ha pronunciato la seguente Ordinanza nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 9 della legge 4 aprile 1956, n. 212 (Norme per la disciplina della propaganda elettorale), e dell'art. 29, commi 3 e 5, della legge 25 marzo 1993, n. 81 (Elezione diretta del sindaco, del presidente della provincia, del consiglio comunale e del consiglio provinciale), promosso con ordinanza emessa il 15 maggio 1997 dal giudice per le indagini preliminari presso la pretura circondariale di Bologna, nel procedimento penale a carico di Lanzarini Pietro, iscritta al n. 536 del registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 37, prima serie speciale, dell'anno 1997. Visto l'atto di costituzione di Lanzarini Pietro; Udito nell'udienza pubblica del 2 giugno 1998 il giudice relatore Francesco Guizzi. Ritenuto che, con ordinanza del 15 maggio 1997, il giudice per le indagini preliminari presso la pretura circondariale di Bologna ha sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 9 della legge 4 aprile 1956, n. 212 (Norme per la disciplina della propaganda elettorale), e dell'art.29, commi 3 e 5, della legge 25 marzo 1993, n. 81 (Elezione diretta del sindaco, del presidente della provincia, del consiglio comunale e del consiglio provinciale); che, con successiva ordinanza del 26 maggio 1997, lo stesso giudice ha integrato, con la motivazione, l'ordinanza precedentemente resa; che, ad avviso del rimettente, i fatti posti a carico dell'imputato, riguardanti figure di reato relative alla propaganda elettorale, avrebbero caratteristiche omogenee rispetto a tutte le altre figure di illecito punite con la sanzione amministrativa; che si paleserebbe, pertanto, una ingiustificata disparita' di trattamento sanzionatorio dei fatti in esame, censurabile allo stesso modo della sentenza n. 52 del 1996 che ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale della sanzione penale, in origine prevista per l'uso, a fine di propaganda elettorale, dell'altoparlante collocato su automobile, essendo la fattispecie in contrasto con la nuova disciplina tendente alla completa decriminalizzazione della materia; che si e' costituita, con memoria in data 9 settembre 1997, la parte privata, Lanzarini Pietro; che, ad avviso di quest'ultimo, delle due violazioni contestate, la prima (quella di cui all'art. 9 della legge n. 212 del 1956) sarebbe espressamente "depenalizzata" dalla legge n. 515 del 1993, e la seconda (quella di cui all'art. 29 della legge n. 81 del 1993) sarebbe affetta dal medesimo vizio di illegittimita' costituzionale accertato con la citata sentenza n. 52 del 1996, perche' sanzionerebbe penalmente una condotta, qual e' l'affissione di manifesti privi dell'indicazione del committente, omogenea a quelle gia' sottratte a ogni conseguenza penale; che la parte privata ha concluso, pertanto, per la declaratoria di illegittimita' costituzionale dell'art. 29, commi 3 e 5, della legge n. 81 del 1993. Considerato che nell'ordinanza di rimessione, sebbene motivata con un provvedimento successivo, non si coglie il nesso di rilevanza fra le questioni sollevate e il giudizio pendente avanti al giudice a quo, atteso che, a tacer d'altro, l'art. 9 della legge n. 212 del 1956, che vieta l'affissione di stampati, giornali murali o altri manifesti di propaganda, nel giorno precedente le elezioni, punisce tali condotte con la sanzione amministrativa pecuniaria da L. 200.000 a L. 2.000.000, ai sensi dell'art. 15, comma 17, della legge n. 515 del 1993, e non con la sanzione penale; che non e' dato sapere, altresi', se la violazione riguarda la competizione nelle elezioni amministrative, per la quale l'art. 29, commi 3 e 5, della legge n. 81 del 1993, sanzionato dall'art. 15 della legge n. 515 del 1993, stabilisce la multa da L. 1.000.000 a L. 50.000.000 per la mancata indicazione del nominativo del committente responsabile sulle pubblicazioni di propaganda elettorale, o se invece concerne la competizione elettorale politica, per la quale lo stesso identico precetto, contenuto nell'art. 3, comma 2, della legge n. 515, e' punito con la sanzione amministrativa pecuniaria, identica nel numerario; che, pertanto, la questione va dichiarata manifestamente inammissibile per difetto di motivazione sulla rilevanza. Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.