IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
   Ha  emesso  la  seguente  ordinanza  esaminata:  la  richiesta   di
 archiviazione  formulata dal p.m. - sede in relazione al procedimento
 suemarginato,  relativo  alle  lesioni  riportate  dal  minore   A.F.
 (affetto  da  gravissima ed irreversibile cerebropatia conseguente al
 parto); visti e richiamati i provvedimenti di questo ufficio  del  20
 settembre  1995  e  del  6  maggio  1996  (con  cui  si  respingevano
 altrettante   richieste   di   archiviazione   sollecitandosi   nuove
 investigazioni);  vista l'opposizione depositata nell'interesse della
 p.o. S. M. R.;
   Rilevato che il c.t. del p.m., sentito a chiarimenti, in ordine  ai
 quesiti  posti da questo ufficio ha ribadito che "... la patologia in
 questione e' conseguente  ad  alterazioni  maturative  cerebrali  per
 disordini  intrauterini  placentari  prenatali insorte verosimilmente
 negli  ultimi  mesi  di  gestazione  ..."  e  che  tali  "alterazioni
 microscopiche  (da incompleta mielinizzazione) non sono evidenziabili
 con esami  tecnico-strumentali  quali  l'ecografia...  ne'  rilevante
 sarebbe  stato  il  ricorso  ad  esami  cardiotocografici  al fine di
 evidenziare la patologia indicata";
   Constatato che il ginecologo che ebbe in cura la S. (dott.  Miranda
 -  dichiarazioni  del  12  ottobre  1995)  e  l'ostetrica (Corbisiero
 Francesca - dichiarazioni rese il 9 ottobre 1995), hanno  evidenziato
 l'uso  della  ordinaria  diligenza  nel seguire il caso (e quindi: la
 effettuazione continua di esami cardiotocografici  durante  tutto  il
 travaglio);
   Rilevato che, in senso contrario, depongono:
     a)  l'assenza  totale  agli  atti dei tracciati cardiotocografici
 relativi alle ultime ore di gestazione (dalle ore  15,30  al  momento
 del parto avvenuto dopo le 3,00 del giorno dopo);
     b)  l'andamento  del  tutto normale della gravidanza almento fino
 alla 30/31 settimana (si pensi all'esito della visita effettuata  dal
 prof.  Ianniruperto  di  Trani  -  esame  ecografico  e doppler - che
 evidenziava "l'assenza di malformazioni ecograficamente rilevabili  e
 normalita'  dei  patterns  neuromotori e dell'attivita' cardiaca") e,
 probabilmente fino al 31 dicembre 1991 (per come rilevato  anche  dal
 ginecologo di fiducia dott. Miranda);
     c)  la  circostanza  che,  quindi,  a seguire la tesi del c.t. la
 insorgenza prenatale della patologia sia da  collocare  tra  i  primi
 giorni del 1992 e la data del 10 gennaio 1992 (ricovero);
     d)  le  dichiarazioni  precise  e dettagliate della S. (vigile al
 momento del travaglio, anche se in evidente acuta sofferenza) da  cui
 evince che:
      1)  dopo l'esame cardiotocografico effettuato alle ore 15,00 non
 fu praticato alcun altro accertamento (la paziente  fu  sistemata  in
 "sala travaglio" fino alle 22,00);
      2)  il  dott.  Miranda  dopo  le  22,00,  contro il parere della
 ostetrica, dispose  affinche'  si  ritrasferisse  la  paziente  nella
 stanza a lei assegnata;
      3) alle 24,00, esasperata per il dolore, la S. pretese di essere
 riaccompagnata  (su  una  sedia  a  rotelle, con l'ausilio di madre e
 marito) in sala-travaglio;
      4) solo alle  ore  3,00  dell'11  gennaio  1992,  a  seguito  di
 ulteriore tracciato cardiotocografico si decideva per il "cesareo";
      5)  che  la paziente fu altresi' preparata per un parto con v.e.
 (circostanza che sembra poi  essersi  effettivamente  verificata  per
 come  si  legge  nel  diario  clinico)  anche  se  si  registrava, in
 conclusione,  un  parto  spontaneo  (con  fuoriuscita   di   "liquido
 amniotico  posteriore"  di  "colore  scuro"  -  sintomo di sofferenza
 fetale);
   Osservato che a fronte del quadro indiziario  evidenziato  la  tesi
 del c.t. del p.m. (insorgenza prenatale - supposta ma non riscontrata
 alla  luce  di  alcuna  emergenza probatoria) e quella del c.t. della
 parte offesa (insorgenza "perinatale") si pongono sul medesimo  piano
 ma  che  la  seconda, in quanto maggiormente riscontrata (per effetto
 delle anomalie e dei fatti denunciati dalla p.o. stessa)  merita  una
 verifica  dibattimentale  (non essendo sufficienti le conclusioni del
 ctu circa la irrilevanza degli esami praticabili, avuto  riguardo  al
 fatto   che  una  cerebropatia  gravissima  come  quella  riscontrata
 all'A.F. e' improbabile che non evidenziasse alcuno squilibrio;
     che,  per   l'effetto,   dovrebbe   ordinarsi   la   formulazione
 dell'imputazione nei confronti del ginecologo dott. Valentino Miranda
 (ed  eventualmene  dei sanitari ed ausiliari che ebbero in cura la S.
 al momento concreto del travaglio) in ordine al  delitto  di  lesioni
 colpose   gravissime,   sotto   i  profili  della  imperizia  (omessa
 tempestiva scelta diagnostica:   parto cesareo)  e  della  negligenza
 (per  non  aver approntato la dovuta assistenza alla paziente durante
 le ultime ore di travaglio a fronte  di  segni  clinici  evidenzianti
 grave  sofferenza  -  per  non  aver  compiuto  alcuna  attivita'  di
 controllo nel predetto periodo);
     che, pero', l'esercizio  dell'azione  penale,  allo  stato  degli
 atti,  sembra  precluso  dall'intervenuta  decorrenza  del termine di
 prescrizione previsto dalla legge all'art. 157 n. 4 c.p. (il fatto si
 verifico' tra il 10 e l'11 gennaio 1992 - il termine di  prescrizione
 e' decorso alle date corrispondenti del 1997);
     che, invero, non sembra ricorrere, formalmente, nella fattispecie
 concreta,  alcuna  delle  ipotesi di cui all'art. 160 c.p., norma che
 descrive,  tipizzandoli,  i  fatti  interruttivi  del   corso   della
 prescrizione;
   Ritenuto  che,  a  sommesso avviso dello scrivente, la norma di cui
 all'art. 160 c.p., cosi' modificata dall'art. 239 disp. att.  c.p.p.,
 si  ponga  in contrasto con i parametri di cui agli artt. 3, 77 e 112
 della Carta fondamentale; che al  rilievo  della  questione  debba  e
 possa provvedersi d'ufficio;
   Che  la questione per quanto soprariferito in fatto e' rilevante ai
 fini del decidere;
                             O s s e r v a
   L'art. 160 c.p.v. del codice penale, modificato dall'art. 239 disp.
 att. c.p.p., prevede, tra l'altro, che il provvedimento di fissazione
 dell'udienza in camera di consiglio, per la decisione sulla richiesta
 di  archiviazione,  ha   effetto   interruttivo   del   corso   della
 prescrizione.
   La  fattispecie  processuale  richiamata  e' prevista dall'art. 409
 c.p.p. che, nel disciplinare il procedimento di archiviazione  per  i
 reati di competenza del Tribunale, impone al giudice, allorquando non
 accolga  la  richiesta  del  p.m.,  di  fissare  la  cennata  udienza
 camerale.
   Nei primi  mesi  di  vigenza  del  nuovo  codice  di  procedura  la
 disciplina    indicata   fu   ritenuta   applicabile   (insussistendo
 esclusioni) anche al rito pretorile.
   Il codice, invero, limitava il potere decisorio del g.i.p.  c/o  la
 Pretura   (rispetto   al  g.i.p.  c/o  il  Tribunale)  escludendo  la
 possibilita' di rigetto dell'istanza con restituzione degli  atti  ed
 indicazione di nuovi spunti investigativi. Si prevedeva, al contempo,
 lo  strumento  di  raccordo e chiusura di cui all'art. 157 disp. att.
 c.p.p. (informativa al p.g.).
   La Corte costituzionale, poi, per come e' notorio, con sentenza  n.
 445 del 12 ottobre 1990 ha dichiarato l'incostituzionalita' dell'art.
 554  comma  secondo  c.p.p.  (con  contestuale  pronuncia ha altresi'
 dichiarato incostituzionale la  norma  delle  disp.  att.  da  ultimo
 citata) nella parte in cui non consentiva al g.i.p. presso la Pretura
 la  possibilita'  di  limitarsi  a  restituire  gli atti "suggerendo"
 ulteriori indagini.
   La suprema Corte, di conseguenza, con varie pronunce (si cfr. Cass.
 sez. un. 29 maggio 1992 - Cass. pen. sez.  IV  31  gennaio  1994)  ha
 stabilito  che  l'ordinanza in questione debba essere emessa de plano
 senza formalita' e senza fissazione di udienza camerale.
   Siffatta opzione interpretativa, ormai  pacifica  nell'applicazione
 giurisprudenziale,  risponde  al  generale  principio  di "ulteriore"
 semplificazione del rito pretorile di cui all'art. 2, n.  103,  della
 legge-delega  16  febbraio 1987, n. 81 (si cfr. sul punto Corte cost.
 19 gennaio 1995, n. 22).
   La soluzione ha come immediata conseguenza  la  non  applicabilita'
 della  disciplina  di  cui all'art. 160 c.p. (con riferimento al caso
 dell'udienza camerale fissata  sulla  istanza  di  archiviazione)  ai
 reati  di  competenza pretorile. La ricaduta suddetta, inoltre, e' il
 frutto, all'apparenza, non della  volonta'  diretta  del  legislatore
 (non  rinvenendosi nel sistema esclusioni ed essendo la disciplina di
 cui agli artt. 408 e ss. c.p.p. applicabile ai reati  di  Pretura  in
 virtu' del richiamo dell'art. 549 c.p.p, fatte salve le previsioni di
 cui  all'art. 554 c.p.p.), quanto della interpretazione operata dalla
 suprema Corte quale giudice della "nomofilachia" (cosi' test.   Corte
 cost. 1 aprile 1993, n. 130).
   Orbene  se  da  un  lato  la  scelta  di  semplificazione  del rito
 pretorile   risponde   a   criteri   limitatamente   sindacabili    e
 riconducibili  nell'ambito della discrezionalita' del legislatore, la
 differente previsione normativa enucleata, nel  caso  in  esame  (con
 riferimento  alla  gravita'  del  reato  ipotizzabile in concreto: si
 pensi che le lesioni oggetto di accertamento sono  gravissime  avendo
 causato  la  compromissione  irreversibile dello sviluppo cerebrale e
 fisico del neonato), lede il  principio  di  parita'  di  trattamento
 concretizzando una irragionevole ed illogica sperequazione rispetto a
 talune  fattispecie,  pure  di  competenza  del  Tribunale, aventi un
 rilievo in termini di disvalore  sociale  assai  piu'  attenuato  (si
 pensi ai reati in materia fiscale).
   La  norma  dunque sembra illegittima costituzionalmente laddove non
 prevede  nel  novero  degli  atti  interruttivi  della   prescrizione
 l'ordinanza   di   rigetto   della  richiesta  di  archiviazione  con
 restituzione degli atti al p.m. per ulteriori indagini.
   Conseguenzialmente risulta violato il parametro  costituzionale  di
 cui  all'art.  112  della  Costituzione  incidendo  negativamente  la
 normativa indicata sull'obbligatorio  esercizio  dell'azione  penale.
 Profili   di   incostituzionalita'   sembrano,  inoltre,  enucleabili
 argomentando ex art.  77  della  Costituzione  laddove  la  soluzione
 normativa  applicabile  risulta  in  contrasto  con  lo  spirito e le
 finalita' della legge-delega.
   Ne' puo' concludersi che la questione sollevata "prima  facie"  sia
 preclusa  dalla  previsione  costituzionale di cui all'art. 25, comma
 secondo, della Costituzione atteso che la norma denunciata non sembra
 avere ricadute dirette  sul  bene  giuridico  tutelato  dal  precetto
 costituzionale.
   Deve,  pertanto,  sospendersi  il  presente procedimento e disporsi
 l'immediata  trasmissione  degli  atti  alla   Corte   costituzionale
 all'esito  degli  adempimenti  di  cui  all'art.  23  della  legge n.
 87/1953;