IL PRETORE
   Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa civile iscritta al
 n.  1045/1996  del  registro  generale avente per oggetto: ricorso ex
 art. 700 c.p.c. promossa da  Sturlese  Giorgio,  avv.  Burla,  contro
 Ferrando  Santino  e altri, avv. Giromini, e Terranova Lucia, Santoro
 Giorgio, Mucedola Andrea, Conti Gianna, Cienzo Enrica, Cienzo Matteo,
 convenuti contumaci;
   Sciogliendo la riserva;
                             O s s e r v a
   Con ricorso ai sensi dell'art. 700 c.p.c.  Sturlese  Giorgio,  dopo
 avere  esposto  di  essere  affetto  da  atrofia e angioma cerebrale,
 patologie che gli impedivano una  normale  deambulazione  e  che  gli
 avevano  provocato  un'invalidita'  civile al 100%, deduceva che, per
 accedere alla strada dall'edificio condominiale nel quale si  trovava
 il   suo   appartamento,   esisteva   soltanto   una   scalinata  con
 settantacinque gradini, cosicche' egli era costretto a non uscire  di
 casa  se  non  per  le  necessita' piu' urgenti ed inevitabili. Senza
 contare che, anche una volta raggiunta la strada, per raggiungere  il
 paese   a  piedi  era  necessario  ridiscendere  altri  ottantacinque
 gradini. In realta', segnalava lo Sturlese, dietro l'edifico  vi  era
 un  orto  di  proprieta' di alcuni dei condomini dell'edificio stesso
 (ma non del ricorrente), gia' adibito a passaggio, che consentiva  di
 raggiungere  agevolmente  a  piedi  il paese con percorso breve ed in
 piano. Poiche' per ottenere un diritto di passo sul predetto  terreno
 il   ricorrente  si  era  visto  proporre  condizioni  eccessivamente
 onerose, egli adiva il pretore per sentirsi autorizzare ad esercitare
 il passaggio sul terreno dei convenuti.
   Il  contraddittorio  veniva  radicato  nei   confronti   di   tutti
 comproprietari  del fondo su cui il ricorrente chiedeva il passaggio,
 ma  soltanto  alcuni  si  costituivano  contestando  la  pretesa  del
 ricorrente: altri non si costituivano ed altri ancora si presentavano
 all'udienza  dichiarando spontaneamente di non avere nulla da opporre
 alla richiesta dello Sturlese.
   Ritiene il pretore che  la  domanda  del  ricorrente  debba  essere
 qualificata  come  richiesta  in via d'urgenza di anticipazione degli
 effetti pratici di un provvedimento di merito costitutivo di servitu'
 di passaggio sul terreno di cui si e' detto e per i fini  evidenziati
 nell'atto  introduttivo:  richiesta  che  e'  in  se' processualmente
 ammissibile, visto che anche la necessita' di esercitare un passaggio
 puo' avere natura urgente, tale da non consentire di attendere, senza
 il rischio del maturare di effetti irreparabili, l'esito del giudizio
 a cognizione  piena.  Nel  caso  di  specie  sussiste  poi  anche  il
 requisito del pericolo nel ritardo: si tratta infatti di tutelare una
 situazione  correlata strettamente alla possibilita', per una persona
 invalida,  di  mantenere  una  accettabile  vita  di  relazione,  non
 sopportando fatiche improbe per raggiungere la via pubblica.
   L'immobile dello Sturlese non risulta intercluso (esiste infatti la
 scalinata  che  lo  collega alla via provinciale), cosicche' non puo'
 applicarsi l'art. 1051 c.c. La fattispecie ricade quindi nell'ipotesi
 di cui all'art. 1052, primo  comma,  c.c.,  ovverosia  nel  caso  del
 proprietario  il  cui  bene  abbia  un  accesso alla via pubblica, ma
 questo sia inadatto o insufficiente ai bisogni del fondo e non  possa
 essere  adeguatamente ed agevolmente ampliato (art. 1052 cc.). L'art.
 1052 c.c.  subordina  tuttavia  la  possibilita'  di  costituire  una
 servitu'  (e  con  essa, evidentemente, anche quella di anticipare in
 via  cautelare  i  suoi  effetti  pratici), al fatto che il passaggio
 risulti rispondente alle esigenze dell'agricoltura e  dell'industria,
 cosicche'  nel  caso di specie la norma non potrebbe servire ad utile
 fondamento della domanda.
   In proposito si ritiene che l'impossibilita',  ai  sensi  dell'art.
 1052,  secondo  comma,  c.c.,  di costituire una servitu' coattiva di
 passaggio in favore di un immobile adibito a  civile  abitazione  non
 intercluso,  ma  dotato  di passaggio inidoneo al transito di persone
 disabili, susciti dubbi di costituzionalita' in relazione al disposto
 degli artt. 2, 3, secondo  comma,  32  e  42,  secondo  comma,  della
 Costituzione.
   L'interesse  per  il  disabile  ad  ottenere un passaggio sul fondo
 altrui che gli consenta di accedere  agevolmente  alla  via  pubblica
 risale  direttamente  al  diritto  inviolabile ad una normale vita di
 relazione (art. 2 della Costituzione),  oltre  che  al  diritto  alla
 salute, inteso come interesse del singolo, cosi' come della societa',
 a  che  le  situazioni invalidanti siano tutelate dall'ordinamento in
 modo tale da eliminare ogni pregiudizio ad esse  correlato  (art.  32
 della  Costituzione).  La  costituzione  coattiva  di  un  diritto di
 passaggio sul fondo altrui incontra, di  fronte  a  se',  l'interesse
 contrario  del  proprietario  alla  pienezza  del diritto dominicale.
 Peraltro  il  diritto  di  proprieta'  e'  riconosciuto  e  garantito
 dall'ordinamento  costituzionale,  ma puo' essere limitato al fine di
 assicurarne comunque la funzione sociale  (art.  42,  secondo  comma,
 della  Costituzione):  il che trova fondamento e giustificazione, nel
 caso di specie, anche nella sottomissione ai doveri  di  solidarieta'
 che  l'art.  2  della  Costituzione  espressamente enuncia. Quindi, a
 fronte della necessita' di assicurare il diritto di passaggio per  le
 esigenze  di persona disabile, nonche' del riconoscimento espresso ed
 incondizionato  dei  valori  della  persona  (art.  2  e   32   della
 Costituzione)  e in presenza di precise direttive volte a far si' che
 le  norme  consentano  l'adeguato  svolgimento   della   personalita'
 rimuovendo   gli  ostacoli  che  si  frappongono  al  superamento  di
 situazioni  di  diseguaglianza  (art.   3,   secondo   comma,   della
 Costituzione),   anche   attraverso   il   riconoscimento  di  doveri
 inderogabili di solidarieta' sociale  (art.  2  della  Costituzione),
 sembra  seriamente  porsi  il  dubbio  che i limiti imposti dall'art.
 1052, secondo comma, nel senso che  la  servitu'  coattiva  a  favore
 dell'immobile  non  intercluso  possa  essere costituita soltanto per
 esigenze dell'industria o dell'agricoltura, finiscano  per  collidere
 con le norme costituzionali ed i principi appena enunciati.
   Da  un rapido esame della normativa vigente in tema di eliminazione
 delle barriere architettoniche  e  di  servitu'  coattive  si  desume
 inoltre che:
     a)  le  disposizioni normative esistenti consentono di delimitare
 con sufficiente  determinatezza  le  categorie  protette  per  quanto
 riguarda gli interventi idonei ad evitare i condizionamenti derivanti
 dall'esistenza di barriere architettoniche: si tratta, come si evince
 dall'art.   27, legge 30 marzo 1971, n. 118, dei mutilati ed invalidi
 civili (identificati poi come minorati non deambulanti;  minorati  in
 carrozzella;  invalidi con difficolta' di deambulazione) e dei ciechi
 (art. 2, legge 9 gennaio 1989, n. 13);
     b)  l'eliminazione  delle barriere architettoniche e la creazione
 di  idonei  passaggi  di  accesso  agli  edifici  costituisce  limite
 speciale alla proprieta' privata, atteso che in funzione di esso gia'
 le  norme  ammettono  parziali  deroghe  al  regime  ordinario  delle
 distanze (oltre che a quello delle delibere  condominiali):  art.  3,
 legge 9 gennaio 1989, n. 13;
     c)  dall'impianto  normativo  delle disposizioni in materia (art.
 27, legge 30 marzo 1971, n. 118,  e,  soprattutto,  legge  9  gennaio
 1989,   n.   13)  si  evince  che,  cosi'  come  la  possibilita'  di
 sfruttamento  agricolo  e  industriale  considerate  dall'art.  1052,
 secondo  comma, c.c., anche l'accessibilita' a fini abitativi, intesa
 nella portata di cui alle citate  disposizioni  di  legge  ordinaria,
 costituisce,  oltre  che un interesse del disabile, un'utilita' ed un
 carattere intrinseco dell'immobile su cui insista un edificio;
     d) la costituzione di servitu' coattive ai sensi  dell'art.  1052
 incontra in ogni caso forti limiti a tutela della proprieta' edilizia
 (art.  1051,  ultimo comma, applicabile per il rinvio dell'art. 1052,
 primo comma);
     e) comunque e' dovuta un'indennita' al  proprietario  (art.  1053
 cc.);
     f)  il peso non e' di durata illimitata, ma puo' venire soppresso
 al venire meno dell'interesse specifico che ha  giustificato  la  sua
 imposizione (art. 1055 cc.).
   Tutto quanto precede (punti da a) ad f)) permette di concludere che
 l''ampliamento  della  fattispecie  dell'art.  1052  c.c.  nel  senso
 ritenuto costituzionalmente conforme  nella  presente  ordinanza,  si
 inserisce in un sistema gia' compiutamente definito e regolato e come
 tale  idoneo  di  per  se' a disciplinare la situazione considerata e
 attualmente esclusa  dalla  tutela  costitutiva  di  cui  alla  norma
 citata.
   E'  ben  vero  in  effetti che la legge (ad esempio art. 9, legge 9
 gennaio  1989,  n.  13)  assicura  contributi  al  fine  di  favorire
 l'eliminazione    per    gli   edifici   esistenti   delle   barriere
 architettoniche. La tutela  dell'interesse  al  passaggio  sul  fondo
 altrui  ai  sensi dell'art. 1052 c.c. ha pero' una sua specificita' e
 consente di assicurare al disabile utilita' non trascurabili e  sotto
 taluni  aspetti  insostituibili.    Intanto si rileva che l'art. 1052
 c.c., applicabile anche quando il passaggio  esistente  possa  essere
 reso adeguato, ma solo con un eccessivo dispendio e disagio, consente
 di  garantire  la  tutela  anche  delle  situazioni  in  cui sussista
 notevole  sproporzione  tra  i  costi   necessari   ad   un'ipotetica
 meccanizzazione del passaggio per consentire il transito del disabile
 (nel  caso  di  specie si tratterebbe di superare un dislivello di 75
 scalini)  e  il  pregiudizio  arrecato   al   fondo   limitrofo   per
 l'imposizione  della  servitu'  (nel  caso  di  specie esiste gia' un
 passaggio di soli venti metri in piano).
   Senza contare poi che il fondo dominante, ai fini specifici che  in
 questa  sede  interessano,  potrebbe  trarre dalla costituzione della
 servitu' sul fondo limitrofo un'utilita' assai  maggiore  rispetto  a
 quanto ottenibile con la complessa meccanizzazione del passaggio gia'
 esistente  (ammesso  che  essa  sia  materialmente  e  giuridicamente
 possibile): in un esempio come quello del caso di specie il  disabile
 potrebbe   infatti   passare,  come  detto,  in  piano,  senza  dover
 affrontare  gravose  e  penose  salite  e  discese  da  piu'  o  meno
 complicati  marchingegni, fruendo pertanto di una specifica utilita',
 direttamente funzionale all'interesse tutelato.
   Deve  quindi  sollevarsi  questione  di costituzionalita' dell'art.
 1052, secondo  comma,  c.c.  nella  parte  in  cui  non  consente  di
 costituire  la servitu' di cui al primo comma in favore di edifici di
 civile abitazione, al fine dl garantire un adeguato accesso alla  via
 pubblica  per mutilati ed invalidi con difficolta' di deambulazione e
 cio' per contrasto con le citate disposizioni di cui agli artt. 2, 3,
 secondo comma, 32 e 42, secondo comma, della Costituzione.
   Per quanto concerne la  rilevanza  nel  giudizio  in  corso  ed  in
 aggiunta  a  quanto  gia' in precedenza segnalato, che la limitazione
 derivante dall'art. 1052,  secondo  comma,  impedisce  in  limine  la
 pronuncia richiesta dall'istante e cio' pur a fronte di vari elementi
 istruttori  che  gia',  ad una prima analisi propria del procedimento
 sommario in corso, farebbero propendere  in  favore  della  tesi  del
 ricorrente,  cosicche'  e'  evidente  come nel caso di specie sarebbe
 proprio  la  norma  censurata  di  illegittimita'  a   dover   essere
 applicata,  nella  sua  portata  limitativa,  in senso contrario alla
 pretesa del ricorrente il quale, sia come condomino, sia come singolo
 proprietario, ha legittimazione a far affermare  la  sussistenza  del
 diritto di servitu' oggetto di lite.