IL TRIBUNALE
   Ha deliberato la seguente ordinanza  nella  causa  iscritta  al  n.
 80271  r.g.a.c.c.,  anno  1993,  avente  ad  oggetto:  opposizione  a
 dichiarazione di fallimento tra avv. Orazio Gentile,  nella  qualita'
 di   curatore   nominato   ex  art.  508  c.c.  per  la  liquidazione
 dell'eredita'  di  Mauro  Tommassini,  in giudizio di persona, giusta
 autorizzazione  del  pretore  di  Roma  in  data  3  novembre   1993,
 elettivamente  domiciliato  in Roma, via G. Palumbo n. 3, opponente e
 fallimento della Mauro Tommassini Motors di Tommassini Mauro  s.a.s.,
 in  liquidazione,  nonche' di Mauro Tommassini (n. 53978), in persona
 del  curatore,  dott.  Gianluca  Senzacqua,  rappresentato  e  difeso
 dall'avv.   Rosa  Romano,  presso  il  cui  studio  e'  elettivamente
 domiciliato in Roma, via Salento  n.  35,  convenuto;  nonche'  Mauro
 Tommassini  Motors  di  Tommassini  Mauro s.a.s., in liquidazione, in
 persona  del  liquidatore,  Clementina  Rossana  Ruscitti,  convenuta
 contumace; Massimo Cantoni, convenuto contumace; passata in decisione
 all'udienza collegiale del 4 giugno 1997.
   1. - Lo svolgimento del processo.
   1.1.  - Con atto di citazione notificato il 5 novembre 1993, l'avv.
 Orazio Gentile, nella qualita' di curatore, nominato dal pretore,  ai
 sensi  dell'art. 508 c.c., per la liquidazione dell'eredita' di Mauro
 Tommassini, ha proposto opposizione ex art.  18,  legge  fallimentare
 alla  sentenza  dichiarativa  del  fallimento  della  societa'  Mauro
 Tommassini  Motors  di  Tommassini  Mauro  s.a.s.,  in  liquidazione,
 nonche' del socio accomandatario, illimitatamente responsabile, Mauro
 Tommassini,  deceduto  in data 5 marzo 1992, sentenza pronunciata dal
 tribunale di Roma in data 23 settembre 1993, su istanze di Clementina
 Rossana  Ruscitti,  nella  qualita'  di  liquidatore  della  predetta
 societa', e di Massimo Cantoni, creditore.
   L'opponente   ha   dedotto   la  non  assoggettabilita'  del  socio
 accomandatario a fallimento, perche' deceduto da oltre  un  anno,  ai
 sensi  degli  artt.    10  e  11  legge  fallimentare,  e ha chiesto,
 pertanto, la  revoca  della  dichiarazione  di  fallimento  di  Mauro
 Tommassini.
   1.2.  -  Il  curatore  del fallimento, ritualmente costituitosi, ha
 resistito all'opposizione e ne ha chiesto  il  rigetto,  sull'assunto
 della  non  applicabilita' degli artt. 10 e 11, legge fallimentare al
 socio cessato o defunto.
   Gli  istanti,  liquidatore  della  societa'  e  creditore,  benche'
 regolarmente citati, non si sono costituiti.
   1.3. - Prodotta documentazione e precisate le conclusioni, la causa
 e' passata in decisione all'udienza di discussione del 4 giugno 1997.
   2. - I fatti antecedenti.
   2.1.  -  Con scrittura privata autenticata in data 1 dicembre 1987,
 fu costituita da Mauro Tommassini ed Eleonora Tommassini la  societa'
 in  accomandita semplice "Mauro Tommassini Motors di Tommassini Mauro
 s.a.s.", avente sede in Roma, via Aurelia km. 10,950, e per  oggetto:
 "l'attivita'   di   autofficina,   meccanica   e  di  riparazioni  di
 autovetture,  fuoristrada   e   veicoli   in   genere,   nonche'   la
 commercializzazione  degli stessi sia per conto proprio che per conto
 di terzi", ed inoltre  "l'attivita'  di  compravendita  di  pezzi  di
 ricambio   ed   accessori  per  autoveicoli  in  genere,  nonche'  di
 lubrificanti ed autoradio e quanto altro inerente il settore".
   Mauro Tommassini assunse la qualita' di socio accomandatario e, con
 essa, l'amministrazione e la rappresentanza della societa';  Eleonora
 Tommassini, invece, la qualita' di socio accomandante.
   La  societa'  fu  iscritta  nel  registro  delle societa' presso la
 cancelleria commerciale del tribunale di Roma al n. 11799/1987.
   2.2. - In data 5 marzo 1992 Mauro Tommassini mori', lasciando eredi
 ex lege la moglie Pasqualina  Russo  ed  i  figli  Luca  ed  Eleonora
 Tommassini.      Costoro   accettarono   l'eredita'   col   beneficio
 d'inventario,  con  dichiarazione   ricevuta   dal   notaio   Antonio
 d'Agostino  di Roma in data 13 marzo 1992, rep. n. 152765, depositata
 presso la cancelleria della pretura di  Roma,  per  l'iscrizione  nel
 registro  delle successioni (artt. 484 c.c. e 52 disp. att. c.c.), in
 data 30 marzo 1992, n. 1071/1992.
   2.3. - Pasqualina Russo e Luca Tommassini, quali  eredi  del  socio
 accomandatario  Mauro Tommassini, ed Eleonora Tommassini, quale erede
 anch'ella del socio accomandatario, nonche' quale socio  accomandante
 superstite,  con atto a rogito del notaio Francesco Cerini di Roma in
 data 19 giugno 1992, rep. n. 40728, convennero lo scioglimento  della
 societa'  e  nominarono  quale  liquidatore  della  stessa  la sig.ra
 Clementina Rossana Ruscitti.
   Tale atto venne depositato  per  l'iscrizione  nel  registro  delle
 societa' in data 1 luglio 1992.
   2.4.  -  I  predetti eredi di Mauro Tommassini rilasciarono tutti i
 beni ereditari a favore dei creditori, a norma  dell'art.  507  c.c.,
 con dichiarazione ricevuta dal notaio Nicola Maggiore di Roma in data
 24   settembre1992,  rep.  n.  20510,  iscritta  nel  registro  delle
 successioni in data  15  ottobre  1992.  I  medesimi  eredi,  quindi,
 presentarono  istanza  al  pretore,  con ricorso depositato in data 3
 novembre 1992, per la nomina di un curatore, ai sensi  dell'art.  508
 c.c.
   Il  pretore,  con  decreto  in data 12 novembre 1992, nomino' quale
 curatore l'avv. Orazio Gentile, perche' provvedesse alla liquidazione
 dell'eredita' di Mauro Tommassini secondo le norme degli artt. 498  e
 ss. c.c.
   Dichiarato  il fallimento della societa' Mauro Tommassini Motors di
 Tommassini Mauro s.a.s., nonche' del  socio  accomandatario  deceduto
 Mauro Tommassini, lo stesso pretore autorizzo', con decreto in data 3
 novembre  1993,  il  nominato  curatore  a  proporre opposizione alla
 dichiarazione di fallimento del de cuius.
   3. - Le questioni di diritto positivo.
   3.1.1. - A norma dell'art. 147, comma 1,  legge  fallimentare,  "la
 sentenza  che  dichiara  il  fallimento  della  societa'  con  soci a
 responsabilita' illimitata  produce  anche  il  fallimento  dei  soci
 illimitatamente responsabili".
   3.1.2.   -   Per   consolidata   giurisprudenza,   ai   fini  della
 dichiarazione di fallimento della societa' con soci a responsabilita'
 illimitata, lo stato d'insolvenza deve essere accertato con  riguardo
 al  solo  patrimonio  della  societa',  non  anche  con  riguardo  ai
 patrimoni personali dei  soci  illimitatamente  responsabili  per  le
 obbligazioni sociali (Cass. 4 giugno 1992, n. 6852, fallimento, 1992,
 928;  Cass. 28 maggio 1991, n. 6028, fallimento, 1991, 1146; Cass. 13
 marzo 1982, n. 1632, giust. civ., 1982,  I,  2374;  Cass.  28  giugno
 1979,  n. 3614, giust.  civ., 1979, I, 1841; Cass. 23 maggio 1979, n.
 2983, fallimento, 1980, 253; Cass.  7  giugno  1974,  n.  1695,  dir.
 fall.,  1975,  II,  288; Cass.   5 febbraio 1971, n. 276, dir. fall.,
 1971, II, 661; Cass. 30 aprile 1969, n. 1412; Cass. 26  aprile  1969,
 n.  1359,  dir.  fall., 1969, II, 874; Cass. 14 giugno 1967, n. 1338,
 dir.  fall., 1967, II, 865; trib.  Roma 8 febbraio 1997, Tuttolana di
 Roazzi Alessandrina e C. s.n.c., Roazzi Alessandrina e Carletti Guido
 c. Fall.  Tuttolana  di  Roazzi  Alessandrina  e  C.  s.n.c.,  Roazzi
 Alessandrina  e Carletti Guido; trib.  Roma, 22 gennaio 1996, Menenti
 Fashion di Menenti Adriano e C. s.a.s.  c. fall. Menenti  Fashion  di
 Menenti   Adriano   e  C.  s.a.s.;  trib.  Torino  13  ottobre  1992,
 fallimento, 1993, 326; trib.  Trieste  22  giugno  1992,  fallimento,
 1992,  1190; trib. Roma, 28 febbraio 1962, dir. fall., 1962, II, 260;
 app. Roma, 19 dicembre 1956, Dir. fall., 1957, II, 128).
   La societa' di persone, avente per oggetto un'attivita' commerciale
 (artt. 2308  e  2323  c.c.),  che  non  sia  in  grado,  con  il  suo
 patrimonio,  di  soddisfare  regolarmente  i  suoi  creditori,  deve,
 dunque, essere, senz'altro, dichiarata fallita, a norma dell'art.  5,
 legge fallimentare.
   3.1.3.  -  Il  fallimento  dei soci illimitatamente responsabili di
 societa' di persone e'  conseguenza  che  scaturisce  automaticamente
 dalla  dichiarazione  di  fallimento della societa', prescindendo del
 tutto da qualsiasi accertamento nei riguardi  dei  singoli  soci  dei
 presupposti previsti dagli artt. 1 e 5, legge fallimentare (Cass.  28
 maggio  1991, n. 6028, fallimento, 1991, 1146; Cass. 5 marzo 1987, n.
 2311, fallimento, 1987, 572; Cass. 6 novembre 1985, fallimento, 1986,
 497; Cass. 12 aprile 1984, n. 2359, fallimento, 1984, 1025; Cass.  28
 giugno  1979,  n.  3614;  Cass.  23 maggio 1979, n. 2283, fallimento,
 1980, 253; Cass. 15 novembre 1976, n. 4216; Cass. 7 agosto  1972,  n.
 2639,  dir.  fall., 1973, II, 386; Cass. 5 febbraio 1971, dir. fall.,
 1971, II, 661; Cass. 14 giugno 1967, n. 1338, dir. fall.,  1967,  II,
 865;  Cass.  18  marzo 1966, n. 764, dir. fall., 1966, II, 560; Cass.
 27 gennaio 1962, n. 165, dir. fall., 1962,  II,  92;  trib.  Roma,  8
 febbraio  1997, cit.; trib. Roma, 22 gennaio 1996, cit.; trib. Torino
 27 maggio 1992, fallimento, 1992, 1081; trib. Biella, 19 aprile 1983,
 dir. fall., 1984, II, 221; app. Firenze, 1 ottobre 1981, dir.  fall.,
 1982, II, 428; app. Napoli, 30 giugno 1965, dir. fall., 1966, II, 96;
 app. Torino, 11 giugno 1965, dir. fall., 1965, II, 454).
   Cio'  che  rileva,  ai  fini  della dichiarazione di fallimento dei
 soci, ex art. 147, legge fallimentare, e' soltanto la responsabilita'
 illimitata per le obbligazioni sociali, che trovi il suo  titolo  nel
 rapporto di societa', quindi nella qualita' di socio.
   3.1.4.  -  Il  fallimento  dei soci illimitatamente responsabili di
 societa' di persone non deriva, dunque, dall'essere essi imprenditori
 (o  co-imprenditori)  commerciali:  la  qualifica   di   imprenditore
 commerciale  (ove  ne  ricorrano  i presupposti) spetta soltanto alla
 societa',  giacche'  e'  questa  che  "agisce"  ("sotto  una  ragione
 sociale":  artt.  2292,  comma 1, e 2314, comma 1, c.c.), deve essere
 "iscritta nel registro delle imprese" (artt. 2296, 2297,  2315,  2317
 c.c.),  "acquista  diritti  e  assume  obbligazioni" (art. 2266 c.c.,
 richiamato dall'art. 2293 c.c.),  puo'  essere  titolare  di  diritti
 reali,  anche  immobiliari (arg.  ex art. 2659, comma 1, n. 1, c.c.),
 ed e' "sul  patrimonio  sociale"  che  "i  creditori  della  societa'
 possono  far  valere  i  loro  diritti"  (art.  2267,  comma 1, c.c.,
 richiamato dall'art. 2293 c.c.), salva la responsabilita'  personale,
 illimitata e solidale, di tutti o di alcuni soci.
   D'altro  canto,  ove  si  ammettesse  -  come  sostiene parte della
 dottrina - che anche (o soltanto) i soci illimitatamente responsabili
 rivestono la qualita' di imprenditori commerciali, per il solo  fatto
 di  essere  soci  di  una  societa' di persone esercente un'attivita'
 commerciale,  se  ne dovrebbe inferire che essi sono assoggettabili a
 fallimento, non solo quando la societa' versa in stato di insolvenza,
 ma anche quando ciascuno  si  trova,  per  suo  conto,  in  stato  di
 insolvenza, indipendentemente dalla dichiarazione di fallimento della
 societa';  ma  a  simile  conclusione  (inevitabile, se fosse vera la
 premessa) nessuno e' mai giunto, essendo,  invece,  pacifico  che  il
 socio  puo'  si'  fallire,  indipendentemente  dal  fallimento  della
 societa' (com'e' previsto dall'art. 2288, comma 1, c.c.), ma soltanto
 quando sussistano riguardo a lui solo i presupposti  del  fallimento,
 ossia  quando egli sia imprenditore commerciale, in quanto esercente,
 per  suo  conto,  un'impresa  individuale,  e  si  trovi   in   stato
 d'insolvenza, ovvero quando sia socio illimitatamente responsabile di
 altra societa', dichiarata fallita.
   3.1.5.   -  La  ratio  del  fallimento  del  socio  illimitatamente
 responsabile di societa' di persone deve,  allora,  rinvenirsi  nella
 opportunita',  discrezionalmente  valutata  dal  legislatore,  di far
 valere la responsabilita' illimitata e  solidale  del  socio  per  le
 obbligazioni   sociali,   e,   quindi,  di  realizzare  la  garanzia,
 costituita dal patrimonio personale  del  socio,  con  lo  strumento,
 ritenuto  piu'  idoneo,  del  fallimento  e  nell'ambito  di un'unica
 procedura fallimentare, a tutela sia dei creditori  sociali  sia  dei
 creditori particolari del socio.
   3.2.1.  -  Per  consolidata  giurisprudenza,  e'  assoggettabile  a
 fallimento, ai sensi dell'art. 147, coniata  1,  legge  fallimentare,
 anche  il  socio receduto, ancorche' sia decorso un anno dal recesso,
 non  trovando  applicazione  riguardo  a   lui   l'art.   10,   legge
 fallimentare;   unico  limite  e'  che  l'insolvenza  della  societa'
 riguardi anche obbligazioni  contratte  dalla  medesima  societa'  in
 epoca   anteriore  al  recesso  (Cass.    6  luglio  1993,  n.  7385,
 fallimento, 1993, 1241; Cass. 17 ottobre 1986, n.  6087,  fallimento,
 1987,  572; Cass. 21 novembre 1983, n.  6934, fallimento, 1984, 1140;
 Cass. 29 novembre 1978, n. 5642, dir.  fall., 1979, II, 65;  Cass.  4
 ottobre  1978,  n.  4399,  dir.  fall., 1979, II, 196; Cass. 30 marzo
 1977, n. 1221, giust. civ., 1977, I, 905; Cass. 22  giugno  1972,  n.
 2069, dir. fall., 1973, II, 77; Cass. 27 gennaio 1962, n. 165, giust.
 civ.,  1962, I, 1783; app. Bologna 20 novembre 1993, gius, 1994, 118;
 trib. Milano, 10 giugno 1993, foro it., 1995, I, 1679;  app.  Milano,
 21 maggio 1985, fallimento, 1986, 55; trib. Napoli, 1 settembre 1984,
 dir.  fall.,  1985,  II,  613;  trib.   Genova 15 ottobre 1978, giur.
 comm., 1980, II, 292).
   3.2.2. - L'art.  10,  legge  fallimentare  non  e'  stato  ritenuto
 applicabile  neanche  al socio che abbia ceduto la sua quota, sicche'
 egli puo' essere dichiarato fallito (in  conseguenza  del  fallimento
 della   societa')   pure   decorso  l'anno  dalla  cessione,  per  le
 obbligazioni contratte anteriormente a questa (trib. Ancona 7 ottobre
 1991, dir. fall., 1992, II, 316).
   3.2.3. - Quanto al socio defunto, e' opinione  prevalente  che  non
 puo' trovare applicazione l'art. 11, legge fallimentare, sicche' egli
 e'  assoggettabile  a fallimento, ancorche' sia decorso un anno dalla
 morte (trib. Catania, 21 giugno 1990, dir. fall., 1992, II, 1162).
   3.2.4. - In ogni  ipotesi  di  scioglimento  del  rapporto  sociale
 limitatamente ad un socio (recesso, esclusione, morte, cessione della
 quota),  il  socio  cessato  (receduto,  escluso,  defunto,  cedente)
 continua ad essere assoggettabile a fallimento,  in  conseguenza  del
 fallimento  della  societa',  posto  che  rispetto  a lui continuano,
 nonostante lo scioglimento del rapporto, a sussistere le  condizioni,
 richieste   dall'art.   147,  comma  1,  legge  fallimentare:  a)  la
 responsabilita' illimitata per le obbligazioni  sociali  (perche'  il
 socio  uscente o i suoi eredi, a norma dell'art. 2290, comma 1, c.c.,
 "sono responsabili verso i terzi per le obbligazioni sociali fino  al
 giorno  in  cui  si verifica lo scioglimento"); b) il discendere tale
 responsabilita' dal rapporto sociale, ossia dalla qualita' di socio.
   Ne', a seguito della perdita della qualita' di socio, viene meno la
 ratio, che giustifica il fallimento dell'ex socio:  finche'  sussiste
 la  responsabilita'  illimitata  per le obbligazioni sociali, permane
 l'opportunita' che la garanzia, costituita dal  patrimonio  personale
 del  socio,  sia  realizzata  secondo  la disciplina del fallimento e
 nell'ambito di un'unica procedura fallimentare.
   L'art. 147, comma 1, c.c. non subordina, dunque, il fallimento  del
 socio  illimitatamente  responsabile  alla  sussistenza  dell'attuale
 qualita' di socio, al momento della dichiarazione di fallimento della
 societa'.
   3.2.3.  -  La  medesima  norma  non  pone  alcun  limite  temporale
 all'assoggettabilita'  a  fallimento  dell'ex  socio  illimitatamente
 responsabile.
   Gli  artt.  10  e  11,  legge  fallimentare,   che,   diversamente,
 stabiliscono  il  termine  di un anno dalla cessazione dell'impresa o
 dalla morte per  la  dichiarazione  di  fallimento  dell'imprenditore
 cessato  o  defunto, non sono applicabili al socio cessato o defunto,
 giacche'  si   riferiscono   espressamente   al   solo   imprenditore
 individuale  e,  come  si  e'  detto,  deve  negarsi che - nel nostro
 diritto - il socio illimitatamente responsabile sia, per  cio'  solo,
 imprenditore.
   Nemmeno puo' ipotizzarsi una applicazione analogica di dette norme,
 atteso  che  l'analogia  puo'  ammettersi solo nel caso di una lacuna
 normativa, laddove la fattispecie non sia regolata da  alcuna  norma,
 mentre  nel caso dell'ex socio la norma esiste ed e', appunto, quella
 dell'art. 147, comma 1, legge fallimentare, la  quale  disciplina  la
 fattispecie,  stabilendo l'assoggettamento a fallimento dell'ex socio
 sine die, sempreche' vi siano  obbligazioni  sociali  anteriori  allo
 scioglimento  del  rapporto,  rimaste insoddisfatte, e fino a che non
 sia esaurita la procedura fallimentare relativa alla societa'  (Cass.
 29  novembre 1978, n. 5642, cit.; Cass. 30 marzo 1977, n. 1221, cit.;
 app. Milano, 21 maggio 1985, cit.).
   4. - La questione di  costituzionalita'  dell'art.  147,  comma  1,
 legge fallimentare.
   4.1.  -  Da  quanto innanzi emerge la disparita' di trattamento fra
 l'imprenditore  individuale   cessato   o   defunto   ed   il   socio
 illimitatamente  responsabile di societa' di persone cessato (perche'
 e' receduto, e' stato escluso o ha ceduto la sua quota) o defunto: il
 primo puo' essere dichiarato fallito solo  nel  termine  di  un  anno
 dalla  cessazione  dell'impresa o dalla morte; il secondo puo' essere
 dichiarato fallito (in conseguenza  del  fallimento  della  societa')
 senza  limite  di  tempo  (sempreche', pero', sussistano obbligazioni
 sociali, di cui  debba  rispondere,  e  finche'  non  sia  chiusa  la
 procedura fallimentare relativa alla societa').
   4.2.  -  La  situazione  dell'uno  e quella dell'altro presentano i
 seguenti tratti comuni:
     a) l'esercizio di  un'impresa  commerciale  o,  quanto  meno,  la
 partecipazione  alla  costituzione  di  un'organizzazione  avente per
 scopo l'esercizio di un'impresa commerciale;
     b) la responsabilita' illimitata per le obbligazioni conseguenti;
     c)  la   cessazione   dell'esercizio   o   della   partecipazione
 all'esercizio dell'impresa commerciale;
     d)   il   permanere   della  responsabilita'  illimitata  per  le
 obbligazioni inerenti all'impresa commerciale.
   Per entrambi,  imprenditore  individuale  e  socio  illimitatamente
 responsabile,    la    ratio,    che    giustifica    il    permanere
 dell'assoggettabilita'  a  fallimento,   sta   nell'opportunita'   di
 utilizzare  lo  strumento  del  fallimento,  pur  dopo  la cessazione
 dell'esercizio  o  della   partecipazione   all'esercizio,   per   la
 realizzazione    della    garanzia,    costituita    dal   patrimonio
 dell'imprenditore o del socio, cessato o defunto.
   Per   entrambi,   tuttavia,   pare   ugualmente    opportuno    che
 l'assoggettabilita' a fallimento sia limitata nel tempo.
   In  dottrina, infatti, si e' osservato che la finalita' degli artt.
 10 e 11, legge fallimentare e' quella di evitare che la soggezione al
 fallimento si protragga indefinitamente nel tempo, una volta che  sia
 venuta meno la condizione personale fonte di obbligazioni, per il cui
 mancato  soddisfacimento  puo' essere dichiarato il fallimento; e che
 la stessa  esigenza  si  pone  anche  per  il  socio  illimitatamente
 responsabile.
   4.3. - Le due situazioni a confronto presentano, invece, i seguenti
 elementi di differenziazione:
     a) l'essere l'impresa esercitata in forma individuale, e, quindi,
 in  modo  solitario,  nell'un  caso, e in forma collettiva, ossia con
 l'altrui concorso, nell'altro caso;
     b) il non avere il socio  la  qualita'  formale  di  imprenditore
 commerciale;
     c)  il  permanere dell'impresa, dopo lo scioglimento del rapporto
 sociale limitatamente al socio, a fronte del venir meno dell'impresa,
 dopo  la  cessazione  dell'esercizio   da   parte   dell'imprenditore
 individuale o la morte di questo.
   Tali  elementi,  tuttavia,  non  sembrano  determinanti ai fini del
 trattamento da farsi all'uno e  all'altro  soggetto,  in  quanto  non
 toccano  l'opportunita'  o  meno che l'assoggettabilita' a fallimento
 abbia un termine.
   In  particolare,  poi,  va  rilevato  che,  anche   nel   caso   di
 imprenditore individuale, puo' aversi continuazione dell'impresa dopo
 il  ritiro dal commercio o la morte dell'imprenditore, come quando la
 cessazione dell'esercizio consegua alla cessione  dell'azienda  a  un
 terzo,  che  prosegua  la  gestione  (con  conseguente assunzione di'
 responsabilita'  illimitata  per  i  debiti  inerenti   all'esercizio
 dell'azienda   ceduta,   purche'   risultanti   dai  libri  contabili
 obbligatori, ex art. 2560, comma  2,  c.c.),  ovvero  quando  l'erede
 subentri  nell'esercizio  dell'impresa  (arg.  ex artt. 320, comma 5,
 371, comma 1, n. 3, e comma 2, 425 c.c.):  simili evenienze sono  del
 tutto  irrilevanti  ai  fini  dell'applicazione  degli artt. 10 e 11,
 legge fallimentare, perche' sopravviva o meno l'impresa al ritiro dal
 commercio o alla morte dell'imprenditore, da  tali  eventi  comincia,
 comunque,  a  decorrere  il  termine annuale, entro il quale soltanto
 puo' essere dichiarato il fallimento.
   4.4.  -  Sorge, dunque, il dubbio se sia giustificabile, secondo il
 criterio della ragionevolezza, la disparita' di trattamento,  innanzi
 evidenziata,  o  se  non  violi  il  principio  di uguaglianza di cui
 all'art.  3 della Costituzione la norma che impone  la  dichiarazione
 di  fallimento  del  socio  cessato  o  defunto senza alcun limite di
 tempo, a differenza di quanto prevedono gli  artt.  10  e  11,  legge
 fallimentare per l'imprenditore individuale cessato o defunto.
   4.5. - Alla stregua delle considerazioni svolte, reputa il collegio
 che,   per   quanto  attiene  alla  controversia  in  esame,  non  e'
 manifestamente infondata, con riferimento all'art. 3, comma 1, Cost.,
 la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 147,  comma  1,
 legge   fallimentare,  in  relazione  all'art.  11,  comma  1,  legge
 fallimentare, nella parte in cui prevede che la sentenza che dichiara
 il fallimento della societa' con soci  a  responsabilita'  illimitata
 produce  il fallimento anche del socio (illimitatamente responsabile)
 defunto, pur dopo che sia decorso un anno dalla morte.
   Il dies a quo va individuato nella  data  del  decesso,  e  non  in
 quella dell'iscrizione dell'evento nel registro delle imprese, atteso
 che,  secondo  la giurisprudenza, la morte del socio e' opponibile ai
 terzi indipendentente dalla conoscenza  o  dalla  conoscibilita'  del
 fatto, per cui in nessun caso gli eredi rispondono delle obbligazioni
 sociali  successive  allo scioglimento del rapporto sociale (Cass. 16
 giugno 1978, n. 2987, giur. comm., 1978, Il, 631).
   4.6. - La questione di  costituzionalita'  e'  rilevante,  ai  fini
 della   decisione   della   causa   de   qua,  atteso  che  il  socio
 accomandatario Mauro Tommassini e' stato dichiarato fallito, ai sensi
 dell'art.    147,  comma  1,  legge  fallimentare,  quando  era  gia'
 trascorso   un   anno   dalla   data   della   sua   morte,   sicche'
 dall'applicabilita'  o  meno   della   norma,   nella   sua   attuale
 formulazione,   puo'   derivare   il  rigetto  ovvero  l'accoglimento
 dell'opposizione ex art. 18 legge fallimentare.
   4.7. - La questione va sollevata d'ufficio  e  rimessa  al  giudice
 delle leggi.
   Va, quindi, disposta l'immediata trasmissione degli atti alla Corte
 Costituzionale e sospeso il giudizio in corso.
   Vanno,  altresi', date le ulteriori disposizioni previste dall'art.
 23, legge 11 marzo 1953, n. 87.