IL TRIBUNALE Letti gli atti dibattimentali finora acquisiti, O s s e r v a Il p.m., aveva indicato nella lista ex art. 468 c.p.p. alcune persone da escutere ai sensi dell'art. 210 c.p.p. e, citatele nel presente dibattimento, intendeva interrogarle in ordine ai fatti narrati nelle dichiarazioni da loro rese nel corso delle indagini preliminari, ritenute rilevanti in ordine alla posizione processuale degli attuali imputati. Tali imputati di reati od in procedimeti connessi, pero', hanno deciso di avvalersi della facolta' di non rispondere e i difensori degli imputati qui giudicati non hanno acconsentito alla lettura delle dichiarazioni da costoro rese nel corso delle indagini preliminari. Ci si riferisce, in particolare, alle dichiarazioni rese e poi non ripetute da D'Aquila Vittorio, Barbera Saverio, Villa Fabrizio, Rizzo Giuseppe, Chifari Maurizio, Rizzo Michele, Pirro' Domenico, Caponigro Armando, Murianni Giovanni, Marrone Gioacchino, Muller Francesco, Marano Giuseppe, Pozzobon Marcello Modesto, Armenia Antonino, Caparrotta Nicola, Cristallo Giovanni, Granito Massimo e Riccio Massimiliano. Osserva ora il p.m. che la impossibilita' di acquisire agli atti le dichiarazioni rese da costoro priva il p.m. stesso, e di conseguenza il giudice, di elementi importanti su cui fondare la decisione del processo, per le disposizioni di taluni imputati, specificamente raggiunti da accuse originariamente formulate dai collaboranti, e comunque di tutti gli accusati, giacche' le ammissioni di taluni collaboranti, accusati di reati connessi a quelli sub iudice, dimostrerebbero la attendibilita' degli altri. Ritiene, di conseguenza, la incostituzionalita' della norma contenuta nell'art. 513 comma 2 c.p.p., come modificata da ultimo con l'art. 1 legge n. 267/1997, per contrasto con gli artt. 3, 25, 101, 111 e 112 Cost. Osserva, di contro, la difesa, che la prova deve formarsi in dibattimento, in contraddittorio fra le parti, come riconosciuto anche dalla Convenzione europea sui diritti dell'uomo e chiede, percio', la reiezione dell'eccezione formulata dal p.m. Ritiene il collegio che non possa disattendersi tout court l'eccezione proposta dal p.m., che puo' anche integrarsi con riferimento alla parte attinente alla disciplina transitoria, non prevedendo l'art. 6 legge cit. che la vecchia disciplina continui ad aver vigore nei processi rispetto ai quali il p.m. non aveva piu' la possibilita' di promuovere incidente probatorio. Gia' diverse aa.gg. hanno ritenuto di dover investire la Corte costituzionale del problema innanzi evidenziato. Fra gli altri, si possono citare, ad esempio, i provvedimenti del tribunale di Milano sezioni III e IV penale del 24 ottobre 1997 e di questo tribunale del 12 novembre 1997. Nel presente processo, peraltro, va osservato che da un lato la mancata acquisizione delle dichiarazioni delle persone sentite ai sensi dell'art. 210 c.p.p. fa venir meno elementi di giudizio che potrebbero permettere al collegio di farsi una idea piu' precisa (non importa, in questo momento, se in positivo o in negativo) circa l'attendibilita' delle dichiarazioni dei principali collaboranti, dall'altro, poiche' la modifica legislativa e' intervenuta dopo l'emissione del decreto ex art. 429 c.p.p., e' stata sottratta al p.m. la possibilita' di promuovere l'incidente probatorio e di far entrare a pieno titolo nel fascicolo per il dibattimento le dichiarazioni di collaboranti e comunque di persone da sentire ai sensi dell'art. 210 c.p.p. Viene, in questo modo, eluso il principio, fondamentale in qualsiasi ordinamento ed in particolare nel nostro, di conservazione delle prove, meritoriamente affermato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 255/1992 e ribadito con quelle nn. 254/1992 e 179/1994, rimettendo all'arbitrio di un qualunque soggetto a conoscenza di un certo fatto di manifestarlo e farlo, quindi, entrare nel processo, o di tacerlo e di sottrarlo alla legittima e doverosa conoscenza del giudice, incaricato di accertare la verita' in quel certo processo. Cio' con la logica conseguenza che l'arbitrio di un singolo si riverbera a vantaggio o svantaggio del cittadino sottoposto al procedimento penale. Puo', alla stregua delle suesposte considerazioni, dubitarsi della legittimita' costituzionale dell'art. 513 comma 2 c.p.p., come modificato con l'art. 1 legge n. 267/1997, nella parte in cui subordina all'accordo delle parti la lettura dei verbali delle dichiarazioni rese nel corso delle indagini preliminari dall'imputato di reato connesso, e dell'art. 6 legge n. 267/1997, nella parte in cui non prevede che nei processi in cui sia stato gia' emesso il decreto di cui all'art. 429 c.p.p. alla data di entrata in vigore della legge medesima continui a trovare applicazione la disciplina previgente, che prescindeva dal consenso di cui innanzi. Cio' con riferimento a tutte le norme costituzionali indicate dal p.m. La questione appare rilevante nel presente processo, atteso che le dichiarazioni delle persone sentite ai sensi dell'art. 210 c.p.p. attengono certamente ai fatti ed alle imputazioni ascritti agli imputati qui giudicati, potendosi trarre da esse elementi utili ai fini del presente giudizio, come innanzi evidenziato. La rimessione degli atti alla Corte costituzionale determina ex lege la sospensione del giudizio in corso.