IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 1714 del 1993 proposto da Lonardi Marco, Lusenti Luigi, Maffeis Giuliano, Spazzini Luciana, Zaglio Anna Maria, Lucon Giovanna, Chiarini Edoardo, Bignotti Luciano, rappresentati e difesi dall'avv. Glauco Davolio, ed elettivamente domiciliati presso lo stesso, in Brescia, via Vittorio Emanuele II n. 1; Contro l'U.S.S.L. n. 46 "Alto Mantovano" di Castiglione delle Stiviere non costituitasi in giudizio, per l'annullamento, del provvedimento n. 15722 del 30 novembre 1992, con cui l'amministratore staordinano dell'U.S.S.L. n. 46 ha negato le differenze retributive corrispondenti alle superiori mansioni svolte dai ricorrenti per il periodo successivo al 12 febbraio 1991 e dei provvedimenti n. 105 datato 11 febbraio 1991 e n. 443 datato 9 dicembre 1991 sempre dell'amministratore straordinario dell'U.S.S.L. n. 46, nella parte in cui e' stato limitato il riconoscimento del diritto dei ricorrenti alle predette differenze retributive per il periodo antecedente al 12 febbraio 1991; e per l'accertamento del diritto dei ricorrenti a percepire il trattamento economico, corrispondente alle superiori mansioni svolte. Visto il ricorso con i relativi allegati; Visti gli atti tutti della causa; Data per letta, alla pubblica udienza del 15 maggio 1998, la relazione del ref. Roberto Chieppa; Udito l'avv. G. Davolio per i ricorrenti; Vista la sentenza non definitiva di data odierna; Ritenuto in fatto ed in diritto quanto segue; F a t t o I ricorrenti hanno prestato e prestano da anni servizio con la qualifica di "infermiere psichiatrico" (operatore professionale collaboratore - VI livello retributivo) presso l'ospedale psichiatrico giudiziario di Castiglione delle Stiviere e, limitatamente ai signori Maffeis e Lucon, presso le locali comunita' terapeutiche (presidi ospedalieri dell'U.S.S.L. n. 46), svolgendo le superiori mansioni di "capo sala" (operatore professionale coordinatore - VII livello) in base a formale assegnazione. In data 3 luglio 1989 presentavano istanza all'ente di appartenenza per ottenere la retribuzione di VII livello dalla data di inizio delle predette mansioni. Il comitato di gestione accoglieva l'istanza con deliberazione 12 ottobre 1989, n. 611, annullata dal C.R.C. con ordinanza 8 novembre 1989 avverso la quale gli interessati proponevano impugnazione avanti il t.a.r. di Milano. Con deliberazione 20 dicembre 1989, n. 753, il comitato di gestione dell'U.S.S.L. n. 46 rinnovava il provvedimento di riconoscimento delle mansioni superiori di "capo sala", sia pure soltanto "da un punto di vista giuridico", in quanto sussistevano "le cause ostative di cui all'accennato provvedimento di annullamento al riconoscimento economico delle differenze retributive". In data 2 ottobre 1990 gli interessati reiteravano la propria richiesta, adducendo a fondamento della stessa la sentenza n. 296/1990 della Corte costituzionale di recente pubblicazione. Con deliberazione 11 febbraio 1991, n. 105, l'amministratore straordinario dell'ente, dato atto che i ricorrenti avevano svolto tali mansioni "previo conferimento delle stesse da parte del responsabile della struttura sanitaria su posti previsti nell'organico e vacanti", riconosceva loro il corrispondente maggior trattamento economico "dal 60 giorno dal conferimento delle mansioni superiori ad oggi". La deliberazione veniva annullata dal C.R.C. nella sola parte in cui non escludeva i ratei stipendiali ormai prescritti. Il presidente dell'ente ne dava comunicazione al legale dei ricorrenti con lettera 10 giugno 1991, nella quale avvertiva che "il provvedimento di liquidazione sara' condizionato alla sottoscrizione di apposita convenzione transattiva che preveda, oltre all'abbandono del giudizio pendente innanzi al t.a.r. Lombardia la rinuncia alla corresponsione di interessi e rivalutazione". L'avv. Sala (all'epoca legale dei dipendenti), con lettera 18 novembre 1991 sottoscritta da tutti i ricorrenti, confermava l'accettazione da parte dei suoi patrocinati, della "proposta di transazione formulata", precisando peraltro che, avendo continuato a svolgere le mansioni superiori, essi "non intendono rinunziare alle differenze retributive dall'11 febbraio 1991 maturate e maturande, restando impregiudicato per tale motivo ogni loro diritto". L'amministratore straordinario prendeva atto delle transazioni con delibera 9 dicembre 1991, n. 433, nella quale liquidava le differenze retributive per il periodo 3 luglio 1984-11 febbraio 1991. Con istanza 4 novembre 1992 i ricorrenti chiedevano che venisse loro corrisposta la retribuzione spettante per le superiori mansioni svolte dal 12 febbraio 1991 in poi, maggiorata di rivalutazione monetaria e di interessi legali. L'amministratore straordinario con nota 30 novembre 1992, comunicava che "non e' assolutamente possibile procedere al riconoscimento delle mansioni superiori .... in quanto un'eventuale attribuzione in violazione al divieto di cui al d.P.R. n. 384/1990, verrebbe ad impegnare la responsabilita' personale del sottoscritto ai sensi dell'art. 14 della legge n. 207/1985". Alcuni mesi piu' tardi, il direttore sanitario revocava le mansioni superiori ai dipendenti Zaglio e Spazzini (con decorrenza dal 1 maggio 1993), Lonardi (dal 19 maggio 1993) e Lusenti (dal 1 ottobre 1993), mentre gli altri ricorrenti proseguivano, e proseguono tuttora, nel continuativo svolgimento delle mansioni di capo sala. Avverso il menzionato diniego e comunque avverso le pregresse deliberazioni, nelle parti in cui limitano la decorrenza dell'invocato maggior trattamento economico ovvero lo concedono limitatamente alla somma capitale della retribuzione i dipendenti proponevano ricorso per i seguenti motivi: 1) illegittimita' delle delibere n. 105/1991 e n. 433/1991 dell'ente, nella parte in cui hanno limitato le differenze retributive spettanti per il periodo fino all'11 febbraio 1991, per violazione degli artt. 2103 e 2113 c.c., attesa la inderogabilita' dei diritti, oggetto delle transazioni; 2) illegittimita' della delibera n. 15722 del 30 novembre 1992, per erronea interpretazione dell'art. 55 del d.P.R. n. 384/1990, che non vieta in assoluto la corresponsione delle differenze retributive, spettanti per le superiori mansioni, considerato anche che i concorsi per la copertura dei posti erano stati banditi ed erano andati deserti e per violazione dell'art. 36 della Costituzione e dell'art. 2126 c.c.; L'U.S.S.L. n. 46, regolarmente intimata, non si costituiva in giudizio. In seguito ad ordinanza presidenziale istruttoria, l'Azienda U.S.S.L. n. 21 (ex U.S.S.L. n. 46) produceva copia degli atti, relativi al procedimento conclusosi con l'impugnato provvedimento, evidenziando che le procedure concorsuali per la copertura dei posti di capo sala erano state indette, ma erano andate sempre deserte per mancanza di aspiranti candidati. All'udienza del 15 maggio 1998 la causa veniva trattenuta per la decisione. Con separata sentenza parziale di data odierna veniva respinto il primo motivo di ricorso. D i r i t t o 1. - Con il secondo motivo di ricorso i predetti dipendenti chiedono che venga accertato il loro diritto alle differenze retributive, corrispondenti alle superiori mansioni svolte per il periodo successivo al 12 febbraio 1991, impugnando anche il provvedimento n. 15722 del 30 novembre 1992, con cui l'amministratore straordinario dell'U.S.S.L. n. 46 respingeva l'istanza dei ricorrenti. A parere di questo collegio, pur ricorrendo le condizioni, che la prevalente giurisprudenza ha finora individuato per il riconoscimento del diritto alla maggiore retribuzione, corrispondente alle superiori mansioni, l'attuale operativita' di tali principi, diretta espressione dell'art. 36 della Costituzione, trova un ostacolo nell'art. 56, comma 6, ultima parte, del d.lgs. n. 29/1993, come recentemente modificato dall'art. 25 del d.lgs. n. 80/1998. 2. - In ordine alla rilevanza della questione si evidenzia: 2.1. - E' erroneo il riferimento, operato dall'impugnato diniego, al divieto di cui alI'art. 55 del d.P.R. n. 384/1990, in quanto tale norma, di natura regolamentare, e' meramente interpretativa delle disposizioni dell'art. 29 del d.P.R. n. 761/1979 (cfr. Corte costituzionale, ord. n. 289/1996). Di conseguenza, il riconoscimento del diritto alle differenze retributive per le superiori mansioni, svolte dal personale delle U.S.S.L., aveva gia' un suo fondamento normativo (ed un limite) nel citato art. 29. Per la prevalente interpretazione di quest'ultima norma deve farsi riferimento alla sentenza n. 2 del 16 maggio 1991 dell'adunanza del Consiglio di Stato, che ha fissato i seguenti principi in materia di mansioni superiori: a) ai sensi dell'art. 29, comma 3, d.P.R. n. 761/1979, in caso di sostituzione del titolare di posizione funzionale piu' elevata, assente per malattia, ferie, congedo, motivi di famiglia e simili, mancando la disponibilita' del posto, la sostituzione rientra tra i compiti ordinari del dipendente e non da' luogo ad alcuna maggiorazione stipendiale; b) nel caso di svolgimento da parte del dipendente di mansioni superiori per sostituzione di un posto vacante e disponibile, qualora la sostituzione si protragga oltre il termine di sessanta giorni, spetta al prestatore di lavoro, sulla base dell'art. 29, comma 2, d.P.R. n. 761/1979 ed in via di applicazione diretta dell'art. 36 della Costituzione e dell'art. 2126 c.c., il trattamento economico corrispondente all'attivita' svolta, non rilevando la disposizione di cui al primo comma del citato art. 29, dal momento che il divieto, ivi previsto, di essere assegnato alle mansioni superiori rende illegittimo non gia' il comportamento del dipendente, ma quello dell'amministrazione. Tale interpretazione, messa in discussione da pronunce giurisprudenziali piu' recenti (cfr. Cons. Stato, V, n. 597/1996), e' stata, comunque, confermata da diverse pronunce della Corte costituzionale (cfr. Corte costituzionale sentenza n. 57/1989, n. 296/1990, n. 101/1995, n. 273/1997). Anche l'ultima sentenza dell'adunanza plenaria del Consiglio di Stato sul punto (n. 20/1997) ha confermato tali principi, ritenendo quello sub a) applicabile ad ogni caso di sostituzione di posizione non immediatamente disponibile, senza pero' escludere il diritto alla maggiore retribuzione in caso di sostituzione di posto vacante e disponibile. 2.2. - E' erroneo anche l'ulteriore richiamo, operato dall'impugnato diniego, all'art. 14 della legge n. 207/1985; L'applicazione di tale norma viene richiamata dall'art. 55, comma 8, del d.P.R. n. 55/1990 in caso di inosservanza di quanto previsto ai commi 1, 6 e 7. Tali commi prevedono l'obbligo per gli enti, in caso di vacanza o disponibilita' di posti previsti dalle piante organiche, di attivare le procedure concorsuali per la copertura dei posti. Nel caso in esame, a prescindere da ogni considerazione circa la dubbia applicazione della nullita' di cui al citato art. 14 nei confronti dei dipendenti, manca il presupposto della inosservanza di quanto disposto dai commi 1, 6 e 7 del cit. art. 55, in quanto l'U.S.S.L. aveva regolarmente avviato le procedure per la copertura dei posti, che pero' non si erano concluse per mancanza di aspiranti candidati (vedi nota dell'Azienda U.S.S.L. n. 21 del 22 aprile 1997, in risposta all'ordinanza presidenziale istruttoria). Non essendosi verificata alcuna inosservanza da parte dell'ente in ordine alla procedure da seguire per la copertura dei posti, comunque non si applica la nullita' degli atti, di cui alle citate disposizioni. 2.3. - In definitiva, trattandosi di superiori mansioni, svolte in via esclusiva dai dipendenti (appartenenti a livello inferiore e contiguo) sulla base di formale atto dell'U.S.S.L. per la sostituzione di un posto vacante e disponibile, ricorrono tutte le condizioni, previste dalla sopra menzionata giurisprudenza, per il riconoscimento del diritto alle differenze retributive. 2.4. - Come gia' detto, l'operativita' di detti principi, diretta espressione dell'art. 36 della Costituzione, trova un ostacolo nell'art. 56, comma 6, ultima parte, del d.lgs. n. 29/1993, come recentemente modificato dall'art. 25 del d.lgs. n. 80/1998. Tale norma dispone che fino alla data prevista dai nuovi contratti collettivi, "in nessun caso lo svolgimento di mansioni superiori rispetto alla qualifica di appartenenza puo' comportare il diritto a differenze retributive o ad avanzamenti automatici nell'inquadramento professionale del lavoratore". Questo collegio ritiene che la norma abbia natura interpretativa e che, in ogni caso quale ne sia la natura, abbia un contenuto che copre anche le situazioni anteriori si applichi, quindi, al caso in esame; di conseguenza risulta il contrasto con gli artt. 3 e 36 della Costituzione. Il carattere interpretativo di una norma dipende dal contenuto della medesima, caratterizzato dalla concorrenza di un apprezzamento interpretativo circa il significato di un precetto antecedente, cui la nuova disposizione si ricollega e di un momento precettivo, con il quale il legislatore conferisce valore normativo all'interpretazione della norma anteriore, escludendone ogni altra (cfr. Cass., I, n. 5822/1981). Tali elementi ricorrono nella formulazione dell'ultima parte dell'art. 56, comma 6, del d.lgs. n. 29/1993, come recentemente modificato. Detto articolo, dopo aver disciplinato la materia delle mansioni superiori ed aver previsto l'entrata in vigore delle nuove disposizioni a decorrere dalla data, che i nuovi contratti collettivi stabiliranno, dispone che fino a tale data in nessun caso lo svolgimento delle mansioni superiori possa comportare il diritto a differenze retributive. Proprio gli incisi "fino a tale data" ed "in nessun caso" sono indici della volonta' di conferire valore normativo all'interpretazione della previgente normativa in materia di mansioni superiori nel pubblico impiego e nello stesso tempo dimostrano la precisa intenzione del legislatore di rendere applicabile la disciplina a tutti i rapporti, anche pregressi, fino a tale data. Si deve tenere presente che, in contrapposizione alla citata giurisprudenza, favorevole al riconoscimento del diritto alle differenze retributive, spettanti per le superiori mansioni (nei limiti sopra esposti), si e' formato recentemente un orientamento sfavorevole a tale riconoscimento della V sezione del Consiglio di Stato, secondo cui le mansioni superiori, svolte da un pubblico dipendente (compresi i dipendenti del Servizio sanitario nazionale), sono del tutto irrilevanti anche sotto il profilo economico (cfr. Cons. Stato, V, n. 597/1996, V, n. 452/1995, V, n. 429/1997). La nuova disposizione, di cui al citato art. 56, ha inteso proprio attribuire, senza eccezioni, valore normativo a detta seconda interpretazione o, comunque, dettare una disciplina con effetti retroattivi. Del resto, sarebbe irragionevole ritenere che la nuova norma abbia inteso regolare la materia solo il periodo intercorrente tra la sua entrata in vigore e i futuri contratti collettivi, prevedendo solo per tale breve ed intermedio periodo la non retribuibilita' delle mansioni superiori. La questione e', pertanto, rilevante. 3. - Circa la non manifesta infondatezza della questione si rileva: 3.1. - A partire dalla sentenza n. 57/1989, la Corte costituzionale ha affermato che "il secondo comma dell'art. 29 del d.P.R. n. 761/1979 deve essere interpretato rigorosamente nel senso che l'adibizione a mansioni superiori per esigenze di servizio non da' diritto a variazioni del trattamento economico solo entro il limite temporale massimo ivi indicato, onde il suo prolungamento oltre tale limite produce al datore di lavoro un arricchimento ingiustificato, che alla stregua dell'art. 36 della Costituzione, direttamente applicabile, determina l'obbligo di integrare il trattamento economico del dipendente nella misura corrispondente alla qualita' del lavoro effettivamente prestato". Tale sentenza, interpretativa di rigetto, e' stata poi confermata dalla successiva sentenza n. 296/1990, con cui la Corte costituzionale ha ribadito che "qualora il trasferimento a tali mansioni si protragga oltre questo termine, spetta al prestatore di lavoro, in via di applicazione diretta dell'art. 36, primo comma, della Costituzione, sulla base dell'art. 2126, primo comma, c.c., il trattamento corrispondente all'attivita' svolta". La valenza del principio costituzionale di equa e proporzionale retribuzione e la sua compatibilita' con il principio di accesso al pubblico impiego mediante concorso e con gli altri principi costituzionali sono stati confermati dalle sentenze n. 236/1992, n. 337/1997, n. 101/1995 e n. 273/1997 della Corte costituzionale. La spettanza al lavoratore del trattamento retributivo, corrispondente alle funzioni espletate, e' un precetto dell'art. 36 della Costituzione, la cui applicabilita' all'impiego pubblico non puo', quindi essere messa in discussione (cfr. sentenza n. 101/1995 della Corte costituzionale). Appare evidente come l'ultima parte del sesto comma del citato art. 56 del d.lgs. n. 29/1993 sia ostativo al riconoscimento del diritto alle differenze retributive per le mansioni superiori e, conseguentemente, contrastante con l'art. 36 della Costituzione, nel caso in cui (secondo la giurisprudenza sopra indicata) vi sia un posto vacante e disponibile e, quindi, quando la differenza retributiva abbia una giuridica copertura finanziaria nel bilancio e nelle norme sulle previsioni dei posti in organico della pubblica amministrazione e nel sistema delle disponibilita' finanziarie. 3.2. - Questo collegio ritiene non manifestamente infondato anche il contrasto con l'art. 3 della Costituzione, derivando dalla menzionata norma una irragionevole differenziazione, che nega il riconoscimento del diritto alle predette differenze retributive solo per un limitato periodo temporale (fino ai nuovi contratti collettivi, che tuttavia possono disciplinare i rapporti solo per l'avvenire o per il periodo contrattuale di riferimento), con evidente discriminazione tra chi ha beneficiato fino ad oggi di tale riconoscimento in virtu' della menzionata prevalente giurisprudenza, chi ne beneficera' a partire dai nuovi contratti e chi, invece, incappera' nel divieto, anche solo a causa dei tempi della tutela giurisdizionale. 4. - Ritenuta, pertanto, la rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione di costituzionalita' nei termini sopra evidenziati, deve essere disposta la sospensione del giudizio sul secondo motivo del ricorso n. 1714/1993, proposto da Lonardi Marco ed altri, con conseguente trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.