispone che ai fini del conferimento del trattamento diretto di quiescenza delle casse pensioni la domanda deve essere presentata dall'iscritto non oltre il compimento del sessantottesimo anno di eta' oppure non oltre dieci anni dalla data di cessazione dal servizio, decorrendo, altrimenti, soltanto dalla data di presentazione della medesima; 2) violazione e falsa applicazione dell'art. 3 legge 7 agosto 1990, n. 241, non essendo il riferimento al citato art. 13 sufficiente a giustificare la diminuzione del trattamento di quiescenza del ricorrente; 3) violazione degli artt. 1 legge 29 aprile 1976, n. 117 e 99 d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, nonche' dei principi generali in materia di perequazione del trattamento pensionistico, in quanto la pensione conferita con il decreto impugnato, di ammontare (L. 5.366.500) quasi uguale a quello (L. 5.179.200) del trattamento provvisorio liquidato con decorrenza dal 1 agosto 1980, ancorche' corrisposta soltanto dal dicembre 1992, avrebbe dovuto essere ragguagliata al costo della vita ed agli incrementi retributivi di carattere generale concessi al personale in attivita' di servizio; si chiede, pertanto, l'annullamento del decreto impugnato, previa esibizione, in via istruttoria, di tutti gli atti costituenti il procedimento che ha condotto il Ministero del tesoro - Direzione generale degli istituti di previdenza alla emanazione del decreto contro cui si resiste e dai quali poter desumere il conteggio operato dal Ministero stesso. L'istituto nazionale di previdenza per i dipendenti dell'amministrazione pubblica (INPDAP) - subentrato alle casse pensioni gia' amministrate dalla soppressa Direzione generale degli istituti di previdenza del Ministero del tesoro - si e' costituito formalmente in giudizio con nota pervenuta alla segreteria il 23 maggio 1996: in essa si fa presente che nella fattispecie in esame ha trovato applicazione il disposto di cui ai commi 1 e 3 dell'art. 13 legge n. 1646/1962, ove si prevede che, per le cessazioni dal servizio a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge stessa, qualora le domande di pensione siano prodotte oltre dieci anni dalla data di collocamento a riposo, il trattamento di quiescenza decorre soltanto dalla data di presentazione della domanda; si precisa inoltre che con la ministeriale del 9 ottobre 1995 la D.P.T. di Bologna era stata autorizzata a maggiorare l'importo originario della pensione, ammontante a lire 5.366.500, delle perequazioni automatiche nonche' delle rivalutazioni di legge virtualmente calcolate dal 1 agosto 1980 al 12 dicembre 1992, e pertanto, nel caso in cui il predetto ufficio via abbia dato esecuzione, la materia del contendere puo' considerarsi cessata. Con relazione pervenuta nella stessa data del 23 maggio 1996 la Direzione provinciale del tesoro di Bologna ha sostenuto la legittimita' del proprio operato, rilevando che tutte le censure contenute nel ricorso n. 5300/C riguardano direttamente l'istituto di previdenza. Nella camera di consiglio in sede cautelare del 13 giugno 1996, questa sezione ha emesso l'ordinanza n. 0284/96/C del 13 giugno - 24 luglio 1996, con la quale e' stata respinta l'istanza di sospensiva del provvedimento impuganto per carenza del presupposto della sussistenza di un danno grave e irreparabile. Infine in data 9 settembre 1996 l'avv. Fabio Dani ha depositato, nell'interesse del ricorrente, una memoria difensiva nella quale viene ribadita l'incostituzionalita' dell'art. 13 legge n. 1646/1962 per i seguenti motivi: 1) la norma trova applicazione solo con riferimento ai trattamenti pensionistici erogati dalla casse amministrate dai soppressi istituti di previdenza del Ministero del tesoro, oggi sostituiti dall'l.N.P.D.A.P., per cui la sua applicazione comporta che il titolare di pensione erogata dagli istituti anzidetti sia indebitamente discriminato rispetto a coloro che in caso di ritardo di inoltro della domanda non subiscano alcuna penalizzazione essendo la loro pensione erogata da enti diversi; 2) la stessa norma e' ormai divenuta anacronistica, e comunque e' in contrasto con i precetti costituzionali che sanciscono l'uguaglianza fra i cittadini (art. 3) nonche' il diritto fondamentale dei lavoratori di vedersi assicurati i mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di impossibilita' a prestare la propria attivita' professionale (art. 38); 3) il principio della imprescrittibilita' del diritto di trattamento di quiescenza, sancito prima dall'espressa previsione di cui all'art. 5 del decreto del Presidente dalla Repubblica n. 1092 del 1973, e poi dalla sentenza della Corte costituzionale n. 8 del 15 gennaio 1976, che ha dichiarato l'illegittimita' delle norme che fissavano il termine di novanta giorni per ricorrere alla Corte dei conti in materia di pensione ordinaria, dimostrerebbe come sia il legislatore che in giudice costituzionale abbiano ritenuto illegittimo subordinare il diritto soggettivo al trattamento di quiescenza alla tempestivita' dell'azione dell'interessato. Nella memoria si osserva inoltre che i motivi di incostituzionalita' del citato art. 13 legge n. 1646/1962 e, conseguentemente, l'illegittimita' del provvedimento impugnato resterebbero validi quand'anche l'amministrazione dovesse provvedere nelle more del giudizio a maggiorare l'importo stabilito nel decreto di pensione sulla base delle perequazioni automatiche nonche' delle rivalutazioni di legge: in tal caso, infatti, contrariamente a quanto sostenuto dall'I.N.P.D.A.P. nella sua memoria costitutiva, non potrebbe comunque dichiararsi cessata la materia del contendere, posto che l'interesse del ricorrente non sarebbe completamente soddisfatto dal momento che il ricorrente medesimo, con la proposizione del ricorso, ha inteso ottenere altresi' e soprattutto l'abrogazione della norma in questione; si insiste, pertanto, per l'accoglimento del gravame. Nell'odierna pubblica udienza il difensore del ricorrente si e' riportato alla suddetta memoria per ribadire l'illegittimita' dell'art. 13 legge 22 novembre 1962, n. 1646 e rinnovare le richieste gia' formulate. Il rappresentante del Ministero del tesoro, dal canto suo, ha ammesso i dubbi di costituzionalita' della norma appena citata, pur riaffermando la legittimita' dell'operato della Direzione provinciale del tesoro di Bologna, ed ha concluso rimettendosi alla giustizia della Corte; D i r i t t o Preliminarmente, i ricorsi specificati in epigrafe vanno riuniti ex art. 273 c.p.c. per essere definiti con unica sentenza, riguardando la stessa materia. Cio' premesso, va osservato che la controversia sottoposta all'esame della Corte trae origine dall'applicazione nel caso di specie dell'art. 13 della legge 22 novembre 1962, n. 1646 (Modifiche dagli ordinamenti degli istituti di previdenza presso il Ministero del tesoro), che recita: "Per le cessazioni dal servizio a partire dalla data di entrata in vigore della presente legge in poi, ai fini del conferimento del trattamento diretto di quiescenza delle casse pensioni facenti parte degli istituti di previdenza, la domanda deve essere presentata dall'iscritto non oltre il compimento del sessantottesimo anno di eta', oppure non oltre dieci anni dalla data di cessazione dal servizio qualora tale termine sia piu' favorevole, ovvero nel caso di premorienza, deve essere presentata dagli eredi entro cinque anni dalla data di morte dell'iscritto. Per i casi di morte di iscritto o di titolare di pensione diretta a partire dalla data di entrata in vigore della presente legge in poi, ai fini del conferimento del trattamento di quiescenza indiretto o di riversibilita' della casse pensioni indicate al comma precedente la domanda deve essere presentata entro il decennio dalla data di morte dell'iscritto o del titolare di pensione diretta. Se le domande di cui ai precedenti commi vengono presentate oltre i termini nei commi stessi indicati, il trattamento di quiescenza decorre soltanto dalla data di presentazione della domanda. Rimangono salve le disposizioni in vigore concernenti i termini per la presentazione della domanda di pensione di privilegio e per la richiesta degli accertamenti sanitari nei casi di cessazione dal servizio per inabilita'". Il difensore del ricorrente ha dedotto questione di costituzionalita' della norma anzidetta perche' in contrasto con gli artt. 3 e 38 della Costituzione: sotto il primo profilo, essa avrebbe determinato una indebita discriminazione a danno degli iscritti alle casse pensioni amministrate dai soppressi istituti di previdenza del Ministero del tesoro rispetto alle altre categorie di pubblici dipendenti i quali, a differenza dei primi, non sono tenuti a presentare alcuna domanda per la liquidazione della pensione diretta, con conseguente offesa del principio di uguaglianza (art. 3); sotto il secondo profilo, invece, violerebbe il diritto fondamentale dei lavoratori di vedersi assicurati i mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di impossibilita' a prestare la propria attivita' professionale (art. 38). Al riguardo osserva preliminarmente la sezione, in punto di rilevanza della questione de qua, che, ove questa fosse accolta e l'art. 13 citato, con specifico riferimento ai commi primo e terzo, fosse oggetto di declaratoria di illegittimita', ne deriverebbe l'accoglimento della domanda attrice, venendo a cadere le limitazioni ostative poste dalla norma denunciata. Nel merito, va rilevato che la norma medesima, prevedendo, ai fini del conferimento della pensione, l'onere della relativa istanza da parte dell'interessato, pone in essere nei confronti dei dipendenti degli enti locali iscritti alle casse pensioni una disciplina della procedura di liquidazione del trattamento di quiescenza differenziata rispetto al sistema pensionistico statale, nel quale la regola e' costituita dall'inizio d'ufficio del procedimento de quo. Ebbene, in tale disarmonia normativa si puo' effettivamente rinvenire una disparita' di trattamento ai danni della suindicata categoria di pubblici dipendenti, soprattutto se si considera che, ai sensi del terzo comma del ripetuto art. 13, l'intempestiva proposizione della domanda di pensione comporta la decorrenza del trattamento soltanto dalla data di presentazione della stessa. D'altra parte, la differente disciplina dettata per gli iscritti alle casse pensioni non sembra trovare ragionevole giustificazione in una particolare situazione giuridica dei predetti, nel senso che, seppure il trattamento di quiescenza sia loro conferito da ente diverso da quello di appartenenza, la posizione pensionistica dei dipendenti degli enti locali si presenta, nel complesso, sostanzialmente omogenea a quella dei dipendenti statali. Ma la norma impugnata sembra violare, oltre che il principio di uguaglianza, anche, se non soprattutto, i principi di proporzionalita' della pensione e di adeguatezza della stessa alle esigenze vitali dei lavoratori di cui, rispettivamente, all'art, 36, primo comma, della Costituzione - l'applicazione del quale al trattamento pensionistico si riconnette al carattere retributivo di questo - e del successivo art. 38, secondo comma: infatti, fino a quando la relativa domanda non e' presentata il conferimento della pensione rimane sospeso, sicche' l'interessato e' privato dei necessari mezzi di sostentamento, e se la domanda e' presentata oltre i termini indicati dal terzo comma dell'art. 13, si verifica una situazione di non giustificata riduzione della pensione rispetto ai servizi effettivamente prestati, quanto meno per i ratei non interessati dalla prescrizione quinquennale prevista dall'art. 2948 del codice civile. Conclusivamente, la prospettata questione di costituzionalita' risulta non manifestamente infondata in riferimento agli artt. 3, 36 e 38 della Costituzione, ed il giudizio deve pertanto essere sospeso con rimessione degli atti alla Corte costituzionale per la conseguente pronunzia.