IL TRIBUNALE MILITARE Ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento penale nei confronti di Del Vecchio Massimiliano, nato a Napoli il 1 aprile 1976. Considerato che all'odierna udienza, nel procedimento penale nei confronti di Del Vecchio Massimiliano, meglio generalizzato in atti, imputato del reato di "Rifiuto del servizio militare in tempo di pace", il difensore ha sollevato formale eccezione di illegittimita' costituzionale dell'art. 53, secondo comma del d.P.R. 14 febbraio 1964 n. 237 in riferimento all'art. 3 della Costituzione, nonche' al principio di ragionevolezza normativa, ed in subordine, nella parte in cui lo stesso articolo non prevede in un anno dalla "riforma" oppure dal 1 gennaio dell'anno in cui il giovane avrebbe dovuto essere chiamato alle armi se non fosse stato riformato, il termine entro cui poter revocare la relativa decisione e lo stesso termine per la successiva chiamata alle armi, per i motivi diffusamente indicati nella memoria allegata al verbale della presente udienza. Considerato che il p.m., richiesto di un parere, ha mostrato di condividere le motivazioni che accompagnano la eccezione di illegittimita' costituzionale sollevata dal difensore. O s s e r v a Il Del Vecchio, in data 15 novembre 1994, veniva giudicato "non idoneo in modo permanente all'impiego in incarico del servizio militare" e, pertanto, riformato dal Consiglio di leva di Napoli. Successivamente, in data 15 giugno 1995, veniva precettato dall'ufficio leva di Napoli per presentarsi ad una nuova visita psico-fisica di leva, a seguito della quale veniva ritenuto idoneo al servizio militare e posto in congedo illimitato provvisorio. Infine, veniva chiamato alle armi ai sensi della circolare LEV-E-21 del G.U. 95 con obbligo di presentazione presso la Scuola di Fanteria in Cesano di Roma ove, in data 12 giugno 1996, opponeva rifiuto di assolvere agli obblighi del servizio militare di leva ai sensi dell'art. 8, secondo comma, legge n. 772/1972. Appare dunque di tutta evidenza come la eccezione di illegittimita' costituzionale sollevata dal difensore riguardo all'articolo di legge che radica la facolta' dell'Amministrazione della Difesa, nella persona del Ministro, di determinare entro il termine di due anni la revoca delle decisioni di riforma pronunciate dai Consigli di leva, sia da considerarsi rilevante ai fini della soluzione del presente procedimento, in quanto, ove la stessa dovesse trovare accoglimento da parte di codesta Corte, si imporrebbe una pronuncia di assoluzione da parte di questo collegio per insussistenza del fatto ascritto all'imputato. Riguardo alla non manifesta infondatezza, ritiene questo tribunale che la eccezione sollevata dal difensore sia meritevole di una pronuncia da parte della Corte, in quanto appare ipotizzabile un contrasto della disposizione, la cui illegittimita' costituzionale si lamenta, con il principio di certezza del periodo in cui ciascun cittadino e' chiamato ad assolvere agli obblighi del servizio militare di leva, principio desumibile dall'attuale assetto normativo della materia, anche alla luce della recente pronuncia n. 41 del 1990 da parte della Corte costituzionale, la quale nel dichiarare la parziale incostituzionalita' dell'art. 21, secondo comma, legge n. 191/1975 nella parte in cui non prevede "che la chiamata alle armi di chi ha fruito del ritardo del servizio militare sia disposta non oltre il termine di un anno dalla data di cessazione del titolo al ritardo medesimo, sembra aver ribadito il principio per cui la legge deve "determinare in modo tassativo lo spazio di tempo entro il quale il cittadino puo' essere chiamato ad assolvere il servizio di leva", connesso indissolubilmente alla "necessita di ridurre il piu' possibile gli effetti negativi che tale obbligo determina" nei confronti dei molteplici aspetti che compongono la vita del cittadino. Tale principio era, peraltro, gia' desumibile dal complesso della normativa che disciplina il servizio militare di leva, ove, tra le altre, sono contenute le disposizioni di cui agli artt. 2 e 3 della legge n. 191 del 1975 che prevedono rispettivamente che la "chiamata alle classi di leva e' fissata nell'anno in cui i giovani che vi appartengono compiono il diciottesimo anno di eta'" e che "la chiamata alle armi ha luogo nell'anno in cui i giovani arruolati compiono il diciannovesimo anno di eta'". Risulta pienamente comprensibile, ed e' peraltro espressamente previsto dalla stessa legislazione di settore, che il principio in questione possa soffrire delle eccezioni, ricorrendo determinate ineludibili esigenze di interesse pubblico; tuttavia, quel che induce a ritenere la non manifesta infondatezza della eccezione sollevata nel presente procedimento, e' che la norma in questione potrebbe fondare una ingiustificata disparita' di trattamento tra cittadini ed in particolare tra coloro che siano stati interessati da un provvedimento di "riforma": non prevedendo, infatti, la obbligatorieta' ne' della sottoposizione ad una successiva visita di leva, ne' della revoca da parte del Ministro per la difesa del provvedimento di riforma precedentemente adottato nei casi in cui venga accertato, in seguito a nuova visita, che le cause che lo motivarono non sussistevano (o sono successivamente cessate), finisce con il discriminare coloro che, di fatto, vengono sottoposti a nuova visita ed in seguito a questa dichiarati idonei ed arruolati, e coloro che, pur trovandosi in ipotesi nella medesima situazione dei primi, (perche' le cause che avevano condotto al provvedimento di esonero dal servizio militare erano inesistenti o sono successivamente venute meno), tuttavia non vengono, di fatto, sottoposti ad una nuova visita e, decorsi i due anni, sono definitivamente sciolti da ogni obbligo di prestare il servizio militare di leva. Non appare, peraltro, plausibile ritenere che la previsione di una facolta' di revoca di un precedente provvedimento di "riforma" possa essere giustificata dal ricorrere di patologie cliniche che non consentivano, in considerazione del loro imprevedibile evolversi, di stabilire, una volta per sempre, la inidoneita' al servizio militare. Al riguardo, infatti, il giudizio naturale non puo' che essere, e la normativa attuale prevede espressamente che sia, quello di rivedibilita' che, peraltro, pur radicando in capo al destinatario dello stesso una situazione giuridica di minore stabilita' rispetto a quella derivante da un provvedimento di "inidoneita' permanente", finisce, invece, con il garantire una tutela piu' ampia in termini di certezza riguardo all'attualita' dell'obbligo di prestare il servizio militare di leva: il soggetto dichiarato rivedibile viene, infatti, rinviato alla leva successiva (con differimento massimo di un anno ai sensi dell'art. 69 della legge sul reclutamento). Ne', peraltro, la facolta' di revoca della precedente "riforma" puo' ritenersi prevista a tutela dell'Amministrazione militare per le ipotesi in cui al provvedimento di "riforma" si sia addivenuti sulla base di condotte illecite cui abbia dato luogo, da solo o in concorso con altri, il cittadino. Gli strumenti a tutela dell'ordinamento in tali ipotesi non possono che essere rappresentati, ed anche nel nostro sistema normativo lo sono, da disposizioni di natura penale e non certo da una disciplina di carattere amministrativo volta a regolare i profili organizzativo-procedurali della leva e del reclutamento obbligatorio. Anche riguardo al limite temporale di due anni fissato dalla norma come termine entro il quale puo' intervenire il provvedimento di revoca delle decisioni di riforma, (unito alla mancata previsione del termine massimo entro il quale debba seguire la nuova chiamata alla leva e la successiva incorporazione), appare ipotizzabile un profilo di illegittimita' costituzionale della norma in questione che in tal modo colloca in una posizione di incertezza, apparentemente ingiustificata, quantomeno nel limite temporale, quei soggetti in capo ai quali, proprio in virtu' di un intervenuto provvedimento di riforma si e', ormai, radicato un legittimo convincimento a ritenersi liberi da ogni obbligo di leva, con i conseguenti risvolti sugli aspetti sociali, familiari e lavorativi della propria vita.