ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 83, lettera a),
 della  legge della provincia autonoma di Trento  5 settembre 1991, n.
 22 (Ordinamento urbanistico e tutela del  territorio),  promosso  con
 ordinanza  emessa il  25 febbraio 1997 dal pretore di Trento, sezione
 distaccata di Borgo Valsugana, nel procedimento penale  a  carico  di
 Massimiliano Busana, iscritta al n. 351 del registro ordinanze 1997 e
 pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale  della Repubblica n. 26, prima
 serie speciale, dell'anno 1997.
   Visto l'atto di intervento della provincia autonoma di Trento;
   Udito nella camera di consiglio dell'11 febbraio  1998  il  giudice
 relatore Piero Alberto Capotosti.
   Ritenuto  che  il  pretore  di  Trento, sezione distaccata di Borgo
 Valsugana, nel corso del giudizio nei confronti di  persona  imputata
 del  reato previsto dall'art. 20, primo comma, lettera c) della legge
 28 febbraio 1985, n. 47, per avere  costruito,  su  terreno  privato,
 senza   concessione   edilizia   e   in  zona  sottoposta  a  vincolo
 paesaggistico una "tettoia"  in  adiacenza  di  altro  manufatto,  ha
 sollevato   d'ufficio   questione   di   legittimita'  costituzionale
 dell'art. 83, comma  1,  lettera  a),  della  legge  della  provincia
 autonoma di Trento 5 settembre 1991, n. 22 (Ordinamento urbanistico e
 tutela  del  territorio), relativamente alle parole "sono soggetti ad
 autorizzazione  i  seguenti  interventi:    l'occupazione  di   suolo
 pubblico  o  privato con ... tettoie", per contrasto con gli artt. 3,
 primo comma, 25, secondo comma, 116 e 117 della Costituzione, nonche'
 con  gli  artt.  4  e  8  dello  statuto   speciale   della   regione
 Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670);
     che,  secondo  il  giudice rimettente, la disposizione impugnata,
 subordinando  la  realizzazione  delle  tettoie   ad   autorizzazione
 anziche'   a  concessione,  introduce,  in  modo  irragionevole,  nel
 territorio provinciale "una disciplina dell'attivita' urbanistica  ed
 edilizia  piu'  favorevole  rispetto  a  quella vigente nel resto del
 territorio nazionale", nel quale l'art.  1  della  legge  28  gennaio
 1977,  n.  10  prevede la concessione per "ogni attivita' comportante
 trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio comunale";
     che siffatta disciplina - in presenza dell'art. 10 della legge 28
 febbraio 1985, n. 47, che esclude la  rilevanza  penale  degli  abusi
 riferibili  a  opere per l'edificazione delle quali sia necessaria la
 semplice autorizzazione -  determina,  ad  avviso  del  pretore,  una
 depenalizzazione locale della specifica condotta di costruzione senza
 titolo  abilitativo,  in violazione della riserva di legge statale in
 materia penale;
     che, sostiene ancora il giudice a quo la  competenza  legislativa
 della  provincia  di  Trento  nella  materia  urbanistica deve essere
 esercitata   nell'osservanza   della   Costituzione,   dei   principi
 dell'ordinamento  giuridico  dello  Stato  e  delle  norme di riforma
 economico-sociale   della   Repubblica,   cioe'   entro   i    limiti
 espressamente contemplati dallo statuto regionale;
     che  e'  intervenuta nel giudizio la provincia autonoma di Trento
 la quale ha eccepito preliminarmente il "difetto di  rilevanza  e  di
 adeguata  motivazione  sulla rilevanza" della questione, in subordine
 la sua infondatezza "per errore  manifesto  nella  ricostruzione  del
 quadro normativo sia statale che provinciale" e, in linea ancora piu'
 gradata,  "per  errore nella ricostruzione della potesta' legislativa
 provinciale";
     che, in particolare, l'interveniente eccepisce che l'ordinanza di
 rimessione attribuisce decisivo rilievo al principio recato dall'art.
 1 della legge n. 10 del 1977  ed  omette  di  considerare  che  leggi
 successive  hanno progressivamente ristretto il numero delle opere la
 cui realizzazione e' subordinata alla concessione;
     che il dubbio di legittimita' costituzionale si fonda, secondo la
 provincia, su un autentico "travisamento" della norma impugnata,  dal
 momento   che   questa   disposizione   rende   sufficiente  la  mera
 autorizzazione "per l'occupazione di suolo  pubblico  o  privato  con
 depositi di materiali, serre, tettoie quali pertinenze di attivita' o
 di  residenza,  attrezzature  mobili,  esposizione  a cielo aperto di
 veicoli e merci in genere", sicche' disciplina soltanto le  "tettoie"
 caratterizzate  dal  vincolo  pertinenziale  e  che  non integrano un
 manufatto autonomo;
     che  l'autorizzazione  in  esame,  conclude  la  provincia,   per
 esplicita    previsione    della    stessa    legge   sospettata   di
 incostituzionalita', deve risultare comunque  "espressa"  e,  quindi,
 non surrogabile dal meccanismo del silenzio-assenso.
   Considerato   che   la  disposizione  denunziata  consente,  previa
 autorizzazione, l'"occupazione  di  suolo  (...)  privato  con  (...)
 tettoie quali pertinenze di attivita' o di residenza";
     che  l'art.  7,  secondo  comma, del d.-l. 23 gennaio 1982, n. 9,
 convertito con modificazioni in legge  25 marzo 1982, n. 94 prescrive
 la soggezione ad "autorizzazione gratuita"  delle  opere  costituenti
 "pertinenze  (...)  al  servizio  di  edifici gia' esistenti", tra le
 quali la giurisprudenza di legittimita' ha  espressamente  ricondotto
 la fattispecie di tettoia costruita a ridosso dell'abitazione;
     che  la  giurisprudenza  di questa Corte ha gia' chiarito che "la
 necessita' di autorizzazione, comune  a  tutte  le  opere  che  hanno
 identiche  caratteristiche edilizie o urbanistiche, e' correlata alla
 qualificazione oggettiva dell'intervento, senza che muti il  tipo  di
 provvedimento    e    venga   richiesta   la   concessione   anziche'
 l'autorizzazione quando vi sia la presenza  di  vincoli  particolari"
 (sentenza  n.  100 del 1994; cfr. anche le sentenze nn. 178 e 200 del
 1994 e le ordinanze nn.  216, 320 e 485 del 1994);
     che l'espressa previsione, pure contenuta nel  predetto  art.  7,
 secondo comma, del decreto-legge n. 9 del 1982, che non sono soggette
 ad autorizzazione, tra le altre, le opere minori ricadenti nelle aree
 vincolate  ai  sensi  della legge 29 giugno 1939, n. 1497 (Protezione
 delle bellezze naturali), rende necessaria l'adozione di "un apposito
 ed esplicito provvedimento, non trovando applicazione  la  disciplina
 del silenzio-assenso" (sentenza di questa Corte n. 100 del 1994);
     che  a  siffatta disciplina si conforma l'art. 88, comma 4, della
 legge della provincia autonoma di Trento n. 22  del  1991,  il  quale
 stabilisce  che  "la concessione edilizia e l'autorizzazione edilizia
 costituiscono  gli  atti  conclusivi  finali   per   procedere   alla
 realizzazione  delle  opere richieste e sono subordinate all'avvenuto
 rilascio delle autorizzazioni, visti, pareri e nulla-osta previsti";
     che, percio', l'ordinamento urbanistico provinciale  non  elimina
 la necessita' dell' autorizzazione espressa per le "opere costituenti
 pertinenze  (...)  al  servizio  di  edifici gia' esistenti", qualora
 insistano su aree protette da vincoli, prevista appunto dall'art.  7,
 secondo comma, del decreto-legge n. 9 del 1982.
   Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11  marzo  1953,  n.
 87  e  9  delle  norme  integrative  per i giudizi davanti alla Corte
 costituzionale.