IL PRETORE
   Letti gli atti e sciogliendo la riserva che precede, osserva quanto
 segue;
                        In fatto e in diritto.
   1.   -  Per  l'udienza  del  10  luglio  1997  dinanzi  al  giudice
 dell'esecuzione mobiliare della sezione civile centrale della pretura
 di Salerno sono state chiamate numerose procedure  di  espropriazione
 presso   terzi   nei   confronti   del  debitore  esecutato  gestione
 liquidatoria della disciolta   U.S.L. 53 e del  terzo  debitore,  suo
 tesoriere,  banca  Monte  dei Paschi di Siena, ad istanza di numerosi
 creditori per crediti formatisi anteriormente al 31 dicembre 1994.
   Le procedure - nelle  quali  sono  pure  intervenuti  numerosissimi
 creditori  -  sono  state  tra  loro  riunite, ai sensi del combinato
 disposto degli artt. 550 e 524 cod. proc. civ., sicche', a fronte  di
 una   positiva   dichiarazione   del  terzo  (per  complessive     L.
 129.838.089),  risultano  allo  stato  concorrere  numerose   ragioni
 creditorie (identificate con il numero di iscrizione a ruolo generale
 esecuzione e, per gli interventi, con un numero ulteriore progressivo
 ad  esso  aggiunto),  una  volta pronunziata - con separata ordinanza
 depositata contestualmente alla presente e in atti - l'estinzione  di
 quelle inammissibili o abbandonate.
   Le ragioni di credito residue, cioe' ammissibili, si individuano in
 quelle  di  cui  all'allegato 1 alla presente ordinanza: ma, prima di
 ogni altra decisione, occorre verificare l'applicabilita' a  ciascuna
 di esse della norma cui all'art. 14 del decreto-legge n. 669/1996.
   2. - La disciplina dell'art. 14 del decreto-legge n. 669/1996.
   E'  noto  che l'art. 14 del decreto-legge n.  669/1996, convertito,
 con  modificazioni  (le  quali  peraltro  non  riguardano  il   punto
 specifico)  in  legge  n.  30/1997,  commina l'improcedibilita' delle
 azioni esecutive contro le pubbliche amministrazioni  non  economiche
 fino  a  quando  non siano decorsi sessanta giorni dalla notifica del
 titolo esecutivo giudiziale.
    Tale disciplina sembra ispirata alla ratio di consentire alla p.a.
 non economica di provvedere, in un termine  di  sessanta  giorni,  al
 pagamento  spontaneo  e  con procedure agevolate, purche' abbia avuto
 conoscenza, tramite la notifica del titolo esecutivo, della  minaccia
 di  agire  in  executivis  da parte del creditore: e tanto allo scopo
 evidente di limitare il piu' possibile i  danni  al  pubblico  erario
 (derivanti  dall'effettivo azionamento della procedura esecutiva, con
 ulteriore aggravio di esborsi per la p.a.), ma  al  tempo  stesso  di
 offrire  - almeno in astratto - maggiori garanzie al creditore, visto
 che contestualmente si procede all'individuazione  di un  funzionario
 responsabile  per  la procedura semplificata (e, quindi, responsabile
 non solo dal punto di vista contabile, ma, vi e' da  ritenere,  anche
 da quello civilistico).
   Se  questa  e'  la  ratio e se tanto si giustifica sol che si pensi
 alle  recenti  opzioni  interpretative  in  tema  di  preminenza  del
 pubblico  interesse alla preservazione del patrimonio pubblico, quali
 si evincono, ad es., in tema di dissesto degli  Enti  pubblici,  essa
 puo'  essere rispettata soltanto ove la norma si interpreti nel senso
 sia  della  rilevabilita'  ufficiosa  dell'improcedibilita'  (diretta
 conseguenza della natura pubblica dell'interesse tutelato dalla norma
 e  della  limitata  aggredibilita'  del patrimonio pubblico staggito,
 evidenti esigenze ispiratrici della norma stessa:  la  quale  ultima,
 per  la  sua  natura di norma di interesse pubblico, e' assolutamente
 inderogabile e quindi  indisponibile),  sia  della  necessita'  della
 notifica  del titolo esecutivo ogni qualvolta si intenda procedere ad
 esecuzione.
   Non avrebbe infatti alcun senso tale individuazione di  una  figura
 speciale  di  debitore,  quale  la  p.a.  non economica, notevolmente
 privilegiata, quale risulta a seguito dell'introduzione di una  norma
 processuale,  comminatoria della grave sanzione dell'improcedibilita'
 (da ritenersi oltretutto rilevabile di ufficio), in luogo del ricorso
 a istituti o strumenti sostanziali e  processuali  gia'  esistenti  e
 quindi  di  carattere  generale (quali la perenzione o la graduazione
 dei crediti).
   Ammessa la necessita' di una notificazione del titolo ogniqualvolta
 si intraprende una procedura esecutiva fondata sul medesimo, si  deve
 giungere  alla  conclusione  che la notificazione sia imprescindibile
 anche  se  lo  stesso  titolo  sia  riazionato  per  essere   rimasto
 insoddisfatto  il  credito  portato  e  gia'  azionato  in precedenti
 procedure   (situazione   assai   frequente   in  caso  di  pubbliche
 amministrazioni  seriamente  insolventi,   proprio   come   l'attuale
 debitore).
   La  ratio  della  rinotifica  continua  del titolo (e lasciando qui
 impregiudicato  se   debba   trattarsi   di   quello   originario   o
 dell'ordinanza di assegnazione parziale nel frattempo intervenuta) in
 caso  di debitori seriamente insolventi, d'altra parte, e' funzionale
 al controllo costante proprio da parte  della  p.a.  diligente  della
 corrispondenza  del  debito,  come ridotto o novato, al titolo cui si
 riferisce: e, quindi, alla esigenza di razionalizzare anche in questo
 caso gli esborsi da  parte  della  p.a.  non  economica,  soprattutto
 quando la sua gestione pregressa ha dato luogo a situazioni debitorie
 degenerate  per  reiterate  inadempienze  e  per altri aspetti e puo'
 ancora dare, con un'indiscriminata aggressione  al  patrimonio  della
 gestione  liquidatoria, spazio a pretese illegittime. Del resto, tale
 esigenza di razionalizzazione a mezzo di una continua rinotificazione
 del titolo e di controllo del credito  e'  resa  vieppiu'  necessaria
 dalla cronica assenza del debitore, che, come nel caso di specie, non
 si  presenta  praticamente  giammai  a  verificare le singole pretese
 contro di lui azionate (spesso, come nel caso in esame,  direttamente
 in   udienza   con   interventi  alluvionali  e  lasciati  del  tutto
 incontestati).
   Questa interpretazione della norma in esame si applica a  tutte  le
 procedure su evidenziate, in quanto tutte riferite a crediti maturati
 anteriormente  al  31 dicembre 1994 e portati da titoli azionati piu'
 volte, talvolta con esito parzialmente positivo.
   Inoltre, nella  fattispecie,  pure  le  ordinanze  di  assegnazione
 parziale  con  contestuale  dichiarazione  di  incapienza,  almeno ai
 limitati  fini  di  questa  normativa,  vanno  equiparate  a   titolo
 esecutivo  da notificare, attesa la particolare funzione di autentica
 limitazione del debito recato  dal  titolo  originario  e,  al  tempo
 stesso,  di  valido equipollente - attesa la natura di ordinanza resa
 dal g.e. all'esito di un procedimento nel corso  del  quale  la  p.a.
 pure  avrebbe  avuto  la possibilita' di interloquire - della notizia
 della sussistenza  pregressa  di  un  titolo  giudiziale  azionabile.
 Naturalmente,  occorre  che  si abbia notizia certa dell'esistenza di
 quell'ordinanza;   ma,   all'uopo,   puo'   soccorrere   il   sistema
 informatizzato  automatico  di  cui  questa  sezione si e' dotata fin
 dalla precedente udienza speciale  contro  l'ex  U.S.L.  53  Salerno,
 mediante la consultazione dei tabulati relativi ai titoli azionati in
 quella  sede  e  relativi all'esito delle istanze di assegnazione li'
 formulate.
   Va ancora notato che, quanto al decreto ingiuntivo, che  sia  stato
 emesso  (e quindi notificato senza clausola di provvisoria esecuzione
 sin dal momento della sua emanazione, deve consentirsi  una  facolta'
 ulteriore,  quale quella prevista dal capoverso dell'art. 654 c.p.c.:
 cioe', e' equipollente alla notifica del titolo  in  forma  esecutiva
 anche  quella  del  precetto  che  contenga menzione della conseguita
 esecutivita' del monitorio (ed i 60 giorni decorrono  dalla  notifica
 del precetto con tale menzione, visto che e' solo da tale data che la
 p.a.  legittimamente  conosce  che  contro di essa e' stato emesso un
 titolo esecutivo e che in forza di  esso  si  minaccia  un'esecuzione
 forzata);  e  tuttavia,  per quanto si dira' di qui a tra un momento,
 sempre  che  non  sia  intervenuta  un'ordinanza   di   assegnazione,
 diventando titolo da notificare, allora, quest'ultima.
   La necessita' di una rinnovazione della notificazione del titolo in
 forma  esecutiva  o  del  precetto con la menzione ex art. 654 c.p.v.
 cit. insorge, pero', qualora quel precedente precetto -  non  seguito
 da  alcuna  esecuzione  e  da  alcuna  assegnazione  parziale - siasi
 perento,  visto  che  in  tale  ultima  evenienza  la  p.a.   avrebbe
 legittimamente   fatto  affidamento  sull'estinzione  della  concreta
 minaccia di' esecuzione in cui consisteva il precetto  stesso  e  che
 quindi  non  avrebbe potuto considerare attuale l'obbligo di attivare
 le speciali procedure di cui all'art. 14 cit.
   Peraltro, ove dal contesto  degli  atti  di  esecuzione  (tra  cui,
 principalmente,  la leale ammissione del creditore), risulti non solo
 e non tanto che il  titolo  sia  stato  gia'  posto  altre  volte  in
 esecuzione,  ma  che all'esito di queste siano state emesse ordinanze
 di assegnazione  parziale  con  incapienza,  deve  ritenersi  che  la
 specialissima ratio di maggior favore per la p.a. (sottesa alla norma
 in  esame)  imponga la rinotifica a questa stessa proprio del titolo,
 consistente nell'ordinanza di incapienza.
   Alla stessa sanzione di improcedibilita'  deve  pervenirsi  per  le
 esecuzioni   contro   le  pubbliche  amministrazioni  non  economiche
 fondate, quale potrebbe essere il caso degli  interventi,  su  titoli
 non  strettamente  giudiziali: apparendo di stridente illogicita' una
 soluzione interpretativa che,  a  fronte  dei  vincoli  imposti  alle
 esecuzioni  fondate  su  titoli giudiziali (e quindi di per se stessi
 conseguiti all'esito di processi in cui il  diritto  delle  parti  ha
 avuto   piena   tutela),   consentisse  la  libera  esperibilita'  di
 esecuzioni fondate su titoli non previamente sottoposti al penetrante
 e complesso vaglio del giudice in un giudizio a cognizione  piena  (o
 equiparato).  Del resto, l'identificazione, quale oggetto della norma
 dell'art. 14 cit., delle esecuzioni fondate su titoli giudiziali deve
 ritenersi riferita a tutti i titoli diversi da quelli amministrativi,
 soggetti del resto ai rigidi controlli della  normativa  in  tema  di
 contabilita' di Stato e degli enti pubblici.
   Pertanto,  occorre  valutare  singolarmente  la  procedibilita'  di
 ciascuna ragione creditoria azionata nella presente  procedura  e  in
 quelle ad essa riunite.
   In   particolare,   risultano  improcedibili  le  pretese  azionate
 indicate nell'allegato 2, per le causali ivi sommariamente  indicate,
 in  applicazione  della  norma  dell'art. 14 cit., nella parte in cui
 impone l'onere processuale  di  notificare,  almeno  sessanta  giorni
 prima  dell'inizio dell'esecuzione, alla pubblica amministrazione non
 economica il titolo esecutivo ogniqualvolta sia intrapresa una  nuova
 procedura esecutiva sul medesimo titolo.
   3.   -  L'applicazione  della  disciplina  come  interpretata  alla
 fattispecie concreta.
   In stretta applicazione dei principi sin qui esposti,  si  dovrebbe
 giungere   alla   declaratoria   di  improcedibilita'  delle  ragioni
 creditorie di cui all'allegato 2.
   La norma in esame, e' quindi di sicura rilevanza nel caso  che  qui
 occupa,  laddove,  prima di stabilire come ripartire la modesta somma
 dichiarata dal terzo, impone  di  delibare  la  procedibilita'  delle
 singole   pretese   e   quindi   determinare   la  concorrenza  e  la
 compatibilita' tra riparto a farsi.
   4. - I dubbi sulla costituzionalita' della norma.
   E  tuttavia  la  norma,  cosi'  interpretata,  mostra non infondati
 profili di illegittimita' costituzionale, in relazione agli artt.  3,
 primo  e  secondo  comma,  24,  secondo comma, 41, primo comma, e 81,
 quarto comma, della Carta fondamentale.
   4.a.  -  In  relazione  alla  sospettata  contrarieta'  al  portato
 dell'art.  3 della Costituzione, questo giudice rileva quanto segue.
   L'imposizione  di  una rinotifica alla pubblica amministrazione non
 economica  debitrice  serialmente  insolvente,  quale  onere  per  la
 procedibilita'  dell'azione  esecutiva,  e'  un  indubbio svantaggio,
 anche economico, e un odioso onere per il creditore procedente  (gia'
 afflitto dalle pregresse protratte inadempienze e dall'inesaustivita'
 delle  precedenti  azioni esecutive); ma vieppiu' e' un irragionevole
 privilegio concesso ad un debitore, gia' "forte" di per se'.
   Infatti, in contrasto con il principio di  eguaglianza,  si  deroga
 alla   generalissima  procedibilita'  dell'azione  esecutiva  solo  a
 seguito della notifica del titolo e del precetto elasso il termine di
 dieci giorni da quest'ultimo,  attribuendosi  un  privilegio  ad  una
 categoria  di  debitore,  quale  la  p.a.  non  economica, nonostante
 quest'ultima abbia a sua disposizione specifici e articolati apparati
 tecnico-contabili  e  legali,  di  cui  la  generalita'  degli  altri
 creditori  e'  sprovvista,  oltre a strumenti normativi (quale quello
 sulla contabilita' pubblica) gia' di notevole  favore  rispetto  alla
 normale figura del debitore.
   Per  di piu', mentre nella generalita' dei rapporti obbligazionari,
 il legislatore a'ncora il privilegio  al  contraente  adempiente  (il
 creditore:  e,  specificamente, in virtu' della causa del credito, ex
 artt. 2745 cod. civ. e ss.), nel caso in esame,  invece,  sovvertendo
 tali  generalissimi principi (tra cui non ultimo quello di buona fede
 nella esecuzione delle obbligazioni,  ex art. 1175 cod.  civ.),  crea
 un  privilegio (per quanto solo processuale) in favore del contraente
 inadempiente (e per di piu' cronicamente tale).
   I debitori finiscono col non essere piu' eguali dinanzi alla legge,
 visto che i debitori "forti" sono avvantaggiati rispetto agli  altri;
 e  tanto,  per  di  piu',  nonostante  l'obiettiva  diversita'  della
 situazione  istituzionale  ed  organizzativa  dovesse   favorire   il
 creditore della p.a., che era rimasto comunque contraente adempiente.
   4.b.  -  Quanto  al  contrasto  con  l'art. 24, secondo comma della
 Costituzione,  questo  giudice  osserva   che   tale   ingiustificato
 privilegio  viola ex se oltretutto il diritto di difesa del creditore
 procedente, il quale si vede gravato, dopo numerosi vani  esperimenti
 esecutivi,    di   un   onere   sproporzionatamente   sanzionato   da
 un'improcedibilita' officiosamente rilevabile.
   Questa sanzione, alla  luce  delle  argomentazioni  appena  svolte,
 appare  del  tutto irragionevole, esaurendosi nell'imposizione di una
 ulteriore dilazione della procedura esecutiva, con ulteriori  esborsi
 e  costi  di  cui solo nominalmente il creditore potra' rivalersi nei
 confronti della pubblica amministrazione con successiva azione, visto
 che questa e', per ipotesi, gia' una debitrice serialmente insolvente
 (si pensi soltanto agli ulteriori interessi e accessori che  vanno  a
 maturare nelle more del detto termine). Tanto integra senza dubbio un
 impedimento  serio  all'effettiva  estrinsecazione  della  tutela del
 diritto di credito del procedente.
   Inoltre,  la  rigida scansione dei tempi, di fronte ad una massa di
 creditori  sempre  molto  elevata  (come  si  evince  dall'elenco  su
 riportato) ed alla cronica insolvenza sui medesimi titoli e quindi al
 montare  vertiginoso  della massa originaria quasi esclusivamente per
 accessori e spese, comporta una graduazione temporale ma aleatoria  e
 casuale delle ragioni creditorie: visto che si a'ncora la graduazione
 ad  un  criterio  esclusivamente  temporale  (quale la rinotifica del
 titolo o dell'ordinanza di incapienza e l'attesa del  compimento  del
 termine  di  sessanta  giorni  prima  di  tentare  altra esecuzione);
 criterio, quindi, sganciato da riferimenti oggettivi e  sottratto  al
 controllo di ciascuno dei creditori, che viola inesorabilmente la par
 condicio (di cui all'art. 2741 cod. civ.).
   In  definitiva,  in particolare dinanzi a pubbliche amministrazioni
 non economiche serialmente insolventi  (come  nel  caso  di  specie),
 l'ulteriore  aggravio  di spese e competenze conseguente all'onere di
 rinotifica,  aggravio  che,  vista  la  precedente   condotta   della
 debitrice,  ha  poche  probabilita'  di  soddisfazione, conduce ad un
 ulteriore vulnus della concreta attuabilita' del  diritto  di  difesa
 del creditore che tenta di recuperare il suo credito
   4.c.  -  Quanto  ai profili di dubbia conformita' all'art. 41 della
 legge fondamentale, questo pretore osserva  che  l'imposizione  della
 rinotifica  del  titolo  nei confronti della pubblica amministrazione
 serialmente insolvente costituisce un illegittimo intralcio al libero
 espletamento della iniziativa economica privata.
   L'imprenditore o il professionista, invero, che contrae  su  di  un
 piede  di  parita'  e  in  regime  di diritto privato con la pubblica
 amministrazione, viene esposto  invece  -  in  tempi  ben  successivi
 all'insorgenza  del  rapporto e quindi alla formazione del consenso -
 non solo alla radicalizzata insolvenza  della  stessa  (evento  tutto
 sommato  non  estraneo al normale rischio di impresa), ma anche ad un
 ulteriore pregiudizio della possibilita' di recupero della ragione di
 credito.
   Invece, nel frattempo, quello  stesso  creditore  e'  costretto  al
 ricorso  al  credito  ordinario, alle onerose condizioni di mercato e
 continuando a svolgere, quale creditore per attivita' resa in  favore
 di una unita' sanitaria locale, un servizio di pubblico interesse.
   La previsione dell'art. 14 in esame, lungi dall'essere giustificata
 dalla  finalizzazione  dell'attivita'  economica privata all'utilita'
 sociale, viene a costituirne una limitazione ingiustificata, sotto il
 profilo che comprime fortemente le possibilita' di recupero coattivo,
 fuori, quindi, dai confini del rischio di impresa.
   4.d. - Quanto al contrasto della norma dell'art. 14 cit. con l'art.
 81, quarto comma, della Costituzione, pare evidente che  imporre  una
 generalizzata   dilazione,   specialmente   nel   caso   di  debitori
 serialmente insolventi, con conseguente aggravio per interessi, altri
 accessori, nonche'  per  le  competenze  di  avvocato  connesse  alla
 ripetizione  della notificazione, significa indirettamente comportare
 un perverso meccanismo di sempre nuove e maggiori spese a carico  del
 bilancio   dell'ente   pubblico,  al  di  fuori  di  ogni  previsione
 legislativa.
   Infatti, in via generale, una  dilazione  indiscriminata  determina
 automaticamente  la mora debendi e le conseguenze patrimoniali che ad
 essa afferiscono; e, per di piu', nel caso  della  ripetizione  della
 notificazione,  appesantisce il debito, gia' insoluto da lungo tempo,
 di ulteriori esborsi per spese e competenze di avvocato.
   Di  talche' nella singola procedura, poi, il vantaggio del debitore
 derivante dalla posticipazione del tempi  del  pagamento  "spontaneo"
 viene  non  solo vanificato ma negativamente caricato a seguito degli
 ulteriori incrementi del debito. Per questi aggravi non  e'  prevista
 alcuna    copertura,    in   aperta   violazione   della   previsione
 costituzionale.
   4.e. - Non rimane altra via, allora, che  qualificare  rilevante  e
 non  manifestamente infondata la questione di costituzionalita' della
 norma in esame, invocando il giudizio della Consulta e impartendo  le
 ulteriori  statuizioni  di cui in dispositivo, tra cui la sospensione
 dell'intera procedura e, segnatamente, delle operazioni  di  riparto,
 attesa  l'evidente  macroscopica  diversita'  di esito, proprio negli
 importi materialmente assegnabili nel piano di riparto, a seconda che
 la interpretazione della cui costituzionalita' qui si dubita superi o
 meno il vaglio del giudice delle leggi.
   Peraltro, pare opportuno concedere sin  d'ora  autorizzazione  alla
 sostituzione,  a  cura  e  spese  di parte, dei titoli con loro copia
 conforme, previa rituale istanza.