IL PRETORE
   A  scioglimento della riserva di cui all'udienza 19 novembre 1997 e
 viste  le  note  difensive  autorizzate,  depositate   nell'assegnato
 termine del 20 dicembre 1997, osserva.
   1.  -  Si  pone  la  questione  della  legittimita' della normativa
 regionale che, con la legge n. 10 del 2 aprile 1996  ha  disciplinato
 anche la fissazione dei canoni di locazione degli alloggi di edilizia
 residenziale  pubblica.  Infatti  in  applicazione  corretta  di tale
 normativa il comune di Padova ha richiesto alla originaria ricorrente
 il pagamento di canoni superiori a quello risultante dagli artt. 12 e
 24 della legge n. 392/1978; il che viene contestato dalla ricorrente.
   La legge regionale de  qua  individua  come  ambito  della  propria
 applicazione,  tra  l'altro,  sia  tutti  gli  alloggi  realizzati  o
 recuperati da enti  pubblici,  comprese  le  aziende  municipalizzate
 dipendenti  dagli  enti  locali,  a totale carico o con il concorso o
 contributo dello Stato o della regione, delle province o dei  comuni,
 nonche'  gli  alloggi  acquistati,  realizzati  o  recuperati da enti
 pubblici  non economici e utilizzati per le finalita' sociali proprie
 dell'edilizia residenziale pubblica, sia  gli  alloggi  realizzati  o
 recuperati  dai  comuni  con fondi previsti dalle leggi nazionali nn.
 25/1980,  94/1982,  118/1985,  899/1986  e  regionale   n.   45/1986.
 L'alloggio  in  questione  risulta realizzato con i fondi comunali di
 cui alla legge n. 899/1986.
   La legge  regionale  n.  10/1996  espressamente  si  richiama  alla
 deliberazione  13  marzo  1995 del CIPE (in Gazzetta Ufficiale n. 122
 del 27 maggio 1995), ed in particolare al  punto  8  di  questa,  che
 indica  la  finalita'  del  canone  di  locazione  degli  alloggi li'
 considerati   nella   compensazione   dei    costi    di    gestione,
 amministrazione  e manutenzione e nel recupero di parte delle risorse
 utilizzate per la loro realizzazione. Per la  realizzazione  di  tale
 finalita', la delibera CIPE individua tre tipi di canone (sociale, di
 riferimento, di locazione) applicabili, in diverse articolazioni, con
 riferimento  al reddito del nucleo familiare.  E poiche' il canone di
 riferimento viene, in via transitoria e  suppletiva,  individuato  in
 quello   determinato   con   riferimento   alla  legge  n.  392/1978,
 espressamente si prevede che, per talune fasce di reddito, il  canone
 in  definitiva  applicabile sia quest'ultimo maggiorato in misura non
 inferiore al 50%.
   Va rilevato che la regione Veneto ha  dato  puntuale  attuazione  a
 tale  indicazione, che tuttavia era prevista come vincolante gli enti
 gestori nei casi di inerzia delle amministrazioni regionali (ex punto
 8.7).
   2. - Ora, avuto riguardo alla sentenza della  Corte  costituzionale
 n.  155/1988 - dichiarativa dell'illegittimita' dell'art. 26.1, lett.
 c), della legge n. 392/1978 nella parte in cui  non  dispone  che  il
 canone   di   locazione   di   immobili   soggetti   alla  disciplina
 dell'edilizia convenzionata non  deve  comunque  superare  il  canone
 risultante  dalle  disposizioni del titolo I capo I di quella legge -
 nonche' all'art.  7-bis della legge nazionale n. 25/1980 (che prevede
 la soggezione all'intera disciplina della legge  n.  392/1978  per  i
 contratti  relativi  agli  alloggi  acquisiti  grazie alla richiamata
 normativa), deve giudicarsi non manifestamente infondata la questione
 di legittimita' costituzionale dell'art.  18  della  legge  regionale
 Veneto n. 10/1996, nel testo vigente ex legge n. 14/1997, nella parte
 in  cui  individua  per  la  cd  area di decadenza la possibilita' di
 applicazione di un canone aumentato rispetto a quello previsto  dalla
 legge n. 392/1978.
   Cio' sotto un duplice profilo.
   2.1.  -  Si e' detto che la normativa regionale si e' adeguata alla
 delibera CIPE 13 marzo 1995. Questa delibera  e'  stata  adottata  in
 attuazione  del potere disciplinato dall'art. 2, secondo comma, n.  2
 della legge n. 457/1978 (secondo il quale il CIPE determina i criteri
 generali per le assegnazioni e per la  fissazione  dei  canoni  delle
 abitazioni  di  edilizia  residenziale  pubblica). La disposizione e'
 gia'  stata  oggetto  di  un  giudizio  della  Corte  costituzionale,
 tuttavia  in  sede  di  conflitto di attribuzione, proposto da alcune
 regioni (sentenza n. 27 del 5-12 febbraio  1996).  Nell'occasione  la
 Corte  ha  ricordato  che non vi e' un'attribuzione costituzionale di
 competenze regionali relative alla fase della selezione degli  utenti
 beneficiari    della   edilizia   residenziale   pubblica   e   nella
 determinazione dell'ammontare dei relativi canoni: la aspirazione dei
 singoli  a vedere soddisfatta la pretesa di disporre di un'abitazione
 a prezzo sociale si deve confrontare con le  esigenze  della  finanza
 pubblica  ed  i  due  aspetti  si  caratterizzano  per  la dimensione
 generale (nazionale) degli interessi coinvolti.
   2.2. - Il primo profilo e'  allora  quello  del  verificare  se  la
 deliberazione   del   CIPE   possa   introdurre  il  principio  della
 determinazione di canoni superiori a quelli previsti dalla  legge  n.
 392/1978,  posto  che  la dizione dell'art. 2 della legge n. 457/1978
 consente  l'interpretazione  di   una   determinazione   di   criteri
 all'interno  del  tetto  massimo quale indicato nel canone ex lege n.
 392/l978. Va premesso che, a giudizio di questo pretore,  non  paiono
 rinvenirsi ragioni di oggettiva incostituzionalita' in una disciplina
 che  cio'  preveda: il bilanciamento tra le due esposte e normalmente
 opposte esigenze ben puo' giustificare che attraverso  il  canone  si
 operi  la  dissuasione  di  chi,  avendo  reddito per poter locare un
 immobile  sul  mercato,  occupi  un  alloggio   pubblico   con   cio'
 sottraendolo  alla  necessita'  di chi ne abbia contingentemente piu'
 necessita'; e cio' a prescindere dalle  procedure  per  la  decadenza
 dall'assegnazione  ed anche alla luce della normativa sui cd patti in
 deroga. La questione e' pero', all'evidenza, quella  delle  modalita'
 formali di introduzione della disciplina.
   Ed  allora,  ove  si ritenga che la delibera CIPE si applichi anche
 agli alloggi di cui alla legge nazionale n. 25/1980  e  nazionale  n.
 899/1986,  deve  dubitarsi  del  potere  di modificare una situazione
 normativa  deliberata  con  legge  ordinaria  e  comunque  risultante
 dall'intervento  della  Corte costituzionale. Da qui, non sussistendo
 una competenza regionale in  materia,  l'illegittimita'  della  legge
 regionale che a quella delibera si e' richiamata.
   2.3.  -  Ove si ritenga che tale delibera non riguardi comunque gli
 alloggi de quibus (argomento che potrebbe essere sostenuto osservando
 e confrontando la indicazione degli ambiti di applicazione, di cui al
 punto 2 dell'allegato alla  delibera  ed  all'art.  1.2  della  legge
 regionale  Veneto  n. 10/1996) la conclusione non potrebbe essere che
 la stessa, per la  ricordata  assenza  di  una  competenza  normativa
 propria della regione in materia.
   3.  - La questione e' all'evidenza rilevante nel presente giudizio,
 laddove  dalla  sua  soluzione  dipende  la  decisione  della  causa,
 controvertendosi  proprio  sull'applicazione  del  canone determinato
 dalla normativa regionale.
   4. - Il parametro del giudizio di  legittimita'  costituzionale  va
 individuato negli artt. 70, 115 e 117 della Costituzione.
   5. - Vanno adottate le disposizioni ordinatorie conseguenziali.