IL PRETORE
   Nelle  cause  r.g.l.  n.  882/1997  e  altre  promosse  da Certoma'
 Giuliano e altri (avv. Rita Rossi) contro Ferrovie dello Stato s.p.a.
 (avv.ti F. Carinci e S. Mainardi).
   A scioglimento della riserva ha pronunciato la  seguente  ordinanza
 di rimessione degli atti alla Corte costituzionale.
   1.  - I ricorrenti hanno chiamato in giudizio con distinti processi
 la societa' per azioni Ferrovie dello Stato e  ne  hanno  chiesto  la
 condanna  a pagare loro somme di denaro quali differenze del compenso
 per il lavoro straordinario prestato negli anni dal 1993 al 1995, che
 ritenevano dovute ai sensi  dell'art.  44,  comma  2,  del  Contratto
 collettivo  di  lavoro  1990-1992, rispetto a quanto gia' corrisposto
 dalla societa' a tale titolo.
   2. - La societa' ha eccepito che i calcoli per i compensi dovuti  e
 pagati per il lavoro straordinario prestato dai ricorrenti negli anni
 dal  1993 al 1996 erano stati fatti con la applicazione dell'art.  7,
 comma 5, d.-l. 19 settembre 1992, n. 384, convertito dalla  legge  n.
 438/1992  e  dall'art.  3,  comma 36 della legge 24 dicembre 1993, n.
 537.
   3. - Nell'udienza  di  discussione  la  difesa  dei  ricorrenti  ha
 eccepito  la  illegittimita'  costituzionale  delle  norme  citate ed
 applicate dalle F.S. nei termini che si riportano di seguito:
     Solleva questione di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  7,
 comma  5  del  d.-l.  n.  384/1992 convertito nella legge n. 438/1992
 nella  parte  in  cui  prevede  che  le   retribuzioni   per   lavoro
 straordinario  -  in  quanto  comprensive per disposizioni di legge o
 atto  amministrativo  previsto  dalla   legge   o   da   disposizioni
 contrattuali,  di una quota di indennita' integrativa speciale di cui
 alla legge n. 324/1959 e successive modificazioni  o  dell'indennita'
 di  contingenza  prevista per il settore privato o che siano comunque
 rivalutabili in relazione alle variazioni  del  costo  della  vita  -
 siano  corrisposte per l'anno 1993 nella stessa misura dell'anno 1992
 e questo in relazione all'art.  36 della Costituzione nella parte  in
 cui  e'  previsto  il  diritto ad una retribuzione proporzionata alla
 quantita' e qualita' del lavoro prestato e dell'art. 3 comma 36 della
 legge 24 dicembre 1993, n.   537 nella parte in  cui  stabilisce  che
 continuano  ad  applicarsi  nel  triennio  1994-1996  le disposizioni
 dell'art. 7, commi 5 e 6 del d.-l.  19 settembre 1992, n. 38,  sempre
 in relazione all'art. 36 della Costituzione.
   4.  -  Le parti sono state autorizzate al deposito di memorie. Solo
 la difesa della societa' F.S. vi ha provveduto.
                         Motivi della decisione
   5. - Sussiste la rilevanza della questione.
   L'accoglimento delle pretese fatte valere in questi giudizi non  e'
 consentito  dalle  norme  citate  ed  applicate,  la cui legittimita'
 costituzionale e' stata contestata.
   6.1. - La difesa dei ricorrenti, a  sostegno  della  eccezione,  ha
 richiamato  la  motivazione  della  ordinanza pronunciata il 9 maggio
 1997 dal pretore di Torino,  con  la  quale  e'  stato  ritenuto  non
 manifestamente  infondata  analoga  eccezione proposta in un giudizio
 dal contenuto identico a quello di questo processo,  con  riferimento
 all'art. 36 della Costituzione.
   6.2.  -  La difesa delle F.S. ha esposto un'analisi approfondita di
 tutte  le  implicazioni  delle  norme  sospettate  di  illegittimita'
 costituzionale,  che  fanno  parte del complesso di quelle introdotte
 dal 1992, volte al contenimento della spesa pubblica, sotto vari modi
 e profili.
   In particolare, tra l'altro, la difesa  ha  contestato  l'efficacia
 delle  norme  citate  nei  casi  concreti nel provocare una effettiva
 diminuzione delle retribuzioni complessive percepite in quei  periodi
 di tempo dai lavoratori ricorrenti, ed ha compiuto anche un esame dei
 precedenti  della  Corte  costituzionale nella materia dell'art.   36
 della Costituzione.
   7. - Non appare necessario  approfondire  in  questa  decisione  al
 valutazione   della   non   manifesta   infondatezza   dell'eccezione
 sollevata.
   Senza rinunciare al doveroso esame che compete ad ogni giudice,  si
 rileva  che l'eccezione e' gia' stata rimessa al giudizio della Corte
 costituzionale dal pretore di Torino con  l'ordinanza  che  e'  stata
 menzionata e richiamata dalla difesa dei ricorrenti.
   Tale  decisione  e'  un  fatto  che  appare  idoneo  a far ritenere
 l'eccezione non manifestamente infondata.
   Sotto  un  secondo  aspetto  si   osserva   che   la   legittimita'
 costituzionale   di   carattere   generale   delle   norme  volte  al
 contenimento della spesa pubblica nel limitare o  impedire  l'aumento
 delle  paghe  dei  lavoratori,  in  relazione alle disposizioni della
 Costituzione sulla retribuzione di cui all'art. 36,  e'  un  giudizio
 che  puo'  essere compiuto solo dalla Corte costituzionale, una volta
 che appaia  prospettabile,  come  nel  caso,  la  possibilita'  della
 lesione dei criteri e dei principi di tale norma.
   La  questione  va  sollevata  anche per consentire ai difensori dei
 lavoratori di poter sostenere adeguatamente le ragioni dell'eccezione
 di fronte alla Corte costituzionale,  come  non  e'  stato  fatto  in
 questa fase del processo.