IL PRETORE Letto il ricorso depositato in data 25 febbraio 1998, con il quale Incotruscieri Pietro, nato in Modica il 22 maggio 1934, ivi residente, deduce: che e' affetto, sin dal marzo 1996, da lemiosarcoma al retropeitoneo in fase metastatica, che e' stato sottoposto ripetutamente (due volte) a trattamento chemioterapico (sei cicli per volta), trattamento "non piu' praticabile per le condizioni generali dell'organismo e per la tossicita' dovuta al precedente trattamento", che, essendo venute meno "le prospettive di un miglioramento", si e' determinato "a tentare in extremis il metodo del dott. Di Bella al quale si e' aggrappato con grande speranza e forte determinazione anche per l'impossibilita' di far ricorso ad altri protocolli"; che, al tal uopo, si e' rivolto al dott. Salvatore Miranda, il quale gli ha prescritto la terapia richiesta, come da farmaci e dosaggi meglio descritti in ricorso e nella prescrizione datata 23 febbraio 1998 allo stesso allegata; che non e' in grado di iniziare la cura, a) non potendo acquistare a proprie spese i medicinali, atteso l'elevatissimo costo degli stessi; b) non essendo, tali medicinali, erogati dal S.S.N.; Ritenuto che il ricorrente chiede che, in via d'urgenza, venga ordinato all'A.U.S.L. n. 7 di Ragusa di fornirgli gratuitamente, tramite le proprie strutture, i farmaci anzidetti nel dosaggio e per il periodo necessari per praticare la terapia prescritta; Visti gli atti e i documenti allegati; Assunte informazioni tramite i C.C. di Modica; Ritenuta la propria competenza, trattandosi di materia riservata in via esclusiva al giudice del lavoro ai sensi degli artt. 442 e segg. cod. proc. civ. (Cassa ss. uu. 12228/90); In fatto Deve ritenersi accertato: a) il rifiuto di erogazione gratuita dei farmaci utilizzati nel protocollo Di Bella, da parte della struttura sanitaria pubblica, atteso che, a prescindere dalla notorieta' di tale circostanza (oggetto di larga diffusione massmediale, la quale puo' ben essere ricompresa, ai fini del presente procedimento, nel novero delle sommarie informazioni utilizzabili dal giudice ai sensi dell'art. 669-sexies, secondo comma cod. proc. civ.) risulta per tabulas in analoghi giudizi trattati da questo ufficio, il diniego opposto dal direttore generale dell'A.U.S.L. n. 7 di Ragusa, la quale, peraltro, non dispone di ospedali destinati alla sperimentazione stabilita dal d.-l. 17 febbraio 1998, n. 23; b) il notorio elevatissimo costo dei medicinali in questione e, segnatamente, dei farmaci a base di Somatostatina e suoi derivati o analoghi sintetici (octreotide), costo che continua allo stato a mantenersi ai livelli pregressi, nonostante la preannunciata drastica riduzione del prezzo (cfr. il preventivo di spesa in data 23 febbraio 1998 della farmacia Criscione di Modica, dal quale si evince che il costo mensile del solo farmaco denominato Stilamin ascende a L. 10.152.000); c) la pratica impossibilita', anche per nuclei familiari di medio reddito, superiore a quello della ricorrente, di poter far fronte alle spese di acquisto, atteso che il costo mensile della cura, sia pur considerando la preannunciata (e non ancora attuata) riduzione del prezzo della dose di somatostatina a L. 60.000, ascenderebbe pur sempre ad oltre due milioni di lire; d) le precarie condizioni economiche della famiglia del ricorrente (cfr. le copie della dichiarazioni dei redditi per l'anno 1996 prodotte in atti); e) la mancata inclusione, dei farmaci utilizzati nel metodo di terapia oncologica del prof. Di Bella, nell'elenco previsto dall'art. 1, quarto comma del decreto-legge n. 536/1996. In diritto 1. - La situazione prospettata appare meritevole di tutela, sia con riguardo al requisito dell'apparenza del diritto che si vuole azionare (c.d. fumus boni iuris), sia con riguardo al requisito dell'incombenza e della irreparabilita' del paventato pregiudizio (c.d. periculum in mora); 1.1. - Con riguardo al primo requisito, rileva il decidente: a) che la tutela della salute e' costituzionalmente prevista, come fondamentale e intangibile diritto del cittadino e attuata attraverso le prestazione del s.s.n. specificatamente garantite agli indigenti (art. 32, primo comma Cost.) e che, in linea di principio, la prescrizione di una terapia basata su farmaci registrati da parte di un medico abilitato alla professione deve trovare immediata e adeguata risposta nel sistema sanitario, specie nel caso in cui si tratti, come avviene nel caso di specie, di cura oncologica su paziente che, avendo praticato senza esito tutte le terapie tradizionali, non ha altre alternative e si trova nella fase terminale della malattia; b) che cio' si ricava altresi' dlla vincolativita' del principio espresso dall'art. 10 del decreto-legge n. 463/1983, convertito, con modificazione, in legge 11 novembre 1983, n. 638 (in atto vigente, come si vedra' infra, anche a seguito dell'emanazione del decreto-legge n. 23/98), per il quale nel "prontuario terapeutico del S.S.N. deve essere previsto apposito elenco di farmaci destinati al trattamento delle situazioni patologiche di urgenza, delle malattie ad alto rischio, delle gravi condizioni o sindromi morbose che esigano terapie di lunga durata, nonche' delle cure necessarie per assicurare la sopravvivenza delle malattie croniche, per i quali non e' dovuta alcuna quota di partecipazione", di talche', in difetto, appare prima facie sussistente la lesione del diritto soggettivo dell'ammalato alla conservazione della propria saluta, intesa, non solo come diritto a curarsi e a mantenersi in vita, ma anche (e, si vorrebe dir, soprattutto, nelle patologie tumorali recidivanti) come diritto a una migliore qualita' di vita residua, che, in tal caso, l'intervento del giudice, nonche' riguardare la pronuncia sulla validita' di un sistema terapeutico, si limita ad assicurare l'effettivita' del diritto soggettivo anzidetto, indiscutibilmente preminente anche a fronte dell'esigenza della p.a. di gestire le proprie risorse economiche; c) che, fino all'emanazione del decreto-legge n. 23/98, tale intervento poteva trovare attuazione attraverso la disapplicazione dell'atto amministrativo costituito dal decreto di approvazione del prontuario che classifica le specialita' medicinali erogate dal S.S.N. (Cass. ss. uu. 1505/85, Cass. 8241/96), il quale non puo' far degradare il diritto alla salute a mero interesse, laddove prevede la somministrazione di taluni farmaci inclusi nel protocollo Di Bella per la cura di specifiche patologie tumorali, ma esclude che gli stessi possano essere erogati al di fuori della struttura ospedaliera (c.d. "fascia H") e delle terapie in essa praticate, pur quando un medico abilitato alla professione ritenga che cio' si renda indispensabile per la sopravvivenza del paziente o, sia pure, essendosi rivelate inefficaci (e quasi sempre defedanti) le terapie tradizionali e accreditate, quanto meno utile per consentire al paziente migliori condizioni di vita residua; d) che in siffatta contingenza e in difetto del provvedimento giurisdizionale, il diritto alla salute si ridurebbe a mera e vuota enunciazione di principio, tanto piu' nei fatti svilita quanto piu' viene formalmente conclamata, laddove peraltro si consideri l'estrama difficolta' a reperire, negli ultimi tempi, i farmaci nel libero mercato (ma, per la verita', considerata l'attuale temperie, si dovrebbe, purtroppo, cominciare a parlare, forse piu' propriamente, di mercato nero); e) che, segnatamente, il notorio altissimo costo di alcuni dei farmaci (e, in special modo, di quelli a base di somatostatina) rendono, di fatto, impraticabile la terapia soprattutto a che non disponga di mezzi economici illimitati e, quindi, proprio ai cittadini piu' deboli che, viceversa, il dettato costituzionale ritiene maggiormente meritervoli di tutela da parte dello Stato; f) che, in definitiva, la situazione come sopra venutasi a creare, configurando un comportamento della p.a. che vulnera il genrale principio del neminem laedere, impone l'intervento del giudice il quale, anteriormente all'emanazione del decreto-legge n. 23/1998, trattandosi di tutelare un diritto soggettivo, in sede di disapplicazione dell'atto amministrativo costituito dal decreto ministeriale di approvazione del prontuario terapeutico, poteva anche imporre un facere consistente nella erogazione dei medicinali in parola (cfr., in termini, Cass. ss.uu. 1463/79, che ha costituito la chiave di volta in materia e, da ultimo, Cass. 5593/94, Cass. 3870/94, Cass. 1747/96 e Cass. 9241/96 cit.); 1.2. - Con riguardo al secondo requisito, appre evidente che il ritardo, anche di pochi giorni, attesa la ingravescenza del male e il suo inarrestabile progredire, nonche' attese le condizioni cliniche che impediscono al ricorrente l'effettuazione delle terapie invasive tradizionali, quale risulta certificato dalla documentazione medica prodotta (cfr., segnatamente, i referti del reparto oncologio dell'Ospedale civile di Ragusa e la certificazione del dott. Miranda in data 23 febbraio 1998), comporta in re ipsa l'esigenza di rendere inaudita altera parte il provvedimento interdittale, atteso che nelle more del contraddittorio potrebbe vanificarsi la funzione cautelare a cui esso e' destinato; 2. - Cio' detto, va, tuttavia, ulteriormente rilevato che il d.-l. 17 febbraio 1998, n. 23, il quale all'art. 1 dispone la sperimentazione del "Multitrattamento Di Bella" (c.d. "MDB"), dopo aver previsto, in specifici casi, la facolta' del medico di "impiegare un medicinale prodotto industrialmente per un'indicazione o una via di somministrazione o una modalita' di somministrazione o di utilizzazione diversa da quella autorizzata, ovvero riconosciuta agli effetti dell'art. 1 comma 4 del decreto-legge 21 ottobre 1996, n. 536, convertito dalla legge 23 dicembre 1996, n. 648" (art. 3, comma 2), nonche' dopo aver "fatti salvi gli atti con i quali il medico, sotto la sua diretta responsabilita' e limitatamente al campo oncologico, abbia impiegato od impieghi, sino al termine della sperimentazione di cui all'art. 1, i medicinali a base di octreotide e di somatostatina, al di fuori delle indicazioni terapeutiche approvate", sia pure a condizione che sussista obbiettivamente l'impraticabilita' dei protocolli di cura gia' autorizzati e che il paziente renda per iscritto il proprio consenso (art. 3, comma 3), impedisce poi (art. 3, comma 4) che, in tali circostanze (e, quindi, ache nell'ipotesi di prescrizione del "MDB") venga in essere un "diritto del paziente alla erogazione dei medicinali a carico del Servizio sanitario nazionale, al di fuori dell'ipotesi disciplinata" dal gia' citato art. 1, comma 4 del decreto-legge n. 536/1996 (che e' l'unica ipotesi in cui l'erogazione di medicinali "per un'indicazione terapeutica diversa da quella autorizzata", viene posta a totale carico del S.S.N.). Nel caso di specie, poiche' nessuno dei farmaci prescritti risulta incluso nel prefato elenco speciale (cfr. quanto riferito dagli organi dell'U.S.L. n. 7 di Ragusa in esito alle disposte informative conclusesi in data odierna) e poiche', in ogni caso, gli stessi, ad eccezione dell'A.T. 10, dell'Endoxan, del Parlodel e del Calcium Sandoz (il cui costo non appare proibitivo come avviene per quelli a base di somatostatina - cfr. il preventivo della farmacia Criscione), non sono inclusi in fascia A (cfr. l'informativa anzidetta), deve concludersi che la previsione dell'art. 3, comma 4 del decreto-legge n. 23/1998 sopprime aprioristicamente, in capo al ricorrente, il diritto soggettivo all'assistenza, dal parte del S.S.N., pur versandosi in tema di cure oncologiche e, quindi, nell'ipotesi in cui, ai sensi dell'art. 10 del decreto-legge n. 463/1983, dovrebbe essere prevista la somministrazione gratuita (non puo', invero, seriamente negarsi che le malattie oncologiche rientrino nel novero di quelle "ad alto rischio" ovvero che le stesse diano luogo a "gravi condizioni o sindromi morbose che esigano terapie di lunga durata", ovvero, infine, che esse comportino "cure necessarie per assicurare la sopravvivenza delle malattie croniche"). 2.1. - E' pur vero che, ai sensi del successivo art. 4 dello stesso decreto-legge n. 23/1998, e' prevista la cessione, da parte della farmacie, al c.d. "prezzo concordato". E' vero anche, tuttavia: a) che cio' e' previsto solo per i medicinali a base di octreotide e di somatostatina, i quali, pur essendo quelli a piu' alto costo, non esauriscono il protocollo prescrittivo del "MDB"; b) il prezzo concordato, non solo, come s'e' visto, non viene ancora praticato, ma, quel che conta, pur essendo previsto in misura di gran lunga inferiore a quello in precedenza praticato in comune commercio, ascende pur sempre a un importo notoriamente elevato e tale da comportare un esborso di diversi milioni al mese, insostenibile per qualsiasi famiglia di medio reddito; c) il pagamento di un prezzo per i farmaci anzidetti, perfino a prescindere dal costo rilevante, da' luogo a una palese disparita' di trattamento tra i pazienti ammessi alla sperimentazione (per i quali l'intero ciclo di cura e' posto a totale onere del S.S.N.) e tutti gli altri (la maggior parte) che, non potendo far altro che praticare la terapia a domicilio e senza l'assistenza della struttura pubblica, devono sopportare, oltre alle traversie e al dramma di un male sconvolgente e al costo dell'assistenza medico-infermieristica, anche quello dei farmaci (come s'e' visto, sostanzialmente proibitivo, anche considerato il c.d. "prezzo concordato" per alcuni di essi); d) per altro verso, la mancata erogazione dei farmaci in questione da parte della struttura pubblica e la delega alle farmacie fa si che i pazienti non ammesi alla sperimentazione debbano sopportare l'alea del mancato reperimento dei prodotti sul libero mercato per effetto delle discresie non sempre casuali legate alla produzione e alla distribuzione: cio' comporta una ulteriore disparita' di trattamento tra i pazienti ammessi alla sperimentazione e tutti gli altri, disparita' tanto piu' odiosa in quanto comporta, per i pazienti non "beneficati" dall'intervento pubblico e in bali'a delle incerte vicende dell'iniziativa privata, la difficolta' quando non anche l'impossibilita' di iniziare o preseguire la cura prescelta (e pur formalmente legittimata) e l'unica alternativa, intuitivamente drammatica e disumana, di attendere che il loro destino si compia, mentre quello di altri soggetti, nella loro stessa identica condizione segue un percorso diverso (quando meno sul piano della speranza, che, nella vicenda in esame, non ha, tuttavia, un peso irrilevante). 2.2. - In ogni caso, anche prescindendo dai pur assorbenti rilievi che precedono (tra i quali quello che riguarda la rilevata disparita' di trattamento appare trachant), c'e' da chiedersi, a questo punto, che senso ha prevedere, com'e' fatto, la liberta' di cura e la "legalizzazione" del "MDB", quando, al contempo, si pongono ostacoli di fatto insormontabili (come sono quelli costituiti dal costo eccessivo della cura e dall'incertezza dell'approvvigionamento dei farmaci) al pratico esercizio di tale liberta'. Si consideri a tal riguardo che appare prima facie incongruo prevedere, come pure e' stato fatto, la possibilita' (e legittimita') della prescrizione, sia pure in via contingente e a certe condizioni, del "MDB" e, al contempo, l'onere del pagamento dei farmaci a cura del paziente, non potendo revocarsi in dubbio che l'uso oncologico di tale terapia imporrebbe, viceversa, che gli stessi venissero posti a carico del S.S.N. ai sensi dell'art. 10 del decreto-legge n. 463/1983. Va da se' che tale ultima norma non e' stata abolita (e, per la verita', non potrebbe esserlo senza incorrente in un palese vizio di incostituzionalita') dalla norma di cui all'art. 3, comma 4 del decreto-legge n. 23/1998 in esame, il quale, in conseguenza, finisce per prevedere una deroga ingiustificata al generale principio dalla prima enunciato. In altri termini appare, sotto tale specifico aspetto, incongruo e collidente col principio di ragionevolezza, legalizzare una terapia oncologica che, in quanto tale, dovrebbe soggiacere, come le altre terapie oncologiche ammesse, al regime di cui all'art. 10 del decreto-legge n. 463/1983 e, contemporaneamente, escludere il diritto del paziente alla relativa prestazione (se non altro per cio' che riguarda la erogazione dei farmaci) a carico del S.S.N. Ne' vale opporre che cio' si giustificherebbe per la mancata sperimentazione del farmaco: al riguardo e' appena il caso di obiettare che, una volta ammessa la praticabilita' della prescrizione a prescindere dalla sperimentazione, deve necessariamente conseguire l'autorizzazione alla relativa "indicazione terapeutica" voluta dalla legge per l'inclusione dei farmaci nell'elenco speciale previsto dall'art. 1, comma 4 del decreto-legge n. 536/1996, essendo evidente che se la mancata sperimentazione non ha impedito l'inclusione (temporanea) della terapia tra i protocolli di cura ammessi, non puo', poi, valere al fine di escludere la sussistenza del diritto alla prestazione che, a ben vedere, e' gia' sorto, ond'e' che la norma in esame finisce, in tal modo, per rivelarsi un artificio legislativo sotto ogni profilo contraddittorio e irragionevole. 3. - Alla stregua delle considerazioni che precedono, ritiene il decidente che gli artt. 3, comma 4 e del d.-l. 17 febbraio 1998, n. 23 confliggano: a) con gli artt. 24 e 32 della Costituzione, laddove, escludendo apoditticamente la sussistenza del diritto soggettivo a ottenere la fornitura dei farmaci a carico del S.S.N. in capo al malato oncologico che intenda praticare il multitrattamento Di Bella, legittimamente prescritto, in base a detto decreto, da un medico abilitato alla professione, nella sostanza priva ingiustificatamente di tutela il diritto alla salute del cittadino, costituzionalmente garantito, e impedisce, al contempo, che tale tutela possa efficacemente attuarsi attraverso il ricorso al giudice; b) con l'art. 3 della Costituzione, laddove, operando una inammissibile, ingiustificata e irragionevole disparita' di trattamento tra i pazienti che intendono praticare il "MDB", i quali si trovano nelle identiche condizioni, sia sotto l'aspetto dello stadio della malattia, sia sotto l'aspetto delle condizioni economiche, garantisce solo a coloro, tra questi, che vengono ammessi alla sperimentazione, a) la cura a totale carico del S.S.N., b) la certezza circa l'effettuazione della terapia. Si rende conto il decidente che la presente ordinanza rischia di tradursi in sterile rimedio al cospetto delle drammatiche aspettative del ricorrente e avuto riguardo alla vita spesso effimera di provvedimenti legislativi come quello impugnato. E tuttavia ritiene che il decreto in questione non lasci spazio ad altre alternative. La questione di costituzionalita' come sollevata e' indubbiamente rilevante, atteso che l'accoglimento o il rigetto della domanda proposta in via cautelare dal ricorrente dipende dalla soluzione che dara' la Corte delle leggi ai quesiti prospettati.