Ricorso per il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato
 e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, presso  i  cui  uffici
 domicilia  in Roma, via dei Portoghesi, 12, contro la regione Veneto,
 in persona del presidente della Giunta regionale  in  carica  per  la
 dichiarazione   di   illegittimita'   costituzionale  della  delibera
 legislativa "Applicazione del regime di deroga previsto  dall'art.  9
 della  direttiva 79/409/CEE", approvata dal Consiglio regionale della
 regione Veneto nella seduta del 5 novembre  1997,  rinviata  a  nuovo
 esame con atto 1 dicembre 1997, riapprovata dal Consiglio regionale a
 maggioranza assoluta nella seduta del 5 marzo 1998 e comunicata il 10
 marzo 1998.
   1.  -  La  delibera  legislativa  approvata il 5 novembre 1997 reca
 disposizioni che, al fine di evitare danni alle produzioni  agricole,
 autorizzano  la  caccia  alla  passera mattugia, al passero d'Italia,
 allo storno e alla taccola della terza domenica di settembre fino  al
 31 dicembre e, per le ultime due specie, fino al 31 gennaio.
   Viene altresi' autorizzata la Giunta regionale a disporre ulteriori
 deroghe ai sensi dell'art. 9 delle direttive 79/409/CEE.
   2.  -  Detta  delibera  e' stata fatta oggetto di rinvio con cui il
 Governo, ha rilevato che la suddetta legge con la  quale  la  regione
 Veneto  regolamenta  il prelievo in deroga delle specie cacciabili e'
 censurabile in quanto eccede la competenza regionale in materia.
   Come  ribadito  dalla  Corte  costituzionale  (cfr.  sentenze   nn.
 272/1996  e  1002/1988), l'elenco delle specie cacciabili costituisce
 norma fondamentale di riforme economico sociale, vincolante ogni tipo
 di competenza legislativa regionale. La legge in esame  viola  l'art.
 18  della  legge  n. 157/1992 in relazione all'art. 9 della direttiva
 comunitaria 2 aprile 1979, n. 409.
   3. - Il Consiglio regionale  nella  seduta  del  5  marzo  1998  ha
 riapprovato  a  maggioranza assoluta il medesimo testo, comunicato il
 10 marzo 1998.
   Il Consiglio dei Ministri, nella  seduta  del  20  marzo  1998,  ha
 deliberato l'impugnazione dinanzi alla Corte costituzionale che viene
 ora proposta con il presente atto, sostenuta dai seguenti motivi.
   4. - Con la sentenza n. 272/1996 (citata nel rinvio governativo) la
 Corte costituzionale ha ritenuto che "i divieti posti dalla direttiva
 in  tema  di specie cacciabili sono suscettibili di modifica solo nei
 limiti del potere di variazione degli elenchi delle specie  medesime,
 riservato  allo  Stato  dall'art. 18, terzo comma, della legge n. 157
 del 1992".
   D'altra parte, se e' vero che deve esservi - come in effetti accade
 -  una  relazione  di  conformita'  tra  l'art.  18  e  la  direttiva
 comunitaria  (nel  senso  che il primo non puo' includere nell'elenco
 specie che la seconda sottopone a protezione assoluta) e' anche  vero
 che  l'art.    18  ha  un  valore  che  va  oltre la attuazione della
 direttiva; esso costituisce, secondo una consolidata  giurisprudenza,
 norma   fondamentale   di   riforma   economico-sociale   con   forza
 assolutamente vincolante nei riguardi delle regioni.
   Con pieno  fondamento,  quindi,  il  Governo  ha  rinviato,  e  ora
 impugnato,  la  delibera  legislativa della regione Liguria rilevando
 l'incompetenza della regione a dettare norme in contrasto con  l'art.
 18 che percio' risulta violato dalle norme stesse.
   Non  puo'  valere in contrario la circostanza che la regione - come
 si puo' desumere dalla relazione  alla  delibera  impugnata  -  abbia
 ritenuto  di  essere legittimata dal decreto legislativo n. 143/1997,
 dato che questo provvedimento mantiene espressamente  (art.  2.2)  al
 Ministero  per  le politiche agricole le competenze in tema di specie
 cacciabili.
   Va comunque  osservato  che,  in  tema  di  specie  cacciabili,  la
 attribuzione   statale  non  si  esaurisce  nell'ambito  ministeriale
 considerato dal decreto legislativo n. 143/1997, dando luogo  ad  una
 competenza governativa ai sensi del comma 3 dell'art. 18.
   Infine, si potrebbe aggiungere che la introduzione nell'ordinamento
 interno  delle  "deroghe"  prevista  dall'art.  9 della direttiva non
 costituisce attuazione  obbligatoria  delle  direttiva  stesa  bensi'
 l'esercizio  di  una  facolta'  accordata allo Stato membro; e che in
 osservanza  della  direttiva  le deroghe possono essere disposte solo
 per  esigenze  effettive  accertate  caso  per   caso;   quindi   con
 provvedimenti  puntuali  e  non  in via generale ed estratta per atto
 normativo.