IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunziato la seguente ordinanza sul ricorso n. 3046797, proposto da Antonio Mondardo e Marco Guazzo, rappresentati e difesi dall'avv. Ivone Cacciavillani, con elezione di domicilio presso la segreteria del t.a.r. ai sensi dell'art. 35 del r.d. 26 giugno 1924, n. 1054; Contro l'ufficio elettorale centrale presso il tribunale di Vicenza per le elezioni provinciali del 16 novembre 1997; in persona del presidente pro-tempore, costituito in giudizio col patrocinio dell'Avvocatura distrettuale dello Stato di Venezia, presso cui ha domicilio legale in San Marco n. 63; per l'annullamento del provvedimento dell'ufficio elettorale centrale di esclusione dalla competizione elettorale della lista "Lega Nord - Liga Veneta"; Visto il ricorso notificato il 21 ottobre 1997 e depositato presso la segreteria il 22 ottobre 1997, con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'ufficio elettorale centrale; Uditi all'udienza pubblica del 15 gennaio 1998 (relatore il consigliere Depiero) gli avv. Cacciavillani per i ricorrenti, e Botta per l'amministrazione; Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue; F a t t o I ricorrenti rappresentano che, per le elezioni del presidente della provincia di Vicenza e il rinnovo del relativo consiglio provinciale indette per il giorno 16 novembre 1997, il termine ultimo per la presentazione delle liste elettorali scadeva alle ore 12 del giorno 18 ottobre 1997. Con atto del 17 ottobre 1997 il segretario dell'ufficio elettorale centrale presso il tribunale di Vicenza dichiarava di aver ricevuto dall'istante Mondardo (in qualita' di delegato del segretario organizzativo regionale della "Lega Nord - Liga Veneta") la lista dei candidati, con tutti gli allegati previsti dalla legge, in particolare "numero 2.431 certificati ... comprovanti l'iscrizione dei presentatori nelle liste elettorali dei comuni della provincia". Con l'atto presentemente opposto (del 19 ottobre 1997), per contro, l'ufficio elettorale centrale ricusava la lista in oggetto, in quanto sarebbe stato depositato, "un elenco di presentatori legittimati superiore al massimo" e cioe' 2.532 anziche' i prescritti 2.500 (e i dichiarati 2.431). Il giorno successivo (20 ottobre 1997) il medesimo ufficio,a tenore dell'art. 33, ultimo comma, del d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, sentiva i delegati della lista, i quali hanno, da un confermato che il numero dei certificati elettorali presentati era 2.341; dall'altro si premuravano di depositare una dichiarazione di ritiro della sottoscrizione da parte di 41 dei presentatori, cosi' da rientrare comunque nel numero prescritto. Nonostante cio' l'ufficio elettorale centrale ha confermato la gia' disposta esclusione. Avverso questo provvedimento agiscono i ricorrenti lamentandone l'illegittimita' con un unico articolato motivo, con cui deducono violazione dell'art. 2699 c.c. e travisamento di fatto. Secondo la prospettazione dei ricorrenti l'atto con cui il segretario dell'ufficio elettorale centrale dichiara di aver ricevuto la documentazione relativa alla presentazione delle liste e' atto pubblico pienamente fidefacente fino a querela di falso. Cio' significa, nella specie, che il dato relativo al numero dei certificati elettorali dimessi, che l'ufficio elettorale medesimo doveva tener fermo (e non aveva facolta' di modificare), era di 2.431, come dichiarato dal segretario. Che vi fossero "firme" in piu' (non "sostenute" dal relativo certificato elettorale) e', all'evidenza, irrilevante. Inoltre, per rimuovere l'effetto probante di quanto accertato dal Segretario, occorreva la querela di falso, ovvero l'eliminazione di tale dato in altre forme. Non essendo siffatta invalidazione intervenuta, il documento fa piena prova della ritualita' della lista presentata. In subordine, gli istanti rappresentano che, comunque, i delegati di lista sentiti dall'ufficio elettorale centrale il giorno successivo hanno presentato un apposito atto con cui 41 sottoscrittori avevano ritirato la loro adesione alla lista, con cio' facendo rientrare il numero delle sottoscrizioni entro quello massimo previsto dalla legge (2.500), del che detto organo doveva prender atto e tener conto, posto che costituiva fatto idoneo a eliminare il motivo di ricusazione. L'amministrazione, costituita, puntualmente controdeduce nel merito del ricorso, concludendo per la sua reiezione, siccome infondato. In limine, ne eccepisce l'inammissibilita' in quanto non proposto nelle forme e secondo le procedure di cui agli artt. 83, undicesimo comma, e seguenti del d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570 e non notificato anche alla provincia. D i r i t t o Col ricorso all'esame gli istanti lamentano l'illegittimita' del provvedimento dell'ufficio elettorale centrale presso il tribunale di Vicenza, che ha escluso dalla competizione elettorale la lista "Lega Nord - Liga Veneta", per aver presentato a supporto della stessa un numero di sottoscrizioni (accompagnate dal previsto certificato elettorale) superiore al limite massimo di 2.500 previsto dall'art. 14, quarto comma, lett. c) della legge 8 marzo 1951, n. 122 (come modificata dalla legge 11 agosto 1991, n. 271). Come risulta dal breve riassunto in fatto che precede, gli istanti affermano di aver presentato entro il termine utile al competente ufficio elettorale centrale la propria documentazione. Il segretario rilasciava un documento attestante il deposito di 2.431 certificati elettorali, laddove al controllo effettuato il giorno successivo dall'ufficio elettorale centrale tali certificati risultavano essere 2.532. Gli istanti (dopo aver ventilato anche l'ipotesi di possibili, successive, manipolazioni della documentazione, peraltro meramente ipotizzate senza addurre il benche' minimo supporto probatorio) lamentano, innanzi tutto, che non si sia tenuto conto del valore di atto pubblico fidefacente fino a querela di falso della "ricevuta" rilasciata dal segretario dell'ufficio, e, in subordine, che l'ufficio elettorale centrale non abbia comunque considerato la circostanza che, il giorno successivo a quello dell'esclusione della lista per superamento del limite massimo di sottoscrizioni, gli stessi hanno fatto pervenire un formale atto di rinuncia da parte di 41 elettori, con cio' rimuovendo il motivo di esclusione. Entrambe le doglianze, come correttamente rappresenta la difesa dell'amministrazione, sono palesemente infondate. L'art. 14 della legge 8 marzo 1951, n. 122 (come successivamente modificato) prevede che la dichiarazione di presentazione del gruppo deve essere sottoscritta (per quanto qui rileva) "da almeno 1.750 e da non piu' di 2.500 elettori iscritti nelle liste elettorali di comuni compresi nelle province con piu' di 500.000 abitanti e fino a 1.000.000 di abitanti". Il sesto comma prescrive poi che "la presentazione deve essere effettuata dalle ore 8 del trentesimo giorno alle ore 12 del ventinovesimo giorno antecedenti la data delle elezioni alla segreteria dell'ufficio elettorale centrale, il quale provvede all'esame delle candidature e si pronuncia sull'ammissione di esse secondo le norme in vigore per le elezioni comunali". A sua volta, l'art. 33, primo comma lett., a), del d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570 (e successive modificazioni) prescrive che la commissione elettorale, il giorno successivo a quello stabilito per la presentazione delle liste "verifica che le liste siano sottoscritte dal numero richiesto di elettori, eliminando quelle che non lo sono". Sotto il profilo procedimentale e' ancora previsto che il delegato di ciascuna lista possa prendere immediatamente cognizione delle contestazioni fatte dalla commissione (nel nostro caso, l'ufficio elettorale centrale) e delle modificazioni apportate alla lista, e che la commissione torni a riunirsi l'indomani alle ore 9 per udire, eventualmente, i delegati delle liste contestate o modificate, ed ammettere nuovi documenti onde deliberare seduta stante sulle modificazioni eseguite. E cosi' infatti, e' avvenuto: l'ufficio elettorale centrale ha preso in esame la lista dei ricorrenti e, effettuati i relativi controlli ed accertato che le regolari sottoscrizioni (cioe' quelle accompagnate dai relativi certificati elettorali) erano superiori - sia pure di sole 31 unita' - al massimo previsto dalla legge (2.500), ha provveduto all'esclusione della lista medesima. Del tutto infondata appare la prima tesi difensiva prospettata dai ricorrenti, e cioe' che l'atto del segretario dell'ufficio con cui lo stesso dichiara di aver ricevuto la documentazione (che, nella specie, indicava in 2.43 1 le valide sottoscrizioni) farebbe fede fino a querela di falso, di talche' l'ufficio elettorale centrale non potrebbe discostarsene. Innanzi tutto, la legge non parla affatto di tale atto, che, all'evidenza costituisce una sorta di "ricevuta a protocollo" attestante che la documentazione e' stata presentata. Ne' alcun potere di "accertamento" la legge assegna al segretario dell'ufficio al quale ufficio solamente, nella sua ordinaria composizione, e' demandata la verifica della documentazione dimessa. Anche a seguire la tesi dei ricorrenti, tuttavia, il risultato non cambierebbe. Infatti, posto che la legge (per evidenti motivi di funzionalita') non impone al segretario di "contare" i documenti presentati, bensi', se dal caso, solo di attestare di averli ricevuti, risulta chiaro che, a tenore del richiamato art. 2699 c.c. e del successivo art. 2700, ("l'atto pubblico fa piena prova, fino a querela di falso, della provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha redatto, nonche' delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti") detto atto non sarebbe comunque idoneo ad attestare con fede privilegiata un farto (quale il conteggio delle certificazioni) che il segretario non ha materialmente compiuto, ne' e' avvenuto in sua presenza. Nella specie, nessuno dubita che i ricorrenti abbiano presentato liste e documenti in quella certa data ed ora, e abbiano dichiarato al segretario che le sottoscrizioni munite di certificato elettorale erano 2.431, di tal che, anche ammesso che l'atto di cui si controverte abbia natura di atto pubblico fidefacente fino a querela di falso, poiche' (e' pacifico in causa) il segretario non ha provveduto a contare i certificati elettorali bensi' si e' limitato a recepire la dichiarazione delle parti, risulta chiaro che, sul punto, il documento di cui si controverte non ha alcuna speciale efficacia probante. A tacer del fatto che, lo si ribadisce, il controllo delle sottoscrizioni non spetta affatto al segretario, bensi' all'ufficio elettorale centrale. Ne' miglior sorte puo' aver il secondo argomento difensivo, secondo cui l'ufficio elettorale centrale avrebbe dovuto, in ogni caso, dare rilievo alla nuova documentazione prodotta dalle parti in sede di contestazione dell'esclusione, e cioe' la rinuncia alla sottoscrizione da parte di 41 elettori, che avrebbe riportato il numero dei sottoscrittori al di sotto del limite massimo previsto dalla legge. E' fin troppo facile osservare, in primis, come questo argomento abbia un indubbio valore confessorio: infatti se i ricorrenti si sono premurati di produrre un certo numero di rinunce al fine di ricondurre il numero dei sottoscrittori a legalita', e' evidente che erano perfettamente consapevoli di averlo superato. Anche a prescindere da cio', tuttavia, e' chiaro che le condizioni di legge per essere ammessi alla competizione elettorale devono essere possedute al momento di scadenza dei termini, il che, nel caso, non era. Del tutto legittimamente, quindi, l'ufficio elettorale centrale ha proceduto all'esclusione della lista di cui trattasi. La conclusione cui si dovrebbe pervenire, a questo punto, e' la reiezione del ricorso, poiche' l'unico, articolato, motivo di doglianza appare palesemente infondato. Tuttavia il collegio pare che sia seriamente dubitabile la conformita' alla Costituzione, e, in specie, agli artt. 3 (poiche' si trattano in modo eguale situazioni sostanzialmente diverse) e 97, sotto i profili della ragionevolezza e proporzionalita' dell'azione rispetto al risultato, non tanto della norma che prevede un limite "superiore" alle sottoscrizioni della lista, bensi' dell'art. 33. primo comma, lett. a) del d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, laddove commina la sanzione dell'esclusione della lista stessa in ogni caso di superamento del limite medesimo. La legge, nel nostro caso l'art. 14 della legge 8 marzo 1951. n. 122 e successive modificazioni, prevede che "la dichiarazione di presentazione del gruppo deve essere sottoscitta ... da almeno 1.750 e da non piu' di 2.500 elettori iscritti nelle liste elettorali" dei comuni ricompresi nella provincia interessata. L'ultimo comma dell'art. 14 richiama, quanto ad aspetti procedimentali, le norme vigenti per le elezioni comunali, le quali, sul punto, prevedono l'esclusione delle liste non sottoscritte da un numero di elettori esattamente compreso entro i limiti (inferiore e superiore) previsti. La giurisprudenza e' univoca nel ritenere entrambi tali limiti inderogabili (si veda, a titolo di esempio: t.a.r. Abruzzo - Pescara n. 334 del 25 giugno 1993, che, tra l'altro, dichiara manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 30, primo comma, lett. a) del d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570 in relazione al successivo art. 33. relativamente all'omessa previsione in capo alla commissione elettorale del potere di riduzione d'ufficio delle firme di presentazione delle liste eccedenti, rispetto ad analogo potere - ben piu' pregnante - ammesso nei confronti delle candidature che superano il massimo consentito; t.a.r. Sicilia - Catania, n. 1483 del 9 luglio 1994). Il Collegio non ignora che la questione della legittimita' costituzionale del limite massimo delle sottoscrizioni delle liste e' gia' stata affrontata dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 83 del 19 febbraio-4 marzo 1992 (su ordinanza di rimessione della Sezione V del Consiglio di Stato n. 824 del 13 maggio 1991), e che la stessa ha concluso per la piena legittimita' di tale limite esaminandone il significato ed argomentando con ragioni di carattere storico-sistematico. Ciononostante il collegio ritiene di investire nuovamente la Corte costituzionale della questione (che e' rilevante nella specie, e non manifestamente infondata) in quanto, contrariamente alla prospettazione di cui all'ordinanza di rimessione da parte del Consiglio di Stato, non si reputa incostituzionale il limite "superiore" in se' considerato (che, anche ad avviso del collegio come verra' in prosieguo evidenziato, ha una sua precisa e rilevante funzione), bensi' solo la sanzione di esclusione automatica dalla competizione elettorale che consegue (in ogni caso) al suo superamento. La Corte costituzionale nella sentenza n. 83/1992, dopo aver rappresentato come i limiti minimo e massimo di sottoscrizioni a sostegno della singola lista costituisca un principio da gran tempo presente nella nostra legislazione elettorale, precisa che mentre il limite minimo mira a garantire serieta' e consistenza numerica alla rappresentanza politica, quello "superiore", lungi dal costituire "una mera semplificazione dei preliminari richiesti per la presentazione delle candidature", "si da' carico di esigenze di ben maggiore rilievo in quanto rivolto a garantire la libera e genuina espressione della volonta' del corpo elettorale", rilevando come, specie nei piccoli comuni, l'assenza di un limite massimo potrebbe dar luogo "a vere e proprie precompetizioni elettorali per assicurarsi il piu' alto numero di sottoscrittori possibile al fine di dimostrare la forza e l'influenza dell'una piuttosto che dell'altra lista di candidati ed esercitare un'indebita pressione psicologica sull'elettorato e in definitiva una forma di condizionamento del voto". La Corte si e' cioe' preoccupata che le singole liste (per usare un'espressione colorita) non "mostrino i muscoli" prima del tempo, con cio' influenzando la parte meno avveduta dell'elettorato, al fine di conseguire un indebito vantaggio. In altre parole si e' posta il problema dell'abuso (o dell'uso distorto o con finalita' fraudolente) del diritto, particolarmente rilevante in questa materia. Tuttavia, se anche si puo' concordare sulla funzione non meramente formale o di semplificazione procedimentale della prescrizione, bensi' di sostanziale difesa di un principio di parita', neppure si puo' sottacere che l'applicazione rigida della regola puo' portare, come nel caso di specie in cui le eccedenze numeriche sono veramente irrisorie (31 sottoscrizioni oltre il limite previsto), ad un risultato di somma ingiustizia. Infatti, se la violazione del limite inferiore e' sicuro indice di scarsa "affidabilita' e credibilita'" di una lista, per cui l'esclusione automatica si giustifica pienamente in relazione all'interesse pubblico alla cui tutela la disposizione e' preordinata; altrettanto non puo' dirsi per la violazione del limite massimo, il quale pur teso ad evitare indebite e intempestive prove di forza, non altrettanto sicuramente, se superato, viola il bene giuridico al cui presidio la regola e' posta, ne' dimostra l'intento della lista di conseguire vantaggi non consentiti. Invero, anche se la Corte lo ha espressamente negato, pare al collegio che non possa disconoscersi alla disposizione anche (pur se non principalmente) la finalita' di tutela di un valore di economicita' procedimentale, onde non gravare i competenti uffici dell'onere di controllare la legittimita' di un eccessivo numero di sottoscrizioni. E se in quest'ottica ben si comprende l'esclusione di una lista che abbia "abusato" del proprio diritto presentando un numero eccessivamente elevato di sottoscrizioni al solo scopo di mostrare prima del confronto elettorale vero e proprio di quanti consensi goda, non ugualmente comprensibile appare la medesima sanzione se riferita al superamento del limite di poche unita', per mero errore dovuto alla fretta o a conteggi non accurati, ovvero (come si e' gia' verificato) a casi di omonimia o di errata trascrizione dei dati. Situazione, questa che non lede alcun bene (ne procedimentale ne' sostanziale) protetto dall'ordinamento. Nella specie, all'evidenza, laddove non sia ravvisabile un intento elusivo della ratio della norma, l'esclusione della lista mal si concilia con il generale principio del favor del legislatore verso la massima partecipazione alle competizioni elettorali che e' regola generale della materia. Ne consegue che, se l'esclusione automatica della lista per carenza del numero minimo appare coerente col sistema in quanto ex se denuncia l'assenza di credibilita' della stessa (alla cui garanzia il limite e' posto), la medesima sanzione applicata alla violazione del limite "massimo", senza possibilita' per l'ufficio elettorale di apprezzare se detta violazione e' intenzionalmente diretta a conseguire le posizioni di vantaggio vietate dalla norma, ovvero e' frutto di mero errore, appare contrastante col principio di ragionevolezza. Ne' merita spendere troppe parole per sottolineare lo sfavore che sempre (e in tutte le discipline) la Corte costituzionale ha mostrato per le sanzioni aventi carattere automatico. Il collegio, quindi, esaminata la funzione del limite "superiore" nel sistema elettorale ne ravvisa sicuramente la legittimita' - in se' e per se' considerato - in quanto posto a tutela degli interessi pubblici alla parita' dei soggetti che partecipano alla competizione elettorale; ma ritiene di rilevare un profilo di incostituzionalita' per violazione dei principi di parita' di trattamento e di ragionevolezza laddove il superamento di esso limite viene, sempre e in ogni circostanza, sanzionato con l'esclusione della lista, senza possibilita' per il competente ufficio di apprezzare le circostanze di fatto che hanno generato tale superamento e la rilevanza della violazione. L'esclusione automatica appare anche piu' grave, sol che si osservi come il competente organo di controllo debba, nella fattispecie all'esame, in ogni caso escludere la lista, per violazioni di qualsiasi entita', laddove nel ben piu' delicato caso di presentazione di un numero di candati superiore a quello indicato dalla legge, ex art. 33 del d.P.R. 16 maggio 1970, n. 570, e' invece, previsto il potere di riduzione d'ufficio. Sotto questo profilo appare violato anche il principio di adeguatezza e proporzionalita', inteso come predisposizione di strumenti congruenti ed adeguati al fine che la legge si prefigge. La disposizione di cui all'art. 33, primo comma, lett. e), e' evidente espressione del favore del legislatore per la massima partecipazione alla competizione elettorale, infatti se una certa lista presenta un numero di candidati superiore al massimo consentito (atteggiamento anche questo, e a maggior ragione, suscettibile di esercitare una forma di pressione psicologica sull'elettorato, specie se il numero dei candidati fosse, in ipotesi, enormemente alto), essa non viene affatto esclusa, bensi' ridotta al numero legale. In applicazione dello stesso principio di favor per la partecipazione appare incongrua e "sproporzionata" la prescrizione laddove non consente all'ufficio elettorale, se non un analogo potere, quanto meno la facolta' di autonomo apprezzamento caso per caso della rilevanza della violazione del limite nella, tutto sommato meno eclatante, vicenda di una lieve eccedenza delle sottoscrizioni. La prospettata questione di legittimita' costituzionale appare rilevante nel caso all'esame (in quanto l'applicazione dell'art. 33, primo comma, lett. a), sospettato di incostituzionalita', e' determinante per la risoluzione della controversia), e non manifestamente infondata alla stregua delle argomentazioni che si sono esposte.