LA COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE Ha emesso la seguente ordinanza avverso decisione impugnata n. 15 ottobre 1995 della Commissione tributaria di primo grado di Torino - appellante: Introvaia Gaetano contro l'ufficio IVA di Torino - imposta: IVA 89-90; Letti gli atti; Udito il relatore avv. Piero Monti; Ritenuto in fatto A seguito di accertamenti induttivi dell'ufficio IVA di Torino relativi agli anni di imposta 1989 e 1990 venivano emesse e notificate due cartelle esattoriali che venivano impugnate dal contribuente sig. Introvaia Gaetano, con unico atto riguardante anche i due accertamenti presupposto delle cartelle. Le contestazioni mosse dall'ufficio traevano origine dalla asserita mancata presentazione delle denuncie annuali IVA afferenti gli anni 1989 e 1990. Secondo il contribuente, invece, le due denunce erano state presentate, come sarebbe comprovato dalla copia di una ricevuta di spedizione di raccomandata emessa il 12 marzo 1990 e da dichiarazione dell'Amministrazione postale del 25 novembre 1993 attestante, unitamente ad un'altra ricevuta, l'invio di un plico da parte del sig. Introvaia all'ufficio IVA di Torino avvenuto il 5 marzo 1991. Tali documenti venivano allegati al ricorso, unitamente a copia delle dichiarazioni in contestazione, da cui emergerebbe un credito IVA e, conseguentemente, l'assenza di interesse a non presentare dette dichiarazioni. Secondo il ricorrente la mancanza del presupposto dell'accertamento determinerebbe la conseguenziale nullita' delle cartelle esattoriali, a poco rilevando il fatto che gli avvisi di accertamento non siano stati autonomamente impugnati, sia perche' mancherebbe la prova della effettiva notifica degli stessi, sia perche', comunque, sarebbe incostituzionale, per violazione dell'art. 53, richiedere la previa impugnazione di atti, anche quando manchi lo stesso presupposto della violazione. Con decisione in data 12 gennaio 1995 la Commissione di primo grado di Torino, ha respinto il ricorso, per la mancata tempestiva impugnazione degli avvisi di accertamento, presupposto delle due cartelle esattoriali. Avverso tale decisione ha proposto tempestivo e rituale appello il contribuente ribadendo le precedenti difese e richieste e facendo altresi' presente che, per i medesimi fatti, l'Autorita' giudiziaria lo aveva prosciolto, con sentenza del 13 aprile 1995, per insussistenza del fatto contestato. Con successiva istanza ex artt. 283 e 351 c.p.c. depositata il 21 settembre 1996 il contribuente ha richiesto la sospensione della esecuzione della decisione impugnata, essendo stato fissato, per il giorno 26 ottobre 1996, l'incanto di un immobile di sua proprieta' sito a Palmi, in relazione alla complessiva somma di L. 159.247.398 messa a ruolo per il recupero dei tributi, sovrattasse, interessi e spese inerenti agli atti impugnati. L'ufficio, con atto ricevuto il 4 ottobre 1996, ha giustificato il suo ritardo nella costituzione in giudizio con il fatto di aver ricevuto l'istanza di trattazione dell'udienza oltre i termini di cui all'art. 3 d.-l. 546/1992 ed ha percio' chiesto la fissazione di nuova udienza per costituirsi legittimamente, ex art. 54 d.-l. 546/1992. Nel merito ha, comunque, richiesto la conferma della decisione di primo grado. Con successivo atto depositato il 7 ottobre 1996, sempre l'ufficio ha chiesto la discussione in pubblica udienza. All'udienza pubblica del 21 ottobre 1996 la Comissione, sentite le parti e sospesa, cautelativamente, l'esecuzione (imminente) dell'atto impugnato, si e' riservata la decisione. A scioglimento della riserva, la commissione ha pronunciato la seguente ordinanza. La soluzione della presente controversia dipende esclusivamente dall'art. 16 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636 che, al comma 1, prevede che il ricorso contro il ruolo e' ammesso anche per i motivi diversi da quelli relativi a vizi propri, soltanto se tale atto non e' stato preceduto dalla notificazione dell'avviso di accertamento. Poiche' nel caso in esame l'avviso di accertamento era stato regolarmente notificato, e' evidente che il tenore letterale della norma in questione impedirebbe di prendere in esame argomenti diversi da quelli inerenti a vizi propri della iscrizione a ruolo. Si ritiene, pero', che tale normativa possa portare a risultati iniqui e non conformi alle superiori norme costituzionali. Non ignora, questa Commissione, il principio generale che regola la disciplina generale degli atti amministrativi (e quella speciale degli atti di accertamento tributari), per cui e' indispensabile assicurare certezza e "definitivita'" a tali atti. Il decorso del termine prefissato per legge per impugnare un atto fa' si che, giustamente, vengano precluse successive contestazioni in merito alla validita' ed all'efficacia di quell'atto. In materia tributaria, pero', questo principio deve essere adeguato al significato sostanziale che sottende all'atto di accertamento. E' ben noto che il concetto stesso di "imposta" e' rigorosamente deliminato nel senso che si deve trattare di un'entrata stabilita in conformita' di principi distributivi costituzionalmente legittimi. Le entrate pubbliche e, tra queste, in modo particolare, le imposte, sono il risultato di un'attivita' degli enti pubblici del tutto soggetta alla legge, per tale intendendo non soltanto le leggi ordinarie ma anche, e soprattutto, le norme costituzionali. I principi distributivi formulati da queste ultime norme, proprio perche' costituiscono il limite entro il quale deve contenersi il legislatore ordinario, sono anche un limite invalicabile, al di la' del quale non possono esistere ne' entrate pubbliche in generale, ne' imposte in particolare. L'imposta, pertanto, per rimanere tale, deve limitarsi a colpire il reddito, il patrimonio e le entrate di un singolo soggetto, ispirandosi al principio di capacita' contributiva e deve conformarsi a tale principio in tutte le sue norme regolatrici e nelle sue pratiche attuazioni. Di conseguenza, ogni norma regolatrice di entrate pubbliche che non sia conforme a principi distributivi costituzionalmente legittimi, da' luogo ad entrate pubbliche non fondate de iure. Di fronte a questi principi di carattere generale, pare alla Commissione che il succitato art. 16 del d.P.R. n. 636/1972 si ponga in palese contrasto con l'art. 53, comma primo, della Costituzione poiche' privilegia il principio di certezza dell'atto amministrativo a scapito del precetto costituzionale di assicurare una redistribuzione della ricchezza in relazione esclusivamente alla propria capacita' contributiva. Il caso in esame e', infatti emblematico. L'Ufficio ha redatto un accertamento sulla base di un dato di fatto poi rilevatosi, di certo, erroneo (l'omessa presentazione delle denunce annuali IVA). In assenza di quell'errore non avrebbe proceduto all'accertamento. Orbene, pur in presenza di questa innegabile situazione di fatto il contribuente non potrebbe sottrarsi ad una pretesa fiscale sicuramente ingiusta e non proporzionata alla sua capacita' contributiva, sol perche', pur essendo ancora in corso la procedura di riscossione del credito erariale, non aveva (per colpa, ignoranza o negligenza, poco importa saperlo) impugnato l'atto accertativo. Una siffatta normativa puo' portare ad una ipotesi di indebito arricchimento dell'erario qualora, come nel caso in esame, quell'accertamento fosse basato esclusivamente su di un dato di fatto errato. Si pensi agli effetti perversi cui si perverrebbe applicando tale principio al caso di un accertamento contenente erronee indicazioni di cifre. Orbene, limitare la possibilita' di porre rimedio a siffatti errori significa violare, in pratica, il principio per cui ogni cittadino puo' essere soggetto all'imposizione fiscale solo in relazione alla propria capacita' contributiva. In questi casi il cittadino "lento" nel rilevare l'errore dovrebbe accollarsi un carico fiscale differente e maggiore rispetto al dovuto. Appare quindi non manifestamente infondato dubitare della costituzionalita' dell'art. 16 del d.P.R. n. 636/1972, laddove non consente di impugnare l'iscrizione a ruolo preceduta dalla notificazione dell'avviso di accertamento, oltre che per vizi propri, anche per errori di fatto contenuti nell'avviso di accertamento, cosi' consentendo di pervenire a risultati contrastanti con il disposto dell'art. 53, comma primo, Cost. La presente questione e' sicuramente rilevante ai fini della decisione, poiche' l'attuale testuale formulazione dell'art. 16 del d.P.R. n. 636/1972 impedisce di prendere in considerazione, nel caso in esame, le giuste doglianze del contribuente.