ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nei giudizi di  legittimita'  costituzionale  degli  artt.  3,  primo
 comma,  nn.  2,  148,  151, e 263 del codice penale militare di pace,
 nonche' dell'art. 147 del d.P.R. 14 febbraio 1964,  n.  237  (Leva  e
 reclutamento    obbligatorio    nell'Esercito,    nella    Marina   e
 nell'Aeronautica), promossi con ordinanze emesse il 13 marzo 1997 dal
 tribunale militare della Spezia, rispettivamente iscritte ai nn.  295
 e  455  del  registro  ordinanze  1997  e  pubblicate  nella Gazzetta
 Ufficiale della  Repubblica  nn.  23  e  29,  prima  serie  speciale,
 dell'anno 1997.
   Visti  gli  atti  di  intervento  del  Presidente del Consiglio dei
 Ministri;
   Udito nella camera di consiglio del 26  novembre  1997  il  giudice
 relatore Carlo Mezzanotte.
                           Ritenuto in fatto
   1.1.  - Nel corso di un procedimento penale a carico di un militare
 imputato di diserzione (art. 148, n. 2, del codice penale militare di
 pace), perche'  essendo  in  servizio  alle  armi  presso  il  centro
 addestramento reclute della Marina militare (Maricentro) della Spezia
 e  trovandosi  legittimamente  assente  per  licenza, aveva omesso di
 presentarsi, senza giustificato motivo, nei cinque giorni  successivi
 a  quello  prefissato  per  il  rientro,  il tribunale militare della
 Spezia, con ordinanza del 13 marzo 1997, ha sollevato, in riferimento
 agli artt. 3 e 103, terzo comma,  della  Costituzione,  questione  di
 legittimita'  costituzionale degli artt. 3, primo comma, nn. 2, 148 e
 263  del  codice  penale  militare  di  pace,  nella  parte  in   cui
 ricomprendono  come  militari  in  attualita'  di servizio, e percio'
 soggetti  alla  legge  e  alla  giurisdizione  penale  militare,  gli
 arruolati della leva di mare non ancora incorporati.
   Il  giudice a quo premette che, in base alla normativa sulla leva e
 il  reclutamento  obbligatorio  (artt.  64  e  66  del  decreto   del
 Presidente della Repubblica n. 237 del 1964) e all'ordine di chiamata
 alle  armi  nella  Marina  militare  per  l'anno  1994,  di  cui alla
 circolare del Ministero della difesa prot. n. 516701/LM3 in  data  20
 ottobre 1993, una volta dichiarato l'arruolamento nel Corpo equipaggi
 militari  marittimi (CEMM), gli idonei ed atti per la Marina vengono,
 ad opera degli  uffici  delle  capitanerie  di  porto,  "chiamati  ed
 avviati  alle  armi",  nella  data  fissata dal Ministero, e presi in
 forza dai centri addestramento reclute della Marina militare.
   La citata circolare - osserva il remittente - stabilisce pero',  da
 un  lato, che la prestazione del servizio militare decorre dalla data
 del primo giorno di afflusso,  dall'altro,  che  l'incorporamento  e'
 effettuato  da  una  apposita  commissione  e che fino a quando detta
 commissione non vi ha proceduto "gli arruolati giunti  al  Maricentro
 restano   nella   posizione  di  arruolati  in  attesa  di  eventuale
 incorporamento".    Tale  situazione  -  che   li   distingue   dalla
 generalita'  dei  militari,  che all'atto della loro presentazione al
 Corpo di destinazione sono,  di  regola,  subito  incorporati  -  non
 potrebbe  non  riflettersi sul loro assoggettamento alla legge e alla
 giurisdizione penale militare.
   Per  gli  arruolati  della  leva  di  mare  si  verificherebbe,  in
 definitiva,  "uno  stallo"  nel  periodo  tra  la  "presentazione  in
 servizio" e la "assunzione del servizio": soltanto  con  quest'ultima
 costoro  rientrerebbero nella categoria degli appartenenti alle Forze
 armate (art. 103 della Costituzione). Sarebbe, pertanto,  irrazionale
 la disciplina dettata dall'art. 3 del codice penale militare di pace,
 laddove  prescrive che ai militari, diversi dagli ufficiali, la legge
 penale  militare  si  applica  dal  momento  stabilito  per  la  loro
 presentazione,  in  quanto per soggetti che la stessa amministrazione
 non ancora ricomprende tra i propri membri effettivi si  prevederebbe
 "un  regime  ordinamentale  proprio  di  coloro  che  sono  o vengono
 incorporati". L'arruolato della leva di  mare  sarebbe,  infatti,  un
 militare  non  in  attualita'  di  servizio,  ma  ancora  in  congedo
 illimitato provvisorio, almeno fino al  giudizio  di  incorporamento:
 l'art. 148 del codice penale militare di pace, sanzionando unicamente
 il  militare  in servizio, non dovrebbe trovare applicazione nei suoi
 confronti.
   Infine il giudice a quo rileva che, se gli arruolati della leva  di
 mare  possono essere parificati ai militari in congedo illimitato, la
 loro posizione "sotto altro profilo (...) appare non chiara alla luce
 dei  principii  costituzionali".  Infatti,  come  questa   Corte   ha
 affermato  (sentenza  n.  429  del  1992),  le  persone alle quali e'
 applicabile   la   legge   penale   militare,   assoggettabili   alla
 giurisdizione militare, cui si riferisce l'art. 263 del codice penale
 militare  di pace, non possono essere altre e piu' di quelle elencate
 nell'art. 3 (militari in servizio alle armi) e nell'art. 5  (militari
 considerati in servizio alle armi) cod. pen. mil. pace.
   1.2.  -  Nel  corso  di  altro  procedimento  penale a carico di un
 militare imputato del  reato  di  mancanza  alla  chiamata  aggravata
 (artt.  151 e 154, n. 1, del codice penale militare di pace) perche',
 chiamato alle armi con pubblici manifesti  e  cartolina-precetto  per
 adempiere  al servizio di ferma presso Maricentro della Spezia, aveva
 omesso di presentarsi, senza giustificato motivo, nei  cinque  giorni
 successivi a quello prefisso, il tribunale militare della Spezia, con
 ordinanza  del  13 marzo 1997, ha sollevato questione di legittimita'
 costituzionale degli artt. 3, primo comma,  nn.  2,  151  e  263  del
 codice  penale  militare di pace, nonche' dell'art. 147 del d.P.R. 14
 febbraio   1964,   n.   237   (Leva   e   reclutamento   obbligatorio
 nell'Esercito,  nella Marina e nell'Aeronautica), in riferimento agli
 artt. 3 e 103, terzo comma, della Costituzione.
   Ad avviso del remittente, dal combinato disposto dell'art. 151  del
 codice  penale  militare  di  pace  e  dell'art.  147 del decreto del
 Presidente della Repubblica n. 237 del 1964 discende che i  militari,
 seppure   in  congedo,  possono  andare  incontro  all'incriminazione
 qualora nei  cinque  giorni  successivi  a  quello  indicato  non  si
 presentino alle armi senza giustificato motivo.
   Per  gli  arruolati della leva di mare, pero', secondo il giudice a
 quo l'imposizione a presentarsi e' diretta unicamente a  indirizzarne
 l'afflusso ai Maricentro, al fine di rendere possibile, ma non certo,
 il  successivo  incorporamento:  se,  pertanto, essi potessero essere
 considerati non ancora appartenenti alle Forze armate  e  in  congedo
 illimitato  provvisorio,  "il  fatto  loro addebitato, qualora non si
 dovessero presentare, apparirebbe non suscettibile di censura  penale
 secondo il codice penale militare".
   Le  residue  argomentazioni e censure del remittente sono del tutto
 analoghe a quelle svolte nella precedente ordinanza di remissione.
   2. - In  entrambi  i  giudizi  e'  intervenuto  il  Presidente  del
 Consiglio   dei  Ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
 generale dello Stato, che ha concluso per  la  non  fondatezza  della
 questione.
    Preliminarmente      l'Avvocatura     rileva     la     intrinseca
 contraddittorieta'  della  questione  prospettata.  Da  un  lato,  la
 asserita  irragionevole  disparita' di trattamento degli appartenenti
 alle diverse armi dovrebbe far ritenere illegittima la circolare  del
 Ministero  della  difesa,  che  ingiustificatamente distinguerebbe le
 diverse   fasi,   l'ultima   delle   quali    soltanto    condurrebbe
 all'incorporamento in Marina: in questo caso il giudice a quo avrebbe
 potuto  disattendere  la  circolare,  "spostando  in  avanti,  ad una
 diversa fase, il momento in cui  il  soggetto  deve  essere  ritenuto
 arruolato ai fini della legge penale, cosi' da acquisire la qualifica
 soggettiva  necessaria  per  l'integrazione dell'art. 147 del decreto
 del Presidente della Repubblica n. 237  del  1964,  senza  che  possa
 lamentarsi   alcun   contrasto   di   questo  con  l'art.  103  della
 Costituzione".
   In  alternativa,  secondo  l'Avvocatura,  potrebbe  ipotizzarsi  la
 violazione  dell'art.  103  della  Costituzione,  poiche' la norma si
 limita a richiedere  che  il  soggetto  sia  "arruolato"  e,  quindi,
 prescinde  da uno stabile rapporto con l'Arma tale da giustificare la
 sottoposizione alla legge e, conseguentemente (art.  263  del  codice
 penale  militare  di  pace),  alla  giurisdizione militare: in questo
 caso, pero', il problema coinvolgerebbe tutte le  armi,  non  essendo
 posta  alcuna  discriminazione sul punto dal citato art. 147, sicche'
 non dovrebbero sorgere dubbi relativamente alla  asserita  previsione
 di regimi ingiustificatamente differenziati.
   Neanche  questa  impostazione,  secondo  l'Avvocatura,  puo' essere
 condivisa:  il  richiamo  alla  "appartenenza  alle   Forze   armate"
 contenuto  nell'art.  103  della Costituzione non avrebbe una portata
 tale da  escludere  l'art.  147  del  decreto  del  Presidente  della
 Repubblica  n.  247  del  1964,  poiche' questa norma disciplinerebbe
 esclusivamente l'assoggettamento  alla  giurisdizione  dei  tribunali
 militari  e  non  porrebbe limiti riguardo alla soggezione alla legge
 penale militare; la dipendenza dei due aspetti  sarebbe  fissata  con
 legge  ordinaria  (art.  3  cod.  pen.  mil.  pace)  e questa sarebbe
 derogata, a sua volta, del tutto legittimamente  da  altra  legge  di
 pari grado, e cioe' appunto dall'art. 147.
   Potrebbe   eventualmente   porsi,  ad  avviso  dell'Avvocatura,  un
 problema di costituzionalita' del citato art.  147,  che  prevede  lo
 stesso  trattamento  penale  anche  per  chi  abbia  gia'  assunto un
 rapporto stabile con la Forza armata di  appartenenza:  sotto  questo
 aspetto - peraltro irrilevante, perche' non denunciato dal remittente
 -   la   questione   sarebbe   altrettanto   infondata,   in   quanto
 l'anticipazione  della soglia della tutela troverebbe giustificazione
 nell'esigenza  di  garantire  effettivamente  il  funzionamento   del
 sistema della chiamata, altrimenti troppo facilmente eludibile.
                        Considerato in diritto
   1. -  Con due ordinanze di analogo contenuto, il tribunale militare
 della  Spezia  ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 103, terzo
 comma, della Costituzione, questione di  legittimita'  costituzionale
 degli  artt.  3, primo comma, nn. 2, 148, 151 e 263 del codice penale
 militare di pace, nonche' dell'art. 147 del d.P.R. 14 febbraio  1964,
 n.  237, nella parte in cui ricomprendono come militari in attualita'
 di servizio, e percio' soggetti alla legge penale  militare  ed  alla
 giurisdizione   militare,   gli   "arruolati   leva-mare  non  ancora
 incorporati",  sicche'  costoro  possono  incorrere  nei   reati   di
 diserzione  o  di mancanza alla chiamata, nel caso in cui, trovandosi
 legittimamente assenti per licenza, omettano di  ripresentarsi  senza
 giusto  motivo  nei  cinque  giorni successivi, ovvero, chiamati alle
 armi, non si presentino presso  i  centri  di  addestramento  reclute
 della Marina militare (cosiddetti Maricentro).
   Il  giudice a quo premette che, ai sensi della normativa sulla leva
 (artt. 64 e 66 del decreto del Presidente della Repubblica n. 237 del
 1964)  e  della  circolare  del  Ministero  della  difesa  prot.   n.
 516701/LM3  del  20 ottobre 1993, una volta dichiarato l'arruolamento
 nel Corpo equipaggi militari marittimi (CEMM), gli idonei ed atti per
 la Marina vengono, ad opera delle capitanerie di  porto,  chiamati  e
 avviati  alle  armi  e  alla  data  fissata sono "presi in forza" dai
 centri addestramento reclute.
   Il  remittente  rileva  che,  in  base   alla   citata   circolare,
 l'incorporamento  e'  effettuato da una apposita commissione nominata
 dal Comando del Maricentro, sicche', fino a quando detta  commissione
 non  si  e'  pronunciata, "gli arruolati giunti ai Maricentro restano
 nella posizione di arruolati in attesa di eventuale  incorporamento".
 Conseguentemente,  ad  avviso  del  tribunale  militare della Spezia,
 mentre per la generalita' dei militari di leva il  momento  stabilito
 per  la  presentazione  e',  a  norma  dell'art.  3 del codice penale
 militare di pace, il discrimine tra  l'assoggettamento  o  meno  alla
 legge  penale militare, poiche' all'atto della presentazione al Corpo
 i chiamati sono subito incorporati, per gli  arruolati  leva-mare  si
 verificherebbe  "uno  stallo"  nel  periodo  tra  la presentazione in
 servizio e la assunzione del servizio, sicche' in questa fase costoro
 non sarebbero militari in attualita' di servizio, non  rientrerebbero
 tra  gli  appartenenti  alle  Forze  armate e non potrebbero rendersi
 autori dei reati di mancanza alla chiamata o di diserzione,  qualora,
 chiamati  alle  armi  per  adempiere  al  servizio  di  leva,  non si
 presentassero o  non  facessero  rientro,  trovandosi  legittimamente
 assenti.
   Da cio' il dubbio di legittimita' costituzionale delle disposizioni
 censurate,  che  non  consentirebbero  di  differenziare la posizione
 degli arruolati leva-mare  in  attesa  di  eventuale  incorporamento,
 assoggettandoli  dal momento stabilito per la loro presentazione alla
 legge e alla giurisdizione penale militare.
   Poiche' le ordinanze pongono  la  medesima  questione,  i  relativi
 giudizi vanno riuniti per essere decisi con  un'unica sentenza.
   2. - La questione non e' fondata.
   E'    opportuno    ricordare   che,   secondo   la   giurisprudenza
 costituzionale,  la  giurisdizione  militare  in  tempo  di  pace  e'
 limitata,  nell'art.   103, terzo comma, della Costituzione, ai reati
 commessi da appartenenti alle Forze armate, nell'accezione  ristretta
 di  cittadini  che al momento della commissione del reato sono o sono
 da considerare in servizio militare,  e  non  puo'  essere  estesa  a
 soggetti diversi.
   Il  periodo  di  servizio,  in  base  all'art.  3 del codice penale
 militare di pace, per i militari che  qui  interessano,  decorre  dal
 momento  stabilito  per  la  loro  presentazione  al  momento in cui,
 inviati in congedo, si presentano all'autorita' competente del comune
 di residenza da essi prescelto. Sono  considerati  in  servizio  alle
 armi,  ai  sensi  dell'art.  5  dello stesso codice, fra gli altri, i
 militari in stato di allontanamento illecito, diserzione  o  mancanza
 alla  chiamata  o  assenza  arbitraria  dal  servizio: caratteristica
 comune di queste figure e' l'esistenza di un cosi' stretto legame con
 le Forze armate (in termini di dover essere) che supplisce  l'assenza
 di un servizio effettivo.
   Emerge  ancora,  dalla  giurisprudenza  di  questa  Corte,  che non
 qualsiasi obbligo o dovere dei cittadini  in  relazione  al  servizio
 militare   determina   un   legame   con  le  Forze  armate  tale  da
 giustificare, in virtu' dell'art. 103 Cost.,  l'assoggettamento  alla
 giurisdizione  penale  militare:  deve  trattarsi  di  un dovere che,
 essendo ordinato all'immediato inserimento nelle  Forze  armate,  sia
 idoneo  a determinare di per se' l'insorgenza di un vincolo giuridico
 di appartenenza.  Tale vincolo, per la generalita'  dei  militari  di
 leva,   si   costituisce   appunto   nel  momento  stabilito  per  la
 presentazione in servizio. Prima di quel momento altri doveri possono
 giustificare l'applicabilita' della  legge  penale  militare  ma  non
 valgono   a   legittimare  l'estensione  della  giurisdizione  penale
 militare. E' questa la ragione per la quale la Corte ha, a suo tempo,
 dichiarato l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  134,  secondo
 comma,  del  d.P.R.  14  febbraio  1964,  n.  237, nella parte in cui
 attribuiva alla autorita'  giudiziaria  militare  la  cognizione  dei
 reati  previsti  negli  artt.  da 157 a 163 del cod.  pen. mil. pace,
 quando commessi dagli iscritti alla leva. La qualita' di appartenente
 alle Forze armate veniva da quella disposizione postulata  senza  che
 un legame organico con esse si fosse creato e quindi "senza la dovuta
 serieta'  e  attendibilita'" del sorgere di un tale status sicche' il
 limite  soggettivo  posto  dalla  Costituzione   alla   giurisdizione
 militare  era  da  ritenere  oltrepassato (sentenza n. 112 del 1986).
 Una ratio decidendi non dissimile sorregge la successiva sentenza (n.
 113  del  1986),  con   la   quale   questa   Corte   ha   dichiarato
 l'illegittimita'  costituzionale dell'art. 11 della legge 15 dicembre
 1972, n. 772, che assoggettava a tale giurisdizione gli obiettori  di
 coscienza  ammessi a prestare il servizio sostitutivo civile: in quel
 caso di un legame organico di cittadini obiettori  (non  in  servizio
 militare)  con  le  Forze  armate non si sarebbe potuto in alcun modo
 parlare.  Lungo la stessa linea, tendente  a  circoscrivere  l'ambito
 della  giurisdizione  militare  in  tempo  di  pace e a ricondurla al
 carattere di eccezionalita' voluto dalla Costituzione, si colloca  la
 sentenza n. 429 del 1992, che ha restituito all'autorita' giudiziaria
 ordinaria  la  giurisdizione sui militari in congedo illimitato per i
 quali l'eventuale permanere di un qualche legame con le Forze  armate
 non  puo'  dar  luogo  al  piu' pregnante e piu' ristretto vincolo di
 appartenenza  necessario  ai  fini  del  loro  assoggettamento   alla
 giurisdizione militare.
   3.  - Nelle fattispecie portate all'esame di questa Corte dalle due
 ordinanze del tribunale militare della Spezia non si  verifica  alcun
 ampliamento  della  giurisdizione  dei  tribunali  militari  oltre il
 limite  tracciato  dalla  Costituzione,  come  invece  accadeva   nei
 precedenti   ora  ricordati,  ne'  si  riscontra  alcuna  illegittima
 disparita' di trattamento  tra  gli  arruolati  nella  Marina  e  gli
 arruolati nelle altre Forze armate.
   In  particolare,  per  quanto concerne gli artt. 148 e 151 del cod.
 pen. mil. pace, si tratta di disposizioni di diritto penale  militare
 sostanziale che nulla stabiliscono in ordine alla giurisdizione, e la
 cui  applicabilita' a tutti i militari in servizio non e' revocata in
 dubbio dal giudice remittente.
   Per quanto riguarda gli artt. 3 e 263 del cod.  pen.  mil.  pace  e
 l'art.  147  del  decreto  del Presidente della Repubblica n. 237 del
 1964,  che  attribuisce  i  reati  di  mancanza  alla  chiamata  alla
 cognizione  dei  tribunali  militari,dal  loro congiunto disposto non
 risulta l'estensione della giurisdizione di questi  in  relazione  ad
 uno  status  di  militare non ancora assunto o a obblighi relativi al
 servizio militare  semplicemente  potenziali;  risulta,  invece,  una
 nozione  di servizio militare ragionevolmente ristretta, quale quella
 definita dagli artt. 3 e 5 cod. pen. mil.   pace, come  servizio  che
 deve  iniziare  nel  momento stabilito per la presentazione, cui sono
 tenuti i cittadini gia' arruolati, ai quali sia stato  notificato  il
 provvedimento  di chiamata alle armi, e che sono considerati (art. 5)
 in servizio di  leva  anche  se  per  essi,  proprio  a  causa  della
 "mancanza", un servizio effettivo non ha ancora avuto inizio.
   A  piu'  forte  ragione l'insieme delle disposizioni denunciate non
 viola l'art. 103, terzo comma, della Costituzione per  il  fatto  che
 dalla   loro  applicazione  deriva  la  giurisdizione  dei  tribunali
 militari in relazione al reato di diserzione commesso  dall'arruolato
 che,  chiamato  alle armi, si sia presentato e successivamente si sia
 allontanato senza fare rientro nel termine stabilito.
   4. - Nessun trattamento deteriore creano per i cittadini  arruolati
 nei   Maricentro   le  norme  censurate.  Queste  si  applicano  alla
 generalita'  dei  militari  quale  che  sia  la   Forza   armata   di
 appartenenza  e senza alcuna distinzione per gli arruolati della leva
 di mare. Per essi, il decreto del Presidente della Repubblica n.  237
 del  1964  sulla  leva  e il reclutamento obbligatorio nell'Esercito,
 nella Marina e nell'Aeronautica detta, e' vero, nella  sezione  terza
 del   capo   terzo,  alcune  norme  particolari,  che  pero'  non  si
 discostano, nella sostanza, da quelle  vigenti  per  le  altre  Forze
 armate. Parallelamente a quanto avviene nell'Esercito, e' previsto un
 esame  personale  degli  iscritti  da  parte del Consiglio di leva di
 mare, che si conclude con la deliberazione di arruolamento nel  Corpo
 equipaggi  militari  marittimi  (CEMM)  degli  idonei  ed atti per la
 Marina  militare  ovvero  di   arruolamento   dei   restanti   idonei
 nell'Esercito  (art.  64, comma secondo, lettera d).  Alla successiva
 chiamata e all'avviamento alle armi provvedono  gli  uffici  di  leva
 delle capitanerie di porto e gli arruolati di leva-mare sono presi in
 forza,  alla  data  fissata,  dai  centri addestramento reclute della
 Marina militare. Per gli arruolati della leva  di  mare  il  servizio
 militare ha pertanto inizio dal momento previsto per la presentazione
 in  tali  centri  ed  e' da quel momento che essi sono assoggettabili
 alla giurisdizione penale militare, operante anche  in  relazione  ai
 reati  previsti  dagli  artt. 148 e 151 del codice penale militare di
 pace: ne' piu' ne' meno di quanto accade agli arruolati della leva di
 terra, il cui servizio sotto le armi ha inizio dal  momento  previsto
 per  la  presentazione  al  corpo di destinazione. La circostanza che
 circolari del Ministero della difesa abbiano  dettato  alcune  regole
 asseritamente  contrastanti  con la disciplina legislativa ed abbiano
 creato presso i Maricentro la non prevista figura  dell'arruolato  in
 attesa  di  incorporamento non ha alcuna incidenza sulla questione di
 legittimita' costituzionale rientrante  nella  competenza  di  questa
 Corte che non puo' estendersi ad atti privi del valore di legge.