IL TRlBUNALE
   Ha pronunciato la seguente ordinanza nella  causa  iscritta  al  n.
 393  del  ruolo  generale  degli affari civili contenziosi per l'anno
 1996,  promossa  da  Jellici  Giuliano,  Partel  Giancarlo,  Delladio
 Giuliano  e  Dellantonio  Giancarlo, rappresentati e difesi dall'avv.
 Enzo Paiar ed elettivamente domiciliati presso il di  lui  studio  in
 Trento,  via  Grazioli n. 106, attori, contro l'Istituto trentino per
 l'edilizia abitativa rappresentato e difeso dall'avv. Mario Casari ed
 elettivamente domiciliato presso il di lui studio in Trento,  via  S.
 Francesco  n.  10, convenuto, avente per oggetto: revoca assegnazione
 alloggio di edilizia pubblica.
                            Fatto e diritto
   Con atto di citazione notificato il 15 marzo 1996 Jellici Giuliano,
 Partel  Giancarlo,  Delladio   Giuliano   e   Dellantonio   Giancarlo
 convenivano  in  giudizio  davanti all'intestato tribunale l'Istituto
 trentino per l'edilizia abitativa (ITEA) esponendo:
     che  occupavano  alloggi  dell'edilizia  pubblica  in  forza   di
 contratti  di  locazione semplice, divenuti successivamente contratti
 di locazione con patto di futura vendita (ad eccezione di Dellantonio
 il cui rapporto era rimasto di locazione semplice);
     che  con  nota di data 18 maggio 1995 il Comprensorio della Valle
 di Fiemme aveva comunicato agli attori  la  revoca  dell'assegnazione
 degli  alloggi  a  motivo  del  superamento,  da parte dei rispettivi
 nuclei familiari, del limite di reddito da fabbricati stabilito dalla
 deliberazione della Giunta provinciale attuativa dell'art.  4,  lett.
 e), della legge provinciale n. 21/1992;
     che il ricorso gerarchico alla competente Commissione provinciale
 era  stato  respinto  e  conseguentemente  l'ITEA  aveva  intimato il
 rilascio degli alloggi;
     che gli attori, titolari di posizioni di diritto soggettivo,  non
 avevano  la  disponibilita' di altri alloggi idonei alle esigenze dei
 rispettivi nuclei familiari e che, nei casi di Jellici e  Partel,  il
 superamento   dei  limiti  di  reddito  era  derivato  esclusivamente
 dall'aggiornamento delle rendite  catastali  non  avendo  gli  stessi
 acquisito,  in  costanza  di  rapporto, ulteriori immobili rispetto a
 quelli posseduti all'atto dell'assegnazione degli alloggi;
     che le disposizioni  provinciali  applicate  in  occasione  della
 revoca  degli  alloggi  violavano  i  principi  stabiliti dalle norme
 costituzionali e dallo Statuto di autonomia perche' introducevano una
 causa di decadenza dall'assegnazione (il superamento  dei  limiti  di
 reddito  fondiari figurativi) non prevista dalla omologa disposizione
 statale (art.  17 della legge n. 1035/1972) contenente l'unica  causa
 di  decadenza  del  sopravvenuto  superamento  del  limite di reddito
 effettivo;
     che inoltre essendo stati stipulati dei  contratti  di  locazione
 con patto di futura vendita (escluso quello di Dellantonio) si era in
 presenza  sostanzialmente  di  contratti preliminari di compravendita
 tanto che le parti si erano impegnate a perfezionare il trasferimento
 degli immobili dopo il pagamento dell'ultima rata del canone: da cio'
 si poteva ricavare che non era possibile sottoporre a revisione ed  a
 verifica  della  persistenza  dei  requisiti  di  reddito  i rapporti
 contrattuali degli attori.
   Chiedevano  pertanto  gli  attori  in  via  preliminare  che  fosse
 ritenuta  non  manifestamente  infondata la questione di legittimita'
 costituzionale sollevata in relazione agli artt. 3,  31  e  47  della
 Costituzione  e  nel  merito  che  fosse  accertata  l'efficacia  dei
 contratti in corso con il diritto degli stessi alla occupazione degli
 immobili. In via subordinata chiedevano che, nel caso di legittimita'
 della revoca dell'assegnazione degli alloggi, fosse  riconosciuto  il
 loro  diritto  al  rimborso  delle  spese sostenute per miglioramenti
 degli immobili e delle maggiori somme versate insieme con  il  canone
 di  locazione  per  il  riscatto,  oltre  interessi  e  rivalutazione
 monetaria.
   Costituendosi in giudizio l'ITEA rilevava preliminarmente  che  gli
 attori   potevano   eventualmente   vantare  posizioni  di  interesse
 legittimo tanto che loro stessi avevano impugnato i provvedimenti  di
 revoca  davanti  al  tribunale  amministrativo  regionale. Nel merito
 deduceva che l'esistenza dei requisiti soggettivi  ed  oggettivi  per
 l'assegnazione  degli alloggi dell'edilizia pubblica doveva permanere
 nel corso del rapporto locativo in applicazione  delle  diosposizioni
 normative   in   materia;   cio'   rispondeva   a  precise  finalita'
 pubblicistiche, essendo possibile riservare tale  beneficio  soltanto
 ai  soggetti  effettivamente  bisognosi e impossibilitati a risolvere
 autonomamente il problema della casa.
   Alla  prima udienza di trattazione il giudice istruttore sentiva le
 parti.
   Precisate le conclusioni,  la  causa  era  trattenuta  dal  giudice
 istruttore in decisione dopo l'udienza di discussione del 25 novembre
 1997.
   Relativamente  all'eccezione  di difetto di giurisdizione sollevata
 dall'ITEA ci si limita a rilevare in  questa  sede  che,  secondo  il
 prevalente  orientamento  giurisprudenziale  (al quale questo giudice
 aderisce), nel caso di controversie afferenti la revoca degli alloggi
 gia' assegnati si discute di posizioni  di  diritto  soggettivo  onde
 deve  affermarsi  la  cognizione  del  giudice ordinario (Cass. SU 14
 giugno 1994 n. 5778; Cass. SU 27 novembre 1995 n. 12242; Cons.  Stato
 30  marzo  1994  n.  191).  Pertanto  nella  fattispecie  in esame la
 giurisdizione spetta al giudice adito.
   Nel   merito   si   rileva   che   i   provvedimenti   di    revoca
 dell'assegnazione  in  locazione  (semplice  o  con  patto  di futura
 vendita) agli attori degli alloggi di edilizia  pubblica  sono  stati
 motivati   dal   superamento,  da  parte  dei  nuclei  familiari  dei
 beneficiari,  dei  limiti  di  reddito  da  fabbricati  convenzionali
 stabiliti  con  apposita deliberazione della Giunta provinciale; cio'
 in applicazione del disposto dell'art.   27 della l.pr.  13  novembre
 1992  n. 21, che disciplina le condizioni di permanenza negli alloggi
 da parte degli assegnatari.
   L'art. 4, lett. e), della  stessa  legge  prevede,  quale  autonomo
 requisito   per   l'assegnazione   degli  alloggi  pubblici,  la  non
 titolarita' in capo al nucleo  familiare  del  richiedente  di  altri
 fabbricati o di quote anche ideali di altri alloggi che consentano un
 reddito  da  fabbricati  convenzionale superiore a quello determinato
 con provvedimento della g.p. La norma assume rilievo  nella  presente
 causa  perche'  risulta  espressamente  richiamata dal citato art. 27
 anche ai  fini  della  permanenza  degli  assegnatari  negli  alloggi
 pubblici.
   Ritiene  questo  giudice  che  si debba fondatamente dubitare della
 legittimita' costituzionale delle citate disposizioni normative nella
 parte in cui prevedono la revoca dell'assegnazione degli  alloggi  di
 edilizia  pubblica  a  causa  del  superamento,  da  parte del nucleo
 familiare, dei limiti di reddito da fabbricati  convenzionale,  anche
 riferito  a  quote  ideali  di  altri  immobili,  a prescindere dalla
 titolarita' di un alloggio idoneo alle esigenze del nucleo  familiare
 dell'assegnatario.      Contrasta   infatti   con   il  principio  di
 ragionevolezza sancito dall'art.  3 della Costituzione, inteso  quale
 manifesta  incongruenza  del  contenuto  delle disposizioni normative
 rispetto ai fini da  conseguire,  che  in  sede  di  revisione  delle
 assegnazioni   venga   attribuito   rilievo   in  via  autonoma  alla
 persistenza  del  requisito  del  reddito  figurativo  da  fabbricati
 (riferito  anche a quote immobiliari indivise) anche se non ne derivi
 contemporaneamente il superamento  del  limite  massimo  del  reddito
 complessivo (che si individua quale distinto requisito ai sensi della
 lett.  c)  dell'art.  4  della  legge  provinciale  n.  21/1992)  e a
 prescindere dall'esistenza di altro adeguato alloggio.
   Cio' pare fondatamente comportare un'ingiustificata  lesione  della
 posizione  del  soggetto  che, ritenuto in possesso dei requisiti per
 l'assegnazione dell'alloggio ITEA, subisce successivamente la  revoca
 pur non avendo superato il reddito del suo nucleo familiare il limite
 massimo  complessivo  stabilito e pur non avendo la disponibilita' di
 altra  idonea  abitazione.  Pare  infatti  incongruo,  rispetto  alle
 finalita'  delle  disposizioni  in  materia  di  edilizia   pubblica,
 prevedere   la   revoca  unicamente  in  conseguenza  del  fatto  che
 l'assegnatario ha superato il limite massimo previsto con  una  delle
 componenti  dei  suoi  redditi  (quello  da fabbricati) anche se cio'
 derivi dalla sommatoria dei  redditi  di  quote  indivise  e  pur  in
 assenza delle condizioni sopra evidenziate.
   Si  rileva che la normativa statale in materia (art. 17 della legge
 30 dicembre 1972 n. 1035) non contempla  tra  le  ipotesi  di  revoca
 dell'assegnazione  degli alloggi pubblici il venir meno del requisito
 del reddito da fabbricati previsto dalla lett. c) dell'art.  2  della
 stessa legge attribuendo rilievo solo al sopravvenuto superamento dei
 limiti  di  reddito  annuo  complessivo.  Sotto  questo  profilo, pur
 vertendosi in materia per  la  quale  vi  e'  competenza  legislativa
 primaria  della  provincia  di Trento (art. 8 n. 10, dello Statuto di
 autonomia),  si  puo'  prospettare  un'ingiustificata  disparita'  di
 trattamento   dei  cittadini  residenti  nel  territorio  provinciale
 rispetto a quelli del resto dello Stato con la conseguente violazione
 dei principi sanciti dall'art. 3 della Costituzione.
   Per le medesime ragioni  si  ravvisano  dubbi  di  legittimita'  in
 relazione  agli  artt. 31 e 47 della Costituzione che rispettivamente
 tutelano  le  esigenze  della   famiglia   ed   agevolano   l'accesso
 all'abitazione per i meno abbienti.
   La  prospettata  irragionevolezza delle disposizioni provinciali in
 applicazione si accentua e diviene piu'  marcata  in  relazione  alla
 situazione,  in  cui  concretamente  si  trovano  i convenuti Jellici
 Giuliano e Partel Giancarlo, di perdita del  requisito  di  cui  alla
 lett.  e) della legge provinciale n. 21/1992 senza che, nel corso del
 rapporto,  gli  assegnatari  abbiano  conseguito   alcun   incremento
 patrimoniale   essendo   rimasti   titolari  delle  medesime  realta'
 possedute all'atto della assegnazione; il superamento dei  limiti  di
 reddito  e'  derivato  esclusivamente  per  effetto dei meccanismi di
 aggiornamento delle rendite catastali. Pare illogico ed in  contrasto
 con  i  principi  stabiliti dalle norme costituzionali richiamate che
 l'assegnazione degli alloggi venga revocata in assenza  di  mutamenti
 della  consistenza  delle  proprieta' immobiliari degli assegnatari e
 senza che questi ultimi abbiano conseguito,  in  ultima  analisi,  un
 incremento di ricchezza.
   La   questione   di  legittimita'  costituzionale  che  si  intende
 sollevare, oltre a risultare  non  manifestamente  infondata  per  le
 ragioni  sopra  esposte,  e'  rilevante ai fini della decisione della
 presente causa  atteso  si  discute  della  revoca  dell'assegnazione
 disposta  in applicazione delle disposizioni sottoposte al vaglio del
 giudice delle leggi.