IL PRETORE
   A  scioglimento  della  riserva di cui all'udienza 20 ottobre 1997,
 osserva.
   1. - Per alcune delle posizioni all'esame,  si  pone  la  questione
 della legittimita' della normativa regionale che, con la legge n.  10
 del  2  aprile 1996 ha disciplinato anche la fissazione dei canoni di
 locazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica. Infatti in
 applicazione corretta di  tale  normativa  il  comune  di  Padova  ha
 richiesto alla originaria ricorrente il pagamento di canoni superiori
 a quello risultante dagli artt. 12-24 della legge n. 392/1978; il che
 viene contestato dalla ricorrente.
   La  legge  regionale  de  qua  individua  come ambito della propria
 applicazione,  tra  l'altro,  sia  tutti  gli  alloggi  realizzati  o
 recuperati  da  enti  pubblici,  comprese  le aziende municipalizzate
 dipendenti dagli enti locali, a totale carico o  con  il  concorso  o
 contributo  dello Stato o della regione, delle province o dei comuni,
 nonche' gli alloggi  acquistati,  realizzati  o  recuperati  da  enti
 pubblici  non economici e utilizzati per le finalita' sociali proprie
 dell'edilizia residenziale pubblica, sia  gli  alloggi  realizzati  o
 recuperati  dai  comuni  con  fondi  previsti  dalle  leggi nazionali
 1980/25, 1982/94, 1985/118, 1986/899 e regionale 1986/45.  L'alloggio
 in  questione  risulta  realizzato  con  i fondi comunali di cui alla
 legge 899/1986, 25/1980.
   La  legge  regionale  10/1996  espressamente   si   richiama   alla
 deliberazione  13  marzo  1995 del CIPE (in G.U. n. 122 del 27 maggio
 1995), ed in  particolare  al  punto  8  di  questa,  che  indica  la
 finalita' del canone di locazione degli alloggi li' considerati nella
 compensazione dei costi di gestione, amministrazione e manutenzione e
 nel   recupero   di  parte  delle  risorse  utilizzate  per  la  loro
 realizzazione. Per la realizzazione di tale  finalita',  la  delibera
 CIPE  individua  tre  tipi  di  canone  (sociale,  di riferimento, di
 locazione) applicabili, in diverse articolazioni, con riferimento  al
 reddito  del  nucleo  familiare.   E poiche' il canone di riferimento
 viene,  in  via  transitoria  e  suppletiva,  individuato  in  quello
 determinato  con riferimento alla legge n. 392/1978, espressamente si
 prevede che, per talune fasce di reddito,  il  canone  in  definitiva
 applicabile  sia  quest'ultimo  maggiorato in misura non inferiore al
 50%.
   Va rilevato che la regione Veneto ha  dato  puntuale  attuazione  a
 tale  indicazione, che tuttavia era prevista come vincolante gli enti
 gestori nei casi di inerzia delle amministrazioni regionali (ex punto
 8.7).
   2. - Ora, avuto riguardo alla sentenza della  Corte  costituzionale
 n. 155/1988 dichiarativa dell'illegittimita' dell'art. 26.1 lett.  c)
 della  legge n. 392/1978 nella parte in cui non dispone che il canone
 di locazione  di  immobili  soggetti  alla  disciplina  dell'edilizia
 convenzionata  non  deve comunque superare il canone risultante dalle
 disposizioni del titolo I capo I di quella  legge,  nonche'  all'art.
 7-bis  della  legge  nazionale  n. 25/1980 (che prevede la soggezione
 all'intera  disciplina  della  legge  n.  392/1978  per  i  contratti
 relativi  agli  alloggi  acquisiti grazie alla richiamata normativa),
 deve  giudicarsi  non  manifestamente  infondata  la   questione   di
 lettimita costituzionale dell'art. 18 della legge regionale Veneto n.
 10/1996,  nel  testo  vigente dopo la modifica introdotta dalla legge
 regionale n. 14 del 20 maggio 1997, nella parte in cui individua  per
 la  c.d.  area  di  decadenza  la  possibilita' di applicazione di un
 canone aumentato rispetto a quello previsto dalla legge n. 392/1978.
   Cio' sotto un duplice profilo.
   2.1. - Si e' detto che la normativa regionale si e'  adeguata  alla
 delibera  CIPE  13  marzo  1995. Questa delibera e' stata adottata in
 attuazione del potere disciplinato dall'art. 2  secondo  comma  n.  2
 della legge n. 457/1978 (secondo il quale il CIPE determina i criteri
 generali  per  le  assegnazioni  e per la fissazione dei canoni delle
 abitazioni di edilizia residenziale  pubblica).  La  disposizione  e'
 gia'  stata  oggetto  di  un  giudizio  della  Corte  costituzionale,
 tuttavia in sede di conflitto di  attribuzione,  proposto  da  alcune
 regioni (sentenza n. 27 del 5 dicembre 1996). Nell'occasione la Corte
 ha   ricordato  che  non  vi  e'  un'attribuzione  costituzionale  di
 competenze regionali relative alla fase della selezione degli  utenti
 beneficiari    della   edilizia   residenziale   pubblica   e   nella
 determinazione dell'ammontare dei relativi canoni: la aspirazione dei
 singoli a vedere soddisfatta la pretesa di disporre di  un'abitazione
 a  prezzo  sociale  si deve confrontare con le esigenze della finanza
 pubblica ed  i  due  aspetti  si  caratterizzano  per  la  dimensione
 generale (nazionale) degli interessi coinvolti.
   2.2.  -  Il  primo  profilo  e'  allora quello del verificare se la
 deliberazione  del  CIPE  possa   introdurre   il   principio   della
 determinazione  di  canoni superiori a quelli previsti dalla legge n.
 392/1978, posto che la dizione dell'art. 2 della  legge  n.  457/l978
 consente   l'interpretazione   di   una   determinazione  di  criteri
 all'interno  del  tetto  massimo quale indicato nel canone ex lege n.
 392/1978. Va premesso che, a giudizio di questo pretore,  non  paiono
 rinvenirsi ragioni di oggettiva incostituzionalita' in una disciplina
 che  cio'  preveda: il bilanciamento tra le due esposte e normalmente
 opposte esigenze ben puo' giustificare che attraverso  il  canone  si
 operi  la  dissuasione  di  chi,  avendo  reddito per poter locare un
 immobile  sul  mercato,  occupi  un  alloggio   pubblico   con   cio'
 sottraendolo  alla  necessita'  di chi ne abbia contingentemente piu'
 necessita'; e cio' a prescindere dalle  procedure  per  la  decadenza
 dall'assegnazione e ancor piu' dopo la legge n. 359/1992 legittimante
 i  c.d.  patti in deroga. La questione e' pero', all'evidenza, quella
 delle modalita' formali e delle competenze per  l'introduzione  della
 disciplina.
   Ed  allora,  ove  si ritenga che la delibera CIPE si applichi anche
 agli alloggi di cui alla legge nazionale n. 25/1980  e  n.  899/1980,
 deve  dubitarsi  del  potere  di  modificare una situazione normativa
 deliberata con legge ordinaria  e comunque risultante dall'intervento
 della Corte costituzionale. Da qui, non  sussistendo  una  competenza
 regionale  in  materia,  l'illegittimita' della legge regionale che a
 quella delibera si e' richiamata.
   2.3. - Ove si ritenga che tale delibera non riguardi  comunque  gli
 alloggi de quibus (argomento che potrebbe essere sostenuto osservando
 e confrontando la indicazione degli ambiti di applicazione, di cui al
 punto  2  dell'allegato  alla  delibera  ed  all'art. 1.2 della legge
 regionale Veneto n. 10/1996) la conclusione non potrebbe  essere  che
 la  stessa,  per  la  ricordata  assenza  di una competenza normativa
 propria della Regione in materia.
   3. - La questione e' all'evidenza rilevante nel presente  giudizio,
 laddove  dalla  sua  soluzione  dipende  la  decisione  della  causa,
 controvertendosi proprio  sull'applicazione  del  canone  determinato
 dalla normativa regionale.
   4.  -  Il  parametro del giudizio di legittimita' costituzionale va
 individuato negli artt. 70, 115 e 117 Cost.
   5. - Poiche' la questione interessa solo taluno dei ricorrenti,  ai
 sensi  dell'art.  103.2 c.p.c. va disposta la separazione delle cause
 relative ai ricorrenti Andri, Beccaro, Bisognano, Fortunato,  Miotto,
 per   il  cui  ulteriore  corso  si  provvede  con  separata  odierna
 ordinanza.
   6. - Vanno adottate le disposizioni ordinatorie conseguenziali.