IL TRIBUNALE PER I MINORENNI
   Ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento  iscritto  al
 n.  105  del  registro  del tribunale di sorveglianza per l'anno 1996
 iscritto nei confronti di I. S.
   Letta l'istanza con la quale il pubblico  ministero  presso  questo
 tribunale  per  i  minorenni  ha  chiesto  nei  confronti dello I. la
 conversione dell'intera pena sostitutiva della liberta'  controllata,
 irrogatagli  dal  Collegio  dibattimentale  dello  stesso t.m. con la
 sentenza n.   35/1992 dib. (pronunciata  all'udienza  del  16  giugno
 1992)  per  la  durata  di  mesi  quattro,  nella corrispondente pena
 detentiva  (mesi  due  di  reclusione),  inflitta  allo  I.,  perche'
 riconosciuto  colpevole del reato contravvenzionale previsto e punito
 dall'art. 80 del codice della strada all'epoca vigente, essendo stato
 fermato mentre si trovava alla guida di  una  autovettura  nonostante
 fosse   sprovvisto   -   in  ragione  dell'eta'  -  della  prescritta
 abilitazione  amministrativa;  e  per  avere  rilasciato  una  "falsa
 dichiarazione" in ordine alla propria identita' personale agli Agenti
 di Polizia Giudiziaria che lo avevano fermato, rilevando a suo carico
 la   richiamata   violazione   della  disciplina  della  circolazione
 stradale:  reati  entrambi  commesi  nell'abitato  della  citta'   di
 Carbonia (ove lo I. all'epoca risiedeva con i genitori, essendo stato
 imposto  al padre il "soggiorno obbligato" nel1o stesso Comune), l'11
 febbraio dell'anno 1991;
   Rilevato che il P.M. ha richiesto  la  conversione  della  liberta'
 controllata, per la ragione che lo I. "e' stato condannato a svariate
 pene detentive in date successive alla condanna" (in riferimento alla
 quale  questo  t.m.  gli  ha  applicato la predetta pena sostitutiva)
 "come si puo' evincere dal certificato del casellario giudiziale";
   Rilevato  inoltre  che  il  magistrato  di  sorveglianza  presso il
 tribunale per i minorenni di Caltanissetta  procedeva  a  determinare
 "le   prescrizioni"   applicative   della  liberta'  controllata  con
 ordinanza in data 18 gennaio 1993, peraltro non notificata allo I.  -
 per  quanto e' dato stabilire esaminando gli atti depositati dal p.m.
 con l'istanza di  revoca  della  pena  sostitutiva  -  in  quanto  il
 suddetto   condannato  era  stato  trasferito  dall'ultima  residenza
 conosciuta (nella citta' di Gela) in una "localita' segreta",  avendo
 assunto  - nelle more dell'emissione dell'ordinanza applicativa della
 liberta'  controllata  -  la  posizione   di   "collaboratore   della
 giustizia" (come e' stato riferito a quella autorita' giudiziaria dal
 funzionario   dirigente   la   squadra   mobile   della  Questura  di
 Caltanissetta  con  la  nota  riservata  in  data  1  dicembre  1993,
 parimenti acquisita agli atti del presente procedimento);
   Rilevato  parimenti  che  lo I. risulta condannato in riferimento a
 svariati delitti, fra i quali quelli di furto (consumato, e  tentato,
 in  forma  continuata,  commessi  il  20 febbraio ed il 4 marzo 1991:
 sentenza  emessa  dal  Collegio   dibattimentale   di   questo   t.m.
 all'udienza  del  4  giugno  1992, irrevocabile dal 10 ottobre 1992);
 oltraggio e resistenza a pubblico ufficiale, e porto illegale di arma
 da taglio (pure commessi il 20 febbraio ed il  4  marzo  1991:  sent.
 t.m.  Cagliari,  ud.  dibattimentale  4  giugno  1992);  2 episodi di
 tentato omicidio, attuati con  l'impiego  di  armi  comuni  da  sparo
 (delitti    contestati    in   forma   concorrente   con   il   reato
 contravvenzionale p. e p. dall'art.  703 c.p. commessi, in  concorso,
 il  15  giugno ed il 27 settembre 1991:  reati giudicati con distinte
 sentenze emesse  dal  tribunale  per  i  minorenni  di  Caltanissetta
 all'udienza  dibattimentale del 3 ottobre 1994, divenute irrevocabili
 il 17 gennaio  1995);  concorso  in  omicidio  volontario,  parimenti
 attuato  con l'impiego di arma comune da sparo, e detenzione illegale
 di un'altra arma dello stesso tipo (commessi, rispettivamente,  il  5
 agosto  l991  ed  in  una  data  dell'  anno  1992  che  non  risulta
 specificata  nel  certificato  del  Casellario  giudiziale  in  atti:
 delitti  giudicati tutti dal giudice per l'udienza preliminare presso
 il tribunale per i minorenni di Catania con  sentenza  emessa  il  29
 marzo  1995,  divenuta irrevocabile il 10 giugno 1995); detenzione ed
 offerta di sostanze stupefacenti (commesso, in concorso, nel novembre
 1992: reato giudicato dallo stesso t.m.  Caltanissetta  con  sentenza
 dibattimentale in data 27 gennaio 1995, confermata in grado d'appello
 con  decisione  divenuta irrevocabie il 26 settembre 1995); rapina in
 forma continuata, detenzione continuata  e  porto  illegali  di  armi
 comuni   da   sparo,  detenzione  e  cessione  a  terzi  di  sostanze
 stupefacenti con finalita' di spaccio, e  furto  (commessi  tutti  in
 concorso,  in  epoca  ricompresa fra il febbraio ed il dicembre 1991,
 giudicati dal g.u.p. di questo t.m. con sentenza del 1 dicembre 1995,
 divenuta irrevocabile il 25 marzo 1996);
   Sentiti all'udienza camerale fissata per  l'esame  della  richiesta
 depositata  dal  p.m., il rappresentante dell'ufficio requirente, che
 ha insistito nell'istanza per la revoca della  liberta'  controllata,
 ed  il difensore dello I., il quale ha chiesto che questi sia ammesso
 ad espiare la misura dopo la conclusione della detenzione domiciliare
 (disposta dal tribunale di sorveglianza presso  il  tribunale  per  i
 minorenni  di  Roma  con  ordinanza  deliberata  l'8  settembre 1995,
 depositata in copia fotoriprodotta per l'acquisizione agli atti dallo
 stesso  difensore del suddetto condannato), ed ha inoltre sollecitato
 il riconoscimento in favore dello I. del vincolo della  continuazione
 fra  i  reati  per  i  quali  e'  stato  condannato con la richiamata
 sentenza  in  data  16  giugno   1992   (pronunciata   dal   Collegio
 dibattimentale  di questo tribunale) e gli altri giudicati dal g.u.p.
 dello stesso t.m.   (con  l'altra  sentenza  del  1  dicembre  1995),
 precisando che la pena sostitutiva della quale il p.m. ha sollecitato
 la  revoca  non  e'  stata  ancora  eseguita  per la sola ragione che
 l'imputato non  ha  potuto  fare  rientro  nel  luogo  in  cui  aveva
 precedentemente   fissato   la  propria  residenza  nella  citta'  di
 Caltanissetta, avendo  assunto  la  posizione  di  "collaboratore  di
 giustizia": ha dunque conclusivamente rilevato la difesa dello I. che
 detta   pena   potrebbe   essere  eseguita  dopo  l'espiazione  della
 detenzione domiciliare nella stessa localita' in cui lo I.  si  trova
 attualmente;
   Tutto cio' premesso, il tribunale;
                             O s s e r v a
   Preliminarmente che l'applicazione della pena sostitutiva di cui il
 p.m. ha richiesto la "revoca" deve ritenersi (sebbene detta norma non
 venga  formalmente  richiamata nel dispositivo, o nella parte motiva,
 della citata sentenza dibattimentale  n.  35/1992  emessa  da  questo
 t.m.)  sia  stata  disposta ai sensi dell'art. 30 d.P.R. 22 settembre
 1988 n. 448, trattandosi di  norma  "speciale"  contenuta  nel  corpo
 normativo che disciplina il rito processuale penale applicabile per i
 reati   commessi   da  imputati  minorenni,  i  quali  sono  pertanto
 assoggettati alla competenza "funzionale" esclusiva del tribunale per
 i minorenni prevista dall'art. 3 stesso d.P.R. n. 448/1988.
   Osserva inoltre il Collegio che il p.m. - per quanto  a  sua  volta
 non lo abbia esplicitato nell'istanza depositata per "la revoca della
 sentenza  di condanna a liberta' controllata" - intende evidentemente
 sollecitare nei  confronti  dello  I.,  in  riferimento  alla  citata
 sentenza  16  giugno  1992 pronunciata dal Collegio dibattimentale di
 questo t.m., l'applicazione della norma contenuta nell'art. 72  della
 legge  sulla  "depenalizzazione"  (d.P.R.  24  novembre  1981 n. 689:
 "Revoca  della  pena  sostitutiva"),  per  effetto  della  quale   la
 "sopravvenienza"  di  una  (o  piu')  sentenze di condanna fra quelle
 "previste nell' art.  59, commi primo e secondo, lettera a)", ovvero,
 "la condanna a pena detentiva per un fatto  commesso  successivamente
 alla  sostituzione  della  pena" determina (secondo un meccanismo che
 l'orientamento interpretativo giurisprudenziale  consolidato  ritiene
 "automatico",  la  revoca  della  pena  sostitutiva "per la parte non
 ancora eseguita", e la successiva "conversione" della  medesima  pena
 (in  quella  precedentemente  sostituita,  ovvero,  con riguardo alla
 fattispecie in esame, nella pena della reclusione) secondo quanto  e'
 previsto nell' art. 66 dello stesso d.P.R. n. 681/1989.
   Rileva pertanto il tribunale che si deve preliminarmente valutare -
 essendo  stata  applicata  la liberta' controllata allo I. sulla base
 della richiamata previsione normativa  "speciale",  che  fissa  quale
 unico  "limite"  all'esercizio  del potere di sostituzione della pena
 detentiva nei riguardi degli imputati  minorenni  (all'epoca  in  cui
 sono  stati  commessi  i  reati  per  i  quali viene inflitta la pena
 detentiva sostituenda), che detta pena sia "non superiore a due anni"
 (art.  30, comma 1, d.P.R. n. 448/1988) - se tale  norma,  in  quanto
 non  contiene  alcun richiamo alla disciplina legale (generale) delle
 "sanzioni sostitutive", intenda derogare a tale disciplina, cosicche'
 escluda  si  applichino agli stessi imputati minorenni le "condizioni
 soggettive  per  la  sostituzione  della  pena  detentiva"   previste
 dall'art.  59  della  legge  sulla  depenalizzazione  - espressamente
 richiamato (limitatamente all'ipotesi del comma primo,  ed  all'altra
 prevista  dalla  lett. a) del secondo comma) dal citato art. 72 della
 medesima legge - ovvero, non introduca alcuna deroga alla  richiamata
 disciplina   legale   "generale",  consentendo  quindi  di  applicare
 indifferenziatamente anche ai condannati minorenni (all'epoca in  cui
 furono  commessi i reati per i quali e' stato esercitato il potere di
 sostituzione conferito al giudice minorile dal citato art. 30  d.P.R.
 n.  448/1988,  e  gli  altri  reati  per  i quali sono intervenute le
 condanne richiamate dall'art. 72 legge n. 689/1981) l'istituto  della
 revoca   della   pena   sostitutiva   del  quale  il  p.m.     invoca
 l'applicazione in pregiudizio dello I.
   Considera dunque  il  Collegio  di  dover  richiamare  il  costante
 orientamento interpretativo espresso da questo tribunale nel senso di
 ritenere  che  in  riferimento ai reati commessi da minorenni l'unico
 limite legale preclusivo per l'esercizio del potere  di  sostituzione
 delle   pene   detentive  sia  costituito  dalla  misura  della  pena
 (concretamente) irrogabile, in quanto non superi il limite  (massimo)
 dei  due  anni previsto dal citato art. 30 della legge che disciplina
 il  rito  processuale  penale  minorile:  dovendo,  conseguentemente,
 escludersi che possano applicarsi agli imputati (giudicandi, ed anche
 a  quelli gia' giudicati, in virtu' del richiamo all'art. 59 legge n.
 689/1981 contenuto nell'art.  72 stessa legge) in riferimento a reati
 commessi anteriormente  al  conseguimento  della  maggiore  eta',  le
 "condizioni  soggettive" (e, di riflesso, le "esclusioni oggettive"),
 previste quali specifiche limitazioni alla  sostituzione  delle  pene
 detentive  brevi  nei  riguardi  degli  imputati  (e  dei condannati)
 maggiorenni.
   Deve dunque nuovamente rilevare il tribunale che la  suprema  Corte
 di  cassazione ha pronunciato decisioni contrastanti nella materia de
 qua,  esprimendo  difformi  valutazioni  sulla   predetta   questione
 interpretativa,   cosicche'   questo   Collegio   ritiene  necessario
 sollevare (d'ufficio) eccezione di costituzionalita'  dell'  art.  72
 d.P.R. 24 novembre 1981 n. 689, nella parte in cui richiama l'art. 59
 della  medesima  legge (individuando quale resupposto per l'esercizio
 del potere di revoca  della  sanzione  sostitutiva  l'irrogazione  di
 condanne  a  pene  detentive cumulativamente superiori al due anni di
 reclusione qualora l'ultimo reato sia stato commesso "nei cinque anni
 dalla condanna  precedente":  primo  comma  della  norma  richiamata;
 ovvero,  l'irrogazione  di  tre  condanne  "per  reati  della  stessa
 indole", qualora l'ultima condanna  alla  pena  detentiva  sia  stata
 irrogata "per un fatto commesso nell'ultimo decennio": secondo comma,
 lettera a) della stessa disposizione).
   Evidenzia   quindi   il   Collegio   la   rilevanza   che   l'esame
 dell'eccezione di incostituzionalita' riveste per la definizione  del
 presente  procedimento,  in  quanto se il dubbio di costituzionalita'
 formulato dal tribunale rispetto all'art. 72, legge n. 689/1981 fosse
 ritenuto fondato dalla Consulta, verrebbe (necessariamente)  meno  il
 presupposto  legale  assunto dall'organo dell'accusa quale fondamento
 dell'istanza  depositata  per  la  revoca  della   pena   sostitutiva
 applicata allo I.
   Ritiene  pertanto  il tribunale di sollevare d'ufficio eccezione di
 legittimita' costituzionale dell' art. 72 d.P.R. 24 novembre 1981  n.
 689,  in relazione all' art. 59 stesso d.P.R. n. 689/1981 ed all'art.
 30 d.P.R. 22 settembre 1988 n. 448,  nella  parte  in  cui  la  prima
 disposizione - attraverso il predetto richiamo all'art. 59 (commi l e
 2  lettera  a) - consente anche nei riguardi dei condannati minorenni
 (ovvero,  in  riferimento  a  reati  commessi  -   anteriormente   al
 raggiungimento  della  maggiore eta') i quali abbiano beneficiato con
 la condanna inflittagli per tali reati della sostituzione della  pena
 detentiva  di  disporre,  con  "effetto  automatico", la revoca della
 sanzione  sostitutiva  (e  la  conseguente  "conversione"   di   tale
 sanzione,  per  la  parte  non  ancora eseguita, nella pena detentiva
 della specie di quella sostituita).
   Qualora si verifichino  le  condizioni  disciplinate  dalle  citate
 disposizioni,  nonostante  che  l'art.  30  della  legge sul processo
 penale minorile non richiami -  quali  (ulteriori)  specifici  limiti
 all'esercizio  del  potere  di  sostituzione delle pene detentive nei
 riguardi dei condannati minorenni (ovvero,  in  riferimento  a  reati
 commessi   in  eta'  minore)  -  le  "condizioni  soggettive  per  la
 sostituzione delle pene  detentive"  (art.  59  legge  n.  689/1981),
 previste  quali presupposti (e limiti) di ordine generale (unitamente
 alle "esclusioni oggettive" elencate all'art. 60 legge  n.  689/1981)
 per   l'applicazione   delle  c.d.  "misure  ostitutive"  delle  pene
 detentive di breve durata.
   Ovvero, non esclude (l'art. 72 citato) che operi nei  riguardi  dei
 condannati  per  reati  commessi  in eta' minore la revoca della pena
 sostitutiva, determinando (con effetto "automatico")  la  conversione
 nella  corrispondente  pena detentiva (per la parte residua, od anche
 per l'intera sanzione  come  avverrebbe  per  lo  I.  della  liberta'
 controllata  che  il  Collegio  dibattimentale gli ha inflitto con la
 richiamata sentenza n. 35/1992 dib.: cosicche' l'estensione  di  tali
 limiti anche ai reati commessi da imputati minorenni precluderebbe al
 giudice  minorile  -  secondo  l'orientamento interpretativo espresso
 dalla Suprema Corte - di operare la sostituzione della pena detentiva
 in  tutti  i  casi  in   cui   i   precedenti   definiti   precludano
 l'applicazione  delle  pene  sostitutive,  rendendo  conseguentemente
 applicabile anche a  tali  reati  l'"automatismo"  della  conversione
 conseguente  alla revoca della pena sostitutiva secondo la previsione
 dell'art. 72 legge n. 689/1981.
    Osserva quindi il tribunale che detta estensione non  puo'  essere
 desunta dal mero riferimento alle "leggi vigenti" (contenuto nel cpv.
 dello  stesso  art.  30  d.P.R.  n.  448/1988), essendo tale richiamo
 espressamente  circoscritto  alla  fase  della   "esecuzione"   della
 sanzione   sostitutiva  irrogata  nella  singola  fattispecie:  detta
 limitazione - che peraltro specifica la  previsione  formulata  nell'
 art.  75  dello  stesso  d.P.R.  n.  689/1981,  il  quale  esclude si
 estendano al condannato minore d'eta' "al momento della  trasmissione
 dell'estratto  della  sentenza  di  condanna"  (in sede di esecuzione
 della sentenza divenuta  irrevocabile  che  dispone  la  sostituzione
 della  pena  detentiva), le modalita' applicative previste dall' art.
 56 d.P.R. n. 689/1981 -  non  consente,  ad  avviso  del  remittente,
 l'estensione  tout court agli imputati minorenni (desunta peraltro ab
 implicito) dell'intera disciplina sull'applicazione  delle  "sanzioni
 sostitutive".
   L'argomento   che   puo'  essere  tratto,  applicando  il  criterio
 dell'interpretazione logico-sistematica, dalla formulazione dell'art.
 75, per cui  l'esclusione  ivi  prevista  determinerebbe  l'integrale
 estensione   agli   imputati   minorenni   della   disciplina   sulla
 sostituzione delle pene detentive di breve durata  (per  effetto  del
 mero  richiamo  alla  posizione  del condannato "il quale, al momento
 della trasmissione dell'estratto della sentenza  di  condanna...  non
 abbia  compiuto  gli  anni  diciotto"), omette di considerare che, al
 contrario, il predetto  richiamo  assume  l'evidente  significato  di
 adattare  le  modalita'  applicative  della sanzione sostitutiva alla
 peculiare condizione dei condannati minorenni (per  i  quali  era  in
 ogni  caso  previsto  -  anche  nell'epoca antecedente all'entrata in
 vigore del d.P.R. n. 448/1988 che  ha  disciplinato  il  rito  penale
 minorile  -  un  trattamento differenziato nella fase esecutiva delle
 sentenze di condanna a pene detentive, anche se sostituite).
   Il remittente valuta invece che assuma una rilevanza  decisiva  per
 affermare   l'"autonomia"  della  disciplina  introdotta  dall'art.30
 d.P.R.   n. 448/1988 per la sostituzione  delle  pene  detentive  nei
 riguardi degli imputati minorenni, il raffronto fra il comma primo di
 tale norma, e l'art. 58 d.P.R. n. 689/1981.
   Il  citato  art.  30  d.P.R.  n.  448/1988, infatti, prevede che il
 giudice  (penale  minorile)  -,  nell'esercitare   la   facolta'   di
 sostituzione  della  pena detentiva ritenuta irrogabile (in concreto)
 all'imputato minorenne (purche' contenuta entro  il  limite  dei  due
 anni)  - deve considerare la "personalita'", le "esigenze di lavoro e
 di studio" e le "condizioni familiari, sociali  e  ambientali"  dello
 stesso  minore:    laddove  l'art.    58  d.P.R. n. 689/1981 (che non
 risulta modificato dal d.-l. 14 giugno 1993, n. 187,  convertito  con
 legge  12  agosto  1993  n. 296) individua il parametro valutativo al
 quale  deve  attenersi  il  giudice  nell'esercizio  del  potere   di
 sostituire  la  pena  detentiva  (e per l'individuazione della misura
 sostitutiva valutata piu' idonea nel  singolo  caso)  in  quello  del
 "reinserimento  sociale  del condannato":  parametro che non coincide
 certamente con la valutazione della  personalita',  delle  condizioni
 familiari,  sociali  e  ambientali,  e  delle esigenze di lavoro e di
 studio, espressamente individuati dal citato art.   30  quali  limiti
 per l'esercizio del potere di sostituzione delle pene detentive brevi
 nei  riguardi  dei condannati minorenni (all'epoca di commissione del
 fatto per il quale e' intervenuta la condanna irrevocabile).
   La rilevata (sostanziale) diversita' dei parametri  valutativi  che
 governano  l'esercizio  del  potere di sostituzione nei confronti dei
 condannati minorenni deve essere pure valutata  in  riferimento  alla
 previsione  del  limite  massimo  della pena detentiva entro il quale
 tale pena puo' essere sostituita (fissato in  2  anni,  quale  limite
 unico  per  entrambe  le  misure  della liberta' controllata, e della
 semi-detenzione, dal comma l, dell'art. 30), cosicche',  per  effetto
 dell'entrata in vigore della legge che ha disciplinato il rito penale
 minorile  -  evidentemente  ispirata  dall'esigenza  di  adottare una
 disciplina totalmente  differenziata  del  trattamento  sanzionatorio
 penale riservato agli imputati minorenni, rispetto all'altro previsto
 per  i  maggiorenni,  allo scopo di evitare l'ingresso dei minori nel
 circuito  carcerario,  e  per  agevolarne  nella  maggior  misura  la
 fuoriuscita dall'area penale - anche la disciplina della sostituzione
 delle pene detentive deve assumere una connotazione differenziata nei
 riguardi   dei   condannati  minorenni,  dovendosi  dunque  escludere
 l'estensione a questi ultimi della disciplina  generale  dettata  dal
 d.P.R. n. 689/1981.
   Considera  ancora  il  remittente  che  l'interpretazione su cui si
 fonda l'eccezione di incostituzionalita' sollevata  con  la  presente
 ordinanza rinviene un significativo riscontro nella "legge-delega" 16
 febbraio  1987,  n.  81,  la  quale  dispone  (all'art. 45, n. 2) che
 l'applicazione delle sanzioni sostitutive e'  ammessa,  nei  riguardi
 degli   imputati   maggiorenni,   solamente  "nei  casi  consentiti",
 dovendosi interpretare tale inciso nel senso che  possa  riconoscersi
 unicamente  entro  i  limiti previsti dal d.P.R. n. 689/1981, che non
 sono stati invece richiamati nella formulazione del citato  art.  30,
 d.P.R. n.  448/1988.
   Assume  pure rilievo la disposizione contenuta nell' art. 3 lettera
 f) della medesima legge n. 81/1987 (che, in tale parte, ha  conferito
 al  Governo  la  delega  di  disciplinare ex novo le pene sostitutive
 impartendo  inoltre  la  specifica  direttiva  di  adeguare  la  loro
 applicabilita'  "...  in  base  alla  pena  irrogabi1e  in concreto":
 cosicche',  in  virtu'  di  detta  delega,  e'   stata   recentemente
 modificata  la  disciplina  delle  "sanzioni sostitutive", elevando i
 limiti massimi di pena entro i quali e' ammessa la sostituzione,  con
 il  raddoppio  di  tali  limiti (art. 5 d.-l. 14 giugno 1993, n. 187,
 convertito con legge 12 agosto 1993, n. 296, il cui  comma  1-bis  ha
 peraltro abrogato l'art. 54 d.P.R.  n. 689/1981).
   Ritiene  pertanto significativo evidenziare il Collegio - sul punto
 della rilevanza ai fmi della decisione in questo procedimento  -  che
 nella  fattispecie  in  esame  lo  stesso  giudice di legittimita' ha
 sinora espresso orientamenti contrastanti in  ordine  alla  questione
 interpretativa   che   forma   oggetto  della  presente  denuncia  di
 incostituzionalita' (essendosi in particolare pronunciate,  in  senso
 conforme  all'orientamento  espresso da questo tribunale, cass., sez.
 VI penale, sent. 28 ottobre 1994,  n.  1906,  deliberata  su  ricorso
 proposto  dal  p.g.  presso la Corte d'appello di Cagliari avverso la
 precedente decisione emessa da questo t.m. all'udienza dibattimentale
 del 23 novembre 1993, C.  imp., nella quale la s.c. ha in particolare
 statuito che "Il  d.P.R.    n.  448/1988,  come  qualunque  normativa
 delegata,  va  interpretato  alla  luce di tutti i principi e criteri
 direttivi enunciati nella legge delega, che  nella  specie  (art.  3,
 legge  n. 81 del 1987) preliminarmente ha consentito le modificazioni
 ed integrazioni imposte dalle particolari condizioni psicologiche del
 minore, dalla sua maturita' e dalle esigenze  della  sua  educazione.
 Ora, l'art. 30/1 d.P.R. cit. - che, riferendosi alla personalita' del
 minorenne,  indubbiamente  recupera  la  ratio  dei limiti soggettivi
 posti dall'art. 59 della legge n. 689/1981  all'applicabilita'  delle
 sanzioni sostitutive, rimettendo alla discrezionalita' del giudice la
 determinazione  dell'opportunita'  della  sostituzione  - non avrebbe
 dato completa attuazione alla delega senza  l'interpretatio  abrogans
 operata dal tribunale, che questa Corte condivide", e l'altra, cass.,
 II  sez.  Penale,  sent.  30  settembre  1994,    n.  917,  anch'essa
 deliberata su ricorso dello stesso p.g.  contro  l'ennesima  sentenza
 emessa  da  questo tribunale nella materia de qua, S. imp., in cui la
 s.c. ha ritenuto infondata la censura del p.m. ricorrente sul rilievo
 che "... la valutazione della personalita' del minore, alla quale nel
 caso di specie il tribunale si e' ... sostanzialmente  riferito,  sia
 stata  imposta  dalla  norma  (in  uno  alle altre situazioni in essa
 indicate) come primaria, esclusiva ed assorbente  anche  rispetto  ai
 precedenti  penali  specifici  del minore stesso (quei precedenti che
 nel sistema generale della  legge,  n.  689/1981  costituirebbero  le
 esclusioni  soggettive:  art. 59), unico limite essendo quello, posto
 dalla norma stessa, della misura (due anni)  della  infliggenda  pena
 detentiva".
   Sono  invece  espresse  in  senso contrario all'interpretazione che
 questo giudice valuta conforme ai principi costituzionali, cass.,  IV
 sez.  penale,  sent.  13  gennaio  1995  deliberata ancora su ricorso
 proposto dal p.g. presso la Corte d'appello di Cagliari  avverso  una
 ulteriore  sentenza  pronunciata  da  questo  t.m., A. e C. imputati,
 secondo la quale  "...  l'interpretazione  del  tribunale  non  trova
 alcuna  conferma ricavabile dal testo letterale del detto d.P.R." (22
 settembre l988 n. 448) "in quanto con il citato  articolo  30  si  e'
 voluto  apportare  dal  legislatore, nel caso di processi a carico di
 minorenni, per le sanzioni sostitutive, una deroga a quanto stabilito
 dall'art.  53 della legge n. 689/l981 solamente con riferimento  alla
 pena  che  e'  stata  fissata  in due anni di reclusione senza alcuna
 distinzione fra le sanzioni", considerato altresi'  che  "Se  ...  si
 fosse  voluto depurare, come ritengono i giudici del merito, la norma
 in questione dalle  esclusioni  in  essa  contenute,  siano  esse  di
 carattere  oggettivo o soggettivo, non vi sarebbe stato motivo alcuno
 per  non  farne  specifico  richiamo   con   espressa   indicazione":
 decisione,  l'ultima  richiamata,  con  la  quale la s.c. ha pertanto
 annullato  la  decisione  impugnata  dal  p.g.   rinviando   per   la
 definizione  nel  merito  della  posizione  degli  imputati  a questo
 Tribunale che ha  quindi  sollevato  eccezione  di  costituzionalita'
 delle  medesime  norme con ordinanza 13 febbraio 1997 - pubblicata al
 n. 283/1997 del registro ordinanze Corte costituzionale  in  Gazzetta
 Ufficiale,  prima  serie speciale n. 22, in data 28 maggio 1997 - non
 ancora esaminata dalla Consulta; e si e' parimenti espressa in  senso
 contrario  all'orientamerito  del tribunale rimettente, cass.  sez. V
 penale, sentenza 16 febbraio-17 aprile 1996, imp. S.,    annotata  in
 "Cassazione  Penale",  1997,  p.  163-164,  la  quale ha formulato la
 valutazione che la disciplina dell'art. 30 "......  non  esclude  ne'
 esplicitamente  ne'  implicitamente   l'operativita' delle condizioni
 soggettive, ostative alla sostituzione della pena detentiva anche per
 gli imputati minorenni  ....  ma  esplica  una  funzione  derogatoria
 limitata  all'entita'  della pena per la semidetenzione e la liberta'
 controllata, come e' reso evidente  anche  dal  fatto  che  esso  non
 disciplina  la sanzione sostitutiva della pena  pecuniaria per la cui
 applicabilita' anche ai minori bisogna far capo alla regola  generale
 di cui agli artt. 53 e ss. legge n. 689/1981".
   Aggiungasi,  infine,  che  -  sin dai primi commenti elaborati dopo
 l'entrata in vigore del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448 -  e'  stata
 ritenuta  conforme  ai  principi  ispiratori  della  riforma del rito
 penale  minorile  proprio  l'interpretazione  dell'art.  30  che   il
 remittente  valuta conforme ai principi costituzionali (cfr., "Codice
 di procedura penale minorile commentato", in "Esperienze di giustizia
 minorile", numero speciale edito nel  1989,  pagg.  217-218,  ove  e'
 fatto   espresso   richiamo  all'art.  3,  lettera  f)  della  citata
 legge-delega n. 81/1987 che  conferiva  al  governo  il  mandato  per
 disciplinare  in  via  autonoma  - rispetto all'altra in vigore per i
 condannati  maggiorenni - la materia delle pene sostitutive: "..., la
 norma in esame afferma una generale applicabilita' ai minorenni delle
 sanzioni sostitutive di semidetenzione e liberta' controllata, con il
 solo limite che il giudice ritenga  di  dovere  infliggere  una  pena
 detentiva non superiore ai due anni. Sembra dunque che non operino le
 esclusioni soggettive previste dall'art. 59 e le esclusioni oggettive
 in  relazione  a  categorie  di reati o a specifici reati di cui agli
 artt. 54" (abrogato dall'art.   5, comma  1-bis,  d.-l.  n.  187/1993
 cit.)  "e  60  della  legge  n.  689/1981.    La  correttezza di tale
 soluzione risulta da una rilettura della  legge  delega  16  febbraio
 1987  n. 81. Mentre l'art. 2 n. 45 di detta legge ha disposto per gli
 adulti che l'applicazione delle sanzioni sostitutive  avvenisse  solo
 nei  casi  consentiti,  chiarendo  cioe'  che tale applicazione fosse
 ammissibile unicamente allorche' le sanzioni risultassero applicabili
 in base alla legge n.  689/l981  che  le  ha  introdotte  nel  nostro
 ordinamento,  ben  diverso  e'  il  contenuto dell'art. 3, lettera f)
 legge n. 81/1987 che ha delegato al governo di regolamentare ex  novo
 le misure sostitutive per i minorenni, con una direttiva specifica di
 adeguare la loro applicabilita' anche in base alla pena irrogabile in
 concreto.  In  forza di tale delega generale il governo ha ampliato i
 precedenti limiti di pena detentiva, da tre e sei mesi  portandoli  a
 due  anni, per liberta' controllata e semidetenzione; e, ridisegnando
 queste due figure in modo nuovo  e  autonomo,  non  ha  richiamato  e
 pertanto ha caducato tacitamente le esclusioni soggettive e oggettive
 previste  dagli  artt.  54, 59 e 60, legge n. 689/l981. A conferma si
 osserva che invece nell'art. 30  comma  2  il  legislatore  opera  un
 rinvio  alle leggi vigenti, che in quanto ivi richiamate hanno valore
 solo per disciplinare l'esecuzione  delle  sanzioni  sostitutive.  E'
 chiaro comunque che, con l'elevazione a due anni del limite superiore
 di  pena  detentiva in concreto che consente l'applicazione delle due
 misure sostitutive, non ha piu' ragione l'elenco  dei  reati  esclusi
 ricavabile  dagli  artt.    54  e  60, legge n. 689/1981. Ma anche le
 esclusioni soggettive di cui all'art. 59 della citata  legge  perdono
 di significato in un sistema che nasce con il proposito dichiarato di
 limitare  i danni del carcere ai minorenni. Dunque, qualunque siano i
 precedenti penali e per ogni tipo di reato (purche', si  ripete,  sia
 irrogabile una pena in concreto non superiore ai due anni) il giudice
 minorile    puo'   condannare   alle   sanzioni   sostitutive   della
 semidetenzione e della liberta' controllata").
   Ritiene infine il  tribunale  remittente  di  richiamare  le  linee
 interpretative  enunciate  dalla Consulta nella sentenza 27-28 aprile
 1994, n. 168 (che ha dichiarato l'incostituzionalita' degli artt.  17
 e   22   del   Codice  penale  "nella  parte  in  cui  non  escludono
 l'applicazione della pena dell'ergastolo al minore  non  imputabile",
 proprio  sul  presupposto  che  le  norme  denunciate  si applicavano
 indifferenziatamente  sia  agli  adulti  che  ai  minorenni):  se  si
 considera, dunque che l'art. 31 della Carta fondamentale "prevede una
 speciale  protezione  dell'infanzia e della gioventu' e favorisce gli
 istituti necessari a tale scopo anche l'art.  27  della  Costituzione
 (secondo  il  quale  "le  pene  devono  tendere alla rieducazione del
 condannato": terzo comma) deve essere interpretato nel  senso  che  "
 ..nei  confronti  di  un soggetto ancora in formazione e alla ricerca
 della propria identita' la pena deve avere una connotazione educativa
 piu' che rieducativa, in funzione  del  suo  inserimento  maturo  nel
 consorzio  sociale",  valutato  in  ogni  caso  che  "la  particolare
 condizione minorile esige  di  diversificare  il  piu'  possibile  il
 trattamento del minore dalla disciplina punitiva generale".
   Nella   stessa   linea   interpretativa,  il  Collegio  ritiene  di
 richiamare altresi' l'anteriore sentenza n. 222, in  data  19  luglio
 1983   con   la   quale   la   Corte   costituzionale  ha  dichiarato
 l'illegittimita'  costituzionale  del  secondo  comma,  dell'art.  9,
 r.d.-l.  20  luglio  1934,  n.  1404,  sancendo  "la diversita' della
 condizione  minorile  rispetto  a  quella  riguardante  gli  adulti":
 osservando,  altresi',  che  l'art. 1, primo comma, (secondo periodo)
 del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448,   si configura quale  norma  di
 carattere  programmatico, alla quale puo' essere dunque attribuita la
 funzione  di  orientamento  generale  dell'interprete  in   sede   di
 applicazione  degli  istituti previsti dalla normativa (sostanziale e
 processuale),  incentrata  sui  minori   e   calibrata   sulla   loro
 particolare  condizione  di soggetti immaturi e dalla personalita' in
 via di formazione.
   Consegue dunque alla puntuale applicazione delle  richiamate  linee
 interpretative che "e' la qualita' stessa della sanzione, non la sola
 quantita', che deve distinguere la pena minorile da quella ordinaria"
 (cosi',  nella relazione presentata al Ministro di grazia e giustizia
 dalla  Commissione  di  studio  sui  problemi   ordinamentali   della
 giustizia minorile insediata nell'anno 1994 dal prof. Giovanni Conso,
 pubblicata  in  "Minorigiustizia"  n.  1/1995,  ove in particolare si
 auspica che la riforma del codice penale preveda "un apposito sistema
 di sanzioni minorili, dove il carcere sia ...  ridotto  alle  ipotesi
 estreme").
   Si  richiama,  inoltre,  l'orientamento interpretativo recentemente
 formulato dalla Consulta in riferimento a fattispecie nelle quali era
 stata denunciata la legittimita' costituzionale di istituti  previsti
 dal vigente Ordinamento penitenziario (materia, questa, alla quale il
 Collegio  ritiene  possa  essere assimilata anche l'altra relativa ai
 limiti, ed alle  modalita'  applicative,  delle  "pene  sostitutive",
 considerata  la  natura  afflittiva  di  queste  ultime  - secondo la
 costante ed univoca esegesi giurisprudenziale - e  la  trasformazione
 nella  corrispondente  specie  della  pena detentiva sostituita nelle
 ipotesi di revoca disciplinate dal citato art. 72, legge n. 689/1981,
 o nell'altra dell'"inosservanza  delle  prescrizioni"  imposte  nella
 fase  esecutiva  della  semidetenzione  o della liberta' controllata,
 agli effetti dell'art.  66 stessa legge), con le sentenze Corte cost.
 nn. 107/1997 e 403/1997, secondo cui  "...  l'assoluta  parificazione
 tra  adulti  e  minori  in  questa  materia  possa confliggere con le
 esigenze di specifica  individualizzazione  e  di  flessibilita'  del
 trattamento  del detenuto minorenne" principio applicando il quale il
 giudice delle leggi ha  dichiarato  (con  la  citata  sentenza  10-17
 dicembre  1997,  n.  403) l'illegittimita' costituzionale della norma
 (l'art.  30-ter,   quinto   comma,   della   legge   sull'ordinamento
 penitenziario)   nella   parte  in  cui,  omettendo  di  operare  una
 differenziazione  fra  detenuti  maggiorenni  e  minorenni   (ovvero,
 detenuti  per  reati  commessi  in  eta' minore), determina anche nei
 riguardi  di  questi  ultimi  l'esclusione  (operante,  appunto,  con
 "effetto    automatico"   dal   beneficio   della   concessione   dei
 "permessi-premio" nell'arco dei due anni successivi alla condanna  od
 all'assunzione  della  qualita'  di imputato da parte del detenuto in
 riferimento  ad  un  ulteriore  delitto  doloso  commesso  durante la
 restrizione  carceraria  (in   espiazione   di   pena),   o   durante
 l'esecuzione di una misura restrittiva della liberta' personale.
   Ha infatti ritenuto la Consulta - con valutazione che il remittente
 richiama  integralmente  (valutandola  estensibile  alla  fattispecie
 disciplinata dal richiamato art. 72,  legge  n.  686/1981,  parimenti
 denunciato  di  incostituzionalita'  con  la presente ordinanza), che
 "...  Il  rigido  automatismo  dell'esclusione,  ...,  che  impedisce
 qualsiasi  valutazione,  da  parte  del  giudice,  della condotta del
 minore,....  impedisca di perseguire efficacemente  quel  progressivo
 reinserimento  armonico della persona nella societa', che costituisce
 l'essenza  della  finalita'  rieducativa,  assolutamente   preminente
 nell'esecuzione  penale  minorile:  tutto  cio'  conduce  a  ritenere
 irrimediabilmente compromesse, dalla norma  in  questione  in  quanto
 applicata  indifferenziatamente  ai  minori,  le  specifiche esigenze
 costituzionali che debbono informare il diritto penale minorile".
   Valuta quindi il Collegio che anche l'(indifferenziata)  estensione
 ai  minori  delle  norme  denunciate  di  incostituzionalita'  con la
 presente ordinanza - e  primariamente,  dell'"automatismo"  assegnato
 dall'art.    72  della legge sulla depenalizzazione alla revoca della
 pena sostitutiva  (determinata  dall'insorgenza  delle  "preclusioni"
 disciplinate dall'art.  59 per effetto delle condanne successivamente
 inflitte   al   minore  nei  cui  riguardi  la  detentiva  era  stata
 precedentemente  sostituita),  contrasta  irrimediabilmente  con   il
 perseguimento  della  finalita'  rieducativa  (e risocializzante) cui
 sono certamente (e maggiormente) preordinate  le  "pene  sostitutive"
 rispetto  alle  pene  (detentive)  sostituite:  cosicche'  la  revoca
 automatica della prima misura, determinando l'ingresso  nel  circuito
 carcerario  del  condannato  minorenne  (o per reati commessi in eta'
 minore), non solo ne modifica negativamente lo status, ma soprattutto
 si caratterizza per essere essenzialmente (se non esclusivamente) una
 "sanzione" (per di piu',  detentiva),  indirettamente  inflitta  allo
 stesso minore.
   Ne'  la  compatibilita'  costituzionale  dell'istituto disciplinato
 dall'art. 72 citato puo' essere fatta salva dalla considerazione  che
 il  condannato  minorenne  il  quale  -  in  conseguenza della revoca
 (automatica) della pena sostitutiva - faccia  ingresso  nel  circuito
 carcerario,  potrebbe  in  ogni caso vedere soddisfatta l'esigenza di
 risocializzazione   (e   la   finalita'   rieducativa,   alla   prima
 direttamente   connessa)   attraverso  la  fruizione  dei  "benefici"
 previsti dall'Ordinamento penitenziario: poiche' dette esigenze  sono
 comunque  frustrate  (o  quantomeno, pesantemente ostacolate) proprio
 dall'ingresso nel circuito carcerario che le  pene  sostitutive  sono
 viceversa preordinate ad evitare.
   Considerazioni  sostanzialmente  analoghe  valgono  poi  a ritenere
 costituzionalmente illegittime le norme  denunciate  (ed  in  primis,
 ancora,  il  richiamato  art.  n.  72  della  legge  n. 689/1981) nei
 riguardi dei condannati ad  una  pena  sostitutiva  i  quali  abbiano
 assunto   -   come   nella  fattispecie  che  interessa  il  presente
 procedimento, in  epoca  successiva  alla  pronuncia  della  sentenza
 applicativa  della  misura  -  la  qualita' (ed il correlativo status
 protetto) di "collaboratori di giustizia" sottoposti a  programma  di
 protezione, secondo la vigente normativa in materia.
   Non  puo'  infatti  trascurarsi  di  considerare che il rientro nel
 circuito carcerario (dal quale il "collaborante" condannato alla pena
 sostitutiva   e'   fuoriuscito   in   seguito   all'attivazione   del
 "programma", puo' determinare gravissime ripercussioni negative sulla
 persona  del  condannato,  certamente  esponendolo  ad un (quantomeno
 potenziale) pregiudizio per la propria incolumita' fisica: cosicche',
 anche sotto tale profilo  l'"automatismo"  della  revoca  della  pena
 sostitutiva  che  consegue  all'applicazione  dell'art.  72, legge n.
 689/1981 (operando  indifferenziatamente  nei  riguardi  di  tutti  i
 condannati,  senza  considerare  l'eventuale  "status  protetto"  che
 consegue  all'assunzione  della   qualita'   di   "collaboratore   di
 giustizia"),  induce  un  rilevante  sospetto di incostituzionalita',
 evidentemente rafforzato se - come si verifica per lo Ianni' - questi
 cumula la duplice  condizione  (protetta)  di  condannato  per  reati
 commessi  in  eta'  minore,  e  quella di "collaborante" sottoposto a
 programma di protezione.
   Rileva infine ulteriormente il Collegio remittente che neppure  nei
 riguardi  dei  condannati  che  ricadano  nella  richiamata categoria
 "protetta"    la    compatibilita'    costituzionale    dell'istituto
 disciplinato  dall'art.  72 citato puo' essere fatta salva attraverso
 la considerazione che il condannato "collaborante" puo' accedere  con
 modalita'  particolarmente  favorevoli  alla  fruizione delle "misure
 alternative" alla detenzione (si pensi, ad esempio,  alla  detenzione
 domiciliare   in   una  localita'  tenuta  segreta,  prescelta  dalla
 Commissione centrale): tanto che lo stesso difensore dello Ianni'  ha
 espressamente configurato la possibilita' che l'eventuale avvio della
 detenzione  conseguente  alla  revoca  della  pena  sostitutiva venga
 trascorso sempre attraverso la  concessione  della  predetta  "misura
 alternativa"  alla  detenzione  carceraria  (per l'ulteriore parte di
 pena detentiva conseguente alla revoca della liberta' controllata).
   Considerata infatti la natura (esclusivamente) sanzionatoria  della
 "revoca   automatica"   prevista   dall'art.  72  della  legge  sulla
 depenalizzazione,  la  sua  applicazione  indifferenziata  anche   ai
 condannati  collaboranti  pregiudica il perseguimento della finalita'
 rieducativa (e dell'altra risocializzante) alla cui attuazione  anche
 le misure di protezione sono preordinate.
   Per  le considerazioni svolte, l'estensione agli imputati minorenni
 -  e,  per  quanto  specificamente  interessa  lo  Ianni,  anche   ai
 condannati  per  reati  commessi  in eta' minore che si trovino nella
 condizione di "collaboranti" (sottoposti a programma di protezione) -
 delle limitazioni previste dall'art. 59, legge n.  689/1981  (secondo
 l'interpretazione  assunta  dalla  s.c.  nelle sentenze richiamate) -
 nonche' l'"automatismo" della  conversione  conseguente  alla  revoca
 della pena sostitutiva (secondo la previsione dell' art. 72, legge n.
 449/1981)  -  determinano una irragionevole disparita', riservando ai
 minorenni (ed ai condannati "collaboratori di giustizia" sottoposti a
 "programma di protezione", agli effetti degli artt. 9 e ss. d.-l.  15
 gennaio  1991, n. 8, convertito con legge 15 marzo 1991, n. 82,  come
 modificato dal d.-l. 8 giugno 1992, n. 306, convertito  con  legge  7
 agosto  1992, n. 356)  l'identico trattamento sanzionatorio riservato
 agli imputati maggiorenni (per i  primi),  ed  alla  generalita'  dei
 condannati  (per  i secondi), nonostante la profonda diversita' della
 rispettiva condizione, e la conseguente lesione del  richiamato  art.
 31  della  Carta  costituzionale,  nonche' la lesione dei principi di
 eguaglianza sostanziale (art. 3 Cost.), e della funzione  rieducativa
 assegnata  alle  sanzioni penali (incluse quindi le pene sostitutive:
 art. 27, terzo comma della Costituzione).
   Con  separata  ordinanza  deve  infine   disporsi   lo   "stralcio"
 dell'istanza  formulata  dal  difensore  dello I ...   per conseguire
 l'aplicazione della disciplina del "reato continuato"  alle  sentenze
 di   condanna   richiamate   con  la  formulazione  delle  epigrafate
 richieste.