IL PRETORE
   Ha emesso la seguente ordinanza, visti gli  atti  del  procedimento
 penale  contro  Morresi Maria Grazia, Simoncelli Massimo e Simoncelli
 Stefano imputati per i reati di cui:
     A) art. 20 lett. c) legge 47/1985 e 110 codice penale;
     B) artt. 1, 2, 13, legge 1086/1971 e 110 codice penale;
     C) artt. 1, 4, 14, legge 1086/1971 e 110 codice penale;
     D) art. 1-sexies, legge 8 agosto 1985 n. 431 e  art.  110  codice
 penale;
     E) artt. 734 e 110 codice penale;
     F)  artt.  1,  3,  17,  18  e  20, legge 64/1974, 81 e 110 codice
 penale.
   Il giudice remittente e' chiamato ad applicare, tra l'altro  l'art.
 1-sexies,   legge   431/1985   in   merito   al   quale  si  sospetta
 l'incostituzionalita' come da motivazione che di seguito si  esprime.
 Tanto   premesso   in   punto   di   rilevanza  sulla  non  manifesta
 infondatezza.
                             O s s e r v a
   La norma incriminatrice di cui all'art.  1-sexies,  legge  431/1985
 richiamato  rimanda  ad  aree  considerate protette, desumibili dalla
 espressa elencazione normativa di cui all'art. 1.
   L'individuazione dei beni oggetto di tutela per categorie  -  quale
 presupposto   normativo,   che   attraverso   il   meccanismo   della
 incorporazione concorre ad identificare la fattispecie incriminatrice
 -  confligge,  gia'  di  per  se',  con  i  parametri  costituzionali
 contenuti  negli  artt.    42  e 97 della Costituzione. In effetti la
 proclamazione di principio secondo cui la proprieta' e' inviolabile -
 salvo le limitazioni nei modi e forme previsti dalla legge -  postula
 che, se e' vero che esistono beni con naturale attitudine al vincolo,
 con  conseguenti  limitazioni al diritto di disposizione e godimento,
 cio' non di meno la loro individuazione deve avvenire  attraverso  le
 forme  del  giusto  procedimento, la cui rilevanza e necessarieta' si
 desume  dal  generale  canone  del  buon   andamento   amministrativo
 codificato  all'art.  97 della Costituzione.  Cio' al duplice fine di
 rendere conoscibile, attraverso procedure di esternazioni ad evidenza
 pubblica, le ragioni  che  connotano  il  particolare  pregio  di  un
 determinato  bene  e di consentire parallelamente ai privati di poter
 introdurre nel procedimento medesimo le loro osservazioni e  istanze.
 Cio'  e' evidentemente precluso qualora il vincolo risulti introdotto
 per via legislativa anziche' provvedimentale.
   Ulteriore negativo riflesso di tale situazione  e'  la  sostanziale
 perdita  di  concretezza  della  stessa  ratio  punitiva sottesa alle
 speciali  norme  incriminatrici  introdotte  proprio  per  assicurare
 protezione  accentuata a beni e valori di particolare considerazione.
 Conseguentemente le stesse norme incriminatrici  solo  apparentemente
 risultano  rispettose  del  principio  di  tipicita' inteso nella sua
 stretta correlazione con l'interesse o bene da salvaguardare che,  in
 tali  eventualita',  giova  ribadirlo,  solo in termini assiomatici e
 senza alcun riscontro di concretezza, se non in via di vera e propria
 astrazione, risulta sussistente.
   In questa ottica,  in  cui  la  tutela  del  valore  ambientale  e'
 affidata  piuttosto  a  illusioni  repressive che non a concreti atti
 della pubblica autorita' di  individuazione  del  bene  da  tutelare,
 viene  ad essere inciso lo stesso principio di ragionevolezza, atteso
 che si introduce un regime particolarmente  afflittivo  senza  alcuna
 certezza  che  lo  stesso  sia  in rapporto di sintonia con interessi
 effettivamente sussistenti.    Di  tale  disarmonia  del  sistema  e'
 espressione  la norma richiamata nella rubrica del presente processo,
 come puo' evincersi dalla irragionevole e non giustificabile maggiore
 afflittivita' della predetta norma incriminatrice,  che  presenta  un
 carattere  prevalentemente  formale,  quale  risposta punitiva per la
 mancata acquisizione del titolo autorizzatorio da  parte  degli  Enti
 preposti  alla  tutela  del  vincolo, rispetto alla previsione di cui
 all'art. 734 codice penale, che considera la deturpazione di fatto ed
 in  concreto  del  bene  ambientale, con evidente maggior spregio del
 valore paesaggistico ed ambientale.
   Ne' puo' pretermettersi la sospetta  incostituzionalita'  dell'art.
 1-sexies, legge 431/1985, in se' considerato, in raffronto con l'art.
 25,  secondo comma della Costituzione per violazione del principio di
 legalita' essendo indeterminata la pena da applicare. Al riguardo non
 appaiono persuasive le precisazioni giurisprudenziali che individuano
 in quella riportata dall'art. 20, lett. c), legge  47/1985,  fondando
 sull'argomento  che  soltanto  l'art.  20,  lett.  c),  richiamato si
 riferisce a zone vincolate.
   Tale argomentazione non incide affatto sulla problematica di  fondo
 concernente la mancanza, nel testo della norma incriminatrice, di una
 specifica  sanzione  tra  quelle gradatamente riportate nell'art.  20
 richiamato e, da qui, la  palese  indeterminatezza  della  previsione
 sanzionatoria.  A  tacere del rinvio, qualora volesse condividersi la
 richiamata  impostazione   giurisprudenziale,   alla   gia'   cennata
 problematica   insistente   sulla   irragionevole  concentrazione  di
 previsioni  sanzionatorie  distinte  per  un  medesimo  fatto   e   a
 salvaguardia dello stesso interesse.
   Neppure  puo' dirsi rispettato, sempre nel caso dell'art. 1-sexies,
 l'obbligo di specificazione  della  condotta  incriminata,  che,  nel
 testo  della  norma  in  discorso,  viene  individuata  con  generico
 riferimento alla violazione delle  disposizioni  della  stessa  legge
 431/1985.  Come  autorevolmente osservato in dottrina, infatti non e'
 sempre chiara l'individuazione della  condotta  vietata,  in  quanto,
 esaminando  le disposizioni degli artt. 1/1-quinquies, solo in alcuni
 casi si possono identificare norme a contenuto  precettivo.  Come  si
 puo'  notare,  infatti,  nella  legge  431/1985  non  e' compresa una
 specifica disposizione che pone l'obbligo  della  autorizzazione  per
 ogni  opera realizzata in zona vincolata in base alla stessa legge o,
 comunque, soggetta a vincolo paesaggistico,  e  non  sembra  che  una
 soluzione  interpretativa assai disinvolta, che si fondi sul richiamo
 ad un presupposto logico della disciplina in questione, vale  a  dire
 l'obbligo della autorizzazione di cui alla legge 1497/39, sarebbe del
 tutto  corretta  dal  punto  di  vista  del  gia' citato principio di
 legalita' di rango costituzionale.
   In altre parole, se si interpretasse rigorosamente la  disposizione
 in  parola,  l'art.  1-sexies  non  sarebbe  applicabile  in  caso di
 realizzazione di opere in zone  vincolate  senza  autorizzazione  per
 mancanza   dell'estremo   delle  condotte  vietate,  stante  la  gia'
 ricordata carenza  di  norme,  nel  corpo  della  legge  medesima,  a
 contenuto precettivo.