IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa civile iscritta al n. 89/1997 del registro generale affari contenziosi promossa dal comune di Alfedena contro il Parco nazionale d'Abruzzo; Letti gli atti ed esaminati i documenti di causa, osserva; F a t t o Con atto di citazione ritualmente notificato in data 27 febbraio 1997 nei confronti del Parco nazionale d'Abruzzo, il comune di Alfedena esponeva: che in data 10 maggio 1989 era stato approvato dal consiglio comunale il Piano Economico per l'utilizzo dei beni silvo-pastorali per il decennio 1989-1998, disciplinante il taglio dei boschi per uso commerciale; che con delibere nn. 18 e 19 del 4 marzo 1993, il consiglio comunale aveva approvato i progetti di taglio dei boschi "Campitelli" e "Tartari"; che a seguito di procedura di asta pubblica per offerte segrete, la vendita del legname era stata aggiudicata alla ditta Condello Raffaele; che nondimeno non era stata effettuata la consegna dei lavori in quanto il Ministero dell'ambiente, su iniziativa del P.N.A., aveva riconosciuto l'applicabilita' della procedura di indennizzo prevista dall'art. 9 del regio decreto 27 settembre 1923, n. 2124, nonostante si trattasse di boschi ricadenti nella zona di protezione esterna al Parco; che il P.N.A. aveva dunque chiesto al comune, a fronte della concessione dell'indennizzo, l'impegno a non praticare piu' alcun taglio delle particelle interessate per un periodo di almeno vent'anni; che con atto n. 98 del 3 ottobre 1996 il Commissario prefettizio del comune di Alfedena Gabriella Patrizi aveva deliberato di aderire alle richieste del P.N.A. di non procedere al taglio delle particelle in questione in cambio dell'indennizzo ammontante ad un totale di L. 265.280.895; che tuttavia il P.N.A. - che aveva percepito gia' due volte la predetta somma - ritardava il risarcimento cercando anche di ridurne l'entita'; tanto premesso, il comune citava il P.N.A. avanti al tribunale di Sulmona, per sentirlo dichiarare obbligato ad indennizzare esso comune per il mancato taglio boschivo ad uso industriale in localita' "i Tartari" e "Campitelli" in ragione del mancato incasso delle due aste pubbliche e delle spese di martellata per complessive L. 265.280.895, e per l'effetto condannarlo al pagamento di detta somma aumentata degli interessi legali o di quelli eventualmente maggiori dovuti, dal 1 gennaio 1997 al saldo, con vittoria di spese. Si costituiva l'ente Parco, deducendo: che il comune aveva formulato la proposta conclusiva di definizione dell'indennizzo per mancato taglio delle particelle boschive ai sensi dell'art. 9 del regio decreto n. 2124 del 27 settembre 1923, e che detta proposta prevedeva l'erogazione in favore del comune della somma di L. 166.977.900, pari a 2/3 dell'importo di aggiudicazione dei due lotti boschivi ed al totale delle spese di martellata; che il P.N.A. ed il comune avevano raggiunto l'accordo in ordine al divieto di esecuzione dei tagli per venti anni a fronte del pagamento del compenso, sicche' la controversia verteva soltanto sulla determinazione del quantum; che la legge istitutiva del Parco ed il relativo regolamento di esecuzione (legge n. 1511 del 12 luglio 1923 e regio decreto n. 2124 del 1923) disponevano, in caso di rifiuto del compenso offerto a titolo di indennizzo, il deferimento della controversia ad una commissione arbitrale (art. 6 della legge n. 1511 e artt. 9 e 10 del regio decreto); che il comune, pur non accettando la proposta di indennizzo avanzata dal P.N.A., non aveva designato il proprio arbitro come previsto invece dall'art. 10 del regio decreto; che pertanto la domanda giudiziale era improponibile; che l'indennizzo non poteva corrispondere a quanto il proprietario avrebbe realizzato in caso di vendita del bosco, trattandosi di un equo compenso; che il P.N.A. non aveva mai assunto condotte dilatorie, avendo offerto al comune un indennizzo di L. 166.977.000, rifiutato dall'ente territoriale; che il P.N.A. si era conformato ai criteri generali di indennizzo seguiti in casi analoghi, non potendo l'indennizzo superare il 70% del valore di mercato della massa legnosa utilizzabile; che infatti occorreva considerare la coesistenza delle limitazioni poste dal Parco con altri vincoli (idrogeologici, paesistici ed urbanistici) non soggetti a risarcimento, incremento delle risorse forestali del comune per effetto del mancato taglio boschivo e lo sviluppo delle attrattive turistiche della zona grazie alla tutela ambientale. Tanto esposto, il PNA chiedeva dichiararsi inammissibile la domanda e comunque rigettarla, con vittoria di spese. Nel corso dell'istruttoria, il comune chiedeva emettersi ordinanza di pagamento di somme non contestate. Il g.u. respingeva l'istanza, invitando le parti a precisare le conclusioni, in difetto di richieste istruttorie. All'udienza del 3 dicembre 1997 le parti precisavano le conclusioni in epigrafe trascritte ed il g.u., concessi i rituali termini per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica, riteneva la causa in decisione. D i r i t t o Il P.N.A. convenuto ha sollevato preliminarmente eccezione di improponibilita' della domanda spiegata dal comune (v. comparsa di costituzione e risposta e conclusioni rassegnate all'udienza del 3 dicembre 1997) osservando che, per effetto del combinato disposto degli artt. 6 della legge n. 1511 del 1923 e 9, 10 del regio decreto n. 2124 del 1923, le controversie relative alla determinazione del compenso dovuto per la mancata esecuzione di tagli boschivi sono deferite ad apposita commissione arbitrale. Ora, il quadro normativo di riferimento e' ricostruibile nel modo che segue. L'art. 4 della legge n. 1511/1923, riguardante la costituzione del Parco nazionale d'Abruzzo, dispone che all'interno del territorio del Parco e' vietata - tra l'altro - l'esecuzione di tagli boschivi senza apposita autorizzazione; il regio decreto 27 settembre 1923, n. 2124, a sua volta, prevede che il Comitato esecutivo del Parco, ove ritenga di negare l'esecuzione del taglio, fissi la misura del compenso da corrispondere al proprietario del bosco con delibera da notificarsi a tale ultimo soggetto (artt. 8 e 9); nel caso in cui il proprietario del bosco non accetti il compenso offerto dal Parco, dovra' farlo presente con atto scritto, in pari tempo designando un proprio arbitro in seno alla commissione arbitrale di cui all'art. 6 della legge n. 1511/1923, alla quale spetta di determinare l'adeguato compenso per il mancato taglio del bosco. Ebbene, nel caso di specie ricorrono i presupposti per l'applicazione della normativa dianzi indicata. Invero, il comune di Alfedena, con delibera 3 ottobre 1996 del Commissario prefettizio, ha aderito "alle richieste dell'Ente P.N.A. e Ministero dell'ambiente (...) di non procedere al taglio uso industriale delle particelle in argomento (...) in cambio dell'indennizzo come quantizzato nel prospetto allegato del 1 ottobre 1996 ammontante ad un totale di L. 265.280.895, fatte salve eventuali azioni di rivalsa e richieste di risarcimento danni ...". Ne consegue che - come e' dato evincere dalla citata delibera - il comune, pur impegnandosi a non effettuare il progettato taglio dei boschi "Tartari" e "Campitelli" in ossequio alle determinazioni del Parco, non ha accettato il compenso da quest'ultimo offerto (ammontante a L. 166.977.900, somma sensibilmente inferiore a quella pretesa dal comune), ditalche' vi e' controversia circa l'ammontare di tale compenso. La questione relativa alla legittimita' costituzionale delle norme che prevedono il meccanismo del ricorso alla commissione arbitrale in caso di controversia sul compenso appare pertanto rilevante, dovendo questo giudice tenerne conto nel presente giudizio ai fini della sollevata questione di competenza. Dubita inoltre il giudicante della rispondenza dell'art. 6 della legge n. 1511/1923 ai parametri costituzionali. Tale norma stabilisce che in relazione ai divieti di tagli boschivi (ed a quelli afferenti l'esercizio del pascolo) "ai proprietari di terreni verra' corrisposto un adeguato compenso da determinarsi di accordo con la Commissione dell'Ente e, in mancanza, da una commissione di arbitri nominati: uno dall'Ente, l'altro dal proprietario, ed il terzo dal pretore del luogo. Gli arbitri decideranno in qualita' di amichevoli compositori". Il tenore della disposizione e' inequivoco nel senso di prevedere il ricorso alla commissione arbitrale in ogni ipotesi di mancato accordo delle parti (P.N.A. - proprietario del bosco) sul compenso da corrispondersi per effetto del divieto di taglio degli alberi. La legge introduce quindi un arbitrato obbligatorio, in quanto da esso le parti non possono svincolarsi, talche' e' loro precluso far valere le proprie pretese innanzi al giudice ordinario. Tale meccanismo appare contrario al principio di statualita' della giurisdizione sancito dall'art. 102, primo comma, della Costituzione, ponendosi altresi' in contrasto con l'art. 24, primo comma, della Costituzione, secondo cui "tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi". La stessa Corte regolatrice ha piu' volte ribadito in numerose decisioni l'illegittimita' costituzionale dell'arbitrato obbligatorio (sentenze 2 maggio 1958, n. 35; 14 luglio 1977, n. 127; 27 dicembre 1991, n. 488; nn. 49, 206, 232, 493 del 1994; 54 e 152 del 1996).