ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 513 e 621 del
 codice di procedura civile,  promosso  con  ordinanza  emessa  il  30
 settembre  1996  dal  pretore  di Reggio Calabria nel procedimento di
 esecuzione nei confronti di Bartolo Orlando, iscritta al n.  100  del
 registro  ordinanze  1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
 Repubblica n. 11, prima serie speciale, dell'anno 1997;
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito  nella  camera  di  consiglio del 10 dicembre 1997 il giudice
 relatore Cesare Mirabelli;
   Ritenuto che nel corso di un processo di esecuzione  nel  quale  il
 padre del debitore aveva proposto opposizione al pignoramento di beni
 presso   la   comune  casa  di  abitazione,  pretendendo  di  esserne
 proprietario, il pretore di Reggio Calabria, in funzione  di  giudice
 dell'esecuzione,  con  ordinanza  emessa  il  30  settembre  1996  ha
 sollevato, in riferimento agli  artt.  3  e  24  della  Costituzione,
 questione  di  legittimita'  costituzionale degli artt. 513 e 621 del
 codice di procedura civile;
     che le disposizioni denunciate  stabiliscono  la  presunzione  di
 appartenenza  al debitore dei beni mobili esistenti nella sua casa di
 abitazione ed escludono che il  terzo  opponente  possa  provare  per
 testimoni  il  suo  diritto  di  proprieta', tranne che cio' sia reso
 verosimile dalla professione o dal commercio esercitati dal  debitore
 o dal terzo;
     che   il  giudice  rimettente,  nel  sollevare  la  questione  di
 legittimita'  costituzionale,  ha,   con   separata   e   contestuale
 ordinanza, sospeso l'esecuzione, fissando l'udienza per il merito del
 procedimento di opposizione;
     che  il titolo esecutivo si riferirebbe a somme dovute allo Stato
 per pena pecuniaria e spese di giustizia,  sicche',  coinvolgendo  il
 pignoramento beni rivendicati dal terzo, potrebbe valere il principio
 che  la  responsabilita'  penale  e'  solo  personale  (art. 27 della
 Costituzione),  intendendosi  tale  principio  riferito  anche   alle
 sanzioni pecuniarie;
     che  il  limite  posto alla prova testimoniale dall'art. 621 cod.
 proc. civ., che non distingue il terzo opponente in genere dal  terzo
 opponente  convivente  con  il  debitore,  violerebbe il principio di
 eguaglianza (art. 3 della Costituzione) ed il  diritto  di  agire  in
 giudizio  a  tutela  dei propri diritti (art. 24 della Costituzione),
 giacche' la presunzione di  appartenenza  dei  beni  mobili  dovrebbe
 valere anche per le altre persone che convivono con il debitore nella
 stessa casa;
     che  nel  giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei
 Ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato,   sottolineando   che   identiche  questioni  di  legittimita'
 costituzionale sono  state  piu'  volte  giudicate  dalla  Corte  non
 fondate  (da  ultimo  con  ordinanza  n.  307  del 1995), sicche', in
 mancanza di profili o argomenti nuovi,  la  questione  sollevata  dal
 pretore  di Reggio Calabria dovrebbe essere dichiarata manifestamente
 infondata o, comunque, non fondata;
   Considerato che dalle  due  ordinanze  collegate  e  congiuntamente
 trasmesse  dal  pretore  di  Reggio  Calabria  alla  Corte - l'una di
 sospensione dell'esecuzione in attesa del giudizio sulla opposizione,
 l'altra che solleva la questione di legittimita' costituzionale nello
 stesso processo di esecuzione - risulta che il pretore,  in  funzione
 di giudice dell'esecuzione, ha gia' ritenuto che sussistessero giusti
 motivi  per  sospendere  il  processo  esecutivo (art. 624 cod. proc.
 civ.):  sicche', rispetto al provvedimento adottato, la questione  di
 legittimita' costituzionale non e' piu' rilevante (cfr. ordinanze nn.
 301  e  300  del  1997),  mentre, con riferimento alla cognizione del
 merito  dell'opposizione,   la   stessa   questione   e'   egualmente
 irrilevante,  essendo  anticipata  (cfr.  sentenza  n.  336 del 1995)
 rispetto al relativo giudizio, che non risulta neppure sospeso;
     che, pertanto, la questione deve essere dichiarata manifestamente
 inammissibile;
   Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11  marzo  1953,  n.
 87  e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.