IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  sul  ricorso n. 4330/1995
 proposto dalla soc. Italiana Petroli s.p.a.  -  IP,  in  persona  del
 legale  rappresentante  pro-tempore, rappresentata e difesa dall'avv.
 Orfeo Cadelo ed elettivamente domiciliata presso  il  suo  studio  in
 Firenze,  via  Bonifacio  Lupi  n.    14;  contro  il comune di Prato
 costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso dagli avv.ti  Andrea
 Sansoni  e  Luca  Poli  ed elettivamente domiciliato presso lo studio
 dell'avv. Flavia Pozzolini in Firenze,  via  degli  Artisti,  20;  il
 sindaco  del comune di Prato nella persona pro-tempore in carica, non
 costituitosi  in  giudizio;  e  nei  confronti  della  societa'  Esso
 Italiana s.p.a. in persona del legale rappresentante pro-tempore, non
 costituitosi  in  giudizio;  per  l'annullamento, previa sospensione,
 della delibera della Giunta municipale n. 1136 del 21 aprile  1995  e
 dell'ordinanza sindacale n. 50561 del 28 settembre 1995;
   Visto il ricorso con i relativi allegati;
   Visto l'atto di costituzione in giudizio del comune intimato;
   Viste  le  memorie  prodotte  dalle  parti a sostegno delle proprie
 difese;
   Visti gli atti tutti della causa;
   Uditi,  altresi,  gli  avv.ti  O.  Cadelo  e  L. Poli alla pubblica
 udienza del 27 novembre 1996;
   Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue:
                           Premesso in fatto
   Attraverso il ricorso in esame, notificato il 27 novembre  1995  si
 impugnano  -  per violazione di legge ed eccesso di potere sotto vari
 profili - l'ordinanza sindacale n. 50561 del 28  novembre  1995,  con
 cui  viene  ordinata  la  chiusura  di  impianto  di distribuzione di
 carburante, gestito dalla societa' ricorrente,  nonche',  quale  atto
 presupposto, la delibera della giunta municipale di Prato n. 1136 del
 21  aprile  1995,  con  la  quale si annullava la precedente delibera
 della stessa giunta n. 528 del 4 marzo 1993.
   Entrambe  le  delibere  di  giunta  municipale  sopra   citate   si
 inseriscono   nella   fase   attuativa   del   "Piano   regionale  di
 razionalizzazione della rete degli impianti stradali  per  erogazione
 di   carburante  per  uso  autotrazione"  -  approvato  con  delibera
 consiliare n. 50 del 24 gennaio 1985, integrata con delibera di  C.R.
 10  ottobre  1989,  n.  43  -  nonche' del "Programma comunale per la
 ristrutturazione della rete degli  impianti  stradali  di  erogazione
 carburanti per autotrazione", adottato con delibera consiliare n. 579
 del  20  marzo  1990, ai sensi dell'art.  16 della delibera C.R.T. n.
 431/1989 cit.
   Con la prima delibera (n. 528/1993), in particolare,  la  ricordata
 giunta  municipale  di  Prato  -  enunciata  la propria competenza in
 materia ai sensi dell'art. 1 della l.r. 31  ottobre  1985,  n.  61  -
 deliberava  di  rinnovare  "per il periodo strettamente necessario al
 trasferimento, le concessioni  relative  agli  impianti  esistenti  e
 funzionanti,  venute  o  prossime  a scadenza" per le quali non fosse
 possibile procedere "al rinnovo diciottennale  per  contrasto  con  i
 disposti del piano di ristrutturazione".
   Nella  seconda delibera (n. 1136/1995, ora oggetto di impugnativa),
 la  medesima  Giunta  annullava  l'anzidetta  proroga,   perche'   in
 contrasto con l'art. 3, comma 2, della delibera di G.R.T. n. 50/1985,
 e  demandava  al  sindaco  "l'emissione delle ordinanze relative alla
 chiusura degli impianti . . . in condizioni di  incompatibilita'  con
 il  sito",  ed  il trasferimento degli impianti "entro il 31 dicembre
 1995,  termine  di  validita'   del   programma   comunale",   ovvero
 l'adeguamento   degli  impianti  solo  "parzialmente  incompatibili";
 veniva stabilito, inoltre, il termine di un mese dalla notifica delle
 ordinanze sindacali "per procedere allo smaltimento delle scorte  dei
 prodotti  ed  alla chiusura degli impianti", ove detta chiusura fosse
 stata imposta dalle ragioni sopra enunciate.
   In attuazione del provvedimento sopra sintetizzato, il  sindaco  di
 Prato  ha  successivamente emesso numerose ordinanze - fra cui quella
 in questa sede  impugnata  -  di  chiusura  o  di  adeguamento  degli
 impianti,  in  corrispondenza  di  situazioni di fatto assai diverse:
 concessioni gia' da tempo scadute o asseritamente gia' rinnovate  per
 18  anni,  concessioni da considerare revocate per l'incompatibilita'
 del   sito   di   esercizio   dell'impianto   rispetto   alla   nuova
 pianificazione,  concessioni  per le quali si invoca un giusto titolo
 ad ulteriore proroga, avendo il comune  indicato  -  per  i  previsti
 trasferimenti   -   nuovi   luoghi   di  insediamento  conformi  alla
 pianificazione ma non ancora disponibili  (ad  esempio,  per  mancata
 realizzazione  della  sede stradale); non mancano, infine, casi i cui
 il  trasferimento  dell'impianto  e' condizionato solo ad adempimenti
 amministrativi, che lo stesso comune tarda a compiere.
   Nel caso di specie, la societa' ricorrente non  avrebbe  omesso  di
 assumere    opportune   iniziative   -   tempestivamente   comunicate
 all'amministrazione - per sanare la situazione degli  impianti  posti
 in siti incompatibili con la nuova programmazione comunale.
   Il  comune resistente - a sua volta - conferma che sarebbero in via
 di rilascio concessioni per un nuovo impianto compatibile, ma insiste
 per  il  rigetto  dell'impugnativa,  essendo  comunque  legittimo  il
 mancato   rinnovo   della  concessione  per  l'esercizio  non  ancora
 trasferito.
   Ogni valutazione di merito,  tuttavia,  appare  condizionata  dalla
 eccepita  incompetenza  della  giunta  ad  emanare l'atto presupposto
 all'ordine di chiusura, attenendo tale atto  a  materia  concessoria,
 riservata  al consiglio comunale ex art. 32, comma 2, lett. f), legge
 8 giugno 1990, n. 142; la questione  di  competenza,  tuttavia,  deve
 essere  valutata anche alla luce della legge della regione Toscana 31
 ottobre 1985, n. 61, nel testo sostituito con l.r. 20 giugno 1992, n.
 27, che nell'art. 1, comma 3, affida "il rilascio delle concessioni o
 delle autorizzazioni  agli  aventi  diritto"  nella  materia  di  cui
 trattasi, alla giunta comunale: la questione di competenza, pertanto,
 assurge  a  questione  di costituzionalita' della legge regionale, in
 rapporto a principi fondamentali inerenti la struttura organizzatoria
 e operativa dell'ente territoriale minore,  secondo  le  disposizioni
 della citata legge dello Stato.
                        Considerato in diritto
   La  questione  appare  rilevante  - in quanto investe la competenza
 (oggetto di specifico  motivo  di  gravame)  dell'autorita'  emanante
 l'atto  presupposto,  impugnato  insieme  a quello conseguenziale, di
 modo che il giudizio non puo' essere definito,  indipendentemente  da
 una  risposta  della  suprema  Corte  in  ordine alla conformita' del
 citato art. 1 legge regione Toscana n. 61/1985 - come modificata  con
 legge   regionale  n.  27/1992  -  agli  articoli  117  e  128  della
 Costituzione.
   La suddetta questione di costituzionalita'  risulta,  inoltre,  non
 manifestamente  infondata,  ove  si  consideri che l'art. 32 comma 2,
 lett. f) della legge 8 giugno 1990, n. 142 cita espressamente, fra le
 competenze  dei  consigli  comunali  "la  concessione  dei   pubblici
 servizi".
   La  regione  Toscana,  invece, ha statuito che gli atti concessori,
 inerenti gli impianti di distribuzione automatica di  carburanti  per
 uso  autotrazione,  siano "deliberati dalla giunta comunale, ai sensi
 dell'art. 35 della legge 8 giugno 1990, n. 142" (cfr. art. 1 comma 3,
 legge regionale citata).
   Il rinvio all'art. 35 della legge statale  sulle  autonomie  locali
 (articolo  che  disciplina  le  competenze delle giunte comunali) non
 appare tuttavia pertinente:  la  giunta,  infatti,  e'  investita  di
 attribuzioni  residuali,  nelle  materie non riservate dalla legge al
 consiglio comunale, nonche' di  funzioni  attuative  degli  indirizzi
 generali,  ovvero propositive e di impulso nei confronti del medesimo
 consiglio.
   Il diretto esercizio della potesta', in materia di  concessione  di
 pubblici servizi (rilascio, revoca, rinnovo, proroga) non puo' dunque
 non ritenersi riservato dalla legge statale all'organo di indirizzo e
 di   controllo   politico-amministrativo   dell'ente   locale,   data
 l'espressa   enunciazione   contenuta   al   riguardo   nel   dettato
 legislativo.
   Quanto  sopra,  presumibilmente,  per  l'immediata  incidenza della
 gestione dei servizi stessi sulla vita dei soggetti  amministrati,  e
 dunque  per  la  stretta connessione delle vicende concessorie con le
 attribuzioni primarie dell'ente in questione,  nello  spirito  -  che
 puo'  ritenersi  proprio  del  decentramento  autonomistico  -  di un
 massimo avvicinamento dell'organo-guida dell'ente rappresentativo  ai
 problemi concreti del territorio. La distribuzione del carburante, in
 particolare,  e' materia di competenza statale, gestita dalle regioni
 in via delegata,  ex articoli 7 e 52 d.P.R. 24 luglio 1977,  n.  616,
 nell'ambito  degli  indirizzi determinati dal Governo con decreti del
 Presidente del  Consiglio  dei  Ministri,  in  attuazione  dei  piani
 energetici nazionali approvati dal CIPE.
   La  concessione  per  i singoli impianti ha durata diciottennale, e
 deve adeguarsi a linee di indirizzo dettate - oltre che  dal  Governo
 sul  piano  programmatorio  anzidetto  -  anche  dagli  Enti locali -
 (regione e comune) per le rispettive aree di influenza.  La  materia,
 in conclusione, coinvolge delicati interessi pubblici a vari livelli,
 con diretta incidenza sui trasporti e la viabilita'.
   Tenuto   conto   di  quanto  sopra,  e'  praticamente  pacifico  in
 giurisprudenza   che    l'assenso    richiesto,    per    l'esercizio
 dell'attivita'  di  cui  trattasi,  abbia natura di concessione di un
 pubblico servizio, di spettanza del consiglio comunale   ex  art.  32
 comma  2 lett. f) legge n. 142/1990 - (cfr. in tal senso Cons. Stato,
 sez. V, 11 marzo 1995, n. 385 e 389; 8  febbraio  1995,  n.  213;  30
 ottobre  1993 n. 1127, 1129 e 1131; 4 novembre 1994, n. 1260, sez. VI
 30 dicembre 1992, n. 1198 T.A.R.  Lazio, sez. II 9  giugno  1992,  n.
 1459  e 4 novembre 1992, n. 2104; T.A.R. Lazio, sezione di Latina, 27
 aprile 1992, n. 280, T.A.R. Lombardia sezione di  Brescia  20  luglio
 1993,  n.  630  e  27 ottobre 1992, n. 1138; T.A.R. Campania, Napoli,
 sez. I, 29 settembre 1993, n. 303)
   Isolata sul  piano  dottrinale  e  giurisprudenziale  (cfr.  T.A.R.
 Toscana,  sez.  III,  23 maggio 1995, n. 119) appare la tesi, secondo
 cui la potesta' concessoria spetterebbe al Consiglio solo in  ipotesi
 ben  definite - concernenti pubblici servizi di carattere prettamente
 locale, in base al combinato disposto degli articoli 22 e 32 legge n.
 142/1990 cit. - con conseguente  competenza  residuale  della  giunta
 nella materia che e' oggetto del presente ricorso.
   La  limitazione,  in  realta',  non  appare compatibile con l'ampio
 dettato della norma individuatrice  delle  competenze  del  consiglio
 comunale,  ne'  con  la  ratio  della  medesima,  che  - come gia' in
 precedenza sottolineato - mira a ricondurre la  materia  dei  servizi
 pubblici   sotto   il  diretto  controllo  dell'organo  di  indirizzo
 politico-amministrativo  del   comune,   al   quale   irrazionalmente
 verrebbero sottratte le concessioni coinvolgenti interessi piu' ampi.
   Oggetto  del  precedente  art.  22,  invece,  e' la definizione dei
 moduli gestionali dei servizi pubblici  affidati  ai  comuni  e  alle
 province,  e  la  statuizione  -  in  armonia  con  l'art.  118 della
 Costituzione - di una  riserva  di  legge  per  l'individuazione  dei
 servizi che i citati Enti possono gestire "in via esclusiva".
   Proprio  in  una materia che, come quella in esame, coinvolge anche
 profili di pianificazione a livello sovracomunale, d'altra parte,  il
 rilascio,  la proroga e la revoca delle singole concessioni - per gli
 spazi di intervento discrezionale sussistenti al riguardo (cfr.   per
 il  principio  Corte cost. 24 giugno 1992, n. 301, Consiglio Stato VI
 n. 1198/1992 cit., T.A.R. Toscana, sez. III 29 maggio 1993, n.   190;
 T.A.R.  Lazio  sez.  II 26 giugno 1993, n. 738) - esula da profili di
 mera attuazione, coinvolgendo  scelte  che  opportunamente  la  legge
 statale  riconduce  alla medesima Autorita', preposta a dettare linee
 generali di indirizzo.
   Nella fattispecie, l'intero programma comunale - emesso nell'ambito
 della piu' ampia pianificazione in precedenza indicata, e scadente il
 31 dicembre 1995 - e' risultato condizionato (e, almeno in parte qua,
 inattuato) a seguito di provvedimenti  della  giunta,  che  ha  prima
 (delibera   n.  528/1993)  prorogato  senza  limiti  ben  precisi  le
 concessioni per la gestione di impianti, incompatibili  con  il  sito
 nell'ambito della nuova programmazione, e poi (delibera n. 1136/1995,
 ora  impugnata) ha annullato la precedente determinazione, rimettendo
 al  sindaco  l'immediata  chiusura  o  l'adeguamento  degli  impianti
 incompatibili,   senza   valutazioni  caso  per  caso  (in  ordine  a
 concessioni gia' scadute, o rinnovate ma da revocare, o a  situazioni
 in  cui  il  trasferimento fosse di fatto condizionato da adempimenti
 comunali) e senza alcun apprezzamento di carattere generale, circa la
 sufficienza e la razionalita' della rete di distribuzione residua.
   Nella situazione in esame, in  altre  parole,  risulta  evidenziato
 come  la  potesta'  da  esercitare  nel  settore  di  cui  trattasi -
 indipendentemente dalle ragioni sussistenti (o meno) nel caso singolo
 - sia strettamente legata a scelte e indirizzi di portata generale.
   Tali scelte e indirizzi, d'altra parte, sono rimessi  con  l'intera
 materia concessoria alla giunta dal piu' volte ricordato art. 1 della
 legge  regionale  n.  61/1985, come modificato con legge regionale n.
 27/1992, ad avviso del colllegio in contrasto con la ripartizione  di
 competenze,  di cui all'art. 32 comma 2 lett. f) legge n. 142/1990, e
 quindi con gli articoli 117 e 128 della Costituzione,  investendo  la
 struttura     organizzatoria    dell'ente    territoriale    principi
 fondamentali, da rinvenire in leggi dello Stato, e dovendo discendere
 da queste ultime l'ordinamento dell'autonomia degli enti territoriali
 minori.
   In base alla ricordata legge n. 142/1990, con particolare  riguardo
 alla  disciplina contenuta nell'art. 3, si puo' infatti convenire che
 spetta alla regione il ruolo di "centro propulsore e di coordinamento
 dell'intero sistema delle Autonomie locali"; ma  nel  rispetto  delle
 funzioni  e  delle  competenze  predeterminate con leggi dello Stato,
 come si evince appunto dall'art. 128 della Costituzione da leggere in
 parallelo ai precedenti articoli 117 e 118 (cfr. per alcuni  principi
 Corte cost. 15 luglio 1991, n. 343).