ha pronunciato la seguente Ordinanza nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 4 della legge 29 gennaio 1994, n. 87 (Norme relative al computo dell'indennita' integrativa speciale nella determinazione della buonuscita dei pubblici dipendenti), promosso con ordinanza emessa il 3 dicembre 1994 dal pretore di Bari sul ricorso proposto da Ragone Giovanni contro le Ferrovie dello Stato S.p.A., iscritta al n. 366 del registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 26, prima serie speciale, dell'anno 1997; Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri; Udito nella camera di consiglio del 25 febbraio 1998 il giudice relatore Cesare Ruperto; Ritenuto che, nel corso di un giudizio promosso per ottenere il computo dell'indennita' integrativa speciale nell'indennita' di buonuscita, il pretore di Bari, con ordinanza emessa il 3 dicembre 1994 (pervenuta alla Corte il 23 maggio 1997), ha sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 4 della legge 29 gennaio 1994, n. 87 (Norme relative al computo dell'indennita' integrativa speciale nella determinazione della buonuscita dei pubblici dipendenti); che, secondo il giudice a quo - il quale richiama nel contesto dell'ordinanza di rimessione le decisioni di altri organi giudicanti ordinari e amministrativi che hanno sollevato identica questione -, la norma censurata (sopravvenuta in corso di lite) si porrebbe in contrasto con gli artt. 24, primo e secondo comma, 25, 102 e 108 della Costituzione, nella parte in cui - disponendo l'estinzione dei giudizi pendenti e la compensazione delle spese processuali - sottrae alla valutazione del giudice (interferendo con la sua indipendenza) i profili relativi al rapporto sostanziale dedotto in giudizio ed alle pronunce accessorie, nonche' - escluso il carattere innovativo della legge, promulgata solo a seguito della sentenza n. 243 del 1993 della Corte costituzionale - lede il diritto di difesa e di azione e la naturale precostituzione del giudice; che e' intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per l'inammissibilita' della questione; Considerato che identiche questioni sono gia' state dichiarate non fondate con la sentenza n. 103 del 1995, nonche' manifestamente infondate con le ordinanze nn. 207, 324, 468 e 495 del 1995, nn. 19 e 125 del 1996 e n. 55 del 1997, in ragione dell'affermato carattere tendenzialmente satisfattivo - assunto dalla normativa de qua - delle aspettative dei pubblici dipendenti ad un'estensione della base di computo dell'indennita' erogata in occasione della cessazione dal servizio, fino a ricomprendervi l'indennita' integrativa speciale; che in tali decisioni - con riferimento alla questione, di natura pregiudiziale rispetto alle altre, concernente l'asserita illegittimita' della dichiarazione di estinzione d'ufficio dei giudizi pendenti con compensazione delle spese - questa Corte ha sottolineato, sia pure in una prospettiva di gradualita' ed in attesa di una complessiva omogeneizzazione dei trattamenti dei lavoratori dei vari comparti della pubblica amministrazione, l'adeguatezza e la sufficiente tempestivita' della risposta data dal legislatore alle suddette aspettative, le quali, a seguito della sentenza n. 243 del 1993, erano ben assurte al rango di diritti, ma non erano ancora immediatamente determinabili; che in conseguenza - valutato il rapporto tra l'intervento normativo e il grado di realizzazione che alla pretesa azionata e' stato accordato per via legislativa - e' stata riconosciuta (e va qui ribadita) la ragionevolezza della norma censurata, come tale non incidente sul diritto di difesa e sull'assetto costituzionale riservato "all'esercizio dell'attivita' giurisdizionale e alla sua prerogativa, anche nei rapporti col legislatore" (sentenza n. 103 del 1995); Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.