IL TRIBUNALE PER I MINORENNI
   Emette  la  seguente  ordinanza  sulla  eccezione  di  incompetenza
 territoriale  sollevata  dal  p.m.  e sulla questione di legittimita'
 costituzionale dell'art. 43,  comma  2,  del  c.p.p.  in  riferimento
 all'art. 25, primo comma, della Costituzione rilevata d'ufficio;
                             O s s e r v a
   Va  esaminata  preliminarmente  la  seconda  questione  che  appare
 pregiudiziale rispetto alla prima. Al riguardo si  premette  che,  in
 seguito alle pronunzie costituzionali n. 131/96 e n. 311/97 attinenti
 alla  incompatibilita'  a  partecipare  al dibattimento o all'udienza
 preliminare dei magistrati che si siano pronunziati  in  ordine  alle
 misure  cautelari  personali coercitive, il tribunale per i minorenni
 di Reggio Calabria - al quale risultano allo stato assegnati tre soli
 magistrati  togati  -  ha  gia'  trasmesso  a  quest'ufficio  n.   27
 procedimenti  penali ed altri si accinge a trasmetterne, praticamente
 tutti i processi cola' pendenti per imputazioni di rilevante gravita'
 riguardo ai quali era stata emessa dal g.i.p. ordinanza  di  custodia
 cautelare.  E'  stata  infatti  sufficiente  una  istanza  di riesame
 perche' i residui altri due magistrati  divenissero  incompatibili  a
 giudicare il caso.
   La  sistematica  rimessione  a  questo  ufficio  di  tutti  i gravi
 processi con iniziali misure coercitive,  nessuno  escluso,  pendenti
 presso  il  tribunale  per i minorenni di Reggio Calabria finisce per
 violare il principio del giudice naturale sancito dall'art. 25, primo
 comma, della Costituzione.  Il  che  acquista  maggiore  rilevanza  e
 gravita'
  nell'ambito  della  giurisdizione  minorile  in  quanto  fa  si' che
 l'imputato  minorenne  debba  essere  giudicato  fuori  del   proprio
 territorio  e  del  proprio contesto socio-culturale, con inevitabili
 ulteriori  stress  e  traumi  psicologici,  e  consente  allo  stesso
 imputato di scegliere, azionando in modo appropriato lo strumento del
 riesame  (da    proporre  o  non proporre a seconda che voglia o meno
 spostare la sede del giudizio), il giudice che  ritiene  a  se'  piu'
 vantaggioso.
   Si  ritiene,  pertanto, che la disposizione di cui all'art. 43 cpv.
 c.p.p.,  prevista  evidentemente  per  far  fronte  a  situazioni  di
 emergenza  o  comunque  eccezionali, sia da ritenere in contrasto con
 l'art. 25 della  Costituzione  nella  parte  in  cui  non  limiti  la
 rimessione  dei  processi  ad  altro ufficio ad ipotesi di comprovata
 eccezionalita' e, in conseguenza, consenta che le  stesse  rimessioni
 acquisiscano  la dimensione della sistematicita' e della routine, si'
 da essere attuata in tutti i casi ove si pongano questioni di  misure
 cautelari.
   Si  ritiene,  quindi, che in base alle considerazioni che precedono
 la questione di lettimita' costituzionale non  appare  manifestamente
 infondata   ed   e'  altresi'  rilevante  ai  fini  della  competenza
 territoriale alla trattazione del processo, per cui devesi fare luogo
 agli incombenti di cui alla legge n. 87/1953.
   La  questione  relativa all'incompetenza territoriale sollevata dal
 p.m.,  rimane,  allo  stato,  assorbita  da  quella  di  legittimita'
 costituzionale  dell'art.  43, comma 2, del c.p.p.; letti gli artt. 1
 della legge 9 febbraio 1948, n. 1 e 23 della legge 11 marzo 1953,  n.
 87.