ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale della legge della regione
 Umbria, riapprovata il 27 gennaio 1997, recante "Regolamento  interno
 del  Consiglio  regionale",  promosso  con ricorso del Presidente del
 Consiglio dei Ministri, notificato il 14 febbraio 1997, depositato in
 Cancelleria il 21 successivo  ed  iscritto  al  n.  23  del  registro
 ricorsi 1997.
   Visto l'atto di costituzione della regione Umbria;
   Udito nell'udienza pubblica del 13 gennaio 1998 il giudice relatore
 Gustavo Zagrebelsky;
   Uditi  l'avvocato  dello  Stato  Gaetano Zotta per il ricorrente, e
 l'avvocato Lorenzo Migliorini per la regione Umbria.
                           Ritenuto in fatto
   1.  -  Con  ricorso  regolarmente  notificato  e   depositato,   il
 Presidente del Consiglio dei Ministri, richiamando le sentenze n. 288
 del  1987  e  n. 14 del 1965 della Corte costituzionale, ha sollevato
 questione di legittimita' costituzionale della  legge  della  regione
 Umbria riapprovata il 27 gennaio 1997, recante il regolamento interno
 del  Consiglio  regionale, per violazione degli artt. 121 e 127 della
 Costituzione:   dell'art.  121  (in  riferimento  all'art.  44  dello
 statuto regionale che stabilisce il principio di autonomia funzionale
 e   contabile   del   Consiglio,  esercitata  anche  sulla  base  del
 regolamento interno) in  quanto  lo  strumento  legislativo  adottato
 esporrebbe  il  regolamento a un regime (in particolare relativamente
 al controllo) non consono all'autonomia consiliare; dell'art. 127  in
 quanto   il   principio   di   autonomia   regionale  (e  consiliare)
 rappresenterebbe un interesse nazionale, cosi' come il  corretto  uso
 degli strumenti normativi predisposti dall'ordinamento.
   2.  -  Nel  giudizio si e' costituita la regione Umbria, sostenendo
 l'inammissibilita' o l'infondatezza della questione.
   L'inammissibilita', in quanto  il  ricorso  mirerebbe  a  censurare
 l'esercizio  di  un  potere  di  autonomia,  quale quello relativo al
 regolamento sull'organizzazione e il funzionamento del Consiglio.  Il
 regolamento,  infatti,  non cesserebbe di essere tale per il fatto di
 risultare contenuto in una legge, e i regolamenti  di  organizzazione
 degli organi consiliari regionali non sono sindacabili di fronte alla
 Corte   costituzionale,   se   non   nella  forma  del  conflitto  di
 attribuzione (sentenza n. 14 del 1965). Ne' rileverebbe  la  sentenza
 n.  18  del  1970  che  ha  ipotizzato  la possibilita' di trattare i
 regolamenti consiliari come leggi regionali le volte in cui  essi  si
 spingano a disciplinare materie estranee al loro oggetto.
   L'infondatezza deriverebbe invece dall'essere la scelta della fonte
 legislativa     espressione     dell'autonomia     del     Consiglio,
 costituzionalmente garantita, scelta dovuta all'intento di attribuire
 alla normativa regolamentare  una  particolare  stabilita',  anche  a
 garanzia  delle  posizioni delle minoranze. Quanto all'art. 127 della
 Costituzione, la regione  ritiene  che  si  tratti  di  un  parametro
 inconferente rispetto al caso in questione.
   3.  -  Nell'imminenza  dell'udienza,  la  difesa  della  regione ha
 depositato una memoria in cui ribadisce il  suo  assunto  secondo  il
 quale  il  regolamento, essendo atto interno, non sarebbe sindacabile
 dallo Stato, indipendentemente dalla forma con la quale e' approvato.
                        Considerato in diritto
   Col  ricorso  indicato  in  epigrafe,  si  richiede   dal   Governo
 ricorrente,  secondo  la  sua stessa espressione, che da questa Corte
 "sia dichiarata l'illegittimita'  costituzionale  della  legge  della
 regione  Umbria"  -  riapprovata  il  27 gennaio 1997 e contenente il
 regolamento interno del Consiglio regionale - "in quanto adottata con
 legge regionale, anziche' con regolamento interno al secondo comma".
   Della presente  questione  deve  preliminarmente  essere  esaminata
 l'ammissibilita',   sotto   il   profilo   della  minima  sufficiente
 determinazione del parametro rispetto al quale la questione stessa e'
 sollevata,  parametro  che  rappresenta   uno   dei   "termini"   che
 necessariamente   devono   risultare  precisati  nelle  questioni  di
 legittimita' costituzionale delle leggi, tanto  se  proposte  in  via
 incidentale  (art.  23,  secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87) quanto se sollevate in via principale (art.  34,  secondo  comma,
 della medesima legge).
   Si  sostiene  nel  ricorso che l'approvazione per legge delle norme
 regolamentari del Consiglio regionale umbro "viene a  concretare  una
 violazione  del principio dell'autonomia consigliare". Tale principio
 risulterebbe  sancito  dall'articolo   121   della   Costituzione   e
 dall'articolo   44   dello  statuto  della  regione  Umbria,  nonche'
 dall'articolo  127  della  Costituzione;   parametro,   quest'ultimo,
 invocato  anche  sotto  il  profilo  dell'esistenza  di  un interesse
 nazionale alla integrita' del sistema delle fonti del diritto e  alla
 autonomia regionale.
   Senonche',   dalle   disposizioni   costituzionali   e   statutarie
 richiamate nulla puo'  inferirsi  in  relazione  alla  esistenza,  ai
 caratteri  e  alle  modalita'  di svolgimento del principio suddetto,
 sulla cui violazione verte la doglianza del ricorrente, ne' tantomeno
 in relazione alla forma dell'atto cui possono  essere  consegnate  le
 norme del regolamento consiliare.
   Dall'art.  121  della  Costituzione  si  apprende  soltanto  che il
 Consiglio regionale e' organo della regione (primo comma) e che  esso
 esercita  le potesta' legislative e regolamentari alla regione stessa
 attribuite (secondo comma), senza alcuna indicazione circa l'ampiezza
 e i caratteri della sua autonomia. Nessun argomento significativo  e'
 poi  desumibile dall'art. 44 dello statuto della regione, il quale si
 limita  a  stabilire  che  l'autonomia funzionale e contabile interna
 necessaria al libero esercizio delle funzioni del Consiglio regionale
 e' esercitata nel rispetto della Costituzione, dello statuto medesimo
 e sulla base del regolamento interno, ma nulla dispone  in  relazione
 alla  natura  e  alla  forma  dell'atto  regolamentare  che,  di tale
 autonomia,  deve  contenere  la  disciplina.  Dall'art.   127   della
 Costituzione,  infine,  risulta  che  tutte  le  leggi regionali sono
 sottoposte a un particolare regime di controllo  precedente  la  loro
 promulgazione  e che tale controllo, per iniziativa del Governo, puo'
 sfociare in una  questione  di  legittimita'  di  fronte  alla  Corte
 costituzionale,  o  in  una  questione  di  merito  per  contrasto di
 interessi davanti alle Camere, ma nessun chiarimento ivi si  rinviene
 a  proposito  del  diverso e logicamente precedente problema di quali
 siano le deliberazioni regionali che possono o non  possono  assumere
 la   forma   della  legge.  Non  solo  inconferente,  ma  addirittura
 controproducente, dal punto di vista del  ricorso  innanzi  a  questa
 Corte  in sede di giudizio di legittimita' costituzionale, e' inoltre
 il riferimento che il ricorso  fa  al  suddetto  articolo  127  della
 Costituzione  per  affermare  la  violazione dell'interesse nazionale
 all'autonomia regionale e al corretto uso degli  strumenti  normativi
 predisposti dall'ordinamento: infatti, in tal caso il vizio dell'atto
 rileverebbe di fronte alle Camere e non in questa sede.
   Ne' e' possibile trarre indicazioni nel senso voluto dal ricorrente
 da due pronunce di questa Corte (sentenze n. 288 del 1987 e n. 14 del
 1965)  richiamate  in  apertura  del  ricorso.  Esse hanno affermato,
 l'una,  l'insindacabilita'  in  sede  di  giudizio  di   legittimita'
 costituzionale del regolamento del Consiglio provinciale di Trento e,
 l'altra,  l'ammissibilita' del conflitto di attribuzione tra lo Stato
 e la  regione  in  relazione  a  norme  regolamentari  del  Consiglio
 regionale del Friuli-Venezia Giulia. Da tali decisioni, oggetto di un
 mero   richiamo,  sembrerebbe  che  il  ricorrente  intenda  inferire
 l'esclusione del regolamento consiliare dall'area della  legislazione
 regionale.  Ma i casi decisi in tali occasioni avevano riguardo a due
 regolamenti  approvati   entrambi   con   deliberazione   dell'organo
 consiliare.  L'approvazione  con  deliberazione  (e  non  con legge),
 insomma, era elemento  della  fattispecie  su  cui  la  Corte  si  e'
 pronunciata, non il contenuto della sua statuizione.
   Per  quanto precede, risulta che dai menzionati elementi normativi,
 oltre che da quelli giurisprudenziali -  richiamati  non  tanto  come
 tali,  ma soprattutto in quanto espressivi di un principio generale -
 non e' possibile ricavare quel  parametro  costituzionale  necessario
 alla  corretta  configurazione  della questione di costituzionalita'.
 Ne' spetta a questa Corte supplire alle carenze del  ricorso  andando
 alla  ricerca  di altri elementi per poter eventualmente identificare
 il principio costituzionale di autonomia del Consiglio regionale  che
 il ricorrente ha affermato nell'immotivato modo che si e' detto.
   In  questa  situazione,  non  si  rende  possibile configurare quel
 raffronto tra i due termini della questione dal  quale,  in  ipotesi,
 possa derivare l'incostituzionalita' della legge. La questione, cosi'
 come   nella   specie  prospettata,  deve  quindi  essere  dichiarata
 inammissibile.