IL PRETORE
   Ha pronunicato la seguente ordinanza  nel  proc.  pen.  n.  1083/94
 contro  Messina  Giuseppe  piu'  sei imputati di rissa all'udienza 23
 settembre 1996.
   La direttiva di cui all'art. 2 n. 12 della legge delega dispone che
 la competenza per materia sia determinata  tenendo  conto  sia  della
 pena   edittale  -  con  esclusione  degli  aumenti  derivanti  dalla
 recidiva, dalla continuazione  e  dalle  circostanze  aggravanti,  ad
 eccezione  di  quelle  per  le  quali la legge stabilisce una pena di
 specie diversa e di quelle ad effetto speciale - sia  della  qualita'
 del  reato.  In  particolare  dispone  che  vengano  attribuiti  alla
 competenza del pretore le contravvenzioni e i delitti punibili con la
 pena della multa o con quella  della  reclusione  non  superiore  nel
 massimo   a   quattro  anni,  nonche'  altri  delitti  specificamente
 indicati, in attuazione di detta direttiva l'art.  7  c.p.p.  dispone
 l'attribuzione  alla  competenza  del pretore del reato di rissa, per
 cui si procede, punito nel massimo con la pena  della  reclusione  di
 quattro  anni.  La  competenza  per  materia del pretore viene quindi
 individuata non  piu', come per l'art. 31 c.p.p. 1930, sulla base del
 solo criterio  quantitativo,  ma,  seguendo  la  tendenza  ampliativa
 espressa  nelle  modifiche  apportate  a  detta  norma dalla legge 31
 luglio 1984, n.  400  anche  sulla  base  del  criterio  qualitativo,
 fondato sul titolo del reato.
   Prescindendo  dal  caso della ripartizione della competenza in base
 al criterio qualitativo con riferimento alla situazione del  soggetto
 attivo  del  reato  (che  determina la competenza del tribunale per i
 minorenni, giudice ordinario specializzato chiamato  a  conoscere  di
 tutti i reati commessi da minori degli anni 18), il codice vigente ha
 dunque  adottato  un  criterio  misto,  ponendo a base del sistema il
 criterio  quantitativo  ampiamente  derogato  da  numerosi  casi   di
 competenza   qualitativa:   alla  corte  d'assise  e'  attribuita  la
 competenza per i delitti per i quali  la  legge  stabilisce  la  pena
 dell'ergastolo  o  della  reclusione  non  inferiore  nel  massimo  a
 ventiquattro anni; al tribunale quella per i reati  per  i  quali  la
 legge  stabilisce  la  pena della reclusione nel massimo inferiore ai
 ventiquattro anni e superiori ai quattro; al  pretore  quella  per  i
 reati  per  i  quali la legge stabilisce la pena della reclusione non
 superiore nel massimo a quattro anni, ovvero una pena pecuniaria sola
 o congiunta alla predetta pena detentiva; la Corte  d'assise  inoltre
 estende  la  propria  competenza  a  reati  che  secondo  il criterio
 quantitativo sarebbero di competenza del tribunale o del pretore;  il
 tribunale  a reati che sarebbero di competenza della corte d'assise o
 del pretore, il pretore a  reati  che  sarebbero  di  competenza  del
 tribunale.
   Il  criterio  misto  adottato nel codice vigente non estende quindi
 solo la competenza del giudice "superiore" a  reati  che  secondo  il
 criterio quantitativo sarebbero di competenza del giudice "inferiore"
 ma  anche  la  competenza  di  quest'ultimo  a  reati  che secondo il
 predetto criterio sarebbero di competenza del giudice "superiore".
   Se pero' detto criterio, cosi' come attuato, puo'  rispondere  alla
 particolare  configurazione  della  Corte  d'assise che giustifica la
 scelta di devolvere ad un organo -  che  per  la  composizione  mista
 attua  la  diretta  partecipazione popolare all'amministrazione della
 giustizia  -  materie  di  particolari  rilievo  per   la   coscienza
 collettiva,  sia per laspeciale gravita' della pena che per la natura
 e le conseguenze dell'illecito, non altrettanto puo' dirsi in  ordine
 alla   ripartizione   della   competenza  tra  pretore  e  tribunale,
 caratterizzandosi la differenza tra questi due organi giurisdizionali
 non per la particolare natura della  loro  composizione,  ma  per  la
 collegialita'  del  secondo,  cui  consegue  una maggiore garanzia in
 ordine alla decisione ed  a  cui  si  accompagna  una  procedura  non
 semplificata,   come   quella   pretorile,   che   esclude  l'udienza
 preliminare.
   Ed invero la legge  10  aprile  1951  n.  287  aveva  correttamente
 regolato  secondo  il  criterio  qualitativo solo la competenza della
 Corte  d'assise,  ricorrendo  al   criterio   quantitativo   per   la
 determinazione della competenza del pretore e riservando a quella del
 tribunale  (secondo  un  criterio misto) anche la cognizione di reati
 che, pur essendo puniti con la pena  inferiore  ai  quattro  anni  di
 reclusione,  si  caratterizzano per la particolare rilevanza del bene
 giuridico tutelato, ovvero per una maggiore  pericolosita'  diffusiva
 (come  nel  caso dei reati commessi col mezzo della stampa); ne' puo'
 fondatamente argomentarsi che il problema delle minori  garanzie  sia
 sostanzialmente    venuto    meno    per   la   raggiunta   integrale
 "giurisdizionalizzazione"  del  pretore  realizzata   attraverso   la
 separazione  delle  funzioni reqirenti e giudicanti, essendo connesse
 (le minori garanzie), come si e' appena  detto,  alla  monocraticita'
 dell'organo  ed  alla  semplificazione della procedura.   In realta',
 come e' stato osservato, l'esigenza  di  fondo  che  ha  ispirato  la
 normativa  sulla competenza del pretore "e' stata quella di sottrarre
 agli ''organi superiori'' un volume cospicuo di  processi,  cosi'  da
 riservare  l'attivita'  dei tribunali e delle Corti d'assise a quelle
 vicende rispetto alle quali si presenta piu'  marcata  la  necessita'
 della  cognizione  di  un organo collegiale" (A. Macchia, Commentario
 del nuovo codice di procedura penale, vol. I pag. 33).
   Il  rapporto  tra  reato  e  composizione  monocratica o collegiale
 dell'organo   giudicante   non   puo'   pero',   per   le   superiori
 considerazioni,  prescindere  dalla  gravita'  del  primo,  come puo'
 chiaramente desumersi anche dal  fatto  che  l'art.  2  n.  12  della
 legge-delega  pone  come  criterio generale per la deroga al criterio
 quantitativo solo la recidiva,   la  continuazione  e  le  aggravanti
 comuni,  escludendo  quelle per le quali la legge stabilisce una pena
 di specie diversa e quelle ad  effetto  speciale,  che  per  la  loro
 natura implicano connotazioni di accentuata gravita'. Appare pertanto
 non  manifestamente  infondata  e  rilevante in ordine alla decisione
 sulla  competenza  per   materia   la   questione   di   legittimita'
 costituzionale  delle  norme  si cui agli art. 2 n. 12 della legge 16
 febbraio 1987 n. 81 e 7, lett. g)  c.p.p.  in  relazione  all'art.  3
 della  Costituzione  in  quanto  detta  norma  crea una disparita' di
 trattamento tra cittadini imputati del delitto di rissa  e  cittadini
 imputati  di  delitti  di  minore  gravita'  per  cui e' stabilita la
 competenza del tribunale.