ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  34,  comma  2,
 del  codice  di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 13
 marzo  1997  dal  giudice  per  le  indagini  preliminari  presso  il
 tribunale  di  Lagonegro  nel procedimento penale a carico di Marella
 Giovanni ed altri, iscritta al n. 543 del registro ordinanze  1997  e
 pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale  della Repubblica n. 37, prima
 serie speciale, dell'anno 1997;
   Udito nella camera di consiglio dell'11 febbraio  1998  il  giudice
 relatore Gustavo Zagrebelsk;.
   Ritenuto  che  con  ordinanza  del  13 marzo 1997 il giudice per le
 indagini preliminari presso il tribunale di Lagonegro  ha  sollevato,
 in  riferimento agli artt. 3, 24, secondo comma, e 27, secondo comma,
 della  Costituzione,   questione   di   legittimita'   costituzionale
 dell'art.    34,  comma  2,  cod.  proc. pen., nella parte in cui non
 prevede che non possa partecipare all'udienza preliminare il  giudice
 per  le  indagini  preliminari  che  abbia in precedenza disposto una
 misura cautelare personale nei confronti dell'imputato;
     che il rimettente osserva che  l'apprezzamento  che  deve  essere
 svolto  dal  giudice  in  sede  di adozione di un provvedimento sulla
 liberta' personale comporta una valutazione di contenuto sull'ipotesi
 di accusa, rilevante quale primo elemento che  determina  l'insorgere
 di  una  causa  di  incompatibilita'  al  giudizio  (come  del  resto
 affermato anche dalla Corte costituzionale, nella sentenza n. 432 del
 1995);
     che,  ad  avviso  del  giudice  a  quo,  nell'ipotesi   anzidetta
 sussisterebbe    anche    il   secondo   elemento   della   relazione
 dell'incompatibilita', costituito dal "giudizio" di merito sul  fatto
 contestato,  giacche'  l'attivita'  cui  e'  chiamato  il giudice nel
 pronunciarsi  sulla  richiesta  di  rinvio  a  giudizio  al   termine
 dell'udienza  preliminare costituirebbe anch'essa un apprezzamento di
 merito,  sostanzialmente  analogo  a  quello  che   si   compie   nel
 dibattimento,  in  particolare alla stregua di quanto affermato dalla
 Corte costituzionale nella sentenza n. 82 del 1993;
     che la mancata previsione, nell'art.  34,  comma  2,  cod.  proc.
 pen.,   di   una   causa   di  incompatibilita'  alla  partecipazione
 all'udienza preliminare per  il  giudice  che  abbia  precedentemente
 disposto  una  misura  cautelare  personale  appare  al rimettente di
 dubbia  costituzionalita',  in  riferimento:  a)  al   principio   di
 uguaglianza,  perche'  si verifica una irragionevole differenziazione
 rispetto a ipotesi analoghe, nelle quali la Corte  costituzionale  ha
 riconosciuto    sussistere    il    "pregiudizio"    che    determina
 l'incompatibilita', come nel caso della definizione del processo  con
 il  giudizio  abbreviato  o  con  l'applicazione  di  pena concordata
 (sentenza n. 155 del 1996); b)  al  diritto  di  difesa  (art.    24,
 secondo  comma,  della  Costituzione) e all'imparzialita' e terzieta'
 del  giudice,  che  rappresentano  aspetti  essenziali  del   "giusto
 processo";  c)  alla  presunzione  di  non colpevolezza dell'imputato
 (art. 27, secondo comma, della Costituzione).
   Considerato che la  previsione  dell'incompatibilita'  del  giudice
 vale  a  evitare  che l'attivita' di "giudizio", cioe' la valutazione
 sul merito dell'accusa, possa essere,  o  apparire,  pregiudicata  da
 precedenti  valutazioni  della  medesima  natura, svolte dallo stesso
 giudice (tra molte, sentenza n. 131 del 1996);
     che, come questa Corte ha ripetutamente  affermato,  nell'udienza
 preliminare  il  giudice  non  e' chiamato a svolgere valutazioni sul
 merito dell'accusa - dunque a rendere un "giudizio", suscettibile  di
 essere condizionato da apprezzamenti svolti in precedenza - bensi' e'
 chiamato  a  controllare  la  legittimita'  della domanda di giudizio
 formulata   dal   pubblico   ministero,   dandole   ingresso   ovvero
 paralizzandola,  attraverso  una delibazione di carattere processuale
 (sentenze nn.  311, 206 e 94 del 1997 e 64 del  1991;  ordinanze  nn.
 367 e 97 del 1997, 410, 333, 279, 232 e 24 del 1996);
     che   la   giurisprudenza   di   questa  Corte  e'  dunque  ferma
 nell'escludere l'estensione  delle  regole  dell'incompatibilita'  al
 giudice  dell'udienza  preliminare,  anche dopo la modifica dell'art.
 425 cod. proc. pen., con  la  soppressione  del  termine  "evidente",
 operata  dalla  legge  8  aprile 1993, n. 105, essendosi rilevato che
 l'ampliamento dell'ambito valutativo cosi' determinato  non  modifica
 comunque  la  funzione assegnata, nel disegno del codice, all'udienza
 preliminare, nella quale l'apprezzamento del giudice "non si sviluppa
 ... secondo  un  canone,  sia  pur  prognostico,  di  colpevolezza  o
 innocenza,  ma  si incentra sulla ben diversa prospettiva di delibare
 ... se risulti o meno necessario dare ingresso alla  successiva  fase
 del dibattimento" (sentenza n. 71 del 1996; analogamente, sentenza n.
 51  del  1997  nonche'  sentenza  n.  82  del  1993,  richiamata  dal
 rimettente, nella quale si e' sottolineata la diversita' di struttura
 e di funzione tra l'udienza preliminare e il dibattimento);
     che,  inoltre,  non   puo'   condurre   a   diversa   conclusione
 l'argomentazione  del  rimettente  circa  la  ritenuta  analogia  tra
 l'ipotesi ora in esame e quelle, oggetto della sentenza  n.  155  del
 1996,  della  trattazione  del  giudizio  in  forma  abbreviata o del
 "patteggiamento",  poiche'  nella  richiamata  decisione  la  ragione
 determinante della dichiarazione di incostituzionalita' dell'art. 34,
 comma  2,  cod.  proc. pen., risiede nel riconoscimento del carattere
 decisorio alle pronunce rese nei riti alternativi, carattere  che  e'
 assente   nel   provvedimento   processuale  che  conclude  l'udienza
 preliminare;
     che  la  questione  sollevata  deve  pertanto  essere  dichiarata
 manifestamente infondata.
   Visti  gli  artt.  26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi  davanti
 alla Corte costituzionale.