ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nei giudizi di legittimita' costituzionale degli artt. 19 e 26  della
 legge  20  maggio  1970,  n.  300,  recante "Norme sulla tutela della
 liberta' e  dignita'  dei  lavoratori,  della  liberta'  sindacale  e
 dell'attivita'   sindacale   nei   luoghi   di  lavoro  e  norme  sul
 collocamento",  nel  testo   risultante   dall'abrogazione   parziale
 dichiarata  -  quanto  al  primo - dal d.P.R. 28 luglio 1995, n. 312,
 recante "Abrogazione, a seguito di referendum popolare, della lettera
 a) e parzialmente della lettera b) dell'art. 19, primo  comma,  della
 legge 20 maggio 1970, n. 300, sulla costituzione delle rappresentanze
 sindacali  aziendali,  nonche'  differimento  dell'entrata  in vigore
 dell'abrogazione medesima" e - quanto al  secondo  -  dal  d.P.R.  28
 luglio  1995,  n.  313, recante "Abrogazione, a seguito di referendum
 popolare, del secondo e terzo  comma  dell'art.  26  della  legge  20
 maggio  1970,  n.  300,  nonche' dell'art.   594 del d.lgs. 16 aprile
 1994,  n.  297,  in  materia   di   contributi   sindacali,   nonche'
 differimento   dell'entrata  in  vigore  dell'abrogazione  medesima",
 promossi con ordinanze emesse:
     1) l'una, il 27 febbraio 1996 dal pretore di Rieti,  sul  ricorso
 proposto  dal  sindacato Confsal Metalmeccanici contro la Vanossi Sud
 s.p.a., iscritta al n. 1014 del registro ordinanze 1996 e  pubblicata
 nella   Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  41,  prima  serie
 speciale, dell'anno 1996;
     2) l'altra, il 24 maggio 1996 dal pretore di Padova  sul  ricorso
 proposto  dal  sindacato F.L.M.U.-C.U.B. di Padova e provincia contro
 la FIREMA Trasporti s.p.a., iscritta al n. 55 del registro  ordinanze
 1997  e  pubblicata  nella  Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 9,
 prima serie speciale, dell'anno 1997.
   Visto l'atto di costituzione  della  F.L.M.U.-C.U.B.,  nonche'  gli
 atti di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;
   Udito  nella  camera  di  consiglio  del 28 gennaio 1998 il giudice
 relatore Massimo Vari.
   Ritenuto che il pretore di Rieti, con  ordinanza  del  27  febbraio
 1996 (r.o. n. 1014 del 1996) emessa nel corso del procedimento civile
 vertente  tra  il  sindacato  Confsal  Metalmeccanici  e  la societa'
 Vanossi Sud s.p.a., ha sollevato, in riferimento agli artt.  3  e  39
 della  Costituzione,  questione  di legittimita' costituzionale degli
 artt.  19 e 26 della legge 20 maggio 1970,  n.  300,  recante  "Norme
 sulla tutela della liberta' e dignita' dei lavoratori, della liberta'
 sindacale e dell'attivita' sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul
 collocamento",   nel  testo  risultante  dalla  parziale  abrogazione
 dichiarata - quanto al primo - dal d.P.R. 28  luglio  1995,  n.  312,
 recante "Abrogazione, a seguito di referendum popolare, della lettera
 a)  e  parzialmente della lettera b) dell'art. 19, primo comma, della
 legge     20  maggio  1970,  n.   300,   sulla   costituzione   delle
 rappresentanze sindacali aziendali, nonche' differimento dell'entrata
 in  vigore  dell'abrogazione  medesima"  e  - quanto al secondo - dal
 d.P.R. 28 luglio 1995, n. 313, recante  "Abrogazione,  a  seguito  di
 referendum  popolare,  del  secondo  e terzo comma dell'art. 26 della
 legge 20 maggio 1970, n. 300, nonche' dell'art.   594 del  d.lgs.  16
 aprile  1994,  n.  297,  in  materia di contributi sindacali, nonche'
 differimento dell'entrata in vigore dell'abrogazione medesima";
     che, ad avviso del rimettente, il citato art. 19,  conferendo  al
 datore  di lavoro "una facultas eligendi in ordine all'individuazione
 delle controparti contrattuali", risulterebbe incompatibile  con  gli
 artt.  3  e  39  della  Costituzione per le stesse ragioni risultanti
 dall'ordinanza del pretore di Milano, in data 27 novembre  1995,  con
 la  quale  e'  stata  rimessa  a  questa  Corte identica questione di
 legittimita' costituzionale  di  detto  art.  19,  "cui  e'  pertanto
 sufficiente rinviare";
     che,  secondo  il giudice a quo analoga questione di legittimita'
 costituzionale sorgerebbe "necessariamente anche in  ordine  all'art.
 26  della  stessa  legge,  in  relazione  agli  artt.  3  e  39 della
 Costituzione", atteso che la disposizione censurata,  nell'attribuire
 rilevanza "alla sottoscrizione contrattuale in ordine alla percezione
 dei  tributi",  si  fonda  "sull'identico  presupposto" che permea di
 contenuto la censura sollevata nei confronti dell'art. 19 della legge
 n. 300 del 1970, nel testo attualmente vigente;
     che il pretore di Padova, con ordinanza del 24 maggio 1996  (r.o.
 n.  55  del  1997)  -  emessa  nel  corso del giudizio di opposizione
 promosso  dalla  F.L.M.U.-C.U.B.  avverso  il  decreto  pretorile  di
 rigetto,  per  difetto  di interesse ad agire, della domanda avanzata
 per  denunciare  l'antisindacalita'  di  taluni  comportamenti  della
 FIREMA Trasporti s.p.a. - ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e
 39  della  Costituzione, questione di legittimita' costituzionale del
 predetto art. 19 della legge n. 300 del 1970;
     che il rimettente - premesso che quest'ultimo articolo, nella sua
 nuova formulazione,  individua  la  maggiore  rappresentativita'  del
 sindacato,  e  quindi  l'attribuzione  dei diritti di cui al capo III
 della medesima legge, nell'unico  criterio  della  sottoscrizione  di
 contratto  collettivo  applicato nell'unita' produttiva - ritiene che
 la norma denunciata violi, innanzitutto, l'art. 3 della Costituzione,
 sotto il profilo della disparita'  di  trattamento  tra  associazioni
 sindacali  che siano firmatarie o meno di contratti collettivi, senza
 considerare,  invece,  l'effettivo  consenso   di   cui   le   stesse
 associazioni  godano  fra  i  lavoratori  e,  al tempo stesso, che la
 stipula  di  un  contratto  collettivo  non  e'  "sempre  indice   di
 particolare potere rappresentativo del sindacato tale da giustificare
 l'accesso alla c.d. legislazione di sostegno";
     che,  inoltre, la disposizione censurata sarebbe in contrasto con
 l'art.  39  della  Costituzione,  in  quanto  riconduce  la  maggiore
 rappresentativita'    delle    associazioni   sindacali   non   tanto
 all'incisivita' della loro azione, bensi' a  fattori  esterni  ed  in
 particolare  al  "potere  di  accreditamento  del  datore di lavoro",
 generando un contesto nel quale il sindacato "potrebbe essere portato
 a privilegiare piu' che la tutela degli interessi dei lavoratori,  la
 ricerca  del  consenso  della  controparte datoriale, con conseguente
 sviamento rispetto al suo ruolo istituzionale";
     che, nel giudizio promosso con l'ordinanza del pretore di  Padova
 (r.o.  n.  55  del  1997),  si  e'  costituita la F.L.M.U.-C.U.B. per
 chiedere, in via principale, l'accoglimento della  questione  ovvero,
 in  via  alternativa,  una  pronunzia  di  rigetto,  sul  presupposto
 interpretativo che la stipulazione di contratti collettivi di  lavoro
 ponga  in  essere  "una  presunzione  di  rappresentativita', che non
 preclude,  al  sindacato  che  sia   per   altra   via   maggiormente
 rappresentativo, la prova in ordine alla ricorrenza di tale requisito
 al fine di legittimamente costituire una Rsa";
     che,  in entrambi i giudizi, ha spiegato intervento il Presidente
 del Consiglio dei Ministri, rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
 generale  dello  Stato,  rilevando preliminarmente l'inammissibilita'
 delle questioni di legittimita' costituzionale sollevate dal  pretore
 di  Rieti ed, in ogni caso, concludendo per la manifesta infondatezza
 di tutte le sollevate questioni.
   Considerato che i giudizi, in quanto propongono questioni  analoghe
 o, comunque, connesse, vanno riuniti;
     che  il  pretore  di  Rieti,  oltre  a non far cenno alcuno della
 fattispecie sottoposta alla sua cognizione,  si  limita  a  rinviare,
 quanto  alle  ragioni  poste  a  sostegno  delle  dedotte  censure di
 incostituzionalita', ad altra ordinanza di rimessione, gia'  oggetto,
 peraltro,  di  pronunzia di infondatezza da parte di questa Corte con
 sentenza n. 244 del 1996;
     che, secondo il consolidato orientamento di questa Corte (v.,  da
 ultimo,  sentenza n. 79 del 1996), e' manifestamente inammissibile la
 questione di legittimita' costituzionale sollevata in termini che non
 consentano la  verifica  sull'avvenuto  apprezzamento  da  parte  del
 giudice  a  quo  circa  la  rilevanza e la non manifesta infondatezza
 della questione medesima, risultando a tal  fine  necessario  che  lo
 stesso   rimettente  fornisca  elementi  sulla  fattispecie  concreta
 sottoposta al suo giudizio, motivi circa la rilevanza della questione
 e  renda  esplicite   le   ragioni   del   dubbio   di   legittimita'
 costituzionale,   attraverso   argomentazioni   autosufficienti,  non
 potendo attingersi, per emendarne carenze, alla motivazione di  altra
 ordinanza emessa in diverso procedimento;
     che,  pertanto, le questioni sollevate dal pretore di Rieti vanno
 dichiarate manifestamente inammissibili;
     che, quanto alle censure sollevate  dal  pretore  di  Padova  nei
 confronti  dell'art.  19,  la Corte ha gia' dichiarato non fondata la
 dedotta violazione dell'art. 3 della Costituzione, sotto  il  profilo
 della disparita' di trattamento tra associazioni sindacali firmatarie
 o   meno   di   contratti  collettivi,  nonche'  dell'art.  39  della
 Costituzione, in ragione della prospettata dipendenza  del  requisito
 della  maggiore  rappresentativita' delle associazioni sindacali "dal
 potere di accreditamento del datore di lavoro" (sentenza n.  244  del
 1996);
     che,  inoltre,  con le ordinanze nn. 345 del 1996 e 148 del 1997,
 ribaditasi l'infondatezza  di  doglianze  analoghe  a  quelle  appena
 accennate,  la  Corte ha dichiarato manifestamente infondata anche la
 questione dell'asserita violazione dell'art.  39  della  Costituzione
 (nonche'  dell'art.  2  della  Costituzione,  sostenuta  in  base  ad
 argomentazioni  similari)  sotto  il  profilo   della   minorata   o,
 addirittura,  elisa  liberta'  del  sindacato  di accettare o meno la
 stipula di  un  contratto  collettivo  in  funzione  esclusiva  della
 migliore  tutela  dei  propri  rappresentati,  in  quanto il contesto
 generato dalla disposizione impugnata lo indurrebbe a privilegiare la
 ricerca del consenso della  controparte  datoriale  per  acquisire  i
 vantaggi  derivanti  dall'accesso alla c.d. legislazione di sostegno,
 con conseguente sviamento dal ruolo istituzionale proprio;
     che, pertanto, non emergendo a supporto della questione sollevata
 dal  pretore  di  Padova  argomentazioni  e  profili  nuovi  o  tali,
 comunque,  da  indurre  a discostarsi dai richiamati orientamenti, la
 questione va dichiarata manifestamente infondata.
   Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11  marzo  1953,  n.
 87  e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.