ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 81 e 113  del
 decreto  legislativo 25 febbraio 1995, n. 77 (Ordinamento finanziario
 e  contabile  degli  enti  locali),  come  modificato   dal   decreto
 legislativo  11 giugno 1996, n. 336, promosso con ordinanza emessa il
 9 gennaio  1998  dal  pretore  di  Cosenza  nel  procedimento  civile
 vertente  tra  Biasi Renato contro il comune di Fiumefreddo Bruzio ed
 altra iscritta al n. 100 del registro  ordinanze  1998  e  pubblicata
 nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 9, prima serie speciale,
 dell'anno 1998.
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
    Udito nella camera di consiglio  del  1  luglio  1998  il  giudice
 relatore Annibale Marini.
                               Ordinanza
   Ritenuto   che   nel   corso  di  un  procedimento  di  opposizione
 all'esecuzione, il pretore di Cosenza, con ordinanza  del  9  gennaio
 1998,  ha  sollevato  -  in  riferimento agli artt. 3, 24 e 113 della
 Costituzione - questione di legittimita' costituzionale  degli  artt.
 81 e 113 del decreto legislativo 25 febbraio 1995, n. 77 (Ordinamento
 finanziario  e  contabile  degli  enti  locali),  come modificato dal
 decreto legislativo 11 giugno 1996, n. 336;
     che, ad avviso del rimettente, la prima delle norme  censurate  -
 nel  prevedere  una  forma  di procedura esecutiva collettiva di tipo
 concorsuale nei confronti di un ente locale che  versi  in  stato  di
 dissesto  -  violerebbe  l'art.  113  della  Costituzione  in  quanto
 l'intera procedura si svolgerebbe  "in  ambito  amministrativo  senza
 alcun   controllo  giurisdizionale  se  non  quello  eventuale  della
 magistratura amministrativa con la conseguenza di una  ingiustificata
 degradazione  di  un  diritto  soggettivo  perfetto,  quale quello di
 credito, ad un mero interesse legittimo";
     che  la   suddetta   procedura   consentirebbe   al   commissario
 liquidatore  di  transigere, secondo il proprio arbitrio, vertenze in
 atto  o  pretese  in  corso   senza   alcuna   forma   di   controllo
 giurisdizionale,  pregiudicando  in  tal  modo  la  realizzazione del
 principio della par condicio creditorum;
     che, secondo il giudice a quo, l'art. 113 del  citato  d.lgs.  n.
 77  del  1995  -  nel disporre la non assoggettabilita' ad esecuzione
 forzata delle somme di pertinenza degli enti  locali  destinate,  con
 atto   amministrativo,  all'espletamento  dei  servizi  essenziali  -
 renderebbe impossibile al creditore procedente la tutela del  proprio
 credito   a  fronte  di  una  dichiarazione  negativa  del  tesoriere
 dell'ente locale;
     che, in tal modo, si determinerebbe,  con  la  creazione  di  due
 diverse  categorie  di  creditori,  una  deroga  al  principio  della
 responsabilita' patrimoniale di cui all'art. 2740 del codice  civile,
 priva  di  giustificazione  sotto  il  profilo della ragionevolezza e
 lesiva del principio di eguaglianza;
     che la stessa disposizione - attribuendo rilevanza, nei  rapporti
 privatistici,  ad un atto dell'ente esecutato avente natura meramente
 previsionale  e  percio'  di  carattere  generico  ed  impedendo   al
 creditore  la  verifica  dell'effettiva  destinazione  delle  somme -
 violerebbe  il  diritto  del  creditore  procedente  a  resistere  in
 giudizio, tutelato dall'art. 24 della Costituzione;
     che nel giudizio davanti alla Corte costituzionale e' intervenuto
 il  Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri, rappresentato e difeso
 dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione  sia
 dichiarata inammissibile e infondata;
     che,  in  prossimita'  della  camera  di  consiglio, l'Avvocatura
 generale dello Stato ha depositato memoria insistendo  nelle  proprie
 richieste  ed  in particolare rilevando come l'attuale disciplina del
 risanamento finanziario degli enti locali dissestati di cui al d.lgs.
 n. 77  del  1995,  come  modificato  dal  d.lgs.  n.  336  del  1996,
 "riprodurrebbe   dal  punto  di  vista  strutturale"  quella  di  cui
 all'abrogato art. 21 del d.-l. 18 gennaio 1993 n. 8, convertito nella
 legge 19 marzo 1993 n. 68, che questa  Corte  avrebbe  gia'  ritenuto
 costituzionalmente legittima.
   Considerato che difetta nell'ordinanza di rimessione la motivazione
 della  rilevanza  della  questione di legittimita' costituzionale nel
 giudizio principale e che non  e'  neppure  possibile  desumere  tale
 rilevanza da una descrizione, pur sommaria, della fattispecie oggetto
 della controversia sottoposta alla decisione del giudice rimettente;
     che  la  diversita'  delle  due  norme  congiuntamente denunciate
 (delle quali, mentre l'una presuppone l'intervenuta dichiarazione  di
 dissesto  dell'ente  locale  e  dispone  l'apertura  di una procedura
 concorsuale di liquidazione, l'altra stabilisce, in relazione ad  una
 esecuzione  individuale, l'impignorabilita' delle somme di pertinenza
 degli  enti  locali  destinate   a   determinati   servizi   pubblici
 essenziali)  non  consente di ricostruire, neppure induttivamente, la
 fattispecie sottoposta all'esame del giudice a quo;
     che, pertanto, la questione deve essere dichiarata manifestamente
 inammissibile.
   Visti  gli  artt.  26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi  dinanzi
 alla Corte costituzionale.