LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE
   Ha  emesso la seguente ordinanza ai sensi dell'art. 23, lettera a),
 della legge 11 marzo 1953, n.  87  sul  ricorso  contro  i  ruoli  n.
 2239-97 depositato il 10 maggio 1997.
   Atto  impugnato:  cartella di pagamento n. 7334588 per gli anni 93,
 94, 95, 96, 97.
   Ricorrente: Segheria Levante S.r.l. con sede legale a Genova.
   Legale  rappresentante:  amministratore  pro-tempore  sig.  Antonio
 Massa.
   Domicilio  eletto dalla ricorrente: presso l'avv. Gianluigi Masnata
 e nel suo studio a Genova in via Bacigalupo nn. 4/15.
                         Si premette in fatto
   Alla societa' ricorrente veniva notificato dal comune di Genova, in
 data  16  dicembre  1996,  avviso  di  accertamento  della  tassa  di
 smaltimento  rifiuti solidi   urbani (TARSU) per gli anni dal 1993 al
 1996; la societa' impugnava l'avviso  davanti  a  questa  Commissione
 tributaria  provinciale,  con  tempestivo ricorso n. 3260/1997 del 17
 febbraio 1997  non  ancora  posto  in  discussione;  nelle  more  del
 procedimento  il  comune  di  Genova provvedeva ad iscrizione a ruolo
 dell'intero tributo accertato per ciascuno degli anni di  cui  sopra,
 nonche'  delle  soprattasse  e  degli  interessi;  contro la relativa
 cartella di  pagamento  n.  7334588  notificata  il  20  aprile  1997
 ricorreva   la   societa'   come   sopra   rappresentata,   assumendo
 illegittimita' dell'iscrizione a ruolo per pretesa  violazione  delle
 norme  contenute  nell'art.  15 del d.P.R.  29 settembre 1973 n. 602,
 che in pendenza di giudizio di primo consente l'iscrizione a ruolo in
 via provvisoria solo di un terzo del tributo principale  accertato  e
 non degli oneri accessori.
   Resisteva   il   comune  di  Genova  con  proprie  controdeduzioni,
 opponendo  la  legittimita'  del  proprio  operato,   conforme   alle
 disposizioni  contenute  nell'art.  72 del d.lgs. 15 novembre 1993 n.
 507.
   Con separata istanza la societa' ricorrente chiedeva la provvisoria
 sospensione della riscossione della cartella di pagamento  fino  alla
 decisione  del  ricorso contro l'accertamento, almeno per gli importi
 eccedenti le misure previste nel citato art.  15  del    decreto  del
 Presidente  della  Repubblica  n.  602/1973;  esaminata l'istanza e i
 documenti allegati, nonche' le controdeduzioni del comune  di  Genova
 resistente,   sentite  le  parti  e  ritenuta  la  sussistenza  delle
 condizioni di cui all'art. 47 del decreto  legislativo  n.  546/1992,
 questo  Collegio,  con  ordinanza  del  18 novembre 1997 accordava la
 parziale e  provvisoria  sospensione  della  riscossione  nei  limiti
 richiesti, fissando per l'udienza del 16 dicembre 1997 la trattazione
 del ricorso contro i ruoli n. 2239/1997.
   All'odierno  dibattimento le parti costituite hanno insistito nelle
 rispettive conclusioni gia'  rese  per  iscritto,  come  da  separato
 verbale.
                 Cio' premesso, si osserva in diritto
   Materia   del   contendere   e'  il  denunciato  contrasto  tra  le
 disposizioni contenute nell'art. 15 del decreto del Presidente  della
 Repubblica n. 602/11973 e quelle contenute nell'art. 72 del d.lgs. 15
 novembre 1993, n. 507.
   L'art.  72  citato,  con  evidente  forzatura dei principi d'ordine
 generale che presiedono  alla  riscossione  dei  tributi  non  ancora
 definitivamente accertati:
     al  primo comma, impone ai comuni di iscrivere a ruolo "l'importo
 del  tributo  ed  addizionali,  degli  accessori  e  delle  sanzioni,
 liquidato  sulla  base  dei ruoli dell'anno precedente, delle denunce
 presentate e degli accertamenti notificati....";
     al successivo quarto comma richiama espressamente numerose  norme
 del  decreto  del Presidente della Repubblica n. 602/1973, con voluta
 esclusione dell'art. 15;
    infine, al quinto comma richiama,  "in  quanto  compatibili",  "le
 altre  disposizioni  contenute nel d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 e
 nel d.P.R. 28 gennaio 1988, n. 43".
   Nel caso di specie, contro l'avviso di accertamento del  comune  di
 Genova  e'  stata  presentata  rituale  impugnazione tuttora pendente
 presso  questo  giudice  di  primo  grado,   sicche'   l'obbligazione
 tributaria   non   si   e'   ancora  perfezionata.  Ciononostane,  le
 disposizioni contenute nel primo e nel quarto comma citati  dell'art.
 72  del  d.lgs.  15  novembre  1973,  n.  507,  conferiscono  formale
 legittimita' al ruolo ed alla cartella di  pagamento  impugnata;  dal
 che  consegue  che alla parte ricorrente viene imposto l'assolvimento
 immediato e per intero di una pretesa fiscale  ancora  in  itinere  e
 dall'esito     incerto,    con    la    surrettizia    riproposizione
 dell'incostituzionale principio del solve et repete, gia' bandito dal
 nostro  ordinamento  giuridico  dalla  nota  sentenza   della   Corte
 costituzionale n. 125 dell'11 luglio 1969.
   Ne  escono  calpestati,  come sara' meglio illustrato infra, sia il
 principio di uguaglianza, che il diritto di difesa della  ricorrente,
 garantiti  rispettivamente  dagli  artt.  3  e 24 della Costituzione,
 articoli che questa Commissione assume violati dal citato art. 72 del
 decreto legislativo n. 507/1993.
   Il   vizio   di   illegittimita'  costituzionale  teste'  rilevato,
 unitamente alla circostanza che il giudizio in corso non puo'  essere
 definito  indipendentemente  dalla  risoluzione  della  questione  di
 legittimita' costituzionale dell'art. 72 del decreto  legislativo  n.
 507/1993,   induce   questa  Commissione  a  sollevare  d'ufficio  la
 questione medesima a norma dell'art. 23 cpv.  della  legge  11  marzo
 1953, n. 87.
   Si rendono necessarie, a tale scopo, alcune osservazioni in materia
 di riscossione dei tributi:
    il   d.P.R.  29  settembre  1973,  n.  602,  ancorche'  intitolato
 originariamente "Disposizioni sulla  riscossione  delle  imposte  sul
 reddito",  presiede  in  realta',  dopo  le  numerose modificazioni e
 riforme, alla  riscossione  della  maggior  parte  dei  "tributi"  in
 genere,  e  ben  si  puo'  dire  che  si ravvisano in esso i principi
 generali della riscossione,  se  il  legislatore  vi  ha  volutamente
 ricondotto,  nella  tumultuosa  evoluzione  della  normativa  fiscale
 dell'ultimo ventennio, le  modalita'  di  riscossione  delle  imposte
 dirette  e  indirette,  nonche'  delle tasse e dei tributi degli enti
 locali;
     il d.P.R. 28 gennaio 1988, n.  43  istitutivo  del  "Servizio  di
 riscossione  dei  tributi  e  di altre entrate dello Stato e di altri
 enti  pubblici",  in  particolare,  nell'art.  67   assoggetta   alla
 disciplina  del  decreto  del  Presidente  della Repubblica n. 602 la
 riscossione  di  IVA,  imposta  di  registro,  imposte  ipotecarie  e
 catastali,  imposta  sulle successioni e donazioni, INVIM, imposte di
 fabbricazione, imposte erariali di consumo, tasse automobilistiche  e
 sulle concessioni governative, etc.;
     all'art.  63,  comma  4, dispone senza alcuna riserva, che per la
 riscossione anche coattiva dei  "tributi"  e  delle  "altre  entrate"
 dello  Stato  e  degli  enti  pubblici  continuino  ad "applicarsi le
 disposizioni contenute  nel  d.P.R.  29  settembre  1973,  n.  602  e
 successive modificazioni"; e non a caso lo stesso art. 72 del  d.lgs.
 15  novembre  1993,  n.  507,  a  detto  decreto del Presidente della
 Repubblica   n.   602   fa   esplicito   richiamo,   pur   escludendo
 l'applicabilita'  della  disciplina  di cui all'art. 15 relativa alle
 "iscrizioni provvisorie in base ad accertamenti non definitivi".
   L'esclusione  come  sopra   operata,   ingenera   due   ordini   di
 conseguenze:
     I) una disparita' di trattamento tra i cittadini contribuenti cui
 sono applicabili le piu' favorevoli norme contenute nell'art.  15 del
 decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973 e i cittadini cui
 dette   norme  non  siano  applicabili,  con  palese  violazione  del
 principio di parita' di  cui  all'art.  3  della  Costituzione;  tale
 disparita'  di  trattamento,  peraltro, non poggia su alcun principio
 logico-giuridico, ma pare attingere a mere esigenze di  bilancio  dei
 comuni,  come  rivela  la circolare 15 gennaio 1994, n. 1/5-94, della
 Dir. centr. per la fiscalita'  locale,  Div.  S.D.C.  nella  quale  i
 comuni sono esplicitamente "...invitati ad anticipare, ove possibile,
 la  riscossione,  anche  per  evitare ulteriori ritardi nell'afflusso
 alle province del  gettito  del  tributo  provinciale  istituito  con
 l'art. 19 del d.lgs. 30 dicembre 1993, n. 504.";
     II)  una violazione del diritto di difesa garantito dall'art.  24
 della  Costituzione  nei  confronti  dei  cittadini  assoggettati  ad
 accertamento  e  riscossione  di  tributi comunali, quali la TARSU: a
 questi ultimi, essendo ormai generalmente devoluta alla giurisdizione
 delle   Commissioni  tributarie  la  possibilita'  di  richiedere  la
 provvisoria sospensione della riscossione, viene preclusa, di  fatto,
 ogni tutela cautelare in sede giurisdizionale: infatti, come nel caso
 esaminato, in pendenza del ricorso contro l'accertamento, la cartella
 di  pagamento  (formalmente  immune da "vizi propri" per essere stata
 emessa in base a un espresso precetto normativo:  l'art.  72  citato)
 non potrebbe neanche essere oggetto di autonoma impugnazione ai sensi
 dell'art.  19 del decreto legislativo n. 546/1992.
   Preclusa  per  quanto  sopra  ai  soggetti  interessati  la  tutela
 cautelare in sede giurisdizionale, come  conferma  implicitamente  il
 contesto  normativo del Capo III della legge 24 ottobre 1996, n. 556,
 non resta ad essi che una sorta di "tutela amministrativa"  accordata
 dall'art.    11  della  legge  citata, tutela interamente soggetta al
 potere discrezionale  della  Direzione  generale  delle  entrate,  in
 spregio  al  dettato  dell'art.   24 della Costituzione, che al primo
 comma testualmente recita: "Tutti possono agire in  giudizio  per  la
 tutela dei propri diritti e interessi legittimi".