ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 161,  comma  4,
 del  codice  di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 18
 aprile 1997 dal pretore di Prato, iscritta al  n.  691  del  registro
 ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 42, prima serie speciale, dell'anno 1997.
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito nella camera di  consiglio  del  25  marzo  1998  il  giudice
 relatore Carlo Mezzanotte.
   Ritenuto  che  nel  corso  di  un procedimento penale il pretore di
 Prato, con ordinanza  in  data  18  aprile  1997,  ha  sollevato,  in
 riferimento  agli  artt.  76  e  77  della Costituzione, questione di
 legittimita' costituzionale dell'art. 161, comma  4,  del  codice  di
 procedura   penale,   nella  parte  in  cui  impone  di  eseguire  le
 notificazioni  mediante  consegna  al  difensore  qualora   non   sia
 possibile   eseguirle   presso   il  domicilio  dichiarato  o  eletto
 dall'imputato, senza prescrivere alcuna preventiva ricerca  volta  ad
 accertare  l'attuale domicilio dell'imputato stesso o a verificare se
 egli si trovi in stato di detenzione;
     che  il  remittente  premette  che  nel   giudizio   a   quo   la
 notificazione  all'imputato  del  decreto  di  citazione  e' avvenuta
 mediante consegna al difensore d'ufficio a norma dell'art. 161, comma
 4, cod. proc.   pen. per "inidoneita'  del  domicilio  in  precedenza
 eletto";
     che,  a  suo avviso, la notificazione eseguita con tali modalita'
 non garantirebbe in alcun modo che l'imputato abbia  avuto  effettiva
 conoscenza  del dibattimento da celebrare nei suoi confronti, sicche'
 la disposizione censurata si porrebbe  in  contrasto  con  l'art.  6,
 terzo  comma,  lettera  c)  della convenzione per la salvaguardia dei
 diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali,  e  con  l'art.  14,
 terzo  comma, lettera d) del patto internazionale relativo ai diritti
 civili e politici, rispettivamente ratificati  e  resi  esecutivi  in
 Italia  con  la  legge  4 agosto 1955, n. 848 (Ratifica ed esecuzione
 della convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo  e  delle
 liberta'  fondamentali  firmata  a  Roma  il  4  novembre  1950 e del
 protocollo addizionale alla convenzione stessa, firmato a  Parigi  il
 20  marzo  1952), e con la legge 25 ottobre 1977, n. 881 (Ratifica ed
 esecuzione del patto internazionale relativo  ai  diritti  economici,
 sociali  e  culturali,  nonche'  del patto internazionale relativo ai
 diritti civili e politici, con  protocollo  facoltativo,  adottati  e
 aperti  alla  firma a New York rispettivamente il 16 e il 19 dicembre
 1966), che sancirebbero il diritto  dell'imputato  a  presenziare  al
 dibattimento;
     che  lo  stesso  remittente ricorda che, secondo la Corte europea
 dei diritti dell'uomo, si ha  violazione  dei  principi  del  "giusto
 processo" quando si faccia discendere la perdita del suddetto diritto
 dal  comportamento,  pur  censurabile,  dell'imputato  che  non abbia
 provveduto   a   comunicare   la  variazione  del  proprio  domicilio
 all'autorita' giudiziaria procedente, in quanto tale  conseguenza  e'
 "manifestamente  sproporzionata"  rispetto a detta omissione, "tenuto
 conto della posizione preminente che il diritto ad un  processo  equo
 occupa  in una societa' democratica" (sentenza 28 agosto 1991, F.C.B.
 contro Italia);
     che,  ad  avviso  del   pretore,   la   disposizione   censurata,
 contrastando le citate norme internazionali  pattizie, violerebbe, in
 considerazione   del   richiamo   espresso  contenuto  nel  preambolo
 dell'art. 2 della legge di delegazione del 16 febbraio  1987,  n.  81
 ("Il  codice  di  procedura  penale  deve  attuare  i  principi della
 Costituzione e adeguarsi alle norme delle convenzioni  internazionali
 ratificate  dall'Italia  e  relative  ai diritti della persona e   al
 processo penale"), gli artt. 76 e  77  della  Costituzione,  per  non
 avere  il  legislatore  delegato rispettato i criteri direttivi della
 delega;
     che e' intervenuto in giudizio il Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata infondata.
   Considerato che nell'ordinanza di rimessione il pretore di Prato si
 limita a rilevare che la notificazione  all'imputato del  decreto  di
 citazione  e'  avvenuta  mediante  consegna  di copia al difensore, a
 norma dell'art. 161, comma 4, cod. proc. pen., "per  inidoneita'  del
 domicilio in precedenza eletto";
     che  ne'  dall'ordinanza  ne'  dagli  atti  di causa risultano le
 ragioni di tale assunta "inidoneita'", non   essendo chiarito  se  la
 persona  sottoposta  alle  indagini,  nel  dichiarare  o  eleggere il
 domicilio su invito della polizia giudiziaria,  sia  stata  avvertita
 dell'obbligo  di  comunicare  ogni mutamento del domicilio e avvisata
 che, in mancanza di tale comunicazione,  le  notificazioni  sarebbero
 state  eseguite  mediante  consegna  al difensore (art. 161, comma 1,
 cod. proc. pen.);
     che  una  specifica  motivazione   sul   punto   era   necessaria
 riguardando  la  esatta  individuazione  della norma da applicare nel
 giudizio principale e quindi la rilevanza della questione;
     che, infatti, se al momento della dichiarazione o della  elezione
 di  domicilio  non  fosse  stato  dato l'avvertimento di cui all'art.
 161,  comma  1,  cod.  proc.  pen.  (come  gli  atti  indurrebbero  a
 ritenere),  sarebbero  applicabili,  non  gia' il censurato art. 161,
 comma 4, ma l'art. 171, lettera e) cod. proc. pen., che prevede,  per
 questa  violazione, la nullita' della notificazione eseguita mediante
 consegna al difensore, l'art. 157 cod. proc. pen., norma generale per
 la prima notificazione  all'imputato  non  detenuto  e,  in  caso  di
 impossibilita', l'art. 159 cod. proc. pen;
     che, pertanto, la questione deve essere dichiarata manifestamente
 inammissibile.
   Visti  gli  artt.  26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.