IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  sul  ricorso  n.  4501/95
 proposto dalla Soc. API - Anomina Petroli Italiana S.p.a., in persona
 del   legale   rappresentante  pro-tempore,  rappresentata  e  difesa
 dall'avv.  Vittorio Zammit ed elettivamente domiciliata presso l'avv.
 Vincenzo Morso in Firenze, via Strozzi n.  6;  contro  il  comune  di
 Prato  costituitosi  in giudizio, rappresentato e difeso dagli avv.ti
 Andrea Sansoni e Luca Poli ed  elettivamente  domiciliato  presso  lo
 studio  dell'avv.to  Flavia  Pozzolini in Firenze, via degli Artisti,
 20; e la regione Toscana  in  persona  del  presidente  della  giunta
 regionale    pro-tempore,   non   costituitasi   in   giudizio;   per
 l'annullamento,  previa  sospensione,  della  delibera  della  giunta
 municipale  n.  1136  del 21 aprile 1995; dell'ordinanza sindacale n.
 50550 del 28 settembre 1995 e delle delibere di proroga del consiglio
 regionale del termine di  validita'  del  piano  di  ristrutturazione
 degli impianti per la distribuzione di carburanti;
   Visto il ricorso con i relativi allegati;
   Visto l'atto di costituzione in giudizio del comune intimato;
   Viste  le  memorie  prodotte  dalle  parti a sostegno delle proprie
 difese;
   Visti gli atti tutti della causa;
   Uditi, altresi', gli avv.ti V. Morso per V.  Zammit  e  A.  Sansoni
 alla pubblica udienza del 23 gennaio 1997;
   Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue:
                           Premesso in fatto
   Attraverso  il  ricorso  in esame, notificato il 7 dicembre 1995 si
 impugnano - per violazione di legge ed eccesso di potere  sotto  vari
 profili  -  l'ordinanza sindacale n. 50550 del 28 settembre 1995, con
 cui viene ordinata la  chiusura  dell'impianto  di  distribuzione  di
 carburante,  gestito  dalla  societa' ricorrente, nonche', quale atto
 presupposto, la delibera della giunta municipale di Prato n. 1136 del
 21 aprile 1995, con la quale  si  annullava  la  precedente  delibera
 della stessa giunta n. 528 del 4 marzo 1993.
   Entrambe le delibere di g.m. sopra citate si inseriscono nella fase
 attuativa  del "Piano regionale di razionalizzazione della rete degli
 impianti stradali per erogazione di carburante per uso  autotrazione"
 -  approvato  con  delibera  consiliare  n.  50  del 24 gennaio 1985,
 integrata con delibera di c.r. 10 ottobre 1989, n. 43 -  nonche'  del
 "Programma comunale per la ristrutturazione della rete degli impianti
 stradali  di  erogazione  carburanti  per autotrazione", adottato con
 delibera consiliare n. 579 del 20 marzo 1990, ai sensi  dell'art.  16
 della delibera Consiglio della regione Toscana n. 431/1989 cit..
   Con  la  prima delibera (n. 528/1993), in particolare, la ricordata
 giunta municipale di Prato  -  enunciata  la  propria  competenza  in
 materia  ai  sensi  dell'art.  1  della l.r. 31 ottobre 1985, n. 61 -
 deliberava di rinnovare "per il periodo  strettamente  necessario  al
 trasferimento,  le  concessioni  relative  agli  impianti esistenti e
 funzionanti, venute o prossime a scadenza" per  le  quali  non  fosse
 possibile  procedere  "al  rinnovo  diciottennale per contrasto con i
 disposti del piano di ristrutturazione".
   Nella seconda delibera (n. 1136/1995, ora oggetto di  impugnativa),
 la   medesima   Giunta  annullava  l'anzidetta  proroga,  perche'  in
 contrasto con l'art. 3, comma  2,  della  delibera  di  Giunta  della
 regione Toscana n. 50/1985, e demandava al sindaco "l'emissione delle
 ordinanze  relative alla chiusura degli impianti ... in condizioni di
 incompatibilita' con il sito", ed  il  trasferimento  degli  impianti
 "entro  il  31  dicembre  1995,  termine  di  validita' del programma
 comunale", ovvero l'adeguamento  degli  impianti  solo  "parzialmente
 incompatibili";  veniva  stabilito,  inoltre,  il  termine di un mese
 dalla  notifica  delle  ordinanze  sindacali  "per   procedere   allo
 smaltimento   delle  scorte  dei  prodotti  ed  alla  chiusura  degli
 impianti", ove detta chiusura fosse stata imposta dalle ragioni sopra
 enunciate.
   In attuazione del provvedimento sopra sintetizzato, il  sindaco  di
 Prato  ha  successivamente emesso numerose ordinanze - fra cui quella
 in questa sede  impugnata  -  di  chiusura  o  di  adeguamento  degli
 impianti,  in  corrispondenza  di  situazioni di fatto assai diverse:
 concessioni gia' da tempo scadute o asseritamente gia' rinnovate  per
 18  anni,  concessioni da considerare revocate per l'incompatibilita'
 del   sito   di   esercizio   dell'impianto   rispetto   alla   nuova
 pianificazione,  concessioni  per le quali si invoca un giusto titolo
 ad ulteriore proroga, avendo il comune  indicato  -  per  i  previsti
 trasferimenti   -   nuovi   luoghi   di  insediamento  conformi  alla
 pianificazione ma non ancora disponibili  (ad  esempio,  per  mancata
 realizzazione  della sede stradale); non mancano, infine, casi in cui
 il trasferimento dell'impianto e' condizionato  solo  ad  adempimenti
 amministrativi, che lo stesso comune tarda a compiere.
   Nel  caso di specie, la concessione risulta scaduta il 3 marzo 1995
 e - secondo il comune resistente - non puo' essere rinnovata, essendo
 collocato l'esercizio in un incrocio stradale, con ulteriore  assenza
 dei  necessari  spazi  di  sosta,  senza che alcuna iniziativa per il
 trasferimento risulti assunta in tempi regionali.
   Ogni  valutazione  di  merito,  tuttavia, appare condizionata dalla
 eccepita incompetenza della  Giunta  ad  emanare  l'atto  presupposto
 all'ordine  di  chiusura,  attenendo tale atto a materia concessoria,
 riservata al Consiglio munale ex art. 32, comma 2, lett. f)  legge  8
 giugno  1990,  n.  142;  la  questione  di competenza, tuttavia, deve
 essere valutata anche alla luce della legge della regione Toscana  31
 ottobre 1985, n. 61, nel testo sostituito con l.r. 20 giugno 1992, n.
 27, che nell'art. 1, comma 3, affida "il rilascio delle concessioni o
 delle  autorizzazioni  agli  aventi  diritto  nella  materia  di  cui
 trattasi, alla giunta comunale: la questione di competenza, pertanto,
 assurge a questione di costituzionalita' della  legge  regionale,  in
 rapporto a principi fondamentali inerenti la struttura organizzatoria
 e  operativa  dell'Ente  territoriale minore, secondo le disposizioni
 della citata legge dello Stato.
                        Considerato in diritto
   La questione appare rilevante - in  quanto  investe  la  competenza
 (oggetto  di  specifico  motivo  di  gravame) dell'Autorita' emanante
 l'atto presupposto, impugnato insieme  a  quello  conseguenziale,  di
 modo  che  il giudizio non puo' essere definito, indipendentemente da
 una risposta della suprema  Corte  in  ordine  alla  conformita'  del
 citato  art.  1  della  legge  regione  Toscana  n.  61/1985  -  come
 modificata con legge regionale n. 27/1992 -  agli  artt.  117  e  128
 della Costituzione.
   La  suddetta  questione  di costituzionalita' risulta, inoltre, non
 manifestamente infondata, ove si consideri che l'art.  32,  comma  2,
 lett.  f),  della legge 8 giugno 1990, n. 142 cita espressamente, fra
 le competenze dei consigli  comunali  "la  concessione  dei  pubblici
 servizi".
   La  regione  Toscana,  invece, ha statuito che gli atti concessori,
 inerenti gli impianti di distribuzione automatica di  carburanti  per
 uso  autotrazione,  siano "de1iberati dalla giunta comunale, ai sensi
 dell'art. 35 della legge 8 giugno 1990, n. 142", (cfr. art. 1,  comma
 3, l. reg. cit.).
   Il  rinvio  all'art.  35 della legge statale sulle autonomie locali
 (articolo che disciplina le competenze  delle  giunte  comunali)  non
 appare  tuttavia  pertinente:  la  giunta,  infatti,  e' investita di
 attribuzioni residuali, nelle materie non riservate  dalla  legge  al
 consiglio  comunale,  nonche'  di  funzioni attuative degli indirizzi
 generali, ovvero propositive e di impulso nei confronti del  medesimo
 consiglio.
   Il  diretto  esercizio della potesta', in materia di concessione di
 pubblici servizi (rilascio, revoca, rinnovo, proroga) non puo' dunque
 non ritenersi riservato dalla legge statale all'organo di indirizzo e
 di   controllo   politico-amministrativo   dell'Ente   locale,   data
 l'espressa   enunciazione   contenuta   al   riguardo   nel   dettato
 legislativo.
   Quanto sopra,  presumibilmente,  per  l'immediata  incidenza  della
 gestione  dei  servizi stessi sulla vita dei soggetti amministrati, e
 dunque per la stretta connessione delle vicende  concessorie  con  le
 attribuzioni  primarie  dell'Ente  in  questione, nello spirito - che
 puo' ritenersi  proprio  del  decentramento  autonomistico  -  di  un
 massimo  avvicinamento dell'organo-guida dell'Ente rappresentativo ai
 problemi concreti del territorio. La distribuzione del carburante, in
 particolare, e' materia di competenza statale, gestita dalle  regioni
 in  via  delegata,  ex  artt.  7  e 52 d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616,
 nell'ambito degli indirizzi determinati dal Governo con  decreti  del
 Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri,  in  attuazione  dei piani
 energetici nazionali approvati dal CIPE.
   La concessione per i singoli impianti ha  durata  diciottennale,  e
 deve  adeguarsi  a linee di indirizzo dettate - oltre che dal Governo
 sul piano programmatorio anzidetto - anche dagli enti locali (regione
 e comune) per  le  rispettive  aree  di  influenza.  La  materia,  in
 conclusione,  coinvolge  delicati  interessi pubblici a vari livelli,
 con diretta incidenza sui trasporti e la viabilita'.
   Tenuto  conto  di  quanto  sopra,  e'  praticamente   pacifico   in
 giurisprudenza    che    l'assenso    richiesto,    per   l'esercizio
 dell'attivita' di cui trattasi, abbia natura  di  concessione  di  un
 pubblico  servizio,  di  spettanza del consiglio comunale ex art. 32,
 comma 2, lett. f) legge n. 142/1990 - (cfr. in tal senso Cons. Stato,
 sez. V, 11 marzo 1995, n. 385 e 389; 8  febbraio  1995,  n.  213;  30
 ottobre 1993, n. 1127, 1129 e 1131; 4 novembre 1994, n. 1260, sez. VI
 30  dicembre  1992,  n. 1198 T.r.l.  Lazio, sez. II 9 giugno 1992, n.
 1459 e 4 novembre 1992, n. 2104; T.a.r. Lazio, sezione di Latina,  27
 aprile  1992,  n. 280; T.a.r. Lombardia, sezione di Brescia 20 luglio
 1993, n. 630 e 27 ottobre 1992, n.  1138;  T.a.r.  Campania,  Napoli,
 sez. I, 29 settembre 1993, n. 303).
   Isolata  sul  piano  dottrinale  e  giurisprudenziale  (cfr. T.a.r.
 Toscana, sez. III, 23 maggio 1995, n. 119) appare  la  tesi,  secondo
 cui  la potesta' concessoria spetterebbe al consiglio solo in ipotesi
 ben definite - concernenti pubblici servizi di carattere  prettamente
 locale, in base al combinato disposto degli artt. 22 e 32 della legge
 n.  142/1990 cit. - con conseguente competenza residuale della Giunta
 nella materia che e' oggetto del presente ricorso.
   La limitazione, in realta',  non  appare  compatibile  con  l'ampio
 dettato  della  norma  individuatrice  delle competenze del consiglio
 comunale, ne' con la ratio della  medesima,  che  -    come  gia'  in
 precedenza  sottolineato  -  mira a ricondurre la materia dei servizi
 pubblici  sotto  il  diretto  controllo  dell'organo   di   indirizzo
 politicoamministrativo   del   comune,   al   quale   irrazionalmente
 verrebbero sottratte le concessioni coinvolgenti interessi piu' ampi.
   Oggetto del precedente art.  22,  invece,  e'  la  definizione  dei
 moduli  gestionali  dei  servizi  pubblici  affidati ai comuni e alle
 province, e  la  statuizione  -  in  armonia  con  l'art.  118  della
 Costituzione  -  di  una  riserva  di  legge per l'individuazione dei
 servizi che i citati enti possono gestire "in via esclusiva".
   Proprio in una materia che, come quella in esame,  coinvolge  anche
 profili  di pianificazione a livello sovracomunale, d'altra parte, il
 rilascio, la proroga e la revoca delle singole concessioni - per  gli
 spazi  di intervento discrezionale sussistenti al riguardo (cfr.  per
 il principio Corte cost. 24 giugno 1992, n. 301, Consiglio  Stato  VI
 n.  1198/92  cit.,  T.a.r.  Toscana, Sez. III 29 maggio 1993, n. 190;
 T.a.r. Lazio Sez. II 22 giugno 1993, n. 738) - esula  da  profili  di
 mera  attuazione,  coinvolgendo  scelte  che  opportunamente la legge
 statale riconduce alla medesima Autorita', preposta a  dettare  linee
 generali di indirizzo.
   Nella fattispecie, l'intero programma comunale - emesso nell'ambito
 della piu' ampia pianificazione in precedenza indicata, e scadente il
 31 dicembre 1995 - e' risultato condizionato (e, almeno in parte qua,
 inattuato)  a  seguito  di  provvedimenti  della giunta, che ha prima
 (delibera   n.  528/1993)  prorogato  senza  limiti  ben  precisi  le
 concessioni per la gestione di impianti, incompatibili  con  il  sito
 nell'ambito della nuova programmazione, e poi (delibera n. 1136/1995,
 ora  impugnata) ha annullato la precedente determinazione, rimettendo
 al  sindaco  l'immediata  chiusura  o  l'adeguamento  degli  impianti
 incompatibili,   senza   valutazioni  caso  per  caso  (in  ordine  a
 concessioni gia' scadute, o rinnovate ma da revocare, o a  situazioni
 in  cui  il  trasferimento fosse di fatto condizionato da adempimenti
 comunali) e senza alcun apprezzamento di carattere generale, circa la
 sufficienza e la razionalita' della rete di distribuzione residua.
   Nella situazione in esame, in  altre  parole,  risulta  evidenziato
 come  la  potesta'  da  esercitare  nel  settore  di  cui  trattasi -
 indipendentemente dalle ragioni sussistenti (o meno) nel caso singolo
 - sia strettamente legata a scelte e indirizzi di portata generale.
   Tali scelte e indirizzi, d'altra parte, sono rimessi  con  l'intera
 materia concessoria alla giunta dal piu' volte ricordato art. 1 della
 legge  regionale  n.  61/1985, come modificato con legge regionale n.
 27/1992, ad avviso del collegio in contrasto con la  ripartizione  di
 competenze,  di cui all'art. 32 comma 2, lett. f) legge n. 42/1990, e
 quindi con gli artt. 117 e  128  della  Costituzione,  investendo  la
 struttura     organizzatoria    dell'Ente    territoriale    principi
 fondamentali, da rinvenire in leggi dello stato, e dovendo discendere
 da queste ultime l'ordinamento dell'autonomia degli enti territoriali
 minori.
   In base alla ricordata legge n. 142/1990, con particolare  riguardo
 alla  disciplina contenuta nell'art. 3, si puo' infatti convenire che
 spetta alla regione il ruolo di "centro propulsore e di coordinamento
 dell'intero sistema delle autonomie locali", ma  nel  rispetto  delle
 funzioni  e  delle  competenze  predeterminate con leggi dello Stato,
 come si evince appunto dall'art. 128 della Costituzione da leggere in
 parallelo ai precedenti artt. 117 e 118  (cfr.  per  alcuni  principi
 Corte cost. 15 luglio 1991, n. 343).