IL PRETORE
   Ha  emesso  la seguente ordinanza nel procedimento penale n. 103/95
 R.G. pretura nei confronti di Polentes Giuseppe, nato a Belluno il 13
 ottobre 1934, ivi residente in via pertile, 40/A, imputato:
     a) del reato p.e.p.  dall'art.  20,  lett.  c),  della  legge  n.
 47/1985   perche',   senza   essere   in  possesso  della  prescritta
 concessione edilizia, eseguiva in zona sottoposta a  vincolo,  lavori
 di  costruzione  di  una  strada,  mediante  sbancamenti di terreno e
 tombinatura di un canale;
     b) del reato p.e.p. dagli artt. 20, lett. c), legge  n.  47/1985,
 1,  1-sexies, legge n. 431/1985, perche' eseguiva l'intervento di cui
 al capo a), in zona sottoposta a vincolo (legge n. 431/1985).
   Sedico, accertato 27 aprile 1992.
   Recidiva reiterata.
   Polentes Giuseppe  veniva  citato  a  giudizio,  dinanzi  a  questo
 pretore,  per  rispondere  dei  reati di cui agli artt. 20, lett. c),
 legge n.  47/1985, 1, 1-sexies, legge n. 431/1985, per aver costruito
 una  strada,  in  zona  sottoposta  a  vincolo  paesaggistico,  senza
 concessione  edilizia  e  senza  il nulla-osta della Commissione beni
 ambientali.
   All'udienza del 20 dicembre 1995, aperto il dibattimento, il  p.m.,
 con  riferimento  al reato contestato al  capo a), (art. 20, legge n.
 47/1985),  chiedeva  che   il   giudice   sollevasse   questione   di
 legittimita'  costituzionale  in  ordine  all'art.  60, ultimo comma,
 legge n. 689/1981, laddove questo esclude la sostituzione della  pena
 detentiva per i reati edilizi.
   Il pretore, in udienza, ritenute la non manifesta infondatezza e la
 rilevanza della questione, disponeva la sospensione del processo e la
 trasmissione  degli  atti  alla  Corte  costituzionale,  rinviando  a
 separata ordinanza per la motivazione.
   Ora motivando, questo pretore  osserva  quanto  segue.  La  lettera
 della  norma in questione puo' far ritenere che la non applicabilita'
 delle pene sostitutive riguardi solo i  reati  di  cui  all'art.  20,
 lett.  b)  e  c),  legge  n. 47/1985, non invece il reato di cui agli
 artt. 1, 1-sexies, legge n. 431/1985.
   Tanto puo' ritenersi, ove si accolga la nozione piu'  ristretta  di
 "urbanistica"  come  concetto  riferito  all'assetto  del  territorio
 urbano e agli interventi e trasformazioni che lo riguardano,  escluso
 per contro il riferimento alla tutela del paesaggio e dell'ambiente.
   Si  tratta,  in altri termini, della nozione che emerge dalla legge
 17 agosto 1942, n. 1150 (legge urbanistica), in particolare dall'art.
 1.
   E'  ben  vero  che  l'art.  80,  d.P.R.  24  luglio  1977,  n.  616
 (attuazione  della delega di cui all'art. 1, legge 22 luglio 1975, n.
 382) fornisce una diversa definizione dell'urbanistica, come  materia
 comprensiva anche della protezione dell'ambiente; ma si tratta di una
 definizione   riguardante   unicamente   l'ambito   amministrativo  e
 finalizzata,  in  tale  ambito,  all'individuazione  delle   funzioni
 delegate alle regioni.
   Naturalmente  la  collocazione  del  reato  di  cui  agli  artt. 1,
 1-sexies, legge n. 431/1985, non puo' dipendere dalla circostanza che
 le pene previste per tale contravvenzione siano le  stesse  comminate
 dall'art.    20,  legge  n.  47/1985:  questo,  infatti,  e'  solo un
 richiamo, valido unicamente quoad  poenam,  secondo  un  orientamento
 giurisprudenziale piu' che consolidato.
   Se    dunque   la   legge   "Galasso"   non   rientra   nell'ambito
 dell'urbanistica (che esuli dall'edilizia e'  cosa  ovvia,    poiche'
 l'assetto   del   paeaggio  puo'  essere  modificato  anche  mediante
 interventi non di natura edilizia) e se percio' al reato p.e.p. dagli
 artt. 1, 1-sexies, possono applicarsi le pene sostitutive, si pone il
 quesito se l'esclusione prevista espressamente dall'art. 60, legge n.
 681/1981 per i reati di cui all'art. 20, lett.  b)  e  c),  legge  n.
 47/1985,  implichi  una  violazione  del  principio costituzionale di
 uguaglianza.
   La  questione,  ad   avviso   di   questo   giudice,   appare   non
 manifestamente infondata.
   Secondo  l'art.  9  della Costituzione, "la Repubblica... tutela il
 paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione".
   La tutela del paesaggio, quindi, ha rilievo costituzionale,  mentre
 non  si  rinviene  una  norma  costituzionale  che  affermi,  in modo
 esplicito,   eguale   principio   con   riferimento   alle    materie
 dell'edilizia e dell'urbanistica in senso stretto.
   Dato  quindi  il maggior rilievo del paesaggio, appare contrario al
 principio  di  uguaglianza  (art.  3  della    Costituzione)  che  la
 violazione  delle norme penali poste a difesa di tale bene sia punita
 con sanzioni effettivamente meno severe (grazie appunto al meccanismo
 della sostituzione) di quelle comminate per le violazioni edilizie  e
 urbanistiche.
   Considerata,  in  conclusione,  la non manifesta infondatezza della
 questione  e  pacifica  essendo,  alla  luce   di   quanto   spiegato
 all'inizio,  la  sua  rilevanza nel processo in corso, gli atti vanno
 rimessi alla Corte costituzionale e il processo medesimo va sospeso.