IL TRIBUNALE Vista l'istanza in data 5 dicembre 1997 dei difensori di Cascino Paolo perche' il medesimo sia prosciolto ex art. 129 c.p.p. "perche' il fatto non sussiste ex art. 1, legge n. 234/1997 o perche' non costituisce reato"; Rilevato che il p.m., reso edotto dell'istanza, non ha presentato deduzioni; Rilevato che al suddetto Cascino viene addebitato il fatto di avere concorso, quale dirigente dell'impresa Italsiel, insieme al direttore della filiale di Firenze dell'impresa, al segretario regionale del partito socialista e al coordinatore del SEDD della regione, a porre in essere - con riferimento a un contratto stipulato dalla regione Toscana con la Italsiel per un programma di informatizzazione sanitaria - un accordo spartitorio di quote di subappalto ad aziende di gradimento di alcuni partiti politici, accordo eseguito dal predetto coordinatore sia mediante l'individuazione di due aziende gradite sia mediante il pagamento delle fatture presentate dalla Italsiel con importi sproporzionati rispetto allo stato delle prestazioni fornite, all'oggettivo valore delle stesse, alla effettiva congruenza di alcuni prodotti con le necessita' del sistema sanitario; nonche' di avere concorso anche alla formulazione, da parte del segretario regionale del partito socialista, di pretese di favori al partito o a persone facenti parte dell'organismo regionale dello stesso, quali assunzioni in Italsiel, consulenze, sponsorizzazioni; Considerato, nonostante il tipo di formule assolutorie richieste dai difensori, che la valutazione cui e' chiamato il tribunale e' soltanto quella del riconoscimento se il fatto non sia piu' previsto dalla legge come reato a seguito della novellazione del testo dell'art. 323 c.p., norma in cui e' stato sussunto il fatto dal p.m., cio' in relazione alla motivazione dell'istanza e al rilievo che comunque l'insussistenza del fatto non emerge dagli atti del fascicolo per il dibattimento e che la formula che il fatto non costituisce reato - da sempre utilizzata nei soli casi in cui difetti l'elemento soggettivo - presuppone che il fatto sia previsto come reato; Ritenuto, pertanto, che si deve valutare se il fatto, cosi' come descritto nell'imputazione, - gia' ricadente sotto la previsione dell'art. 323 c.p., nel testo modificato dalla legge n. 86/1990 -, a seguito della sostituzione di tale testo operata dall'art. 1, legge n. 234/1997, sia ancora previsto come reato, se cioe' l'imputazione ascritta al Cascino contenga la descrizione di fatti che integrino gli elementi strutturali indicati nel vigente art. 323 o in altre norme penali; Ritenuto che con il citato art. 1: il reato di abuso d'ufficio e' stato trasformato da reato di pura condotta a reato di evento, essendosene prevista la consumazione non piu' con l'attuazione della condotta di abuso qualificata dall'intento di conseguire un ingiusto vantaggio, bensi' col conseguimento del vantaggio medesimo; si esige che il vantaggio sia di natura patrimoniale, e non piu' anche di natura diversa; si sono specificate le condotte che costituiscono l'abuso penalmente rilevante, individuate in quelle che violino norme legislative o regolamentari "ovvero" consistano nella mancata astensione (dal compimento di atto d'ufficio) in presenza di interesse proprio o di un prossimo congiunto o negli altri casi prescritti; si e' qualificato il dolo con l'avverbio "intenzionalmente", che sembra voler escludere la rilevanza del dolo diretto, ma si richieda la sussistenza del solo dolo c.d. intenzionale; Ritenuto, premesso quanto si e' sopra osservato, che anche qualora l'atto di ufficio, formalmente legittimo, sia occultamente accompagnato e determinato da accordi con terzi in contrasto con la normativa vigente in materia di scelta del contraente da parte della pubblica amministrazione (normativa quindi solo apparentemente osservata), di tal che tale scelta sia determinata non in base ai criteri dettati dagli artt. 97 e 98 Cost. e dalla legislazione ordinaria in linea col dettato costituzionale, bensi' a criteri diversi, si e' in presenza di condotta non piu' sanzionata dall'art. 323 c.p. vigente, benche' tale comportamento - oltre che ledere gli interessi protetti dalla norma, ravvisabili nel buon andamento e nell'imparzialita' della pubblica amministrazione - violi in sostanza tutte le norme in materia di scelta del contraente, previste anche nei casi di trattativa diretta o privata, solo all'apparenza osservate; Ritenuto, pertanto, che, applicando l'attuale disposto dell'art. 323 c.p., si dovrebbe assolvere l'imputato perche' il fatto non e' piu' previsto dalla legge come reato; Considerato che la suddetta lettura interpretativa della norma - tale da escludere dall'area di rilevanza penale i comportamenti soltanto all'apparenza osservanti le norme amministrative, ma in realta' elusivi o in contrasto con le norme medesime - la pone nel fondato sospetto di illegittimita' costituzionale, per contrasto con gli artt. 3 e 97 Cost., poiche' sarebbero sottoposte a sanzione penale soltanto condotte di violazione anche palese di norme, mentre condotte elusive o in frode alla legge, che sarebbero state poste in essere nel caso di specie, - di natura ben piu' grave e maggiormente insidianti gli interessi tutelati dalla norma penale - sarebbero esenti da sanzione penale, con cio' operandosi una diversita' di regolamentazione di situazioni per lo meno analoghe non soltanto ingiustificata, ma anche in aperto contrasto col disposto dell'art. 97 citato; Ritenuto altresi' che sembra esservi anche violazione diretta dell'art. 97 Cost., posto che il buon andamento e l'imparzialita' della pubblica amministrazione non paiono assicurati da norma penale che escluda dalla sanzione comportamenti frodatori, attuati soltanto nell'apparente osservanza delle norme amministrative; Ritenuta la rilevanza e la fondatezza della questione.