IL CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE
   Ha pronunciato la seguente ordinanza;
   Visto il ricorso n.  140/1997  r.g.  proposto  dal  dott.  Vincenzo
 Locane,  rappresentato  e difeso dall'avv. Vincenzo Falcucci, avverso
 la decisione in  data  9  maggio  1997  con  la  quale  il  consiglio
 dell'ordine  degli  avvocati  di  Lucca  rigettava  la sua istanza di
 iscrizione all'albo degli avvocati - part-time;
   Visto il ricorso con i relativi allegati;
   Visti gli atti di causa;
   Relatore alla pubblica udienza del 29 gennaio 1998  il  consigliere
 Vincenzo Panuccio e udito il sostituto procuratore generale presso la
 Corte di cassazione Domenico Iannelli;
   Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue;
                               F a t t o
   Con  ricorso  del  7  giugno  1997  depositato  presso il Consiglio
 dell'ordine di Lucca il dott. Vincenzo Locane impugnava  la  delibera
 del  Consiglio  dell'ordine lucchese del 9 maggio 1997 (notificatagli
 il  22  maggio  1997)  di  diniego  dell'iscrizione   all'albo,   per
 violazione e falsa applicazione dell'art. 1, comma 56, della legge n.
 662/1996  e  comma  56-bis  introdotto  dal decreto-legge n. 79/1997,
 convertito con modificazioni nella legge n. 140/1997.
   Premetteva lo istante che in  data  1  aprile  1997  aveva  rivolto
 istanza  di  iscrizione all'Ordine forense di Lucca, trovandosi nelle
 condizioni previste dall'art. 1, comma 56, della  legge  23  dicembre
 1996,  n.    662  e art. 6 del d.-l. 28 marzo 1997, n. 79, convertito
 nella legge 28 maggio 1997, n. 140.
   Con delibera  9  maggio  1997  il  Consiglio  negava  l'iscrizione,
 motivando  con  riferimento al parere del C.N.F. dell'11 aprile 1997,
 n. 1/C/97, secondo cui la  normativa  sopra  richiamata  non  avrebbe
 abrogato il divieto di iscrizione agli albi per i dipendenti pubblici
 a  tempo  parziale  con prestazione di lavoro non superiore al 50% di
 quella a tempo pieno. Secondo tale  parere  la  normativa  ha  inciso
 solamente sul regime del incompatibilita' dei pubblici dipendenti.
   Lamenta il ricorrente che una simile interpretazione e' restrittiva
 immotivatamente, e forzata ed e' intesa a tutelare esclusivamente, di
 contro  a  una  legge  molto  chiara,  gli  interessi della categoria
 forense.
   Resterebbe dunque in vigore l'art.  3  della  legge  professionale,
 secondo  il  parere del C.N.F., il cui intento e' quello della tutela
 dell'avvocatura, non gia' del pubblico  impiego,  a  salvaguardia  di
 quel valore fondamentale che e' l'indipendenza, valore che si pone in
 contrasto  con  un  rapporto  di  subordinazione,  quale e' quello di
 qualunque dipendente, sia pubblico, sia privato.
   Sostiene  il  ricorrente  che  le  disposizioni  di   legge   sopra
 richiamate  non  solo  hanno  riguardo al profilo interno della p.a.,
 disponendo espressamente la disapplicazione dell'art. 58  del  d.lgs.
 n.  29/1993,  ma  rendono  inapplicabili  al  pubblico  dipendente  a
 part-time le disposizioni di legge che vietano l'iscrizione  ad  albi
 professionali.
   Cio'   resta   vieppiu'  confermato  dal  comma  56-bis  introdotto
 dall'art.  6 della legge n. 140 del 28 maggio 1997.
   Il   legislatore   nel   comma  56,  usa  l'espressione  "nonche'",
 riferendosi sia all'art. 58 del d.lgs. n. 29/1993,  sia  a  tutte  le
 disposizioni   di   legge   e  di  regolamento  che  disciplinano  le
 professioni,  tant'e'  che  nel  ripubblicare  il  citato  comma   56
 corredato  delle  relative  note,  si  provvede  a riportare il testo
 dell'art. 58 che non poteva essere inserito per  evidenti  motivi  di
 spazio  e  di  tecnica  legiferativa nel testo del comma 56, come non
 potevano  essere  citate  per  gli  stessi  motivi  tutte  le   leggi
 professionali che sono diverse decine. Tuttavia usando la espressione
 "nonche'" il legislatore ha evidentemente inteso comprendere tutte le
 professioni.
   Lo  stesso  C.N.F.  nel parere ricordato, citando l'eccezione degli
 avvocati  degli  enti  pubblici,  conferma  che  anche  nella   legge
 professionale  esistono  eccezioni  e  deroghe, come quella di cui si
 discute, che,  per  evitare  commistioni  fra  interessi  pubblici  e
 privati  riduce  la  presenza  del  dipendente-professionista  e pone
 limiti pena la decadenza dall'impiego, prescrivendo  anche  verifiche
 ispettive in proposito.
   D'altronde,  anche  prima  delle  leggi  sopra  ricordate il S.C.A.
 ss.uu.   sent. 23 settembre 1994,  n.  7845,  aveva  riconosciuto  il
 diritto  del  pubblico  dipendente  ad  iscriversi  agli  albi  e  ad
 esercitare la attivita' professionale, in applicazione della legge 29
 dicembre 1988,  n.  554  e  del  D.P.C.M.  17  marzo  1989,  n.  117,
 addirittura  piu'  restrittivi  rispetto  alla  nuova  normativa.  La
 trasparente deroga sarebbe in linea coi tempi, anche con riguardo  ad
 altre  professioni (medica ad es.), e va ricordato che esistono altre
 deroghe, si pensi agli insegnanti di diritto, i dipendenti  di  casse
 di risparmio addetti ad uffici legali.
   Il  parere  del  C.N.F. dell'11 aprile 1997 non tiene conto perche'
 anteriore delle modificazioni introdotte  dalla  legge  n.  140/1997,
 che, peraltro, inibendo il patrocinio in controversie in cui e' parte
 la  p.a.,  mostra  di far riferimento inequivocabile alla professione
 forense.
   Si aggiunge che il parere del C.N.F. e' in stridente contrasto  con
 la  relazione  della proposta di legge n. 3274 depositata alla camera
 dei deputati il 25  febbraio  1997,  nella  quale  esplicitamente  si
 afferma  che  l'art.  1,  comma  56, legge n. 662/1996 ha abrogato il
 divieto di iscrizione all'albo degli  avvocati  per  i  soggetti  coi
 requisiti di legge.
   Il  ricorrente  chiedeva  quindi  il  riconoscimento del diritto di
 iscrizione all'albo medesimo con decorrenza 1 aprile 1997, giorno  in
 cui  si  sono  verificate  le  condizioni legali per la iscrizione, o
 comunque con immediata decorrenza.
   Con istanza 28 agosto 1997 il ricorrente chiedeva al presidente del
 C.N.F. la definizione urgente del  ricorso,  sussistendo  ragioni  di
 necessita',  e  con  successive istanze del 25 settembre 1997 e del 1
 ottobre 1997 reiterava la istanza di fissazione urgente del  ricorso,
 richiamandosi alla legge n. 117/1988.
   In  data  14  gennaio  1998,  essendo  fissata  la  udienza  del 29
 gennaio1998 per la trattazione del ricorso, il dott. Locane produceva
 una  memoria  difensiva,  cui  alligava  alcuni  documenti;  ribadiva
 l'interpretazione  della  normativa  a  lui  favorevole, riconosciuta
 anche dalle circolari del Ministro della funzione pubblica n.  3/1997
 e  6/1997  rispettivamente  del  19 febbraio e 18 luglio 1997 e dalla
 circolare I.N.P.D.A.P. n.  61 del 27 novembre 1997, nonche' dall'art.
 39  della  legge  1997,  n.    449.  La  violazione di legge da parte
 dell'organo forense e' palese, come risulta dalla  ripetuta  proposta
 di  legge  n.  3247  alla  Camera, fondata su una pretesa violazione,
 scrive il ricorrente, dell'art.    24  della  Costituzione,  opinione
 contraddetta  dalla  commissione  affari costituzionali della Camera,
 che pur ha dato parere favorevole alla proposta, esprimendo  tuttavia
 perplessita'  circa  la  costituzionalita'  della  proposta  di legge
 predetta con riguardo all'art. 3  Cost.  Tale  articolo,  secondo  il
 Locane, sarebbe stato gia' violato in quanto qualche ordine (Camerino
 e  Monza) avrebbe gia' iscritto alcuni dipendenti pubblici part-time,
 cosi' mostrando come anche nell'ambito  della  categoria  forense  la
 posizione non e' unanime.
   La  mancata  iscrizione  produce  danni  al Locane, e violazione di
 altri diritti costituzionali (artt. 4, 35 e 41 Cost. oltre gli  artt.
 30,  31  e  36)  per  il  mantenimento  della  famiglia.  La  mancata
 iscrizione travolge anche il principio dell'affidamento  nella  legge
 sulla   cui   base  il  ricorrente  avrebbe  dismesso  gli  incarichi
 all'interno della amministrazione, assumendo impegni, etc.  Ribadisce
 il  ricorrente che lo stesso proponente alla Camera della proposta di
 legge n. 3274 riconosce  degne  di  tutela  le  posizioni  di  questi
 soggetti.
   Il  ricorrente  ricorda  anche i limiti alla attivita' dei pubblici
 dipendenti part-time, e  in  particolare  quello  secondo  cui  detto
 personale  per l'art. 22 della legge n. 724/1994 non puo' eccedere la
 quota del 25% (risulterebbe che solo l'1,50% dei dipendenti  pubblici
 avrebbe  chiesto  la  trasformazione  del rapporto di lavoro in tempo
 parziale, ed effettuando le dovute proporzioni risulterebbe che in un
 anno di entrata in vigore della legge  solo  una  ventina  di  unita'
 avrebbero  chiesto  la  iscrizione  all'albo,  di  fronte  ai 100.000
 avvocati attualmente iscritti;  percentuale  dunque  infinitesimale).
 Queste  considerazioni  debbono  indurre  ad  una  rimeditazione, non
 dovendosi temere una invasione  degli  albi,  ne'  d'altra  parte  e'
 giustificato  un  atteggiamento  di  chiusura anche di fronte a certe
 linee evolutive comunitarie e nazionali.
   Dunque la motivazione del  diniego  non  e'  sorretta  dal  dettato
 normativo  e  in  definitiva  si fonda su un parere sconfessato anche
 dall'organismo unitario che ha proclamato per il 20 gennaio 1998  una
 giornata  di  sciopero  perche'  venga  approvata  la legge che vieti
 l'iscrizione agli  albi  dei  dipendenti  pubblici  part-time,  cosi'
 riconoscendo  che  attualmente  la  iscrizione  e'  consentita.    Il
 difensore del ricorrente ha discusso alla udienza fissata. Il p.g. ha
 concluso per l'accoglimento del ricorso.
                             D i r i t t o