ha pronunciato la seguente Sentenza nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 4, punto 1, lettera d) e punto 5) del decreto-legge 4 agosto 1987, n. 325 (Disciplina temporanea dei corsi per l'accesso ai ruoli di Polizia di Stato e provvedimenti urgenti a favore del Corpo nazionale dei vigili del fuoco), convertito in legge 3 ottobre 1987, n. 402, promosso con ordinanza emessa il 9 aprile 1997 dal Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte sul ricorso proposto da De Filippis Vincenzo contro il Ministero dell'interno, iscritta al n. 523 del registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 36, prima serie speciale, dell'anno 1997; Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri; Udito nella camera di consiglio dell'11 febbraio 1998 il giudice relatore Cesare Ruperto; Ritenuto in fatto 1. - Nel corso di un giudizio in cui il ricorrente, agente ausiliario di pubblica sicurezza, ammesso a frequentare il corso per il conseguimento della nomina quale agente di ruolo, aveva chiesto l'annullamento del decreto col quale il Capo della Polizia aveva disposto le sue dimissioni dal corso con conseguente cessazione dal servizio, il Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, con ordinanza emessa il 9 aprile 1997, ha sollevato - in riferimento agli artt. 3, 4, 32 e 97 della Costituzione - questione di legittimita' costituzionale dell'art. 4, punto 1, lettera d), e punto 5) del decreto-legge 4 agosto 1987, n. 325, convertito in legge 3 ottobre 1987, n. 402, nella parte in cui prevede la cessazione di ogni rapporto con l'Amministrazione per gli agenti ausiliari della Polizia di Stato che si assentano per piu' di trenta giorni per motivi di malattia dal corso quadrimestrale per la nomina in ruolo ad agente di pubblica sicurezza (restando cosi' preclusa la loro partecipazione ad un corso successivo). Espone il giudice a quo che il ricorrente, dopo essere stato ammesso a frequentare il corso, era stato colpito da leucemia e che, a seguito di un trapianto di midollo osseo era successivamente guarito. Tuttavia la commissione medica competente lo aveva giudicato bisognoso di ulteriori centosessanta giorni di convalescenza, di talche' egli non aveva potuto frequentare il corso. Di qui il provvedimento impugnato, che, in applicazione della denunciata norma, aveva disposto la dimissione dal corso e la cessazione dal servizio, ricorrendo il caso di assenza protrattasi per piu' di trenta giorni. Il rimettente prospetta innanzitutto il contrasto con l'art. 3 della Costituzione, sotto il duplice profilo della violazione del principio di eguaglianza e del difetto di ragionevolezza, pur non ignorando che sotto tali profili la norma e' gia' stata ritenuta conforme a Costituzione. Il primo aspetto della denunciata illegittimita' costituzionale risiederebbe peraltro nel confronto con un tertium comparationis diverso da quelli a suo tempo offerti alla Corte e riguardanti la situazione dell'agente infortunatosi per causa di servizio e l'assenza per maternita' per gli allievi di sesso femminile, risiederebbe cioe' nella diversa e piu' favorevole disciplina cui va soggetto l'agente ausiliario il quale non partecipa al corso in parola: a carico di questi infatti non e' prevista da alcuna norma l'immediata cessazione dal servizio in caso di assenza per malattia eccedente i trenta giorni. A parere del TAR, i dipendenti pubblici - anche se non di ruolo - non possono essere tra loro discriminati, ai fini del mantenimento in servizio, in base al tipo di attivita' che stanno espletando. Se quindi l'assenza per malattia non e' incompatibile con lo status di agente ausiliario, non si vede perche' dovrebbe diventarlo allorche' l'agente stesso frequenti il corso per il conseguimento della nomina in ruolo. L'irragionevolezza risiederebbe poi nell'aver collegato al superamento del trentesimo giorno di assenza le descritte conseguenze risolutive del rapporto con l'amministrazione, senza consentire la possibilita' di frequenza ad un corso successivo, cosi' equiparandosi quoad effectum l'assenza volontaria, la rinuncia e perfino l'inidoneita' alla ben diversa ipotesi dell'assenza per malattia. La norma censurata risulterebbe altresi' lesiva degli artt. 4 e 32 della Costituzione, in quanto l'agente ammalato che provveda a curarsi incorrerebbe nella perdita del posto di lavoro oppure, per converso, ove scelga di partecipare al corso e di non curarsi, soffrirebbe nocumento alla propria salute. Il che non troverebbe giustificazione nell'esigenza di bilanciamento con il precetto di cui all'art. 97 della Costituzione, il quale, anzi, risulterebbe anch'esso vulnerato. La normativa in esame privilegia infatti le esigenze di incrementare i contingenti della Polizia di Stato attraverso una riduzione dei costi ottenuta attingendo ad una categoria gia' dotata di un certo livello di professionalita' per avere svolto il servizio di leva come agente ed aver ottenuto un anno di prolungamento della ferma, cosi' conseguendo, almeno presumibilmente, una certa esperienza. Ne', infine, la norma sarebbe giustificata dall'esigenza di evitare gli abusi, atteso che sullo stato di infermita' potrebbero ben effettuarsi gli ordinari controlli previsti dall 'ordinamento. 2. - E' intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, che ha preliminarmente eccepito l'inammissibilita' e concluso, nel merito, per la declaratoria d'infondatezza della questione, stante l'ampia discrezionalita' che caratterizza tale speciale forma di reclutamento, secondo quanto osservato da questa Corte con la sentenza n. 297 del 1994. Considerato in diritto 1. - Il TAR per il Piemonte denuncia l'art. 4, punto 1, lettera d), e punto 5) del decreto-legge 4 agosto 1987, n. 325, convertito in legge 3 ottobre 1987, n. 402, nella parte in cui prevede la cessazione da ogni rapporto con l'Amministrazione anche per gli agenti ausiliari della Polizia di Stato che per motivi di malattia si assentano dal corso quadrimestrale per piu' di trenta giorni, impedendo cosi' agli stessi di partecipare ad uno dei successivi corsi. A parere del rimettente, la norma si pone in contrasto: a) con l'art. 3 della Costituzione, sotto il duplice profilo della disparita' di trattamento rispetto alla situazione dell'agente ausiliario che non partecipi ad alcun corso, per il quale non e' prevista tale risoluzione del rapporto; nonche' dell'irragionevolezza, consistente nella gravita' delle conseguenze connesse al superamento, anche di un solo giorno, del periodo massimo di assenza consentito; b) con gli artt. 4 e 32 della Costituzione, perche' implica l'alternativa tra la perdita del posto di lavoro per chi decida di curarsi ed il pregiudizio per il diritto alla salute di chi trascuri la propria infermita' pur di frequentare il corso; c) con l'art. 97 della Costituzione in quanto, imponendo la cessazione del rapporto per un fatto morboso indipendente dalla volonta' dell'interessato e dell'Amministrazione, non consente a quest'ultima alcuna verifica circa l'eventuale recupero dell'idoneita' fisica e la costringe a privarsi di un elemento qualificato da una precedente esperienza professionale. 2. - La questione e' fondata. 2.1. - Questa Corte e' gia' stata investita in due precedenti occasioni dello scrutinio concernente la denunciata norma, come lo stesso giudice a quo ha ben presente. Ed entrambe le volte e' pervenuta ad una pronuncia di non fondatezza (v. sentenza n. 297 del 1994 e ordinanza n. 140 del 1995), traendo argomento dalla manifesta inidoneita' delle situazioni indicate quali termini di confronto, ad essere assunte come tertia comparationis, in quanto riconducibili a principi del tutto diversi. Si trattava, infatti, delle ipotesi in cui l'assenza venga determinata da infermita' contratta a causa di un'esercitazione pratica ovvero, per le allieve, da maternita'. Si era in proposito altresi' accennato all'ampia latitudine della discrezionalita' nella selezione degli aspiranti, che andava riconosciuta al legislatore in un sistema di reclutamento transitorio, ed alla non irrazionalita' della scelta di accordare un piu' favorevole trattamento a chi si assentasse per causa di servizio o di maternita'. Il rimettente prospetta ora la questione adducendo, pur nell'identita' delle fattispecie di causa, ulteriori termini di raffronto e profili diversi, alla cui stregua va dunque condotto questo nuovo scrutinio della stessa norma. 2.2. - Il comma 1 del denunciato art. 4 prevede che siano dimessi gli allievi e gli agenti di polizia ausiliari rimasti "per qualsiasi motivo assenti dal corso per piu' di trenta giorni, anche non consecutivi, ovvero quaranta giorni se l'assenza e' stata determinata da infermita' contratta durante il corso". L'ultimo comma, parimenti censurato, stabilisce poi che "la dimissione dal corso comporta la cessazione di ogni rapporto con l'amministrazione". I corsi in parola sono stati istituiti allo scopo di sostituire il sistema ordinario di reclutamento - destinato ad andare "a regime" secondo la legge 1 aprile 1981, n. 121 - solo per il periodo di un quadriennio, successivamente prorogato dall'art. 5 del decreto-legge 4 ottobre 1990, n. 276 e poi dall'art. 3 del decreto-legge 23 ottobre 1996, n. 554 fino al 31 dicembre 1999. I corsi si differenziano quanto a durata: per gli agenti ausiliari e' previsto un periodo di quattro mesi, che diventa di sei per gli allievi agenti di polizia. Mentre di entrambi la finalita' e' quella della selezione attitudinale, previo giudizio di idoneita' al servizio di polizia: superati gli esami, quanti hanno frequentato il corso compiono un periodo pratico, che in caso di giudizio sfavorevole sono ammessi a ripetere per una sola volta. 2.3. - Questa Corte, con sentenza n. 195 del 1998, ha gia' ritenuto manifestamente irragionevole una previsione analoga a quella della denunciata norma, che era riferita ai commissari di polizia in prova; conseguentemente dichiarando l'illegittimita' costituzionale dell'art. 57, lettera d), della legge 1 aprile 1981, n. 121, nella parte in cui non consente all'Amministrazione di permettere la partecipazione ad un corso successivo dei commissari stessi, rimasti assenti per infermita' oltre il previsto limite temporale, ove sia accertato l'avvenuto recupero della loro idoneita' psicofisica. La ratio argomentativa di tale sentenza circa la ragionevolezza interna del sistema, nonche' la considerazione dei nuovi profili introdotti dal rimettente, insieme con la constatata ulteriore proroga del sistema "transitorio", indirizzano il presente scrutinio di costituzionalita' secondo un'ottica diversa rispetto a quella in cui si ponevano le decisioni del 1994 e del 1995 sopra richiamate, necessariamente circoscritte dai limiti delle prospettazioni allora sottoposte alla Corte. 2.4. - Ebbene, manifestamente priva di alcuna giustificazione deve ritenersi la conseguenza sanzionatoria, espressamente assimilata all'espulsione, che la norma riconnette al provvedimento di dimissione dal corso, ove la si confronti con la situazione - addotta a paragone dal giudice a quo - dell'agente ausiliario non ancora ammesso al corso stesso, la cui assenza per infermita', pur protrattasi oltre i termini in detta norma indicati, non comporta l'automatica cessazione di ogni rapporto con l'Amministrazione. L'irragionevolezza di codesto automatismo rimane confermata dal rilievo che l'impossibilita' per l'Amministrazione - cui nella specie viene dalla legge imposta l'adozione di un provvedimento del tutto vincolato, non preceduto da alcuna istruttoria - di verificare l'eziologia e le conseguenze dell'infermita' finisce col contraddire palesemente la discrezionalita' di regola ad essa riconosciuta quando entri in gioco un interesse generale, come nella specie sarebbe quello di non privarsi della professionalita' utile all'apparato statale, presumibilmente gia' acquisita nel suo precedente servizio dall'agente che abbia poi recuperato la sua idoneita' psicofisica. 2.5. - Analogamente a quanto gia' constatato con riguardo all'ipotesi scrutinata nella sentenza n. 195 del 1998, viene dalla norma attribuito al mero dato della frequenza un valore addirittura preminente rispetto al rendimento. E cio' sino al punto di ricollegare alla assenza per infermita', protratta oltre un certo termine, la cessazione automatica del rapporto di servizio; impedendo all'Amministrazione di consentire - pur nel rispetto di ogni altro presupposto legalmente previsto - la partecipazione dell'allievo, che abbia nel frattempo recuperato l'idoneita' psicofisica, ad un corso successivo. Quando poi, in base all'art. 48 della legge n. 121 del 1981 (che detta il regime ordinario dei corsi per la nomina ad agente di polizia), gli agenti in prova che non abbiano superato gli esami di fine corso sono ammessi a ripetere non piu' di una volta il secondo semestre; e lo stesso decreto-legge n. 325 del 1987, nell'art. 3, comma 5, consente agli agenti in prova di ripetere il periodo pratico nel caso di giudizio sfavorevole alla fine del periodo di prova cui siano ammessi al termine del corso in argomento. 2.6. - Tanto basta per dichiarare l'illegittimita' costituzionale della denunciata norma, restando assorbita ogni ulteriore censura.