Il Tribunale di Bergamo ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa promossa con atto di citazione notificato il 9 marzo 1994 (cron. n. 10623 uff. giud. tribunale di Bergamo) da Buonanno Tommaso, elettivamente domiciliato in Bergamo presso l'avv. Giuseppe Maridati, che lo rappresenta e difende giusta delega in atti, attore; contro Calderoli Roberto, elettivamente domiciliato in Bergamo presso l'avv. Guido Vicentini, che lo rappresenta e difende giusta delega in atti; convenuto. Oggetto: risarcimento danni da diffamazione. Svolgimento del processo Con atto di citazione notificato il 9 marzo 1994 il dottor Tommaso Buonanno, all'epoca sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Bergamo e procuratore della Repubblica facente funzioni, conveniva in giudizio l'onorevole Roberto Calderoli, eletto alla Camera dei deputati nelle liste della Lega Lombarda, per chiederne la condanna al risarcimento dei danni, ritenendo lesive del proprio onore e della propria reputazione le dichiarazioni in piu' occasioni rese dal convenuto, ed in particolare in una conferenza stampa convocata il 13 novembre 1993 presso il municipio di Bergamo, nel corso del comizio tenuto a Bergamo in piazza Vittorio Veneto il 20 novembre 1993, ed inoltre durante le puntate del 13, del 20 e del 27 novembre 1993 (ed in parte quelle dell'8 e del 24 gennaio 1994) della rubrica televisiva "La parola al deputato", diffusa dall'emittente locale "Studio TV1". Esponeva l'attore che le dichiarazioni diffamatorie formulate dall'onorevole Roberto Calderoli traevano occasione dalla informazione di garanzia che lo stesso aveva ricevuto l'8 novembre 1993 dalla procura della Repubblica presso il tribunale di Bergamo, la quale ipotizzava a suo carico il reato previsto dall'art. 278 c.p., per avere nel corso di un comizio qualificato il Presidente della Repubblica "sagrestano" e per avere incitato i bergamaschi a fischiare lo stesso Presidente quando di li' a qualche giorno sarebbe giunto in visita a Bergamo; l'informazione era stata firmata dallo stesso dottor Tommaso Buonanno, non appena ricevuta - il 3 novembre 1993 - l'autorizzazione a procedere del Ministro di grazia e giustizia prevista dagli artt. 313 c.p. e 343 c.p.c. L'attore allegava copia degli articoli dei quotidiani recanti il resoconto della conferenza stampa del 13 novembre 1993, la videoregistrazione delle menzionate puntate della trasmissione "La parola al deputato", la registrazione audio del comizio 20 novembre 1993 con trascrizione dattilografica ed il volantino distribuito in tale occasione, e riportava in atto di citazione (al quale si fa rinvio) stralci delle ampie reiterate dichiarazioni dell'onorevole Roberto Calderoli alle quali egli attribuiva carattere diffamatorio, da esse potendosi desumere le accuse, rivolte dal convenuto al dottor Buonanno personalmente od estese alla procura della Repubblica presso il tribunale di Bergamo e fondate su notizie false ed argomentazioni facilmente suggestive e mai razionalmente motivate: a) di fare, anche per ragioni di carriera, un uso strumentale e politico dell'azione penale, "perdonando alcuni pubblici amministratori o potenti, in forza o in ossequio ai rapporti di amicizia o sudditanza o peggio (come si puo' intendere dal riferimento a "qualche altro interesse", menzionato nella trasmissione televisiva del 20 novembre 1993, e perseguendo invece ingiustamente gli esponenti politici appartenenti alla Lega Lombarda-Lega Nord" (atto di citazione pag. 28); b) di incapacita' professionale ed ignoranza (ad esempio durante la rubrica "La parola al deputato" del 27 novembre 1993); c) di inefficienza. Il convenuto si costituiva in giudizio all'udienza del 5 maggio 1994 e depositava comparsa con la quale si limitava in sostanza ad osservare come "i rilievi critici indubbiamente contenuti nelle affermazioni del convenuto riportate nell'atto introduttivo del giudizio s(iano) riferite indistintamente alla procura della Repubblica di Bergamo (senza ulteriore distinzione tra procura della Repubblica presso la pretura e procura della Repubblica presso il tribunale) nonche' al procuratore della Repubblica (senza ulteriori distinzioni)" e come pertanto non possa ritenersi pacifica la riferibilita' di detti rilievi critici al dott. Tommaso Buonanno. Alla successiva udienza del 2 febbraio 1995 l'onorevole Roberto Calderoli depositava memoria con cui eccepiva la applicabilita' dell'art. 68, primo comma, della Costituzione, nel testo novellato dalla legge costituzionale 29 ottobre 1993, n. 3, e chiedeva in via subordinata che il giudice, in applicazione dell'art. 3, n. 2, d.-l. 1 gennaio 1995, n. 7, disponesse la trasmissione degli atti del giudizio alla Camera dei deputati e la sospensione del procedimento, in attesa della deliberazione della stessa in ordine alla insindacabilita' ex art. 68, primo comma, della Costituzione delle opinioni espresse dal proprio membro; in via di ulteriore subordine chiedeva che, in caso di ritenuta manifesta infondatezza della questione, la Camera dei deputati venisse comunque immediatamente informata, ai sensi dell'art. 3, n. 2, ultima parte del d.-l. 13 gennaio 1995, n. 7. Con ordinanza 27 aprile 1995, depositata il 16 maggio 1995, il tribunale dichiarava ai sensi dell'art. 3, comma 2, d.-l. 13 marzo 1995, n. 69 la manifesta infondatezza della questione relativa alla applicabilita' dell'art. 68, primo comma, della Costituzione e disponeva la trasmissione alla Camera dei deputati di copia dell'ordinanza e degli atti di parte. Su conforme proposta della Giunta per le autorizzazioni a procedere in giudizio, l'assemblea, nella seduta del 31 gennaio 1996, deliberava nel senso di ritenere che tutti i fatti oggetto di causa concernessero opinioni espresse da un membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni. La causa veniva infine trattenuta in decisione all'udienza del 29 maggio 1997 sulle conclusioni precisate dalle parti all'udienza del 14 novembre 1996 (per l'attore: "In via preliminare: voglia l'Ill.mo Tribunale ritenere tardiva, e quindi inefficace, la delibera 31 gennaio 1996 dell'Assemblea della Camera dei deputati, con cui la stessa ha ritenuto che "i fatti per i quali e' in corso il procedimento concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni", o, in subordine, sollevi conflitto di attribuzione dei poteri ai sensi della legge 11 marzo 1953, n. 87, art. 37 e del d.c.c. 16 marzo 1956, art. 26, essendo la citata delibera 31 gennaio 1996 della Camera dei deputati affetta da vizi in procedendo nonche' viziata da erronea valutazione dei presupposti e manifesta illogicita'. In via principale: voglia l'Ill.mo Tribunale, ritenuto il carattere diffamatorio, o comunque il carattere lesivo della reputazione e dell'onore del dott. Tommaso Buonanno (personalmente e/o come sostituto procuratore e, all'epoca dei fatti, reggente la procura della Repubblica presso il tribunale di Bergamo), delle affermazioni dell'on. Roberto Calderoli, sia nella conferenza stampa del 13 novembre 1993, che nel comizio del 20 novembre 1993, che nelle trasmissioni televisive (''La parola al deputato'') del 13-20 e 27 novembre 1993, nonche' quelle riportate nei documenti e nella videocassetta depositati all'udienza del 2 febbraio 1995, condannare lo stesso on. Roberto Calderoli da Bergamo a risarcire tutti i danni, anche non patrimoniali, provocati all'attore, nella misura ritenuta equa, e comunque non inferiore a 150.000.000 (centocinquantamilioni). Voglia altresi' disporre la pubblicazione della sentenza di condanna per almeno 3 giorni consecutivi sul giornale quotidiano ''L'eco di Bergamo'', nonche' almeno per due giorni su due quotidiani a diffusione nazionale, a spese del convenuto"; per il convenuto: "In via principale: rigettarsi le domande attrici in quanto i fatti attribuiti all'onorevole Calderoli costituiscono opinioni espresse nell'esercizio delle funzioni di parlamentare e come tali coperte dell'immunita' prevista dall'art. 68 della Costituzione, primo comma in via subordinata: nel caso in cui il collegio, nonostante la delibera 31 gennaio 1996 della Camera dei deputati ed in spregio all'art. 2, comma 8, d.-l. 6 settembre 1996, n. 446, reiterato con d.-l. 23 ottobre 1996, n. 555, volesse disattendere la pronuncia della Camera dei deputati, rimettersi la questione del conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato alla Corte costituzionale ex art. 38 legge 11 marzo 1953, n. 87"). Motivi della decisione La delibera 31 gennaio 1996 della Camera dei deputati ha approvato la proposta della Giunta per le autorizzazioni a procedere in giudizio e cosi' sancito la insindacabilita' delle opinioni critiche espresse dall'onorevole Roberto Calderoli nei confronti del dott. Tommaso Buonanno e dell'ufficio giudiziario. Il relatore onorevole Giuseppe Scozzari cosi' ha motivato la proposta: "tutte le affermazioni rese dal deputato Calderoli traggono spunto dalla sua posizione di deputato e di leader locale del gruppo Lega Nord. In altre parole e' apparso evidente alla Giunta il collegamento tra gli apprezzamenti critici da lui rivolti, tanto nei confronti del Presidente della Repubblica quanto nei confronti della magistratura bergamasca, e l'attivita' parlamentare da lui svolta nella sede parlamentare, in quanto, tra l'altro, i temi trattati sono tipici e caratteristici del gruppo parlamentare al quale il deputato appartiene. Per quanto riguarda in particolare gli apprezzamenti critici nei confronti del procuratore della Repubblica di Bergamo appare del tutto evidente come la polemica nei confronti di quest'ultimo risulti strettamente collegata con la vicenda delle frasi rivolte al Presidente della Repubblica. Tale soluzione appare del resto pienamente coerente con l'orientamento piu' volte manifestato dalla Giunta, che ritiene coperte dalle prerogative dell'art. 68, anche le opinioni rese dal parlamentare extra moenia". Sono noti i principi delineati in materia dalla sentenza 29 dicembre 1988, n. 1150 della Corte costituzionale: le prerogative parlamentari non possono non implicare un potere dell'organo a tutela del quale sono disposte, e pertanto spetta alla camera di appartenenza il potere di valutare se la condotta addebitata ad un proprio membro debba qualificarsi come esercizio delle funzioni parlamentari con l'effetto - in caso affermativo - di inibire una difforme pronuncia giudiziale di responsabilita'. D'altra parte il potere valutativo delle Camere puo' dirsi legittimamente esercitato solo entro i limiti della fattispecie contemplata dall'art. 68, primo comma, della Costituzione: in un sistema costituzionale che riconosce i diritti inviolabili dell'uomo (fra cui il diritto all'onore ed alla reputazione) quali valori fondamentali dell'ordinamento giuridico, il potere valutativo delle Camere, lungi dall'essere arbitrario o vincolato a sole regole interne di self-restraint, e' soggetto al controllo di legittimita' affidato all'organo giurisdizionale di garanzia costituzionale, mediante lo strumento del conflitto di attribuzione, a norma degli artt. 134 della Costituzione e 37 della legge n. 87/1953. Cosi' prosegue la motivazione della sentenza della Consulta: "Qualora il giudice di una causa civile di risarcimento dei danni, promossa da una persona lesa da dichiarazioni diffamatorie fatte da un deputato o da un senatore in sede extraparlamentare, reputi che la delibera della camera di appartenenza, affermante l'irresponsablita' del proprio membro convenuto in giudizio, sia il risultato di un esercizio illegittimo (...) del potere di valutazione, puo' provocare il controllo della Corte costituzionale sollevando avanti a questa conflitto di attribuzione. Il conflitto non si configura nei termini di una vindicatio potestatis (il potere di valutazione del Parlamento non e' in astratto contestabile), bensi' come contestazione dell'altrui potere in concreto, per vizi del procedimento oppure per omessa o erronea valutazione dei presupposti di volta in volta richiesti per il valido esercizio di esso". Tali principi hanno quindi trovato conferma nelle successive sentenze della Corte costituzionale 16 dicembre 1993, n. 443 ("in sede di conflitto di attribuzione (...) e' possibile solo verificare se ai fini dell'esercizio in concreto del potere che ha condotto alla dichiarazione di insindacabilita' (...) fa parte della Camera di appartenenza, sia stato seguito un procedimento corretto oppure se mancassero i presupposti di detta dichiarazione - tra i quali essenziale quello del collegamento delle opinoni espresse con la funzione parlamentare - o se tali presupposti siano stati arbitrariamente valutati") e 24 aprile 1996 n. 129. Questo tribunale, vista la in vero laconica motivazione con la quale la Giunta per le autorizzazioni a procedere proponeva all'assemblea di dichiarare insindacabili ai sensi dell'art. 68, primo comma, della Costituzione, siccome concernenti opinioni espresse nell'esercizio delle funzioni parlamentari, tutte le dichiarazioni del deputato Roberto Calderoli in questa sede censurate da parte attrice, non puo' che ribadire il proprio contrario convincimento, gia' espresso nell'ordinanza 27 aprile 1995 con cui dichiarava la manifesta infondatezza della questione sollevata dal convenuto con riguardo all'applicabilita' dell'art. 68, primo comma, della Costituzione. Rifacendosi all'orientamento dottrinale e giurisprudenziale dominante, il tribunale ha gia' in tale occasione rilevato che l'art. 68 della Costituzione intende tutelare i membri del Parlamento in relazione all'esercizio delle funzioni che l'ordinamento giuridico assegna loro (formazione delle leggi, collaborazione nella formazione degli altri organi costituzionali, funzioni giurisdizionali), mentre al di fuori di tali funzioni il diritto del parlamentare alla manifestazione del pensiero incontra gli stessi limiti espressivi degli altri cittadini. A voler anche accedere ad interpretazione piu' lata del requisito del collegamento alle funzioni parlamentari, si osserva che la stessa attivita' politica e di partito svolta in sede extaparlamentare puo' dirsi riconducibile alle funzioni parlamentari immuni ai sensi dell'art. 68, primo comma, della Costituzione solo allorche' sussista comunque una connessione con le funzioni tipiche e con l'espletamento del mandato elettorale. E questo sembra in effetti essere l'orientamento seguito dalla Giunta per le autorizzazioni a procedere, il cui relatore sottolinea il collegamento all'attivita' parlamentare delle opinioni espresse dal convenuto extra moenia. Nel caso in esame, tuttavia, al di la' delle stesse tecniche argomentative dell'onorevole Roberto Calderoli che assai poco si attagliano all'esercizio delle funzioni parlamentari, non rileva questo tribunale quale sia l'evidente ragione di connessione ravvisata dalla Giunta per le autorizzazioni a procedere e rimasta in concreto inespressa. Va in primo luogo osservato che non si discute in questa sede della attinenza o meno alle funzioni parlamentari delle dichiarazioni rese dall'onorevole Calderoli sul conto del Presidente della Repubblica durante il comizio tenuto il 30 aprile 1993, giacche' trattasi di manifestazioni di pensiero estranee al presente procedimento. E quand'anche si voglia ritenere, con la Giunta per le autorizzazioni a procedere, che tali affermazioni dell'onorevole Calderoli abbiano tratto spunto dalla sua posizione di deputato (appare, in vero, quanto meno labile il collegamento tra la frase "il sagrestano non ascolta la gente che vuole subito le elezioni" ed alcuna delle funzioni parlamentari tipiche), nessuna attinenza con dette funzioni e' comunque ipotizzabile per le reiterate dichiarazioni con le quali l'onorevole Roberto Calderoli, nelle piu' diverse sedi e comunque al di fuori di quella istituzionale ed in prossimita' delle elezioni amministrative, ha descritto il dottor Tommaso Buonanno come un magistrato che abusa delle proprie funzioni strumentalizzandone l'esercizio a finalita' politiche e di carriera, ed ha aggiunto alle affermazioni circa la disonesta' dell'attore valutazioni sarcastiche, fondate su argomentazioni suggestive quanto gratuite (si consideri ad esempio il contenuto della rubrica televisa "La parola al deputato" del 27 novembre 1993), sulle capacita' professionali dello stesso. Le dichiarazioni riguardanti il Presidente della Repubblica, siano o meno qualificabili come opinioni espresse nell'esercizio delle funzioni (il che non pare) costituiscono comunque la mera occasione della successiva vicenda, che non puo' ad avviso del tribunale (contrariamente a quanto ritenuto dalla Giunta per le autorizzazioni a procedere, che su tale presupposto ha anche deciso di esaminare congiuntamente le due questioni) in alcun modo essere attratta alla pretesa attinenza funzionale della frase "Il sagrestano non ascolta la gente che vuole subito le elezioni". Non puo' dunque condividersi l'affermazione della Giunta secondo la quale "per quanto riguarda in particolare gli apprezzamenti critici nei confronti del procuratore della Repubblica di Bergamo appare del tutto evidente come la polemica nei confronti di quest'ultimo risulti strettamente collegata con la vicenda delle frasi rivolte al Presidente della Repubblica" a meno che non si voglia evidenziare un mero dato di cronaca, irrilevante tuttavia al fine di determinare l'ampiezza dell'attivita' funzionale del parlamentare. Ne' la Giunta per le autorizzazioni a procedere indica in concreto quale sia il diretto collegamento - che pure ritiene evidente - tra gli apprezzamenti critici rivolti all'ufficio di Procura, ed in particolare al dottor Tommaso Buonanno, e la attivita' svolta in sede parlamentare dall'onorevole Calderoli e dal suo gruppo. La sola attivita' parlamentare pertinente dedotta avanti a questo collegio e' rappresentata dall'interrogazione presentata dallo stesso onorevole Roberto Calderoli il 22 giugno 1994, dalla quale non puo' in alcun modo farsi discendere il giudizio di insindacabilita' delle opinioni espresse dal convenuto, e cio' in primo luogo perche' trattasi di iniziativa assunta ben dopo i fatti oggetto di causa e l'instaurazione dello stesso giudizio, ed inoltre perche', seppure interpellanze ed interrogazioni costituiscano atti tipici del parlamentare insindacabili ex art. 68 della Costituzione, non altrettanto puo' dirsi per l'attivita' extraparlamentare che non si limiti alla diffusione del contenuto di esse; e la successione temporale delle dichiarazioni, rese in sede istituzionale e non, ed il contenuto assai difforme delle stesse escludono palesemente il collegamento funzionale. In base ai principi che si sono sopra richiamati, la delibera 31 gennaio 1996 della Camera dei deputati inibisce comunque una pronuncia di responsabilita', dovendosi ritenere infondata la contraria opinione di parte attrice. La circostanza che la deliberazione della Camera dei deputati sia stata adottata solo il 31 gennaio 1996, ben oltre il termine, introdotto dal d.-l. 14 gennaio 1994, n. 23 e confermato dai decreti successivi, di 90 giorni dalla data di trasmissione degli atti da parte dell'autorita' giudiziaria, non importa l'inefficacia della deliberazione, che secondo l'attore dovrebbe invece reputarsi inutiliter data. Seppure alcune delle osservazioni critiche mosse dalla dottrina al primo dei decreti d'urgenza adottati per l'attuazione del nuovo art. 68 della Costituzione (d.-l. 15 novembre 1993, n. 455) rilevassero la necessita' di prevedere un breve termine di decadenza entro il quale le camere dovessero pronunciarsi sulla insindacabilita' delle opinioni del parlamentare, la soluzione normativa poi adottata a partire dal decreto-legge n. 23/1994 stabiliva esclusivamente che la sospensione obbligatoria del procedimento - e cosi' pure quella facoltativa prevista nei successivi decreti - venisse disposta dal giudice, in attesa della deliberazione della camera di appartenenza, per un tempo comunque non superiore a novanta giorni, e cio' all'evidente fine di evitare facili forme di ostruzionismo e lunghi periodi di stasi processuale. Deve pertanto ritenersi che l'inutile decorso di detto termine, previsto con esclusivo riguardo alla durata della sospensione del procedimento e non alla decisione della camera, non abbia determinato per la Camera dei deputati alcuna decadenza dal potere di valutare la condotta dell'onorevole Roberto Calderoli in relazione alla previsione dell'art. 68, primo comma, della Costituzione. E' del pari in questa sede irrilevante la circostanza che tutti i decreti-legge attuativi del novellato art. 68, primo comma, della Costituzione, reiterati sino al d.-l. 23 ottobre 1996, n. 555, siano decaduti per mancata conversione e percio' privi di efficacia sin dall'inizio: la deliberazione della Camera dei deputati, seppure adottata in base al d.-l. 8 gennaio 1996, n. 9 decaduto, esiste ed e' pienamente valida ed efficace, giacche' il potere valutativo delle Camere in materia non discende affatto dalla decretazione d'urgenza decaduta, che regolava le modalita' secondo le quali investire la Camera della questione, ma trova direttamente la sua fonte nello stesso art. 68, primo comma, della Costituzione come la Corte costituzionale ha definitivamente chiarito gia' con la sentenza 29 dicembre 1988, n. 1147. A fronte della deliberazione della Camera dei deutati, alla quale non puo' negarsi piena validita' ed efficacia, e' preclusa a questo tribunale una difforme pronuncia di responsabilita'. Ribadito peraltro il convincimento circa la inesistenza nel caso in esame di qualsivoglia connessione tra le funzioni parlamentari - per quanto latamente intese - e le opinioni espresse dall'onorevole Roberto Calderoli sul conto del dottor Tommaso Buonanno e della procura della Repubblica presso il tribunale di Bergamo, il controllo sul legittimo esercizio dei poteri della Camera dei deputati nella vicenda in esame spetta esclusivamente alla Corte costituzionale, alla quale debbono essere rimessi gli atti per la soluzione del conflitto tra poteri dello Stato, con conseguente necessaria sospensione del presente procedimento.