IL TRIBUNALE PER I MINORENNI Ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento iscritto al n. 105 del registro del tribunale di sorveglianza per l'anno 1996 iscritto nei confronti di I. S. Letta l'istanza con la quale il pubblico ministero presso questo tribunale per i minorenni ha chiesto nei confronti dello I. la conversione dell'intera pena sostitutiva della liberta' controllata, irrogatagli dal Collegio dibattimentale dello stesso t.m. con la sentenza n. 35/1992 dib. (pronunciata all'udienza del 16 giugno 1992) per la durata di mesi quattro, nella corrispondente pena detentiva (mesi due di reclusione), inflitta allo I., perche' riconosciuto colpevole del reato contravvenzionale previsto e punito dall'art. 80 del codice della strada all'epoca vigente, essendo stato fermato mentre si trovava alla guida di una autovettura nonostante fosse sprovvisto - in ragione dell'eta' - della prescritta abilitazione amministrativa; e per avere rilasciato una "falsa dichiarazione" in ordine alla propria identita' personale agli Agenti di Polizia Giudiziaria che lo avevano fermato, rilevando a suo carico la richiamata violazione della disciplina della circolazione stradale: reati entrambi commesi nell'abitato della citta' di Carbonia (ove lo I. all'epoca risiedeva con i genitori, essendo stato imposto al padre il "soggiorno obbligato" nel1o stesso Comune), l'11 febbraio dell'anno 1991; Rilevato che il P.M. ha richiesto la conversione della liberta' controllata, per la ragione che lo I. "e' stato condannato a svariate pene detentive in date successive alla condanna" (in riferimento alla quale questo t.m. gli ha applicato la predetta pena sostitutiva) "come si puo' evincere dal certificato del casellario giudiziale"; Rilevato inoltre che il magistrato di sorveglianza presso il tribunale per i minorenni di Caltanissetta procedeva a determinare "le prescrizioni" applicative della liberta' controllata con ordinanza in data 18 gennaio 1993, peraltro non notificata allo I. - per quanto e' dato stabilire esaminando gli atti depositati dal p.m. con l'istanza di revoca della pena sostitutiva - in quanto il suddetto condannato era stato trasferito dall'ultima residenza conosciuta (nella citta' di Gela) in una "localita' segreta", avendo assunto - nelle more dell'emissione dell'ordinanza applicativa della liberta' controllata - la posizione di "collaboratore della giustizia" (come e' stato riferito a quella autorita' giudiziaria dal funzionario dirigente la squadra mobile della Questura di Caltanissetta con la nota riservata in data 1 dicembre 1993, parimenti acquisita agli atti del presente procedimento); Rilevato parimenti che lo I. risulta condannato in riferimento a svariati delitti, fra i quali quelli di furto (consumato, e tentato, in forma continuata, commessi il 20 febbraio ed il 4 marzo 1991: sentenza emessa dal Collegio dibattimentale di questo t.m. all'udienza del 4 giugno 1992, irrevocabile dal 10 ottobre 1992); oltraggio e resistenza a pubblico ufficiale, e porto illegale di arma da taglio (pure commessi il 20 febbraio ed il 4 marzo 1991: sent. t.m. Cagliari, ud. dibattimentale 4 giugno 1992); 2 episodi di tentato omicidio, attuati con l'impiego di armi comuni da sparo (delitti contestati in forma concorrente con il reato contravvenzionale p. e p. dall'art. 703 c.p. commessi, in concorso, il 15 giugno ed il 27 settembre 1991: reati giudicati con distinte sentenze emesse dal tribunale per i minorenni di Caltanissetta all'udienza dibattimentale del 3 ottobre 1994, divenute irrevocabili il 17 gennaio 1995); concorso in omicidio volontario, parimenti attuato con l'impiego di arma comune da sparo, e detenzione illegale di un'altra arma dello stesso tipo (commessi, rispettivamente, il 5 agosto l991 ed in una data dell' anno 1992 che non risulta specificata nel certificato del Casellario giudiziale in atti: delitti giudicati tutti dal giudice per l'udienza preliminare presso il tribunale per i minorenni di Catania con sentenza emessa il 29 marzo 1995, divenuta irrevocabile il 10 giugno 1995); detenzione ed offerta di sostanze stupefacenti (commesso, in concorso, nel novembre 1992: reato giudicato dallo stesso t.m. Caltanissetta con sentenza dibattimentale in data 27 gennaio 1995, confermata in grado d'appello con decisione divenuta irrevocabie il 26 settembre 1995); rapina in forma continuata, detenzione continuata e porto illegali di armi comuni da sparo, detenzione e cessione a terzi di sostanze stupefacenti con finalita' di spaccio, e furto (commessi tutti in concorso, in epoca ricompresa fra il febbraio ed il dicembre 1991, giudicati dal g.u.p. di questo t.m. con sentenza del 1 dicembre 1995, divenuta irrevocabile il 25 marzo 1996); Sentiti all'udienza camerale fissata per l'esame della richiesta depositata dal p.m., il rappresentante dell'ufficio requirente, che ha insistito nell'istanza per la revoca della liberta' controllata, ed il difensore dello I., il quale ha chiesto che questi sia ammesso ad espiare la misura dopo la conclusione della detenzione domiciliare (disposta dal tribunale di sorveglianza presso il tribunale per i minorenni di Roma con ordinanza deliberata l'8 settembre 1995, depositata in copia fotoriprodotta per l'acquisizione agli atti dallo stesso difensore del suddetto condannato), ed ha inoltre sollecitato il riconoscimento in favore dello I. del vincolo della continuazione fra i reati per i quali e' stato condannato con la richiamata sentenza in data 16 giugno 1992 (pronunciata dal Collegio dibattimentale di questo tribunale) e gli altri giudicati dal g.u.p. dello stesso t.m. (con l'altra sentenza del 1 dicembre 1995), precisando che la pena sostitutiva della quale il p.m. ha sollecitato la revoca non e' stata ancora eseguita per la sola ragione che l'imputato non ha potuto fare rientro nel luogo in cui aveva precedentemente fissato la propria residenza nella citta' di Caltanissetta, avendo assunto la posizione di "collaboratore di giustizia": ha dunque conclusivamente rilevato la difesa dello I. che detta pena potrebbe essere eseguita dopo l'espiazione della detenzione domiciliare nella stessa localita' in cui lo I. si trova attualmente; Tutto cio' premesso, il tribunale; O s s e r v a Preliminarmente che l'applicazione della pena sostitutiva di cui il p.m. ha richiesto la "revoca" deve ritenersi (sebbene detta norma non venga formalmente richiamata nel dispositivo, o nella parte motiva, della citata sentenza dibattimentale n. 35/1992 emessa da questo t.m.) sia stata disposta ai sensi dell'art. 30 d.P.R. 22 settembre 1988 n. 448, trattandosi di norma "speciale" contenuta nel corpo normativo che disciplina il rito processuale penale applicabile per i reati commessi da imputati minorenni, i quali sono pertanto assoggettati alla competenza "funzionale" esclusiva del tribunale per i minorenni prevista dall'art. 3 stesso d.P.R. n. 448/1988. Osserva inoltre il Collegio che il p.m. - per quanto a sua volta non lo abbia esplicitato nell'istanza depositata per "la revoca della sentenza di condanna a liberta' controllata" - intende evidentemente sollecitare nei confronti dello I., in riferimento alla citata sentenza 16 giugno 1992 pronunciata dal Collegio dibattimentale di questo t.m., l'applicazione della norma contenuta nell'art. 72 della legge sulla "depenalizzazione" (d.P.R. 24 novembre 1981 n. 689: "Revoca della pena sostitutiva"), per effetto della quale la "sopravvenienza" di una (o piu') sentenze di condanna fra quelle "previste nell' art. 59, commi primo e secondo, lettera a)", ovvero, "la condanna a pena detentiva per un fatto commesso successivamente alla sostituzione della pena" determina (secondo un meccanismo che l'orientamento interpretativo giurisprudenziale consolidato ritiene "automatico", la revoca della pena sostitutiva "per la parte non ancora eseguita", e la successiva "conversione" della medesima pena (in quella precedentemente sostituita, ovvero, con riguardo alla fattispecie in esame, nella pena della reclusione) secondo quanto e' previsto nell' art. 66 dello stesso d.P.R. n. 681/1989. Rileva pertanto il tribunale che si deve preliminarmente valutare - essendo stata applicata la liberta' controllata allo I. sulla base della richiamata previsione normativa "speciale", che fissa quale unico "limite" all'esercizio del potere di sostituzione della pena detentiva nei riguardi degli imputati minorenni (all'epoca in cui sono stati commessi i reati per i quali viene inflitta la pena detentiva sostituenda), che detta pena sia "non superiore a due anni" (art. 30, comma 1, d.P.R. n. 448/1988) - se tale norma, in quanto non contiene alcun richiamo alla disciplina legale (generale) delle "sanzioni sostitutive", intenda derogare a tale disciplina, cosicche' escluda si applichino agli stessi imputati minorenni le "condizioni soggettive per la sostituzione della pena detentiva" previste dall'art. 59 della legge sulla depenalizzazione - espressamente richiamato (limitatamente all'ipotesi del comma primo, ed all'altra prevista dalla lett. a) del secondo comma) dal citato art. 72 della medesima legge - ovvero, non introduca alcuna deroga alla richiamata disciplina legale "generale", consentendo quindi di applicare indifferenziatamente anche ai condannati minorenni (all'epoca in cui furono commessi i reati per i quali e' stato esercitato il potere di sostituzione conferito al giudice minorile dal citato art. 30 d.P.R. n. 448/1988, e gli altri reati per i quali sono intervenute le condanne richiamate dall'art. 72 legge n. 689/1981) l'istituto della revoca della pena sostitutiva del quale il p.m. invoca l'applicazione in pregiudizio dello I. Considera dunque il Collegio di dover richiamare il costante orientamento interpretativo espresso da questo tribunale nel senso di ritenere che in riferimento ai reati commessi da minorenni l'unico limite legale preclusivo per l'esercizio del potere di sostituzione delle pene detentive sia costituito dalla misura della pena (concretamente) irrogabile, in quanto non superi il limite (massimo) dei due anni previsto dal citato art. 30 della legge che disciplina il rito processuale penale minorile: dovendo, conseguentemente, escludersi che possano applicarsi agli imputati (giudicandi, ed anche a quelli gia' giudicati, in virtu' del richiamo all'art. 59 legge n. 689/1981 contenuto nell'art. 72 stessa legge) in riferimento a reati commessi anteriormente al conseguimento della maggiore eta', le "condizioni soggettive" (e, di riflesso, le "esclusioni oggettive"), previste quali specifiche limitazioni alla sostituzione delle pene detentive brevi nei riguardi degli imputati (e dei condannati) maggiorenni. Deve dunque nuovamente rilevare il tribunale che la suprema Corte di cassazione ha pronunciato decisioni contrastanti nella materia de qua, esprimendo difformi valutazioni sulla predetta questione interpretativa, cosicche' questo Collegio ritiene necessario sollevare (d'ufficio) eccezione di costituzionalita' dell' art. 72 d.P.R. 24 novembre 1981 n. 689, nella parte in cui richiama l'art. 59 della medesima legge (individuando quale resupposto per l'esercizio del potere di revoca della sanzione sostitutiva l'irrogazione di condanne a pene detentive cumulativamente superiori al due anni di reclusione qualora l'ultimo reato sia stato commesso "nei cinque anni dalla condanna precedente": primo comma della norma richiamata; ovvero, l'irrogazione di tre condanne "per reati della stessa indole", qualora l'ultima condanna alla pena detentiva sia stata irrogata "per un fatto commesso nell'ultimo decennio": secondo comma, lettera a) della stessa disposizione). Evidenzia quindi il Collegio la rilevanza che l'esame dell'eccezione di incostituzionalita' riveste per la definizione del presente procedimento, in quanto se il dubbio di costituzionalita' formulato dal tribunale rispetto all'art. 72, legge n. 689/1981 fosse ritenuto fondato dalla Consulta, verrebbe (necessariamente) meno il presupposto legale assunto dall'organo dell'accusa quale fondamento dell'istanza depositata per la revoca della pena sostitutiva applicata allo I. Ritiene pertanto il tribunale di sollevare d'ufficio eccezione di legittimita' costituzionale dell' art. 72 d.P.R. 24 novembre 1981 n. 689, in relazione all' art. 59 stesso d.P.R. n. 689/1981 ed all'art. 30 d.P.R. 22 settembre 1988 n. 448, nella parte in cui la prima disposizione - attraverso il predetto richiamo all'art. 59 (commi l e 2 lettera a) - consente anche nei riguardi dei condannati minorenni (ovvero, in riferimento a reati commessi - anteriormente al raggiungimento della maggiore eta') i quali abbiano beneficiato con la condanna inflittagli per tali reati della sostituzione della pena detentiva di disporre, con "effetto automatico", la revoca della sanzione sostitutiva (e la conseguente "conversione" di tale sanzione, per la parte non ancora eseguita, nella pena detentiva della specie di quella sostituita). Qualora si verifichino le condizioni disciplinate dalle citate disposizioni, nonostante che l'art. 30 della legge sul processo penale minorile non richiami - quali (ulteriori) specifici limiti all'esercizio del potere di sostituzione delle pene detentive nei riguardi dei condannati minorenni (ovvero, in riferimento a reati commessi in eta' minore) - le "condizioni soggettive per la sostituzione delle pene detentive" (art. 59 legge n. 689/1981), previste quali presupposti (e limiti) di ordine generale (unitamente alle "esclusioni oggettive" elencate all'art. 60 legge n. 689/1981) per l'applicazione delle c.d. "misure ostitutive" delle pene detentive di breve durata. Ovvero, non esclude (l'art. 72 citato) che operi nei riguardi dei condannati per reati commessi in eta' minore la revoca della pena sostitutiva, determinando (con effetto "automatico") la conversione nella corrispondente pena detentiva (per la parte residua, od anche per l'intera sanzione come avverrebbe per lo I. della liberta' controllata che il Collegio dibattimentale gli ha inflitto con la richiamata sentenza n. 35/1992 dib.: cosicche' l'estensione di tali limiti anche ai reati commessi da imputati minorenni precluderebbe al giudice minorile - secondo l'orientamento interpretativo espresso dalla Suprema Corte - di operare la sostituzione della pena detentiva in tutti i casi in cui i precedenti definiti precludano l'applicazione delle pene sostitutive, rendendo conseguentemente applicabile anche a tali reati l'"automatismo" della conversione conseguente alla revoca della pena sostitutiva secondo la previsione dell'art. 72 legge n. 689/1981. Osserva quindi il tribunale che detta estensione non puo' essere desunta dal mero riferimento alle "leggi vigenti" (contenuto nel cpv. dello stesso art. 30 d.P.R. n. 448/1988), essendo tale richiamo espressamente circoscritto alla fase della "esecuzione" della sanzione sostitutiva irrogata nella singola fattispecie: detta limitazione - che peraltro specifica la previsione formulata nell' art. 75 dello stesso d.P.R. n. 689/1981, il quale esclude si estendano al condannato minore d'eta' "al momento della trasmissione dell'estratto della sentenza di condanna" (in sede di esecuzione della sentenza divenuta irrevocabile che dispone la sostituzione della pena detentiva), le modalita' applicative previste dall' art. 56 d.P.R. n. 689/1981 - non consente, ad avviso del remittente, l'estensione tout court agli imputati minorenni (desunta peraltro ab implicito) dell'intera disciplina sull'applicazione delle "sanzioni sostitutive". L'argomento che puo' essere tratto, applicando il criterio dell'interpretazione logico-sistematica, dalla formulazione dell'art. 75, per cui l'esclusione ivi prevista determinerebbe l'integrale estensione agli imputati minorenni della disciplina sulla sostituzione delle pene detentive di breve durata (per effetto del mero richiamo alla posizione del condannato "il quale, al momento della trasmissione dell'estratto della sentenza di condanna... non abbia compiuto gli anni diciotto"), omette di considerare che, al contrario, il predetto richiamo assume l'evidente significato di adattare le modalita' applicative della sanzione sostitutiva alla peculiare condizione dei condannati minorenni (per i quali era in ogni caso previsto - anche nell'epoca antecedente all'entrata in vigore del d.P.R. n. 448/1988 che ha disciplinato il rito penale minorile - un trattamento differenziato nella fase esecutiva delle sentenze di condanna a pene detentive, anche se sostituite). Il remittente valuta invece che assuma una rilevanza decisiva per affermare l'"autonomia" della disciplina introdotta dall'art.30 d.P.R. n. 448/1988 per la sostituzione delle pene detentive nei riguardi degli imputati minorenni, il raffronto fra il comma primo di tale norma, e l'art. 58 d.P.R. n. 689/1981. Il citato art. 30 d.P.R. n. 448/1988, infatti, prevede che il giudice (penale minorile) -, nell'esercitare la facolta' di sostituzione della pena detentiva ritenuta irrogabile (in concreto) all'imputato minorenne (purche' contenuta entro il limite dei due anni) - deve considerare la "personalita'", le "esigenze di lavoro e di studio" e le "condizioni familiari, sociali e ambientali" dello stesso minore: laddove l'art. 58 d.P.R. n. 689/1981 (che non risulta modificato dal d.-l. 14 giugno 1993, n. 187, convertito con legge 12 agosto 1993 n. 296) individua il parametro valutativo al quale deve attenersi il giudice nell'esercizio del potere di sostituire la pena detentiva (e per l'individuazione della misura sostitutiva valutata piu' idonea nel singolo caso) in quello del "reinserimento sociale del condannato": parametro che non coincide certamente con la valutazione della personalita', delle condizioni familiari, sociali e ambientali, e delle esigenze di lavoro e di studio, espressamente individuati dal citato art. 30 quali limiti per l'esercizio del potere di sostituzione delle pene detentive brevi nei riguardi dei condannati minorenni (all'epoca di commissione del fatto per il quale e' intervenuta la condanna irrevocabile). La rilevata (sostanziale) diversita' dei parametri valutativi che governano l'esercizio del potere di sostituzione nei confronti dei condannati minorenni deve essere pure valutata in riferimento alla previsione del limite massimo della pena detentiva entro il quale tale pena puo' essere sostituita (fissato in 2 anni, quale limite unico per entrambe le misure della liberta' controllata, e della semi-detenzione, dal comma l, dell'art. 30), cosicche', per effetto dell'entrata in vigore della legge che ha disciplinato il rito penale minorile - evidentemente ispirata dall'esigenza di adottare una disciplina totalmente differenziata del trattamento sanzionatorio penale riservato agli imputati minorenni, rispetto all'altro previsto per i maggiorenni, allo scopo di evitare l'ingresso dei minori nel circuito carcerario, e per agevolarne nella maggior misura la fuoriuscita dall'area penale - anche la disciplina della sostituzione delle pene detentive deve assumere una connotazione differenziata nei riguardi dei condannati minorenni, dovendosi dunque escludere l'estensione a questi ultimi della disciplina generale dettata dal d.P.R. n. 689/1981. Considera ancora il remittente che l'interpretazione su cui si fonda l'eccezione di incostituzionalita' sollevata con la presente ordinanza rinviene un significativo riscontro nella "legge-delega" 16 febbraio 1987, n. 81, la quale dispone (all'art. 45, n. 2) che l'applicazione delle sanzioni sostitutive e' ammessa, nei riguardi degli imputati maggiorenni, solamente "nei casi consentiti", dovendosi interpretare tale inciso nel senso che possa riconoscersi unicamente entro i limiti previsti dal d.P.R. n. 689/1981, che non sono stati invece richiamati nella formulazione del citato art. 30, d.P.R. n. 448/1988. Assume pure rilievo la disposizione contenuta nell' art. 3 lettera f) della medesima legge n. 81/1987 (che, in tale parte, ha conferito al Governo la delega di disciplinare ex novo le pene sostitutive impartendo inoltre la specifica direttiva di adeguare la loro applicabilita' "... in base alla pena irrogabi1e in concreto": cosicche', in virtu' di detta delega, e' stata recentemente modificata la disciplina delle "sanzioni sostitutive", elevando i limiti massimi di pena entro i quali e' ammessa la sostituzione, con il raddoppio di tali limiti (art. 5 d.-l. 14 giugno 1993, n. 187, convertito con legge 12 agosto 1993, n. 296, il cui comma 1-bis ha peraltro abrogato l'art. 54 d.P.R. n. 689/1981). Ritiene pertanto significativo evidenziare il Collegio - sul punto della rilevanza ai fmi della decisione in questo procedimento - che nella fattispecie in esame lo stesso giudice di legittimita' ha sinora espresso orientamenti contrastanti in ordine alla questione interpretativa che forma oggetto della presente denuncia di incostituzionalita' (essendosi in particolare pronunciate, in senso conforme all'orientamento espresso da questo tribunale, cass., sez. VI penale, sent. 28 ottobre 1994, n. 1906, deliberata su ricorso proposto dal p.g. presso la Corte d'appello di Cagliari avverso la precedente decisione emessa da questo t.m. all'udienza dibattimentale del 23 novembre 1993, C. imp., nella quale la s.c. ha in particolare statuito che "Il d.P.R. n. 448/1988, come qualunque normativa delegata, va interpretato alla luce di tutti i principi e criteri direttivi enunciati nella legge delega, che nella specie (art. 3, legge n. 81 del 1987) preliminarmente ha consentito le modificazioni ed integrazioni imposte dalle particolari condizioni psicologiche del minore, dalla sua maturita' e dalle esigenze della sua educazione. Ora, l'art. 30/1 d.P.R. cit. - che, riferendosi alla personalita' del minorenne, indubbiamente recupera la ratio dei limiti soggettivi posti dall'art. 59 della legge n. 689/1981 all'applicabilita' delle sanzioni sostitutive, rimettendo alla discrezionalita' del giudice la determinazione dell'opportunita' della sostituzione - non avrebbe dato completa attuazione alla delega senza l'interpretatio abrogans operata dal tribunale, che questa Corte condivide", e l'altra, cass., II sez. Penale, sent. 30 settembre 1994, n. 917, anch'essa deliberata su ricorso dello stesso p.g. contro l'ennesima sentenza emessa da questo tribunale nella materia de qua, S. imp., in cui la s.c. ha ritenuto infondata la censura del p.m. ricorrente sul rilievo che "... la valutazione della personalita' del minore, alla quale nel caso di specie il tribunale si e' ... sostanzialmente riferito, sia stata imposta dalla norma (in uno alle altre situazioni in essa indicate) come primaria, esclusiva ed assorbente anche rispetto ai precedenti penali specifici del minore stesso (quei precedenti che nel sistema generale della legge, n. 689/1981 costituirebbero le esclusioni soggettive: art. 59), unico limite essendo quello, posto dalla norma stessa, della misura (due anni) della infliggenda pena detentiva". Sono invece espresse in senso contrario all'interpretazione che questo giudice valuta conforme ai principi costituzionali, cass., IV sez. penale, sent. 13 gennaio 1995 deliberata ancora su ricorso proposto dal p.g. presso la Corte d'appello di Cagliari avverso una ulteriore sentenza pronunciata da questo t.m., A. e C. imputati, secondo la quale "... l'interpretazione del tribunale non trova alcuna conferma ricavabile dal testo letterale del detto d.P.R." (22 settembre l988 n. 448) "in quanto con il citato articolo 30 si e' voluto apportare dal legislatore, nel caso di processi a carico di minorenni, per le sanzioni sostitutive, una deroga a quanto stabilito dall'art. 53 della legge n. 689/l981 solamente con riferimento alla pena che e' stata fissata in due anni di reclusione senza alcuna distinzione fra le sanzioni", considerato altresi' che "Se ... si fosse voluto depurare, come ritengono i giudici del merito, la norma in questione dalle esclusioni in essa contenute, siano esse di carattere oggettivo o soggettivo, non vi sarebbe stato motivo alcuno per non farne specifico richiamo con espressa indicazione": decisione, l'ultima richiamata, con la quale la s.c. ha pertanto annullato la decisione impugnata dal p.g. rinviando per la definizione nel merito della posizione degli imputati a questo Tribunale che ha quindi sollevato eccezione di costituzionalita' delle medesime norme con ordinanza 13 febbraio 1997 - pubblicata al n. 283/1997 del registro ordinanze Corte costituzionale in Gazzetta Ufficiale, prima serie speciale n. 22, in data 28 maggio 1997 - non ancora esaminata dalla Consulta; e si e' parimenti espressa in senso contrario all'orientamerito del tribunale rimettente, cass. sez. V penale, sentenza 16 febbraio-17 aprile 1996, imp. S., annotata in "Cassazione Penale", 1997, p. 163-164, la quale ha formulato la valutazione che la disciplina dell'art. 30 "...... non esclude ne' esplicitamente ne' implicitamente l'operativita' delle condizioni soggettive, ostative alla sostituzione della pena detentiva anche per gli imputati minorenni .... ma esplica una funzione derogatoria limitata all'entita' della pena per la semidetenzione e la liberta' controllata, come e' reso evidente anche dal fatto che esso non disciplina la sanzione sostitutiva della pena pecuniaria per la cui applicabilita' anche ai minori bisogna far capo alla regola generale di cui agli artt. 53 e ss. legge n. 689/1981". Aggiungasi, infine, che - sin dai primi commenti elaborati dopo l'entrata in vigore del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448 - e' stata ritenuta conforme ai principi ispiratori della riforma del rito penale minorile proprio l'interpretazione dell'art. 30 che il remittente valuta conforme ai principi costituzionali (cfr., "Codice di procedura penale minorile commentato", in "Esperienze di giustizia minorile", numero speciale edito nel 1989, pagg. 217-218, ove e' fatto espresso richiamo all'art. 3, lettera f) della citata legge-delega n. 81/1987 che conferiva al governo il mandato per disciplinare in via autonoma - rispetto all'altra in vigore per i condannati maggiorenni - la materia delle pene sostitutive: "..., la norma in esame afferma una generale applicabilita' ai minorenni delle sanzioni sostitutive di semidetenzione e liberta' controllata, con il solo limite che il giudice ritenga di dovere infliggere una pena detentiva non superiore ai due anni. Sembra dunque che non operino le esclusioni soggettive previste dall'art. 59 e le esclusioni oggettive in relazione a categorie di reati o a specifici reati di cui agli artt. 54" (abrogato dall'art. 5, comma 1-bis, d.-l. n. 187/1993 cit.) "e 60 della legge n. 689/1981. La correttezza di tale soluzione risulta da una rilettura della legge delega 16 febbraio 1987 n. 81. Mentre l'art. 2 n. 45 di detta legge ha disposto per gli adulti che l'applicazione delle sanzioni sostitutive avvenisse solo nei casi consentiti, chiarendo cioe' che tale applicazione fosse ammissibile unicamente allorche' le sanzioni risultassero applicabili in base alla legge n. 689/l981 che le ha introdotte nel nostro ordinamento, ben diverso e' il contenuto dell'art. 3, lettera f) legge n. 81/1987 che ha delegato al governo di regolamentare ex novo le misure sostitutive per i minorenni, con una direttiva specifica di adeguare la loro applicabilita' anche in base alla pena irrogabile in concreto. In forza di tale delega generale il governo ha ampliato i precedenti limiti di pena detentiva, da tre e sei mesi portandoli a due anni, per liberta' controllata e semidetenzione; e, ridisegnando queste due figure in modo nuovo e autonomo, non ha richiamato e pertanto ha caducato tacitamente le esclusioni soggettive e oggettive previste dagli artt. 54, 59 e 60, legge n. 689/l981. A conferma si osserva che invece nell'art. 30 comma 2 il legislatore opera un rinvio alle leggi vigenti, che in quanto ivi richiamate hanno valore solo per disciplinare l'esecuzione delle sanzioni sostitutive. E' chiaro comunque che, con l'elevazione a due anni del limite superiore di pena detentiva in concreto che consente l'applicazione delle due misure sostitutive, non ha piu' ragione l'elenco dei reati esclusi ricavabile dagli artt. 54 e 60, legge n. 689/1981. Ma anche le esclusioni soggettive di cui all'art. 59 della citata legge perdono di significato in un sistema che nasce con il proposito dichiarato di limitare i danni del carcere ai minorenni. Dunque, qualunque siano i precedenti penali e per ogni tipo di reato (purche', si ripete, sia irrogabile una pena in concreto non superiore ai due anni) il giudice minorile puo' condannare alle sanzioni sostitutive della semidetenzione e della liberta' controllata"). Ritiene infine il tribunale remittente di richiamare le linee interpretative enunciate dalla Consulta nella sentenza 27-28 aprile 1994, n. 168 (che ha dichiarato l'incostituzionalita' degli artt. 17 e 22 del Codice penale "nella parte in cui non escludono l'applicazione della pena dell'ergastolo al minore non imputabile", proprio sul presupposto che le norme denunciate si applicavano indifferenziatamente sia agli adulti che ai minorenni): se si considera, dunque che l'art. 31 della Carta fondamentale "prevede una speciale protezione dell'infanzia e della gioventu' e favorisce gli istituti necessari a tale scopo anche l'art. 27 della Costituzione (secondo il quale "le pene devono tendere alla rieducazione del condannato": terzo comma) deve essere interpretato nel senso che " ..nei confronti di un soggetto ancora in formazione e alla ricerca della propria identita' la pena deve avere una connotazione educativa piu' che rieducativa, in funzione del suo inserimento maturo nel consorzio sociale", valutato in ogni caso che "la particolare condizione minorile esige di diversificare il piu' possibile il trattamento del minore dalla disciplina punitiva generale". Nella stessa linea interpretativa, il Collegio ritiene di richiamare altresi' l'anteriore sentenza n. 222, in data 19 luglio 1983 con la quale la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale del secondo comma, dell'art. 9, r.d.-l. 20 luglio 1934, n. 1404, sancendo "la diversita' della condizione minorile rispetto a quella riguardante gli adulti": osservando, altresi', che l'art. 1, primo comma, (secondo periodo) del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448, si configura quale norma di carattere programmatico, alla quale puo' essere dunque attribuita la funzione di orientamento generale dell'interprete in sede di applicazione degli istituti previsti dalla normativa (sostanziale e processuale), incentrata sui minori e calibrata sulla loro particolare condizione di soggetti immaturi e dalla personalita' in via di formazione. Consegue dunque alla puntuale applicazione delle richiamate linee interpretative che "e' la qualita' stessa della sanzione, non la sola quantita', che deve distinguere la pena minorile da quella ordinaria" (cosi', nella relazione presentata al Ministro di grazia e giustizia dalla Commissione di studio sui problemi ordinamentali della giustizia minorile insediata nell'anno 1994 dal prof. Giovanni Conso, pubblicata in "Minorigiustizia" n. 1/1995, ove in particolare si auspica che la riforma del codice penale preveda "un apposito sistema di sanzioni minorili, dove il carcere sia ... ridotto alle ipotesi estreme"). Si richiama, inoltre, l'orientamento interpretativo recentemente formulato dalla Consulta in riferimento a fattispecie nelle quali era stata denunciata la legittimita' costituzionale di istituti previsti dal vigente Ordinamento penitenziario (materia, questa, alla quale il Collegio ritiene possa essere assimilata anche l'altra relativa ai limiti, ed alle modalita' applicative, delle "pene sostitutive", considerata la natura afflittiva di queste ultime - secondo la costante ed univoca esegesi giurisprudenziale - e la trasformazione nella corrispondente specie della pena detentiva sostituita nelle ipotesi di revoca disciplinate dal citato art. 72, legge n. 689/1981, o nell'altra dell'"inosservanza delle prescrizioni" imposte nella fase esecutiva della semidetenzione o della liberta' controllata, agli effetti dell'art. 66 stessa legge), con le sentenze Corte cost. nn. 107/1997 e 403/1997, secondo cui "... l'assoluta parificazione tra adulti e minori in questa materia possa confliggere con le esigenze di specifica individualizzazione e di flessibilita' del trattamento del detenuto minorenne" principio applicando il quale il giudice delle leggi ha dichiarato (con la citata sentenza 10-17 dicembre 1997, n. 403) l'illegittimita' costituzionale della norma (l'art. 30-ter, quinto comma, della legge sull'ordinamento penitenziario) nella parte in cui, omettendo di operare una differenziazione fra detenuti maggiorenni e minorenni (ovvero, detenuti per reati commessi in eta' minore), determina anche nei riguardi di questi ultimi l'esclusione (operante, appunto, con "effetto automatico" dal beneficio della concessione dei "permessi-premio" nell'arco dei due anni successivi alla condanna od all'assunzione della qualita' di imputato da parte del detenuto in riferimento ad un ulteriore delitto doloso commesso durante la restrizione carceraria (in espiazione di pena), o durante l'esecuzione di una misura restrittiva della liberta' personale. Ha infatti ritenuto la Consulta - con valutazione che il remittente richiama integralmente (valutandola estensibile alla fattispecie disciplinata dal richiamato art. 72, legge n. 686/1981, parimenti denunciato di incostituzionalita' con la presente ordinanza), che "... Il rigido automatismo dell'esclusione, ..., che impedisce qualsiasi valutazione, da parte del giudice, della condotta del minore,.... impedisca di perseguire efficacemente quel progressivo reinserimento armonico della persona nella societa', che costituisce l'essenza della finalita' rieducativa, assolutamente preminente nell'esecuzione penale minorile: tutto cio' conduce a ritenere irrimediabilmente compromesse, dalla norma in questione in quanto applicata indifferenziatamente ai minori, le specifiche esigenze costituzionali che debbono informare il diritto penale minorile". Valuta quindi il Collegio che anche l'(indifferenziata) estensione ai minori delle norme denunciate di incostituzionalita' con la presente ordinanza - e primariamente, dell'"automatismo" assegnato dall'art. 72 della legge sulla depenalizzazione alla revoca della pena sostitutiva (determinata dall'insorgenza delle "preclusioni" disciplinate dall'art. 59 per effetto delle condanne successivamente inflitte al minore nei cui riguardi la detentiva era stata precedentemente sostituita), contrasta irrimediabilmente con il perseguimento della finalita' rieducativa (e risocializzante) cui sono certamente (e maggiormente) preordinate le "pene sostitutive" rispetto alle pene (detentive) sostituite: cosicche' la revoca automatica della prima misura, determinando l'ingresso nel circuito carcerario del condannato minorenne (o per reati commessi in eta' minore), non solo ne modifica negativamente lo status, ma soprattutto si caratterizza per essere essenzialmente (se non esclusivamente) una "sanzione" (per di piu', detentiva), indirettamente inflitta allo stesso minore. Ne' la compatibilita' costituzionale dell'istituto disciplinato dall'art. 72 citato puo' essere fatta salva dalla considerazione che il condannato minorenne il quale - in conseguenza della revoca (automatica) della pena sostitutiva - faccia ingresso nel circuito carcerario, potrebbe in ogni caso vedere soddisfatta l'esigenza di risocializzazione (e la finalita' rieducativa, alla prima direttamente connessa) attraverso la fruizione dei "benefici" previsti dall'Ordinamento penitenziario: poiche' dette esigenze sono comunque frustrate (o quantomeno, pesantemente ostacolate) proprio dall'ingresso nel circuito carcerario che le pene sostitutive sono viceversa preordinate ad evitare. Considerazioni sostanzialmente analoghe valgono poi a ritenere costituzionalmente illegittime le norme denunciate (ed in primis, ancora, il richiamato art. n. 72 della legge n. 689/1981) nei riguardi dei condannati ad una pena sostitutiva i quali abbiano assunto - come nella fattispecie che interessa il presente procedimento, in epoca successiva alla pronuncia della sentenza applicativa della misura - la qualita' (ed il correlativo status protetto) di "collaboratori di giustizia" sottoposti a programma di protezione, secondo la vigente normativa in materia. Non puo' infatti trascurarsi di considerare che il rientro nel circuito carcerario (dal quale il "collaborante" condannato alla pena sostitutiva e' fuoriuscito in seguito all'attivazione del "programma", puo' determinare gravissime ripercussioni negative sulla persona del condannato, certamente esponendolo ad un (quantomeno potenziale) pregiudizio per la propria incolumita' fisica: cosicche', anche sotto tale profilo l'"automatismo" della revoca della pena sostitutiva che consegue all'applicazione dell'art. 72, legge n. 689/1981 (operando indifferenziatamente nei riguardi di tutti i condannati, senza considerare l'eventuale "status protetto" che consegue all'assunzione della qualita' di "collaboratore di giustizia"), induce un rilevante sospetto di incostituzionalita', evidentemente rafforzato se - come si verifica per lo Ianni' - questi cumula la duplice condizione (protetta) di condannato per reati commessi in eta' minore, e quella di "collaborante" sottoposto a programma di protezione. Rileva infine ulteriormente il Collegio remittente che neppure nei riguardi dei condannati che ricadano nella richiamata categoria "protetta" la compatibilita' costituzionale dell'istituto disciplinato dall'art. 72 citato puo' essere fatta salva attraverso la considerazione che il condannato "collaborante" puo' accedere con modalita' particolarmente favorevoli alla fruizione delle "misure alternative" alla detenzione (si pensi, ad esempio, alla detenzione domiciliare in una localita' tenuta segreta, prescelta dalla Commissione centrale): tanto che lo stesso difensore dello Ianni' ha espressamente configurato la possibilita' che l'eventuale avvio della detenzione conseguente alla revoca della pena sostitutiva venga trascorso sempre attraverso la concessione della predetta "misura alternativa" alla detenzione carceraria (per l'ulteriore parte di pena detentiva conseguente alla revoca della liberta' controllata). Considerata infatti la natura (esclusivamente) sanzionatoria della "revoca automatica" prevista dall'art. 72 della legge sulla depenalizzazione, la sua applicazione indifferenziata anche ai condannati collaboranti pregiudica il perseguimento della finalita' rieducativa (e dell'altra risocializzante) alla cui attuazione anche le misure di protezione sono preordinate. Per le considerazioni svolte, l'estensione agli imputati minorenni - e, per quanto specificamente interessa lo Ianni, anche ai condannati per reati commessi in eta' minore che si trovino nella condizione di "collaboranti" (sottoposti a programma di protezione) - delle limitazioni previste dall'art. 59, legge n. 689/1981 (secondo l'interpretazione assunta dalla s.c. nelle sentenze richiamate) - nonche' l'"automatismo" della conversione conseguente alla revoca della pena sostitutiva (secondo la previsione dell' art. 72, legge n. 449/1981) - determinano una irragionevole disparita', riservando ai minorenni (ed ai condannati "collaboratori di giustizia" sottoposti a "programma di protezione", agli effetti degli artt. 9 e ss. d.-l. 15 gennaio 1991, n. 8, convertito con legge 15 marzo 1991, n. 82, come modificato dal d.-l. 8 giugno 1992, n. 306, convertito con legge 7 agosto 1992, n. 356) l'identico trattamento sanzionatorio riservato agli imputati maggiorenni (per i primi), ed alla generalita' dei condannati (per i secondi), nonostante la profonda diversita' della rispettiva condizione, e la conseguente lesione del richiamato art. 31 della Carta costituzionale, nonche' la lesione dei principi di eguaglianza sostanziale (art. 3 Cost.), e della funzione rieducativa assegnata alle sanzioni penali (incluse quindi le pene sostitutive: art. 27, terzo comma della Costituzione). Con separata ordinanza deve infine disporsi lo "stralcio" dell'istanza formulata dal difensore dello I ... per conseguire l'aplicazione della disciplina del "reato continuato" alle sentenze di condanna richiamate con la formulazione delle epigrafate richieste.