ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel  giudizio  di legittimita' costituzionale degli artt. 8, comma 8,
 31, comma 3, 16 e 20 della legge 6 agosto 1990,  n.  223  (Disciplina
 del   sistema  radiotelevisivo  pubblico  e  privato),  promosso  con
 ordinanza emessa il 24 ottobre 1996 dal pretore di  Verona,  iscritta
 al  n.  1343  del registro ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta
 Ufficiale della Repubblica, n. 2,  prima  serie  speciale,  dell'anno
 1997;
   Visto l'atto di costituzione della Radio Montebaldo Edizioni s.r.l.
 nonche'  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito nell'udienza pubblica del 27 gennaio 1998 il giudice relatore
 Valerio Onida;
   Uditi l'avv. Eugenio Porta per la Radio Montebaldo Edizioni  s.r.l.
 e l'avvocato dello Stato Maria Gabriella Mangia per il Presidente del
 Consiglio dei Ministri;
   Ritenuto  che  il  pretore  di  Verona,  con ordinanza emessa il 24
 ottobre 1996, pervenuta a questa Corte il 9 dicembre 1996, ha rimesso
 a questa Corte due questioni di legittimita' costituzionale;
     che la prima questione, sollevata in riferimento agli artt. 3, 21
 e 41 della Costituzione, investe gli artt. 8, comma 8, e 31, comma 3,
 della  legge  6  agosto  1990,  n.  223   (Disciplina   del   sistema
 radiotelevisivo  pubblico  e  privato), concernenti rispettivamente i
 limiti massimi ammessi per la trasmissione di  messaggi  pubblicitari
 da  parte  delle emittenti radiofoniche, e la sanzione amministrativa
 per le relative violazioni, stabilita nel pagamento di una  somma  da
 dieci  a  cento  milioni,  salva, nei casi piu' gravi, la sospensione
 della concessione;
     che,   ad   avviso   dell'autorita'   remittente,   dette   norme
 contrasterebbero   con   il   principio  di  eguaglianza,  in  quanto
 disciplinano  nello  stesso  modo  situazioni   che   presenterebbero
 elementi   soggettivi   ed   oggettivi   profondamente  diversi,  non
 distinguendo neppure fra televisioni e radio,  nonche'  fra  soggetti
 che trasmettono con piu' reti nazionali e soggetti che possiedono una
 sola  emittente a diffusione locale; e violerebbero gli artt. 21 e 41
 della  Costituzione,  impedendo  la  libera   scelta   dell'indirizzo
 editoriale   e  dei  programmi  della  emittente,  espressione  delle
 liberta' di manifestazione del pensiero e di iniziativa economica;
     che,  inoltre,  il principio di eguaglianza sarebbe violato anche
 per la mancata previsione di un  parametro  di  commisurazione  della
 sanzione  basato  sull'entita' del vantaggio che deriva all'emittente
 dalla violazione;
     che, infine, le norme  impugnate  sarebbero  illegittime  per  la
 asserita  irragionevole  sproporzione,  rispetto  alla gravita' delle
 violazioni, delle sanzioni pecuniarie previste,  con  un  minimo  che
 sarebbe  eccessivo  per le emittenti locali ed un massimo che sarebbe
 irragionevolmente modesto per le  emittenti  nazionali,  sproporzione
 aggravata  dalla mancata previsione di un parametro di commisurazione
 della sanzione basato sull'entita'  del  vantaggio  conseguito  dalla
 emittente con la violazione;
     che  la  seconda  questione, sollevata in riferimento ai medesimi
 parametri, investe gli artt. 16 e 20 della legge  n.  223  del  1990,
 relativi rispettivamente al regime delle concessioni per gli impianti
 di  radiodiffusione  sonora  e  televisiva privata e agli obblighi di
 programmazione dei concessionari, disposizioni che sarebbero sospette
 di  incostituzionalita'  nella  parte  in  cui  "non  consentono   di
 autorizzare radiotelevisioni tematiche, prevedendo invece solo quelle
 generaliste,   con  le  conseguenti  irragionevoli  limitazioni  alla
 liberta' di programmazione, contrastanti coi  possibili  e  legittimi
 interessi   editoriali",   impedendo  in  particolare  di  realizzare
 emittenti che trasmettano per tutto  il  tempo  pubblicita',  pur  se
 intervallata  da servizi di informazione:  con violazione degli artt.
 21 e 41 della Costituzione, nonche' del principio di  eguaglianza  di
 cui  all'art. 3, in quanto tale limitazione non e' posta agli editori
 di pubblicazioni a stampa;
     che davanti alla Corte si e' costituita  la  societa'  ricorrente
 nel  giudizio a quo chiedendo che le norme impugnate siano dichiarate
 costituzionalmente  illegittime,  per  le   ragioni   esposte   nella
 ordinanza di rimessione;
     che,  secondo  la parte privata, inoltre, gli artt. 16 e 20 della
 legge impugnata, configurando un regime di  concessione  che  sarebbe
 presupposto  dalla sanzione applicata, si porrebbero in contrasto con
 il principio per cui la  diffusione  radiotelevisiva  costituisce  un
 diritto soggettivo perfetto, non assoggettabile a concessione;
     che  e'  intervenuto  altresi'  nel  giudizio  il  Presidente del
 Consiglio dei Ministri, chiedendo che sia dichiarata non  fondata  la
 questione  di  legittimita'  costituzionale degli artt. 8, comma 8, e
 31, comma 3, della legge n.  223  del  1990;  e  che  sia  dichiarata
 inammissibile, o in subordine infondata, la questione di legittimita'
 costituzionale degli artt. 16 e 20 della stessa legge;
     che,  quanto alla prima questione, l'Avvocatura erariale nega che
 l'art. 8, comma 8,  ponendo  limiti  all'affollamento  pubblicitario,
 impedisca la libera determinazione della programmazione, in quanto la
 norma   regolerebbe  solo  il  tempo  di  trasmissione  dei  messaggi
 pubblicitari, in attuazione di  esigenze  di  regolamentazione  della
 pubblicita',  riconosciute  meritevoli di tutela dalla giurisprudenza
 costituzionale; e nega che la stessa  norma  violi  il  principio  di
 eguaglianza, poiche' essa disciplina in modo differenziato, in base a
 scelte  legislative  non  irragionevoli, la radiodiffusione sonora in
 ambito locale e nazionale, e quella  effettuata  da  concessionari  a
 carattere  comunitario,  nonche'  la pubblicita' radiofonica e quella
 televisiva;
     che,   secondo   l'interveniente,   sarebbe   altresi'  infondato
 l'addebito di irragionevolezza mosso  all'art.  31,  comma  3,  della
 legge,  dato che la sanzione prevista e' ampiamente modulabile fra un
 minimo ed un massimo, sia da parte dell'autorita' che la irroga,  sia
 da parte del giudice che ne controlla l'applicazione;
     che la seconda questione, relativa agli artt. 16 e 20 della legge
 n.  223 del 1990, secondo l'interveniente sarebbe priva di rilevanza,
 e comunque infondata, anzitutto per  le  medesime  ragioni  svolte  a
 proposito dell'art. 8, comma 8, tenendo anche conto che fra i criteri
 oggettivi  previsti  per  il  rilascio  della concessione, essenziali
 nell'ambito del sistema, sono compresi quelli relativi alla  qualita'
 dei  programmi; ne' sussisterebbe la pretesa violazione del principio
 di eguaglianza in  relazione  alla  diversa  disciplina  relativa  ai
 giornali, poiche' gli editori di questi ultimi non sono concessionari
 di   un   bene   pubblico;   mentre   appartiene   alla   ragionevole
 discrezionalita'  del  legislatore  disciplinare  la   programmazione
 televisiva e radiofonica, ivi compresa la pubblicita', in vista anche
 della tutela degli interessi della stampa;
   Considerato che, delle due questioni sollevate dal remittente, solo
 la  prima  appare  ammissibile  sotto  il  profilo della sussistenza,
 plausibilmente motivata, della rilevanza, mentre la seconda, relativa
 agli artt. 16 e 20 della legge n. 223 del  1990,  appare  ictu  oculi
 priva di rilevanza;
     che,  infatti,  il  giudice  a  quo  chiamato  a  giudicare sulla
 legittimita' di una sanzione applicata per violazione delle norme sui
 limiti  massimi  di  affollamento  pubblicitario  nell'ambito   della
 programmazione  radiofonica,  non deve fare applicazione alcuna delle
 disposizioni  sul  regime  di  concessione  per   l'esercizio   delle
 emittenti  radiotelevisive,  disciplinato  dall'art.  16, in quanto i
 limiti  imposti  alla  pubblicita'  sono  indipendenti   dal   regime
 giuridico  scelto  dal  legislatore  per  l'esercizio  dell'attivita'
 radiotelevisiva;  ne'  e'  chiamato  ad   applicare   le   specifiche
 disposizioni contenute nel comma 18 di detto art. 16 sui tempi minimi
 settimanali   di  programmazione  che  le  emittenti  locali  debbono
 dedicare all'informazione e a programmi di carattere non  commerciale
 legati  alla  realta'  locale,  poiche'  la  limitazione quantitativa
 oraria dei messaggi pubblicitari, la cui  violazione  ha  dato  luogo
 alla  sanzione  irrogata  nella  specie,  trova  autonomo  e compiuto
 fondamento nel solo art. 8, comma 8, della legge; ne' deve applicare,
 infine, le disposizioni dell'art. 20  della  legge,  concernenti  gli
 obblighi  di  programmazione,  che,  per quanto riguarda le emittenti
 radiotelevisive locali, si esauriscono nella imposizione di un minimo
 di ore giornaliere e settimanali di programmazione, indipendentemente
 dal contenuto di questa;
     che   peraltro   l'asserita   esclusione   di    radiotelevisioni
 "tematiche" non trova alcun fondamento nelle norme denunciate, che si
 limitano  a  porre i vincoli dianzi ricordati in tema di durata della
 programmazione e di spazi minimi da riservare all'informazione;
     che  pertanto  tale  questione   va   dichiarata   manifestamente
 inammissibile per difetto di rilevanza;
     che  le  disposizioni  oggetto della prima questione, vale a dire
 gli artt. 8, comma 8, e 31, comma 3, della legge n. 223 del 1990 sono
 state oggetto, dopo l'emanazione della ordinanza  di  rimessione,  di
 modificazioni  legislative,  ad opera, rispettivamente, dell'art.  1,
 comma 18, del d.-l. 23 ottobre 1996, n. 545 (Disposizioni urgenti per
 l'esercizio      dell'attivita'      radiotelevisiva      e     delle
 telecomunicazioni), convertito dalla legge 23 dicembre 1996, n.  650,
 nel testo introdotto dalla legge di conversione, e dell'art. 3, comma
 3,  lettera  b)  numero  6,  della  legge  31  luglio  1997,  n.  249
 (Istituzione dell'Autorita' per le  garanzie  nelle  comunicazioni  e
 norme sui sistemi delle telecomunicazioni e radiotelevisivo);
     che,   in  particolare,  la  disposizione  da  ultimo  citata  ha
 stabilito che, "in attesa che il Governo emani uno o piu' regolamenti
 nei confronti degli esercenti la radiodiffusione sonora e  televisiva
 in  ambito  locale,  le  sanzioni previste dall'art. 31 della legge 6
 agosto 1990, n. 223, sono ridotte ad un  decimo",  cosi'  modificando
 sostanzialmente il contenuto normativo oggetto di censura;
     che  appare  opportuno  rimettere  al  giudice  a quo a cui vanno
 restituiti gli atti  limitatamente  alla  questione  di  legittimita'
 costituzionale  relativa  agli artt. 8, comma 8, e 31, comma 3, della
 legge n. 223 del 1990, ogni valutazione di sua  competenza  circa  la
 applicabilita'   nel  giudizio  pendente  delle  citate  disposizioni
 sopravvenute, nell'ambito di un nuovo esame della questione alla luce
 dello jus superveniens.
   Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11  marzo  1953,  n.
 87  e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.