ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 2, commi 1 e 5,
 della  legge 12 giugno 1990, n. 146 (Norme sull'esercizio del diritto
 di sciopero nei servizi pubblici essenziali e sulla salvaguardia  dei
 diritti  della persona costituzionalmente tutelati. Istituzione della
 commissione di garanzia dell'attuazione della  legge),  promosso  con
 ordinanza  emessa  il  6  maggio  1997  dal  pretore  di  Trento  nel
 procedimento penale a carico di Federspiel Franz e altri, iscritta al
 n. 433 del  registro  ordinanze  1997  e  pubblicata  nella  Gazzetta
 Ufficiale  della  Repubblica  n.  29, prima serie speciale, dell'anno
 1997;
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito  nella  camera  di  consiglio del 25 febbraio 1998 il giudice
 relatore Francesco Guizzi;
   Ritenuto che nel corso di  un  procedimento  penale  prossimo  alla
 prescrizione del reato (prevista per il marzo 1998) i difensori degli
 imputati  aderivano  all'astensione collettiva proclamata dall'Unione
 nazionale delle camere penali;
     che, con separata ordinanza dibattimentale, il pretore di  Trento
 rinviava  il  processo  e sollevava, in riferimento all'art. 24 della
 Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art.   2,
 commi 1 e 5, della legge 12 giugno 1990, n. 146 (Norme sull'esercizio
 del  diritto  di  sciopero  nei  servizi  pubblici essenziali e sulla
 salvaguardia  dei  diritti della persona costituzionalmente tutelati.
 Istituzione  della  commissione  di  garanzia  dell'attuazione  della
 legge),  nella  parte  in  cui  "non  prevede,  in caso di astensione
 collettiva dall'attivita' giudiziaria degli avvocati  e  procuratori,
 l'obbligo di assicurare le prestazioni necessarie in caso di prossima
 prescrizione  del  reato  e  in  caso  di intervenuta costituzione in
 giudizio della parte civile";
     che il giudice a quo sostiene di avere presente  la  sentenza  n.
 171   del   1996   con   la  quale  questa  Corte  ha  dichiarato  la
 illegittimita' costituzionale dell'art. 2, commi 1 e 5,  della  legge
 n.  146  del  1990,  nella  parte  in  cui non contempla, nel caso di
 astensione collettiva dall'attivita'  giudiziaria  degli  avvocati  e
 procuratori  legali,  l'obbligo  di  un  congruo  preavviso  e  di un
 ragionevole limite temporale senza prevedere gli strumenti  idonei  a
 individuare  (e  ad assicurare) le prestazioni essenziali, nonche' le
 procedure e le misure conseguenziali alla inosservanza;
     che,  tuttavia,  egli  sarebbe  tenuto  a  sollecitare  un  nuovo
 scrutinio  di  costituzionalita'  sulla norma, perche' il legislatore
 non ha ancora introdotto un meccanismo che  assicuri  le  prestazioni
 necessarie;
     che,  secondo  il rimettente, le liberta' riservate a singoli e a
 gruppi   non   possono   compromettere,   con   la   paralisi   della
 giurisdizione,   i  beni  primari  della  convivenza  civile  e  che,
 pertanto, la declaratoria di estinzione del  reato  per  prescrizione
 testimonierebbe la incapacita' dello Stato a rendere giustizia;
     che vi sarebbe lesione, altresi', dell'art. 24 della Costituzione
 non  garantendosi  alla parte civile, costituita nel giudizio penale,
 la tutela del proprio diritto costituzionalmente protetto;
     che e' intervenuto il  Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri,
 rappresentato  e  difeso dall'Avvocatura dello Stato, concludendo per
 l'inammissibilita' e, in subordine, per l'infondatezza;
     che, ad avviso dell'Avvocatura, la  questione,  finalizzata  alla
 pronuncia   d'una  sentenza  additiva  che  disciplini  compiutamente
 procedure (e misure) tali da  garantire  le  prestazioni  essenziali,
 sarebbe   inammissibile,   trattandosi   di   materia   rimessa  alla
 discrezionalita' del legislatore;
     che, essendo la questione gia' definita nel  precedente  giudizio
 di  costituzionalita', debbono ritenersi comprese, tra le prestazioni
 essenziali, quelle atte a evitare la prossima prescrizione;
     che, a tal fine, sembrerebbe utile un richiamo all'art. 240-bis
  delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale,  in
 modo  da consentire la non operativita' della sospensione feriale dei
 termini  processuali  anche  nei  procedimenti  penali,  qualora  sia
 prossima la prescrizione del reato;
     che, in ogni caso, la norma non recherebbe lesione, determinante,
 alle  facolta'  defensionali  della  parte  civile, la quale potrebbe
 ottenere, cosi', piena tutela in sede civile.
   Considerato che ritorna  all'esame  della  Corte  la  questione  di
 legittimita' costituzionale dell'art. 2, commi 1  e 5, della legge 12
 giugno  1990, n. 146, per contrasto con l'art. 24 della Costituzione,
 "nella parte in cui non prevede, in  caso  di  astensione  collettiva
 dall'attivita' giudiziaria degli avvocati e procuratori, l'obbligo di
 assicurare le prestazioni necessarie in caso di prossima prescrizione
 del  reato  e  in  caso di intervenuta costituzione in giudizio della
 parte civile";
     che  l'art.  2, commi 1 e 5, della legge n. 146 del 1990 e' stato
 gia' dichiarato costituzionalmente illegittimo  con  la  sentenza  n.
 171 del 1996;
     che  la  citata  sentenza e le successive ordinanze nn. 318 e 273
 del 1996 hanno chiarito come la liberta' dei professionisti  non  sia
 assoluta,  spettando  al  giudice il potere di bilanciare i valori in
 conflitto, si' da far recedere - se del  caso  -  quella  liberta'  a
 fronte di altri valori costituzionalmente rilevanti;
     che,   pertanto,   la   questione  va  dichiarata  manifestamente
 inammissibile.
   Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11  marzo  1953,  n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.