IL TRIBUNALE
   Riunito in camera di consiglio nella  causa  penale  relativa  agli
 imputati  Stati  Ezio, Palladino Angelo, Da Paulis Pietro, e Petricca
 Pietro, accusati, il primo di piu' fatti  rubricati  sub  artt.  319,
 319-bis,  321, 323, comma 2, 353, comma 2 c.p. e 7, comma 2 e 3 della
 legge 195/1974, commessi in Avezzano fino al 1991, il secondo di piu'
 fatti rubricati sub artt. 319, 319-bis, 321, 323, comma 2, 353, comma
 2 c.p., commessi in Avezzano fino al dicembre 1990, il terzo di  piu'
 fatti  rubricati  sub  artt. 319, 319-bis, 323, comma 2, 353, comma 2
 c.p., commessi in Avezzano fino al dicembre 1990 ed il quarto di piu'
 fatti rubricati, sub artt. 319, 319-bis, 321, 323, comma 2 c.p. e  7,
 comma 2 e 3 della legge 1951974, commessi in Avezzano fino al 1991;
   Ha emesso la seguente ordinanza;
   Rilevato che alla odierna udienza del 7 maggio 1998 gli imputati di
 reato  connesso Mascitti Goffredo e Di Matteo Antonio (gia' giudicati
 ex artt.  444  c.p.p.),  chiamati  a  deporre,  hanno  dichiarato  di
 avvalersi della facolta' di non rispondere;
     che  pertanto  il p.m. ha chiesto l'acquisizione mediante lettura
 agli atti del dibattimento delle sommarie  informazioni  testimoniali
 rese  dal  Mascitti  alla  locale procura della Repubblica in data 18
 novembre  1992,  delle  dichiarazioni  spontanee  rese  dallo   steso
 Mascitti  alla p.g. presso la locale procura della Repubblica in data
 1 dicembre 1992 ed al p.m. in data 16 dicembre 1992 (tutte rilasciate
 in epoca in cui non  aveva  ancora  assunto  la  veste  di  indagato)
 nonche'  del verbale di interrogatorio reso al p.m. di Avezzano da Di
 Matteo Antonio il 14 dicembre 1992;  che  a  detta  istanza  si  sono
 opposte  le  difese  degli  imputati  Stati  e Petricca, mentre hanno
 prestato consenso le difese di  parte  civile  (costituitasi  per  il
 comune di Avezzano), del De Paulis e del Palladino;
   Letti gli atti del giudizio;
   Rilevato  che all'atto della entrata in vigore dell'art. 513 c.p.p.
 come novellato dalla legge 7 agosto 1997  n.  267,  non  erano  stati
 ancora sentiti gli imputati di reato connesso ex art. 210 c.p.p.;
     che  pertanto  non  trova  applicazione  nella  specie  la  norma
 transitoria di cui  all'art.  6  comma  2  della  legge  citata,  pur
 trattandosi  di dichiarazioni rese nella vigenza dell'art. 513 c.p.p.
 prima della citata riforma;
     che l'acquisizione mediante lettura  degli  indicati  verbali  e'
 rilevante   in  quanto,  trattandosi  di  processo  indiziario,  essi
 contengono elementi di giudizio che potrebbero concorrere, unitamente
 ad ulteriori risultanze processuali, alla formazione di  un  giudizio
 di colpevolezza o meno nei confronti degli imputati;
     che  dalle  dichiarazioni  rese  da Mascitti Goffredo e Di Matteo
 Antonio possono evincersi rilevanti elementi di  giudizio  in  ordine
 alla  dazione delle somme di denaro pertinenti ai contestati reati di
 corruzione e illecito finanziamento ai partiti;
     che, alla luce della contrastante posizione assunta dalle parti e
 della novella  in  tema  di  art.  513  c.p.p.  appare,  allo  stato,
 impossibile procedere nel senso invocato dal p.m.;
     che  in  riferimento al contenuto dell'art. 513, comma 2, c.p.p.,
 attuale formulazione, sembra si possano rilevare diverse questioni di
 illegittimita'  costituzionale  che  questo   collegio   ritiene   di
 sollevare d'ufficio:
      1) Contrasto con l'art. 101, secondo comma, Cost.
   Invero  l'art.  101,  secondo  comma Cost., cosi' come interpretato
 dalla sentenza n. 88 del 12 maggio 1982 della  Corte  costituzionale,
 stabilisce  che  il  giudice,  nell'esercizio  delle  sue funzioni e'
 sottoposto solo alla legge, principio da intendersi anche  nel  senso
 che  il  suo  libero  convincimento  non puo' essere subordinato alla
 volonta' o all'interesse dei singoli.  L'attuale  formulazione  della
 norma  in  esame, al contrario, nell'impedire l'utilizzabilita' delle
 dichiarazioni  raccolte  nel  rispetto  della   normativa   all'epoca
 vigente,  subordina  all'esclusiva  valutazione  dell'imputato  o del
 coimputato la formazione del libero convincimento del giudice.
   Ne' puo' ragionevolmente ritenersi che la  previgente  formulazione
 dell'art. 513 c.p.p. comprimesse sostanzialmente il diritto di difesa
 posto  che  le  dichiarazioni  rese  dall'imputato  di reato connesso
 entravano nel giudizio con i limiti previsti dall'art. 192, commi 3 e
 4 c.p.p.
   La norma novellata inoltre, subordinando al consenso delle parti la
 lettura  dei verbali in questione, sembra evidenziare scarsa coerenza
 con lo stesso sistema processuale penale che  prevede,  nel  rispetto
 del  libero  convincimento  del  giudice  e  del  perseguimento della
 verita' sostanziale, la facolta' per il giudice, ai  sensi  dell'art.
 507 c.p.p., di integrare, con il solo limite dell'assoluta necessita'
 ai fini del decidere, l'attivita' probatoria delle parti.
      2) Contrasto con l'art. 111, primo comma, Cost.
   L'articolo  in  esame  sembra  altresi' in contrasto con l'art. 111
 Cost., nella parte in cui prevede  l'obbligo  della  motivazione  dei
 provvedimenti   giurisdizionali,   da  intendersi  quale  motivazione
 logica, coerente e uguale per tutti  gli  imputati,  espressione  del
 libero  convincimento  del  giudice  e  possibilmente  della  verita'
 sostanziale, finalita' queste non raggiungibili  se  si  consente  il
 formarsi  di  diverse  verita'  processuali,  spesso in contrasto tra
 loro.
      3) Contrasto con l'art. 24 Cost.
   La facolta' concessa, dall'art. 513, comma  2  c.p.p.,  a  ciascuna
 delle   parti,  di  non  prestare  il  consenso  alla  lettura  delle
 dichiarazioni rese nel corso delle indagini  dall'imputato  di  reato
 connesso,  con  effetto  paralizzante  anche  nei  confronti di altri
 soggetti, incide sul diritto di difesa della parte civile  (la  quale
 ha  scelto  di  costituirsi,  affrontando  le relative spese, facendo
 affidamento su materiale ritualmente acquisito in fase di indagine) e
 degli altri coimputati che vi abbiano invece consentito  nell'ipotesi
 in cui gli atti stessi contengano elementi a loro favorevoli.
   Ne'  sembra  che  detta  norma  vada  interpretata nel senso che il
 verbale possa essere utilizzato anche in assenza di consenso  unanime
 e  nei  soli confronti dei soggetti consenzienti, stante la letterale
 formulazione della norma che richiede "l'accordo delle parti"  e  non
 il consenso di alcuna solamente di esse, come e' invece espressamente
 previsto nel 1 comma dell'art. 513 c.p.p. novellato.
      4) Contrasto con l'art. 3 Cost.
   La  indicata  diversita' di regolamentazione delle ipotesi previste
 dal commi 1 e 2 dell'art. 513 c.p.p. costituisce  ulteriore  elemento
 di  incostituzionalita'  della disciplina dell'articolo in esame, per
 contrasto con l'art. 3 della Costituzione, posto che  due  situazioni
 sostanzialmente   uguali   (dichiarazioni   rese   dal  coimputato  e
 dall'imputato di reato  connesso),  sono  diversamente  regolate  nel
 senso  che  le  prime  sono  utilizzabili  nei  confronti  di ciascun
 coimputato consenziente, mentre nel secondo  caso  e'  necessario  il
 consenso di tutti gli interessati.
   Sempre  con  riferimento  a  quest'ultimo parametro costituzionale,
 l'art. 513, comma 2, (sembra viziato, per irragionevole disparita' di
 trattamento  della  utilizzabilita'  delle  dichiarazioni  rese   dal
 coimputato  o  dall'imputato  di  reato  connesso  (con riferimento a
 soggetti terzi ed  aventi  quindi  sostanziale  natura  testimoniale)
 rispetto  alla utilizzabilita' delle dichiarazioni rese dai testimoni
 irreperibili, deceduti, che si rifiutino di rispondere o che  rendano
 dichiarazioni  difformi  da quelle in precedenza rese (art. 512 e 500
 comma 4 c.p.p.).
   Appare  inoltre  irragionevole  la circostanza che, nel caso in cui
 l'imputato di  reato  connesso  si  avvalga  della  facolta'  di  non
 rispondere,   sia   preclusa   completamente   l'utilizzazione  delle
 dichiarazioni da lui rese nel corso delle indagini, laddove nel  caso
 in cui, non avvalendosi della suddetta facolta', neghi la veridicita'
 di  quanto  da  lui affermato nel corso delle indagini, attraverso le
 contestazioni  (artt.  210,  503  comma  3  c.p.p.)  delle   difformi
 dichiarazioni  in precedenza rese, detti elementi di giudizio possono
 essere acquisiti.
   Ne' i dubbi  di  costituzionalita'  appena  esposti  paiono  fugati
 dall'allargamento  delle  ipotesi  in  cui  e'  consentito  ricorrere
 all'incidente probatorio.   Invero, premesso  che  nella  vicenda  in
 esame  non  pare  applicabile la norma transitoria di cui all'art. 6,
 comma 1 della legge 2671997 (poiche', alla data di entrata in  vigore
 della  stessa  il  giudizio era gia' pendente dinanzi al tribunale in
 fase dibattimentale), va  comunque  rilevato  che  nulla  vieta  agli
 imputati  di  reato  connesso  di  avvalersi  della  facolta'  di non
 rispondere  anche  in  tale  sede,  con  effetti  analoghi  a  quelli
 verificatisi nel presente processo.
   Le  censure  prospettate appaiono particolarmente significative nei
 casi, quale quello in esame in cui non trovando  applicazione  alcuna
 norma  transitoria,  gli elementi di giudizio legittimamente raccolti
 nella vigenza di un diverso regime  probatorio  processuale,  vengano
 totalmente  vanificati  da  una sopravvenuta normativa, benche' detti
 elementi  abbiano  determinato  l'esercizio  dell'azione  penale,  la
 adozione  di  misure  cautelari  personali,  l'emissione  del decreto
 dispositivo del giudizio, la scelta di riti alternativi da  parte  di
 originari ulteriori coimputati e la costituzione di parte civile.
   Pertanto,  tenute  presenti  le  argomentazioni svolte ed il palese
 contrasto con i prncipi della conservazione degli atti processuali  e
 della   ricerca   della  verita'  sostanziale,  sanciti  dalla  Corte
 costituzionale con le sentenze n. 241 del 3 giugno 1992 e n. 255  del
 3  giugno 1992, si ritiene di sollevare d'ufficio in quanto rilevante
 e  non  manifestamente  infondata  la   questione   di   legittimita'
 costituzionale  degli  artt.   513, comma 2 e 514 c.p.p. in relazione
 agli artt. 3, 24, 101, secondo comma e 111, primo comma Cost.