ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nei giudizi di legittimita' costituzionale della legge regione Marche
 9   maggio   1997,   n.  30  (Disciplina  regionale  della  bonifica.
 Attribuzione di funzioni alle province in attuazione  della  legge  8
 giugno 1990, n. 142. Soppressione dei consorzi di bonifica), promossi
 con  ordinanze  emesse  l'11  novembre  1997 (n. 8 ordinanze) e il 21
 ottobre 1997, rispettivamente iscritte ai nn.  238,  239,  240,  241,
 242,  243,  244,  245  e 246 del registro ordinanze 1998 e pubblicate
 nella  Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  16,  prima   serie
 speciale, dell'anno 1998.
   Visti  gli  atti  di costituzione della regione Marche, di Bassotti
 Domenico ed altri, del Consorzio di  Bonifica  dell'Aso  ed  altri  e
 della Presidenza del Consiglio dei Ministri;
   Udito  nell'udienza pubblica del 30 giugno 1998 il giudice relatore
 Valerio Onida;
   Uditi gli avvocati Andrea Calzolaio e Ranieri Felici  per  Bassotti
 Domenico  ed  altri,  Alesssandro  Pace  e  Giovanni  Compagno per il
 Consorzio di Bonifica dell'Aso ed altri, l'avvocato dello Stato  Aldo
 Linguiti  per  la  Presidenza del Consiglio dei Ministri e l'avvocato
 Stefano Grassi per la regione Marche.
                           Ritenuto in fatto
   1. -  Con otto ordinanze di analogo tenore,  emesse  l'11  novembre
 1997  (r.o.  nn.  da  238  a  245 del 1998), il Consiglio di Stato ha
 sollevato questione di legittimita'  costituzionale,  in  riferimento
 agli articoli 3, 41, 42, 44, 97 e 117 della Costituzione, della legge
 della regione Marche 9 maggio 1997, n. 30 (Disciplina regionale della
 bonifica.  Attribuzione di funzioni alle province in attuazione della
 legge  8 giugno 1990, n. 142. Soppressione dei consorzi di bonifica),
 "sia nel suo testo integrale, sia in particolare nei suoi articoli  3
 (specialmente  terzo comma), 4, 7, 8, 9, 13".  L'autorita' remittente
 premette  che  la  legge  regionale  in  questione  ha  disposto   la
 soppressione  dei  consorzi  di  bonifica operanti esclusivamente sul
 territorio della regione e il trasferimento delle loro funzioni  alla
 provincia, passando per una fase di liquidazione affidata ad appositi
 commissari. Alcuni consorzi, nonche' alcune persone nella qualita' di
 amministratori  degli  stessi  e  in  quella  di  consorziati,  hanno
 impugnato una delibera della  giunta  regionale  che  costituisce  un
 gruppo  di  lavoro per avviare la concreta estinzione dei consorzi, e
 il relativo atto di trasmissione, chiedendone la sospensione,  negata
 dal  TAR adi'to. Giudicando in sede di appello contro l'ordinanza del
 TAR di diniego della sospensione per assenza del danno, il  Consiglio
 di Stato ritiene che si potrebbe invece "intravvedere gia' in atto la
 situazione di danno accampata", ma che il testo della legge regionale
 impedirebbe  di  considerare  sussistente  il fumus di fondatezza dei
 ricorsi, onde anche nella fase cautelare in  corso  si  presenterebbe
 come  rilevante  la  questione  di  legittimita' costituzionale della
 predetta legge.
   Ricordato come essa fosse stata gia'  impugnata,  prima  della  sua
 promulgazione,  dal  Governo,  ma con ricorso giudicato inammissibile
 per tardivita'  del  deposito,  il  Consiglio  di  Stato  afferma  di
 condividere,  nella  prospettiva  di  una  pronuncia di non manifesta
 infondatezza, le argomentazioni  rappresentate  in  quella  sede  dal
 Governo.    In  primo  luogo, la legge regionale non sarebbe conforme
 all'art.  117 della Costituzione, in  quanto  essa  trasferisce  alle
 province  funzioni  e  poteri  per  la realizzazione e gestione delle
 opere di bonifica e irrigazione, che gli artt. 13, 14 e 59  del  r.d.
 n.  215  del  1933, sulla bonifica, e l'art. 27 della legge n. 36 del
 1994 sulla  gestione  delle  acque  attribuirebbero  ai  consorzi  di
 bonifica,  con  disposizioni che, per quanto riguarda la legislazione
 del 1933, questa Corte avrebbe gia' individuato, con la  sentenza  n.
 66  del  1992,  come recanti principi fondamentali della materia.  In
 secondo luogo, il trasferimento  delle  funzioni  dei  consorzi  alla
 provincia  (prevedendosi  che,  per  i  consorzi  con  circoscrizione
 eccedente quella provinciale, esse siano  attribuite  alla  provincia
 dove e' posta la maggior parte del territorio interessato) violerebbe
 un principio emergente dall'art. 14 della legge n. 142 del 1990 sulle
 autonomie   locali,   posto   che   non   vi  e'  corrispondenza  fra
 circoscrizione  provinciale  e  bacino  idrico,  nel  cui  ambito  si
 esercitano  le  funzioni  dei consorzi di bonifica: cio' che potrebbe
 altresi' portare pregiudizio al buon andamento  dell'amministrazione,
 di cui all'art. 97 della Costituzione, dato che la provincia potrebbe
 essere   indotta   a  favorire  la  parte  di  territorio  consortile
 rientrante nella sua circoscrizione, dovendosi prevedere  l'insorgere
 di  contrasti  nell'ambito del bacino.   In terzo luogo, le norme che
 piu' specificamente prevedono la soppressione dei consorzi  sarebbero
 in  contrasto  con il principio della legislazione statale desumibile
 dall'art. 73 del d.P.R. n. 616 del 1977,  il  quale  consente  bensi'
 alla  regione la soppressione di singoli consorzi, ma non sembrerebbe
 permettere la eliminazione dell'intera categoria di enti, cui sarebbe
 riconosciuto un ruolo istituzionale  per  la  difesa  del  suolo,  il
 risanamento  delle  acque,  la  gestione  del patrimonio idrico.   In
 quarto  luogo,  l'art.  4  della   legge   regionale   (che   prevede
 l'istituzione  presso ogni provincia di un comitato di rappresentanza
 delle categorie interessate alla  esecuzione,  all'esercizio  e  alla
 manutenzione  delle  opere di bonifica) violerebbe il principio della
 legislazione statale ricavabile dall'art. 73 del d.P.R.  n.  616  del
 1977,  in  quanto  alle  regioni  sarebbero  state trasferite le sole
 funzioni statali concernenti i consorzi di bonifica, non anche quelle
 dei consorzi stessi. Tali enti  dovrebbero  essere  individuati  come
 strumenti di autogoverno della categoria dei proprietari interessati,
 mentre  la  disposizione  regionale affiderebbe a questi un ruolo non
 piu' operativo e  di  gestione,  ma  di  semplice  consultazione.  Al
 riguardo  il  giudice  a  quo  osserva  che  i  consorzi di bonifica,
 considerati  dalla  regione  esclusivamente  enti  strumentali  della
 stessa,  alla stregua del r.d. n. 215 del 1933 sarebbero invece anche
 e   principalmente  enti  autonomi  e  strumenti  di  amministrazione
 diretta, da parte dei proprietari, delle funzioni di  bonifica  e  di
 irrigazione.  Di  qui deriverebbe altresi' un contrasto con gli artt.
 41, 42 e 44 della Costituzione, che  dettano  i  principi  di  libera
 iniziativa  economica,  di  garanzia della proprieta', di equita' nei
 rapporti  sociali  e  di  razionale   sfruttamento   del   suolo   in
 agricoltura, pur "nel quadro della disciplina parapubblicistica della
 proprieta'  terriera", poiche' i proprietari vedrebbero drasticamente
 ridotta la loro partecipazione alla costruzione e conduzione di opere
 incidenti sullo sfruttamento delle loro terre.  Infine, la violazione
 dei principi  della  legislazione  statale  in  materia  di  bonifica
 comporterebbe  anche  violazione  dei  principi  di  eguaglianza e di
 ragionevolezza di cui  all'art.  3  della  Costituzione,  non  avendo
 giustificazione  un  diverso  trattamento  delle  opere di bonifica a
 seconda che esse riguardino il  territorio  della  regione  Marche  o
 quello di altre regioni.
   2.  - Nel corso di un giudizio promosso da un consorzio di bonifica
 e da due consorziati per l'annullamento della delibera  regionale  di
 nomina   del  commissario  liquidatore  dello  stesso  consorzio,  il
 Consiglio di Stato, con ordinanza emessa il 21 ottobre 1997 (r.o.  n.
 246 del  1998),  ha  sollevato  identica  questione  di  legittimita'
 costituzionale,  in riferimento agli stessi parametri. L'ordinanza e'
 motivata con le stesse considerazioni esposte nelle ordinanze cui  si
 e' fatto riferimento al paragrafo precedente.
   3.  -  In  tutti  i  giudizi  si  e'  costituita la regione Marche,
 chiedendo che la questione sia dichiarata infondata.
   In  particolare,  nella  memoria  di  costituzione  depositata  nel
 giudizio  promosso  con  l'ordinanza iscritta al n. 245 r.o. 1998, la
 regione sostiene che il trasferimento alle  Province  delle  funzioni
 relative  alla realizzazione delle opere di bonifica non viola l'art.
 117 della Costituzione in quanto non  sarebbe  dato  rinvenire  nella
 legislazione  statale  un  principio  fondamentale che impedisca tale
 trasferimento.  Infatti le funzioni relative  alla  esecuzione,  alla
 manutenzione  e  all'esercizio  delle  opere  di  bonifica  sarebbero
 attribuite dal r.d.  n. 215 del 1933 allo Stato, con la  possibilita'
 di utilizzare mediante concessione i consorzi dei proprietari. Questi
 ultimi   dunque   non   sarebbero  titolari  dell'attivita'  ma  solo
 concessionari: non vi sarebbero funzioni proprie  dei  consorzi,  che
 sarebbero  enti strumentali per l'esercizio di funzioni che restavano
 nella titolarita' dello Stato.  Tale titolarita', con  il  d.P.R.  n.
 616  del  1977  (artt. 50, 66 e 73), sarebbe passata interamente alle
 regioni,  le  quali  possono   avvalersi   dei   consorzi   ai   fini
 dell'esecuzione  delle  opere  di  bonifica, qualora non vi procedano
 direttamente. Non vi sarebbe  dunque  nell'ordinamento  un  principio
 fondamentale   che  attribuisca  ai  consorzi  la  titolarita'  delle
 competenze in materia di bonifica.    La  legge  regionale  impugnata
 sarebbe  pienamente conforme ai nuovi principi della autonomia locale
 stabiliti dalla legge n. 59 del 1997,  che  prevede  il  conferimento
 alle  regioni  e  agli  enti  locali di tutte le funzioni e i compiti
 amministrativi relativi alla cura degli interessi e  alla  promozione
 dello  sviluppo  delle  rispettive  comunita',  nonche'  di  tutte le
 funzioni e i compiti localizzabili nei rispettivi territori, in  atto
 esercitati da amministrazioni dello Stato ovvero tramite enti o altri
 soggetti pubblici (art. 1, comma 2), e in particolare il conferimento
 della  generalita'  dei  compiti  e  delle funzioni amministrative ai
 comuni, alle province e alle comunita' montane, in base  ai  principi
 di  sussidiarieta',  di  efficienza e di economicita', e quindi anche
 con la soppressione delle funzioni e dei compiti  divenuti  superflui
 (art.  4).  La legge regionale avrebbe dato attuazione ai principi di
 semplificazione  organizzativa  e  di  decentramento   amministrativo
 stabiliti  dalla  legge  n. 59 del 1997.  Ne' si potrebbe richiamarsi
 all'art.  27  della  legge  n.  36  del  1994,  che  circoscriverebbe
 l'autonomia  dei  consorzi  di  bonifica nell'ambito delle competenze
 definite dalla legge, senza stabilire a loro favore alcuna riserva di
 attivita'.
   I consorzi non sarebbero dunque enti necessari; la sentenza n.   66
 del   1992   di   questa  Corte  avrebbe  precisato  che  i  principi
 fondamentali della materia  riguardano  esclusivamente  il  carattere
 settoriale delle attivita' di bonifica, e dunque la specialita' degli
 interventi  relativi,  da  realizzare  sulla  base  di  un  piano,  e
 l'operativita'  della  bonifica  in  relazione  ad   un   determinato
 territorio   avente  caratteristiche  idrogeologiche  omogenee.    La
 regione, titolare dei poteri in tema di  organizzazione,  gestione  e
 realizzazione  delle  opere  di  bonifica, ben potrebbe delegare alle
 province tali funzioni, che si inquadrano nell'ambito delle  funzioni
 di   difesa  del  suolo,  tutela  e  valorizzazione  dell'ambiente  e
 prevenzione delle calamita',  e  di  tutela  e  valorizzazione  delle
 risorse  idriche ed energetiche, che secondo l'art. 14 della legge n.
 142 del 1990 spettano appunto alle province.
   La regione contesta poi che la delega delle funzioni alle  province
 possa  trovare  ostacolo nel carattere superprovinciale di taluni dei
 consorzi  soppressi.   Infatti   la   legge   regionale,   prevedendo
 l'esercizio   delle   funzioni  da  parte  della  provincia  nel  cui
 territorio ricade la maggior parte del  bacino,  e  la  consultazione
 delle  altre  province  interessate, metterebbe in atto un meccanismo
 che concilia in modo equilibrato le esigenze del bacino con i  limiti
 territoriali   dell'ente   provinciale:   la   concentrazione   delle
 competenze in un unico ente darebbe attuazione al principio del  buon
 andamento  dell'amministrazione.    Sotto  altro  profilo, la regione
 osserva che la soppressione dei consorzi di bonifica e'  conforme  ai
 principi  stabiliti  dal  d.P.R.    n.  616 del 1977, che all'art. 13
 prevede i poteri della regione  nei  confronti  degli  enti  da  essa
 dipendenti,  quali  dovrebbero  qualificarsi  i  consorzi  in  quanto
 concessionari di un'attivita' la cui titolarita' spetta alla regione,
 poteri fra cui dovrebbe ritenersi compreso anche quello di sopprimere
 gli enti stessi, organizzando diversamente l'attivita'  di  bonifica.
 Quanto  alla rappresentanza dei proprietari, dal r.d. n. 215 del 1933
 non si ricaverebbe un  principio  di  rappresentanza  necessaria  dei
 soggetti  interessati alle opere di bonifica in forma di autogoverno,
 ma solo la finalita'  del  coinvolgimento  dei  soggetti  interessati
 nello  svolgimento di funzioni pubbliche, coinvolgimento che potrebbe
 essere realizzato anche con formule diverse da quelle previste per la
 composizione degli  organi  consortili.  Il  sistema  adottato  dalla
 regione  Marche  non escluderebbe la rappresentanza dei proprietari e
 non sarebbe in contrasto con i principi espressi dall'art.  44  della
 Costituzione,  che  consente  di  imporre  obblighi  e  vincoli  alla
 proprieta'  terriera  privata.    Infine,  secondo  la  regione,   il
 trasferimento  alle  province  delle  funzioni svolte dai consorzi di
 bonifica  sarebbe  legittimo  anche  con  riferimento al principio di
 eguaglianza, in quanto ciascuna regione avrebbe  la  possibilita'  di
 individuare  soluzioni  legislative  coerenti con gli interessi della
 comunita' regionale,  e  di  adeguare  la  normativa  nazionale  alla
 specialita'   del   proprio   territorio.   La  legge  impugnata  non
 comprometterebbe  l'impianto  della   legge   statale   ne'   sarebbe
 contraddittoria   rispetto   ai  valori  perseguiti  dal  legislatore
 statale, onde non sarebbe violato  il  principio  di  ragionevolezza;
 d'altra  parte,  negare  la possibilita' per la regione di realizzare
 soluzioni normative modellate sui  propri  interessi  equivarrebbe  a
 negare in radice la stessa potesta' normativa regionale.
   4.  -  Si  sono  costituiti,  con  memorie di identico contenuto, i
 ricorrenti nei giudizi di cui alle ordinanze dal n.  238  al  n.  245
 r.o.  1998, chiedendo che la questione di legittimita' costituzionale
 sia accolta in tutti i suoi profili.  Richiamate le norme delle leggi
 statali sulle funzioni dei consorzi, le parti affermano che dall'art.
 73 del d.P.R. n. 616 del 1977 si desume che alle regioni  sono  state
 trasferite  le  funzioni gia' esercitate dallo Stato relativamente ai
 consorzi, ma non le  funzioni  dei  consorzi,  onde  la  regione  non
 potrebbe  sopprimere  l'intera  categoria  degli  enti  in questione,
 istituiti con legge statale.
   Le parti osservano che nella sentenza n.  66  del  1992  di  questa
 Corte   i  consorzi  vengono  indicati  come  una  delle  istituzioni
 principali per la realizzazione degli  scopi  di  difesa  del  suolo,
 risanamento  delle acque, gestione del patrimonio idrico e tutela dei
 connessi aspetti ambientali; e che il legislatore statale, anche dopo
 il  trasferimento  di  funzioni  alle  regioni,   ha   continuato   a
 contemplare   e   disciplinare   i   consorzi,   considerandoli  enti
 essenziali: in proposito si ricordano la legge n. 183 del 1989  e  la
 legge  n.  36 del 1994.  Inoltre la legge n. 59 del 1997, all'art. 1,
 comma 4, lettera c), avrebbe riservato allo Stato i compiti  relativi
 alla  difesa  del  suolo, nel cui ambito si inserisce l'attivita' dei
 consorzi di bonifica.  L'art. 117 della Costituzione sarebbe altresi'
 violato in quanto la legge,  prevedendo  che  la  provincia  nel  cui
 territorio  ricade  la  maggior parte del bacino eserciti le funzioni
 del consorzio soppresso, non avrebbe rispettato il principio in  base
 al  quale la provincia puo' essere titolare di funzioni solo rispetto
 al territorio  provinciale.    Il  sistema  sarebbe  anche  privo  di
 coerenza,  poiche',  essendo  i bacini quasi sempre interprovinciali,
 sono da prevedersi conflitti  che  non  gioverebbero  alle  opere  di
 bonifica,  con  violazione  anche  del  principio  del buon andamento
 dell'amministrazione, di cui all'art. 97 della Costituzione.    Sotto
 un  diverso profilo, le parti sostengono che i consorzi non sono enti
 "pararegionali",  ma  enti  autonomi  esponenziali  della   categoria
 interessata  e  di autogoverno ai fini della gestione delle aziende e
 delle opere di bonifica, dotati del potere di imporre  contributi  ai
 proprietari  consorziati.  Essi dunque non sarebbero enti strumentali
 della regione, come dimostrerebbero le affermazioni giurisprudenziali
 circa la loro natura di enti pubblici economici, sottratti al sistema
 della  tesoreria  unica,  soggetti  alla  giurisdizione  dei  giudici
 ordinari  per  quanto  riguarda  il  rapporto  di  impiego  dei  loro
 dipendenti, non soggetti alla giurisdizione contabile della Corte dei
 conti, e circa l'esclusione della qualita' di pubblici ufficiali  dei
 loro  funzionari.    La legge impugnata sarebbe altresi' in contrasto
 con gli artt.  41, 42 e 44 della Costituzione, in quanto, declassando
 i  consorzi  ad  enti strumentali della regione, per poi sopprimerli,
 avrebbe compresso il principio della liberta'  di  impresa  e  quello
 della  garanzia  della proprieta' privata: i proprietari perderebbero
 praticamente ogni controllo e ogni cointeressenza  nella  gestione  e
 nell'esecuzione   di  opere  che  coinvolgono  direttamente  le  loro
 proprieta'.   Infine sarebbe violato  il  principio  di  eguaglianza,
 poiche'  solo nella regione Marche i proprietari si vedrebbero negato
 il diritto, di fonte statale e di rilievo costituzionale, di  gestire
 direttamente  le opere di bonifica che interessano le loro terre e di
 associarsi a tal fine.
   5. - Si sono costituiti anche i ricorrenti nel giudizio di cui alla
 ordinanza  n.  246  r.o.  1998,   chiedendo   la   dichiarazione   di
 illegittimita'   costituzionale   della   legge   impugnata  nel  suo
 complesso, in accoglimento delle censure mosse  dal  giudice  a  quo.
 Riaffermata anzitutto la censura relativa al contrasto con l'art.  14
 della  legge  n.  142  del  1990, per l'attribuzione alle province di
 poteri che travalicano l'ambito del territorio provinciale, le  parti
 si  soffermano  sulla  censura  di violazione degli artt. 41, 42 e 44
 della Costituzione, rilevando che il remittente prospetta due profili
 di incostituzionalita' fra di loro strettamente connessi:  da un lato
 la   "pubblicizzazione   integrale"   dei   consorzi   di    bonifica
 pregiudicherebbe  la  forma  mista,  pubblico-privata, implicitamente
 recepita dall'art. 44 della Costituzione;  dall'altro  lato  verrebbe
 revocata  in  dubbio la qualificazione di enti strumentali attribuita
 ai consorzi dalla regione. Secondo le parti, la natura  pubblica  dei
 consorzi  sarebbe  la  conseguenza  della concezione organica propria
 dello Stato fascista, e non contraddirebbe la sottostante  proprieta'
 privata  e  la  connessa liberta' di iniziativa, cosi' che i consorzi
 dovrebbero considerarsi sia come enti esponenziali  dei  proprietari,
 sia  come  enti  autonomi  e  strumenti di amministrazione diretta da
 parte dei proprietari delle funzioni di bonifica  e  di  irrigazione.
 Ulteriori  elementi  che contraddicono la considerazione "piattamente
 pubblicistica" dei consorzi sarebbero la loro riconosciuta natura  di
 enti  pubblici  economici,  la  loro  esclusione  dal  sistema  della
 tesoreria  unica  e  dalla  cosiddetta  finanza  pubblica  allargata,
 nonche'  dalla  giurisdizione  della  Corte  dei  conti,  e  altresi'
 l'impossibilita' giuridica di qualificare i funzionari  dei  consorzi
 come  pubblici  ufficiali. Si ricorda poi la dottrina che ha ritenuto
 l'intangibilita' da  parte  del  legislatore  regionale  dell'attuale
 assetto  organizzativo  delle bonifiche, anche sulla base delle leggi
 piu' recenti che avrebbero irrobustito i  principi  vigenti:  onde  a
 pieno  titolo la commissione agricoltura della Camera dei deputati, a
 conclusione di una recente indagine conoscitiva, avrebbe ritenuto che
 i consorzi siano una istituzione necessaria.  In stretto collegamento
 con tale censura si ricorda l'altra, relativa alla  compressione  del
 ruolo  di  autogoverno delle categorie interessate, e la tesi secondo
 cui  non  sarebbero  nemmeno  ammissibili  disposizioni   legislative
 regionali  che  prevedessero un inserimento negli organi dei consorzi
 di rappresentanti  di  enti  locali  in  misura  cosi'  massiccia  da
 esautorare  il ruolo dei proprietari consorziati.  Le parti osservano
 poi che la legge impugnata falsamente  presuppone  che  alle  regioni
 siano  state  trasferite  le  funzioni  di  competenza  dei consorzi,
 anziche'  le  sole  funzioni  statali  concernenti  i  consorzi:    e
 ricordano  la  tesi  dottrinale secondo cui manutenzione ed esercizio
 delle opere di bonifica costituirebbero  funzioni  che  competono  ai
 consorzi in via permanente. La normativa statale consentirebbe dunque
 alla   regione  la  soppressione  di  singoli  consorzi,  ma  non  la
 soppressione dell'intera categoria.  Si ricordano infine  le  censure
 mosse  dal  giudice  remittente,  secondo  cui  sarebbero  violati  i
 principi fondamentali della legislazione statale in forza  dei  quali
 la  realizzazione  e  la  gestione delle opere di bonifica dovrebbero
 essere affidate ai consorzi e non ad enti regionali o  pararegionali,
 e  secondo cui la violazione dei principi della materia comporterebbe
 altresi'  la  violazione   dei   principi   di   eguaglianza   e   di
 ragionevolezza.
   6.  -  Si  e' costituita, nel giudizio di cui alla ordinanza n. 246
 r.o. 1998, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, parte costituita
 nel giudizio a quo, chiedendo che sia  dichiarata  la  illegittimita'
 costituzionale   della   legge  regionale  impugnata.    L'Avvocatura
 erariale sostiene  anzitutto  che  alle  regioni  non  sarebbe  stata
 trasferita  la  materia  della  bonifica, la quale sarebbe rimasta in
 capo allo Stato, e per esso, nel caso in esame,  alla  organizzazione
 indiretta  costituita dai consorzi concessionari, ma solo le funzioni
 amministrative relative. La legge impugnata  non  si  sarebbe  invece
 limitata  a  disciplinare  le  funzioni amministrative concernenti la
 bonifica, ma, eliminando i consorzi, avrebbe  dato  alla  materia  un
 assetto  completamente  diverso.  La  regione,  in altri termini, non
 potrebbe incidere sulla individuazione  del  soggetto  legittimato  a
 svolgere  le  funzioni: l'organizzazione soggettiva resterebbe quella
 voluta dallo Stato, e della quale la regione dovrebbe  continuare  ad
 avvalersi.    La  regione  inoltre,  sostituendo  ai  consorzi  altri
 soggetti,  avrebbe  alterato  l'organizzazione   territoriale   della
 materia,  basata  sui  comprensori  di  bonifica, cui corrispondono i
 consorzi, incidendo, anche sotto questo profilo, su  un  aspetto  che
 precede l'esercizio delle funzioni amministrative.  In secondo luogo,
 la  difesa  della  Presidenza  del  Consiglio  afferma  che  la legge
 impugnata non rispetta i limiti derivanti alla legislazione regionale
 dai principi di quella statale. Infatti  il  r.d.  n.  215  del  1933
 individuerebbe nei consorzi i soggetti cui e' affidata in concessione
 l'esecuzione  delle  opere di bonifica e cui spetta istituzionalmente
 l'attivita' di gestione e manutenzione delle  stesse  opere:  sistema
 non  modificato dal d.P.R. n. 11 del 1972, il cui art. 3 faceva salve
 le funzioni di carattere esclusivamente locale gia'  esercitate,  fra
 l'altro,  nelle  materie trasferite, dagli "altri enti locali". A sua
 volta il d.P.R. n. 616 del 1977 avrebbe fatto salva  l'autonomia  dei
 consorzi,   come   si  ricaverebbe  dall'art.  73,  onde  la  regione
 incontrerebbe un limite insormontabile  nel  doveroso  riconoscimento
 dell'istituto  del  consorzio  di  bonifica.  Quand'anche ai consorzi
 potesse attagliarsi la qualifica di enti dipendenti dalla regione,  i
 poteri  regionali  ad  essi  relativi non sarebbero quelli desumibili
 dall'art. 13 del d.P.R. n. 616, ma quelli specificamente disciplinati
 dall'art. 73.
   Tale  situazione,  secondo  la   Presidenza   del   Consiglio,   si
 collegherebbe al fatto che, essendo l'istituto consortile espressione
 del  principio  del  pluralismo sociale, garantito dall'art. 18 della
 Costituzione, le leggi statali che lo prevedono lo farebbero  oggetto
 di  una  garanzia  che  rappresenta  un  limite  per  la legislazione
 regionale.    Cio' sarebbe confermato da altre leggi statali, come la
 legge n.  183 del 1989, modificata con la legge n. 253 del 1990,  che
 stabilisce  il  concorso  dei  consorzi di bonifica alle attivita' di
 difesa del  suolo,  di  risanamento  delle  acque,  di  gestione  del
 patrimonio  idrico,  di  tutela  dei  comuni aspetti ambientali, e la
 legge n. 36 del 1994, il cui art.  27  presuppone  la  esistenza  dei
 consorzi  di  bonifica e lo svolgimento da parte di essi di attivita'
 di realizzazione e gestione di reti irrigue.  In definitiva,  secondo
 la  parte,  il sistema disegnato nel r.d.  n. 215 del 1933 metterebbe
 capo ad una disciplina  nella  quale  i  consorzi  rappresenterebbero
 elemento   fondamentale,   espressione  di  un  modo  associativo  di
 concepire e sviluppare la bonifica. Coerentemente con  tale  disegno,
 la normativa di trasferimento delle funzioni alle regioni non avrebbe
 attribuito  ad  esse  il potere di sopprimere in modo generalizzato i
 consorzi.  Inoltre la legge impugnata, secondo l'Avvocatura erariale,
 contrasterebbe col principio costituzionale del decentramento (art. 5
 Cost.), e dell'autonomia degli enti locali (art.  128),  in  base  al
 quale  le  funzioni  delle  province  sono determinate nell'ambito di
 principi  fissati  da  leggi  generali  della  Repubblica:  principio
 esplicitato  dall'art.  14  della  legge  n.  142  del  1990 e la cui
 violazione comporterebbe  altresi'  contrasto  con  l'art.  97  della
 Costituzione.  Infatti  la legge impugnata assegnerebbe alle province
 funzioni   relative   ad   aree   di   estensione   ultraprovinciale;
 attribuirebbe   alle  province  stesse  funzioni  nel  settore  delle
 bonifiche, non previsto dal citato art. 14 della  legge  n.  142  del
 1990;    ed    inoltre,   sopprimendo   i   consorzi,   comporterebbe
 l'eliminazione delle contribuzioni che i consorziati  sono  tenuti  a
 versare,  cosi'  chiamando  le  province a svolgere dei compiti senza
 prevedere le risorse finanziarie occorrenti, e violando ulteriormente
 la loro autonomia. Ne', mancando una  apposita  previsione,  potrebbe
 farsi  ricorso  ad  accordi  fra  province per l'esercizio di compiti
 ultraprovinciali.   Infine la Presidenza del  Consiglio  afferma  che
 l'art.   4   della   legge  impugnata  violerebbe  l'art.  117  della
 Costituzione  perche'  relegherebbe  i  soggetti   interessati   alla
 bonifica,  vale  a  dire  i proprietari, al ruolo di partecipi ad una
 semplice  attivita'  consultiva,   privandoli   delle   funzioni   di
 autogoverno   dei   propri  interessi,  loro  assegnate  dal  sistema
 legislativo statale.
   7. - Nell'imminenza dell'udienza hanno prodotto memorie la  regione
 Marche,  il  Consorzio  di  bonifica dei bassi bacini del Musone, del
 Potenza e del  Chienti  e  dei  bacini  litoranei  dell'Asola  e  del
 Pilocco,  il  Consorzio  di  bonifica  della  Valle  del  Tenna  e il
 Consorzio  di  bonifica  dell'ASO,   illustrando   ulteriormente   le
 rispettive tesi.
   In  particolare,  la  regione  Marche  ribadisce  che i consorzi si
 configuravano come  enti  strumentali  dello  Stato,  e  che  con  il
 trasferimento delle funzioni in materia di bonifica alle regioni sono
 divenuti   enti  strumentali  di  queste  ultime,  le  quali  possono
 procedere all'esecuzione delle opere di bonifica direttamente  ovvero
 tramite  i  consorzi.   La regione contesta la distinzione, formulata
 dalla difesa della Presidenza del Consiglio,  fra  la  materia  della
 bonifica   e  l'esercizio  delle  relative  funzioni  amministrative,
 affermando, sulla scorta della sentenza n.  66  del  1992  di  questa
 Corte,  che le attivita' di bonifica trasferite alla competenza delle
 regioni  costituiscono  un  settore della generale programmazione del
 territorio, e piu' precisamente di quella riguardante la difesa e  la
 valorizzazione  del  suolo  con  particolare  riguardo  all'uso delle
 risorse  idriche.    Ribadito  che  l'esistenza  dei   consorzi   non
 rientrerebbe   fra   i   principi  fondamentali  della  materia,  che
 riguarderebbero solo le caratteristiche degli interventi di  bonifica
 e  non  i  consorzi,  e  che  le  funzioni in materia, di titolarita'
 regionale, potevano essere delegate  alle  province,  la  regione  si
 sofferma  sulle  disposizioni  del  d.lgs.  n.    112  del 1998, che,
 all'art. 1,  comma  2,  riafferma  il  potere  degli  enti  cui  sono
 conferite   le   funzioni  di  stabilire  le  relative  modalita'  di
 organizzazione; all'art. 3, comma  2,  prevede  l'attribuzione  della
 generalita'  dei  compiti  e delle funzioni amministrative ai comuni,
 alle province e alle comunita' montane,  con  esclusione  delle  sole
 funzioni  che  richiedono  l'unita' di esercizio a livello regionale;
 all'art. 7 precisa che sono conferiti alle regioni e agli enti locali
 tutte le funzioni e  i  compiti  non  espressamente  conservati  allo
 Stato;  e in tema di territorio ed urbanistica e di risorse idriche e
 difesa del suolo conferisce alle regioni e agli enti locali tutte  le
 funzioni  amministrative  non  espressamente  mantenute  in capo allo
 Stato, fra cui  non  rientrano  quelle  relative  alla  bonifica.  La
 regione  sostiene l'impossibilita' di una interpretazione del riparto
 delle competenze nel senso prospettato dal giudice a quo.
   Nella  memoria  si  ribadiscono  poi  le  tesi  gia'  svolte  circa
 l'irrilevanza  della  mancanza  di  corrispondenza fra circoscrizioni
 provinciali e bacini idrografici, e circa l'applicabilita'  dell'art.
 13 del d.P.R.  n. 616 del 1977, dato il carattere di enti strumentali
 della  regione assunto dai consorzi; si contesta quindi la fondatezza
 della censura, mossa dalla Presidenza del Consiglio, circa  l'accollo
 alle  province  delle  nuove  funzioni  senza  previsione  di risorse
 finanziarie,  ricordando  che  l'art.   8   della   legge   impugnata
 attribuisce  alle  province  il  compito  di  riscuotere i contributi
 stabiliti a carico dei proprietari a norma del r.d. n. 215 del  1933,
 e  osservando  che  nella relazione al disegno di legge poi approvato
 dalla regione si indicava il deficit finanziario  dei  consorzi  come
 una delle ragioni della necessaria riorganizzazione delle funzioni in
 materia  di bonifica.  Si nega inoltre che siano violati l'art. 117 e
 gli artt. 41, 42 e 44 della Costituzione dall'art. 4 della legge, che
 stabilisce una forma di partecipazione dei soggetti interessati  alla
 bonifica,  mediante l'istituzione dei comitati di rappresentanza, che
 tiene presente l'esigenza di  salvaguardare  gli  interessi  di  tali
 soggetti:  il  sistema  prescelto  rappresenterebbe  una  alternativa
 ragionevole  ed  efficace  al  sistema   imperniato   sui   consorzi,
 alternativa  che  non  escluderebbe le funzioni di rappresentanza dei
 proprietari. Infine si ribadisce che il trasferimento delle  funzioni
 alle  province non lede i principi di eguaglianza e di ragionevolezza
 di cui all'art. 3 della Costituzione.
   8. - Nelle memorie, di identico contenuto, presentate dai  consorzi
 ricorrenti  nei  giudizi  di  cui  alle ordinanze n. 238 e n. 241 del
 1998, si sostiene anzitutto che i principi fondamentali in materia di
 bonifica,  desumibili  dal  r.d.  n.   215   del   1933,   consistono
 nell'appartenenza diretta ai proprietari dell'obbligo di bonificare i
 loro   terreni,   nella  possibilita'  e  talora  obbligatorieta'  di
 costituzione, anche d'ufficio, dei consorzi di proprietari, dotati di
 personalita'  giuridica  pubblica,  autonomia  di  bilancio,  proprio
 personale e finanziamento mediante il meccanismo delle  contribuzioni
 da   parte   dei   proprietari,  e  nella  riserva  allo  Stato  solo
 dell'esecuzione  di  alcune  opere.    Da  questo  quadro   normativo
 emergerebbe  che  i  consorzi sono enti esponenziali dei proprietari,
 autonomi,  autogovernati  e  autofinanziati:   la   possibilita'   di
 concessione  ai  consorzi  per l'esecuzione delle opere di competenza
 dello Stato costituirebbe un mero completamento del sistema. La legge
 impugnata  avrebbe  invece  stravolto  tale  sistema.     Le   parti,
 replicando alle tesi della regione Marche, insistono sul fatto che le
 attivita'  di  bonifica  spettano,  salvo alcune opere riservate allo
 Stato, ai proprietari, e che a tal fine la legge  prevede  il  modulo
 organizzativo  dei consorzi: onde alla regione, in forza dell'art. 73
 del d.P.R. n. 616  del  1977,  sarebbero  state  trasferite  solo  le
 funzioni  esercitate  dallo  Stato concernenti i consorzi, e non gia'
 l'intera  attivita'  di  bonifica.  Contestano  poi   che   argomenti
 favorevoli  alla possibilita' per la regione di sopprimere i consorzi
 possano trarsi dalla legge n. 59 del 1997, la quale anzi riserverebbe
 in modo espresso allo Stato i compiti relativi alla difesa del suolo,
 nel cui ambito si inserirebbe l'attivita'  dei  consorzi;  mentre  la
 possibilita'  di  sopprimere  funzioni  e  compiti  di  enti  locali,
 divenuti superflui, di cui e' parola nell'art. 4 della stessa  legge,
 non  potrebbe comportare la soppressione dei consorzi, tanto piu' che
 essi non sarebbero enti locali, come ha chiarito questa  Corte  nella
 sentenza n. 346 del 1994.
   La  memoria sottolinea il fatto che il legislatore statale, dopo il
 d.P.R. n. 616 del 1977, e anche dopo la legge  n.  59  del  1997,  ha
 continuato  ad  intervenire  con  disposizioni,  non contestate dalle
 regioni, che contemplano i consorzi  di  bonifica,  attribuendo  loro
 nuove  funzioni  e  prevedendo  nuove  forme  di  finanziamento, come
 speciali mutui (art. 1, comma 3, d.-l. n.  67  del  1997,  convertito
 dalla  legge  n. 135 del 1997) o l'erogazione da parte dello Stato di
 somme compensative dei contributi la cui riscossione e' stata sospesa
 nelle zone terremotate (art. 1-bis, d.-l. n. 364 del 1997, convertito
 dalla legge n. 434 del 1997).  La memoria ribadisce poi  che  sarebbe
 in  contrasto  con  l'art.  14  della  legge  n.  142  del 1990 sulle
 autonomie locali, e  con  il  principio  di  buon  andamento  di  cui
 all'art.  97  della  Costituzione,  l'attribuzione  alle  province di
 funzioni anche per le parti del bacino idrografico non rientranti nel
 rispettivo territorio;  che  sarebbe  errata  la  configurazione  dei
 consorzi  come enti strumentali della regione, laddove essi sarebbero
 enti autonomi,  onde  sarebbero    altresi'  violati  i  principi  di
 liberta'  di impresa e di garanzia della proprieta' privata. Contesta
 infine che  sussistano  nelle  Marche  elementi  di  specialita'  del
 relativo  territorio tali da giustificare, solo in questa regione, la
 soppressione dei consorzi.
   9.  -  Nella  memoria  del   Consorzio   dell'ASO   si   ripercorre
 l'evoluzione  secolare  della  legislazione sulla bonifica, rilevando
 che il  fenomeno  consortile  preesiste  alla  sua  pubblicizzazione,
 essendo  sorto  allo  scopo  di  consentire la migliore utilizzazione
 agricola  e  l'irrigazione  dei  terreni  superando  l'opposizione  o
 l'assenteismo   di   singoli   proprietari.     A  tale  impostazione
 corrisponderebbe la natura, conservata anche oggi, dei consorzi  come
 enti  autonomi,  rappresentativi  degli interessi della collettivita'
 costituita  dai  proprietari  degli  immobili.  Alla  fine del secolo
 scorso, volendosi realizzare  interventi  di  eccezionale  importanza
 eccedenti i confini dell'economia privata, senza ricorrere a massicci
 contributi   finanziari   a  favore  dei  proprietari,  si  inquadro'
 l'intervento finanziario nell'ambito  della  disciplina  delle  opere
 pubbliche,   ricomprendendo   in   tale   categoria   gli  interventi
 fondamentali di bonifica.  I consorzi - prosegue la memoria  -  hanno
 in  via  esclusiva  la  funzione di manutenzione e di esercizio delle
 opere, e curano la programmazione, la  progettazione  e  l'esecuzione
 delle  opere  finanziate,  limitandosi l'intervento dello Stato (oggi
 della regione) al finanziamento. Benche' lo Stato (oggi  la  regione)
 possa  scegliere fra esecuzione delle opere in via diretta o mediante
 concessione, ai consorzi e' attribuito il diritto  di  preferenza  ai
 fini della concessione: di fatto non risulterebbero opere di bonifica
 eseguite  direttamente  dallo  Stato.   Cio' sarebbe confermato dalla
 legge n. 64 del 1986 che, per il Mezzogiorno, ha trasformato  l'opera
 di  bonifica  di  competenza statale in opera finanziata dallo Stato.
 Una  volta  qualificati  come  opere  pubbliche  i  piu'   importanti
 interventi di bonifica, ne derivo' necessariamente la attribuzione di
 natura  pubblica  ai  consorzi  chiamati  a  curare  l'esercizio e la
 manutenzione delle opere stesse, senza che pero' ne mutasse la natura
 di enti esponenziali dei proprietari, dotati di autonomia:  tanto  e'
 vero  che  l'art. 1 del d.P.R. n. 947 del 1962 prevede che i consorzi
 siano amministrati da organi eletti esclusivamente dai consorziati, e
 che l'art. 63 del r.d.  n.  215  del  1933  sottopone  i  consorzi  a
 controlli  quasi  esclusivamente  di legittimita'.   La parte osserva
 ancora che, a differenza dei consorzi  di  bonifica,  i  consorzi  di
 bonifica  montana,  istituiti per la prima volta solo con la legge n.
 991 del 1952 per una malintesa esigenza di simmetria,  e  piu'  tardi
 soppressi da parte di alcune regioni, erano una creazione artificiosa
 in  quanto  priva  di substrato economico-sociale, e si rivelarono un
 fallimento per la mancata acquisizione, da parte dei proprietari,  di
 una  coscienza  consortile,  ed il loro correlativo estraniarsi dalla
 vita dei consorzi.  I consorzi di bonifica rappresentano, secondo  la
 parte,  una  proiezione  necessaria  della proprieta' e dell'impresa:
 l'azione di bonifica  costituirebbe  parte  integrante  del  processo
 produttivo  agricolo,  e sarebbe stata considerata dall'art. 44 della
 Costituzione  cosi'  come  regolata  dalla  nostra  legislazione.   I
 consorzi costituirebbero il punto di incontro fra gli interessi della
 proprieta'  consorziata  e  le  istanze  dello  Stato:  onde la veste
 pubblicistica loro attribuita non  comporterebbe  la  loro  recezione
 nell'orbita dello Stato o del parastato.
   La   dissociazione,  realizzata  dalla  legge  marchigiana,  tra  i
 soggetti interessati sotto il profilo  economico  e  i  soggetti  cui
 competono le relative determinazioni sarebbe irragionevole e priva di
 ogni  giustificazione,  anche  nel  divenire delle situazioni, che ha
 portato fra l'altro alla accentuazione ed integrazione, da  parte  di
 leggi successive, delle funzioni consortili, previste dal r.d. n. 215
 del 1933, in ordine alle opere di competenza privata.  In definitiva,
 dovrebbero  identificarsi tre punti fermi: primo, la peculiare natura
 giuridica dei consorzi, enti a struttura associativa  rappresentativi
 della  proprieta'  privata; secondo, la loro qualificazione come enti
 autonomi  e  strumenti  di  amministrazione  diretta,  da  parte  dei
 proprietari,   delle   funzioni   di   bonifica;   terzo,   la   loro
 insopprimibilita'  in quanto istituzioni necessarie per assicurare la
 difesa del suolo, la raccolta e  l'utilizzazione  delle  acque  e  la
 salvaguardia   dell'ambiente,   come   ritenuto   dalla   commissione
 agricoltura della Camera  nel  documento  conclusivo  della  indagine
 conoscitiva  sui consorzi. Questi non rientrerebbero ne' fra gli enti
 locali, difettando in essi la territorialita' e la rappresentativita'
 degli  interessi  comunitari,  ne'  fra   gli   enti   amministrativi
 dipendenti    dalla    regione,    essendo    dotati   di   autonomia
 imprenditoriale,  patrimoniale  e  contabile,  come   enti   pubblici
 economici.  La qualificazione pubblicistica sarebbe stata impressa ai
 consorzi  per  sottoporli  ai  piu'  agili  controlli  della pubblica
 amministrazione, sottraendoli al macchinoso sistema degli  interventi
 dell'autorita'  giudiziaria.  Onde dovrebbe concludersi che l'art. 73
 del d.P.R. n.  616 del 1977 non contempla il potere  di  soppressione
 generalizzata  dei  consorzi,  che  nemmeno  il  legislatore  statale
 possederebbe, in quanto lo impedirebbero gli artt. 41, 42 e 44  della
 Costituzione.   Si osserva poi che la legge impugnata andrebbe contro
 la linea di tendenza legislativa che muove verso la trasformazione di
 enti pubblici non necessari in  quanto  tali  in  associazioni  o  in
 persone  giuridiche di diritto privato; e attribuirebbe alle Province
 funzioni che esse non sono  in  grado  di  svolgere  e  che  sono  in
 contrasto con i principi dell'ordinamento, per la non coincidenza dei
 bacini  con i territori provinciali.  Da ultimo la memoria sottolinea
 l'isolamento in cui si sarebbe trovata la regione  Marche  nella  sua
 scelta:  infatti le altre regioni avrebbero di regola fatto rientrare
 nell'ambito della bonifica le azioni mirate alla  difesa  del  suolo,
 alla utilizzazione delle acque a scopo prevalentemente irriguo e alla
 salvaguardia  ambientale,  operando,  per  quanto riguarda l'istituto
 consortile, una meritoria opera di riorganizzazione  strutturale,  da
 cui  sono derivati processi di fusione dei consorzi. Questi sono oggi
 180, e operano sul 50% del territorio nazionale e su circa il 90% del
 territorio di pianura, gestendo un  numero  assai  ingente  di  opere
 (canali  irrigui  e di scolo, argini, briglie e sbarramenti, impianti
 idrovori  e   di   sollevamento   delle   acque,   invasi   per   uso
 prevalentemente irriguo, acquedotti rurali).
                         Considerato in diritto
   1. -  I giudizi, aventi il medesimo oggetto, possono essere riuniti
 per essere decisi con unica pronuncia.
   2.  - La questione proposta investe la legge della regione Marche 9
 maggio 1997, n. 30 (Disciplina regionale della bonifica. Attribuzione
 di funzioni alle province in attuazione della legge 8 giugno 1990, n.
 142. Soppressione dei consorzi di bonifica). Detta legge si  articola
 in  un  capo I (Programmazione ed esecuzione delle opere di bonifica)
 in cui si enunciano le finalita' perseguite, in particolare statuendo
 che le opere  di  bonifica  "sono  finalizzate  al  riequilibrio  del
 territorio  ed  al suo razionale sfruttamento, alla difesa del suolo,
 delle acque e dell'ambiente" (art. 1); si delineano le funzioni della
 regione in materia (art. 2), e quelle delle Province, alle quali sono
 devolute anche le funzioni amministrative di competenza dei soppressi
 consorzi di bonifica integrale (art. 3); si  prevede  la  istituzione
 presso   ogni  provincia  di  un  comitato  di  rappresentanza  delle
 categorie interessate (art. 4), di cui si  disciplina  l'elezione  da
 parte   dei  soggetti  che  pagano  i  contributi  per  l'esecuzione,
 l'esercizio e la manutenzione delle opere di bonifica  (art.  5);  si
 sopprimono  i  pareri  gia'  richiesti  ai  comitati  tecnici  per la
 bonifica  (art.  6);  si  disciplina  l'esecuzione,  da  parte  delle
 province e delle comunita' montane, delle opere di competenza privata
 (art.  7);  si prevede che i proprietari di beni immobili beneficiari
 degli interventi di bonifica contribuiscano alle spese, sulla base di
 un riparto effettuato dalle province (art.   8);  e  in  un  capo  II
 (Soppressione dei consorzi di bonifica integrale), nel quale, oltre a
 disporre  la  soppressione dei consorzi (art. 9), si regolamentano le
 operazioni di liquidazione dei consorzi soppressi (art. 10),  nonche'
 il  trasferimento  dei relativi beni e personale alle province (artt.
 11 e 12); si dettano norme transitorie  (art.    13),  e  si  dispone
 l'abrogazione  espressa  della legge regionale n.  13 del 1985, salva
 la disciplina transitoria (art. 14).
   La legge e' impugnata  sia  "nel  suo  testo  integrale",  sia,  in
 particolare,  quanto  agli  articoli 3 (Funzioni delle province), con
 speciale riguardo al  comma  3  (che  attribuisce  alle  province  le
 funzioni  amministrative  di  competenza  dei  soppressi  consorzi di
 bonifica), 4 (Rappresentanza delle categorie interessate),  7  (Opere
 di  competenza  privata),  8 (Contributi di privati), 9 (Soppressione
 dei consorzi di bonifica integrale), 13 (Norme transitorie).
   Sostanzialmente, le ordinanze affermano  che  la  legge  regionale,
 disponendo la soppressione dei consorzi di bonifica, attribuendone le
 funzioni   alle  province  (in  particolare,  nel  caso  di  consorzi
 costituiti in comprensori ultraprovinciali, alla  provincia  nel  cui
 territorio  ricade  la  maggior parte del bacino: art. 3, comma 4), e
 prevedendo solo la istituzione presso  le  province  di  comitati  di
 rappresentanza  delle  categorie  interessate, viola l'art. 117 della
 Costituzione, poiche' trasferisce alle province funzioni che il  r.d.
 n.   215   del   1933  e  l'art.  27  della  legge  n.  36  del  1994
 attribuirebbero  ai  consorzi  di  bonifica,  con   disposizioni   di
 principio  vincolanti  per  il legislatore regionale; eccede i poteri
 consentiti alla regione dall'art. 73 del d.P.R. n. 616 del 1977,  che
 prevederebbe  la  possibilita' di soppressione di singoli consorzi ma
 non dell'intera categoria di tali enti, e attribuirebbe alle  regioni
 le  sole  funzioni  gia' spettanti allo Stato sui consorzi, ma non le
 funzioni  dei  consorzi  stessi,  i  quali  dovrebbero   considerarsi
 strumenti di autogoverno della categoria dei proprietari interessati.
 Sotto  quest'ultimo  profilo,  la legge violerebbe altresi' gli artt.
 41, 42 e 44 della Costituzione, riducendo il ruolo dei proprietari ad
 una mera partecipazione  consultiva  all'attivita'  della  provincia,
 nonche'   l'art.   3   della  stessa  Costituzione,  realizzando  una
 disciplina ingiustificatamente differenziata delle opere di  bonifica
 riguardanti il solo territorio marchigiano.
   3.  -  La  questione e' fondata nei limiti e nei termini di seguito
 precisati.
   Non puo' accogliersi la prospettazione, avanzata dalla difesa della
 Presidenza del Consiglio dei ministri, secondo cui la  materia  della
 bonifica   sarebbe  rimasta  di  competenza  statale,  essendo  state
 trasferite alle regioni solo le relative funzioni amministrative.  In
 realta'  la  materia  della  "bonifica  integrale  e montana" risulta
 inclusa in  quella  della  "agricoltura  e  foreste",  di  competenza
 regionale,  come individuata dall'art. 66, primo comma, del d.P.R. n.
 616  del  1977,  oltre  ad  inquadrarsi  per  diversi  aspetti  nelle
 attribuzioni  regionali  in  tema  di  assetto  ed  utilizzazione del
 territorio;  e  il  trasferimento,  con detta norma completato, delle
 relative funzioni amministrative non ha solo l'effetto di  consentire
 l'esercizio da parte delle regioni dei compiti gia' di pertinenza, in
 questa  materia,  degli  organi dello Stato, ma altresi' l'effetto di
 rendere esercitabile la potesta' legislativa regionale nella  materia
 medesima,  ai  sensi  dell'art.   117 e della VIII disp. trans. fin.,
 secondo comma, della Costituzione,  e  dell'art.  9,  secondo  comma,
 della  legge  10  febbraio 1953, n. 62 (come sostituito dall'art. 17,
 ultimo comma, della legge 16 maggio 1970, n. 281), con i soli  limiti
 derivanti  dai principi fondamentali della legislazione statale nella
 materia.  In  tanto  l'organizzazione  amministrativa  del   settore,
 risultante   dalla   normativa   statale   previgente,   deve  essere
 conservata, e non puo' essere innovata dalla regione,  in  quanto  in
 essa si esprimano principi fondamentali della relativa disciplina.
   Ad   escludere,   pertanto,  la  possibilita'  per  la  regione  di
 sopprimere la categoria dei consorzi di  bonifica,  trasferendone  le
 funzioni  alle Province, non puo' bastare il richiamo all'art. 73 del
 d.P.R.  n. 616 del 1977, che, individuando le funzioni amministrative
 oggetto del trasferimento alle regioni, ha bensi' limitato la propria
 considerazione alle funzioni che gli organi statali esercitavano  nei
 confronti dei consorzi, ma senza che cio' valga di per se' a negare o
 a limitare la potesta' legislativa della regione, anche riguardo alla
 organizzazione e alla distribuzione delle funzioni amministrative che
 si esercitano nella materia.
   Ne'  le  norme  di  leggi statali previgenti, che prevedono compiti
 amministrativi in capo ai  consorzi  di  bonifica  costituiti  fra  i
 proprietari,  possono  considerarsi norme direttamente attributive di
 funzioni a  tali  soggetti  in  quanto  "enti  locali",  titolari  di
 funzioni  proprie  di  interesse esclusivamente locale, in materia di
 competenza regionale, ai sensi  dell'art.  118,  primo  comma,  della
 Costituzione.  Infatti,  come  questa  Corte  ha  gia'  avuto modo di
 affermare (sia pure a proposito del regime dei controlli sugli  atti:
 sentenza  n.  346  del  1994),  i consorzi di bonifica non sono "enti
 locali" nel  senso  della  disposizione  costituzionale  ora  citata,
 difettando   di   caratteristiche   come   la  territorialita'  e  la
 rappresentativita' diretta o  indiretta  degli  interessi  comunitari
 (cfr.  sentenza n. 164 del 1990); ma appartengono piuttosto, nel loro
 profilo pubblicistico, alla categoria degli  "enti  pubblici  locali"
 operanti  nelle materie di competenza regionale, e dunque degli "enti
 amministrativi dipendenti dalla regione" di cui all'art.  117,  primo
 alinea,  della Costituzione e all'art. 13 del d.P.R. n. 616 del 1977,
 della cui  organizzazione  e  delle  cui  funzioni  la  regione  puo'
 disporre nell'ambito e nei limiti della propria potesta' legislativa.
    4.  - Si tratta percio', al fine di vagliare la legittimita' delle
 scelte operate dal legislatore regionale delle Marche, di individuare
 i "principi fondamentali" che  emergono  dalla  legislazione  statale
 nella materia della bonifica, e che vincolano la potesta' regionale.
   Come   e'   noto,   l'unica   disciplina  organica  della  bonifica
 "integrale" si trova tuttora nelle disposizioni del r.d. n.  215  del
 1933,  come  integrato  da  leggi  piu'  particolari  successivamente
 intervenute.  In base a tale disciplina, le opere di bonifica, intese
 come complesso di interventi "speciali"  relativi  ad  un  territorio
 determinato   e   delimitato   in   base   alle  sue  caratteristiche
 idrogeologiche,  e  costituenti  oggetto  di  una  programmazione  di
 settore  (cfr. sentenza n. 66 del 1992) vengono distinte in opere "di
 competenza dello Stato" (capo III del titolo II), necessarie "ai fini
 generali della bonifica" (art. 2, secondo comma), eseguite  a  carico
 totale  o  parziale  dello  Stato,  sia pure col concorso finanziario
 obbligatorio dei privati  (capo  II  del  titolo  II),  e  opere  "di
 competenza  privata"  (capo V del titolo II), cioe' di competenza dei
 proprietari, in quanto "di interesse particolare  dei  propri  fondi"
 (art. 38, primo comma), rese dal piano obbligatorie per i proprietari
 medesimi in quanto "necessarie ai fini della bonifica" (art. 2, terzo
 comma),  ed  eseguite  a  loro  cura  e  a  loro carico, sia pure con
 l'eventuale concorso finanziario dello Stato (art. 8).
   Secondo la disciplina del r.d. n. 215  del  1933,  alla  esecuzione
 delle   opere   di   competenza   statale   provvede   il   Ministero
 dell'agricoltura (ora la regione), direttamente  o  per  concessione,
 accordata   in   questo   caso   prioritariamente  al  consorzio  dei
 proprietari dei terreni da bonificare o al proprietario della maggior
 parte di essi (art. 13, primo e secondo  comma);  la  manutenzione  e
 l'esercizio  di  dette  opere,  salvo  alcune categorie di esse, sono
 posti a carico  dei  proprietari  (art.  17,  primo  comma),  e  sono
 assicurati normalmente da un consorzio di proprietari (art. 18, primo
 comma). All'esecuzione delle opere di competenza privata provvedono i
 proprietari,  direttamente  o  attraverso  il  consorzio,  tenuto  ad
 assumerla  (art.  41,  primo  comma),  nonche'   a   sostituirsi   ai
 proprietari  inadempienti  (art.  42,  primo comma).   In ogni caso i
 proprietari sono tenuti  a  contribuire  alle  spese  di  esecuzione,
 manutenzione  ed esercizio delle opere pubbliche di bonifica, in base
 ad un riparto effettuato  di  norma  dai  consorzi,  in  ragione  dei
 benefici conseguiti (art. 11), configurandosi i contributi come oneri
 reali  sui  fondi (art. 21), e dal punto di vista costituzionale come
 prestazioni patrimoniali imposte in base alla legge (sentenza  n.  55
 del 1963).
   I  consorzi  di  bonifica, a cui e' dedicato il capo I del titolo V
 del r.d. n. 215,  sono  contemplati  altresi',  nei  loro  lineamenti
 fondamentali,  dall'art. 862 del codice civile. Ancorche' qualificati
 come "persone giuridiche pubbliche" (art. 59 r.d. n.  215  del  1933;
 art.   862,   quarto   comma,  cod.  civ.),  e  costituiti  con  atto
 dell'autorita' amministrativa, fra tutti  i  proprietari  dell'ambito
 considerato,  su iniziativa della maggioranza di questi (art. 55 r.d.
 n. 215 del 1933), o "eccezionalmente" anche d'ufficio  (art.  56),  e
 assoggettati  ai  poteri  di  conformazione, di vigilanza e di tutela
 dell'autorita'  amministrativa  (artt.  da  60  a   66)   -   secondo
 un'impostazione che risente del clima giuridico dell'epoca, in cui di
 frequente  si  operava  una  sorta  di  "assorbimento"  nell'apparato
 pubblico di soggetti collettivi a  struttura  associativa  e  a  base
 privata - i consorzi hanno un doppio volto e una duplice funzione. Da
 un   lato,   essi   sono   espressione,   sia  pure  legislativamente
 disciplinata e resa obbligatoria, degli interessi dei proprietari dei
 fondi coinvolti nella attivita' di bonifica o che  da  essa  traggono
 beneficio:  strumenti  normativamente  previsti, attraverso i quali i
 proprietari adempiono ad obblighi su di loro  gravanti  in  relazione
 alle opere di bonifica e si ripartiscono fra loro gli oneri relativi.
 Pertanto,  coerentemente,  i  consorzi  sono  amministrati  da organi
 espressi dagli stessi proprietari (cfr.  artt. 1-4 d.P.R.  23  giugno
 1962,  n.  947,  contenente.  "Norme  sui  consorzi  di  bonifica  in
 attuazione  della  delega  prevista dall'art. 31 della legge 2 giugno
 1961, n. 454": ancorche' piu' di recente le leggi  di  molte  regioni
 abbiano   innovato   tale   disciplina,  inserendo  negli  organi  di
 amministrazione dei consorzi rappresentanti della stessa regione o di
 enti  territoriali).  Dall'altro  lato,  essi  si  configurano   come
 soggetti pubblici titolari o partecipi di funzioni amministrative, in
 forza   di   legge  o  di  concessione  dell'autorita'  statale  (ora
 regionale).
   5. - Fanno parte senza dubbio  dei  principi  fondamentali  tuttora
 vigenti  nella  materia,  non  derogabili  ad  opera  del legislatore
 regionale nell'esercizio della potesta' legislativa concorrente,  sia
 la  distinzione  fra  opere  di bonifica di competenza pubblica (gia'
 statale),  caratterizzate  da  una  preminente  finalizzazione   agli
 interessi  pubblici  legati  alla  bonifica,  e  opere  di competenza
 privata, in quanto di interesse particolare  dei  fondi  inclusi  nel
 comprensorio  di  bonifica;  sia  il  connesso  duplice carattere dei
 consorzi, e  in  particolare  la  loro  qualificazione  come  enti  a
 struttura  associativa.  Onde  solo  il  legislatore statale potrebbe
 sciogliere definitivamente l'intreccio di pubblico e di  privato  che
 nei consorzi si esprime, per separare in modo netto le manifestazioni
 dell'autonomia  privata  dai  caratteri pubblicistici impressi a tali
 enti dalla legislazione pre-costituzionale.
   Cio' consegue anche all'operare  del  limite,  che  il  legislatore
 regionale  incontra,  di non poter alterare le regole fondamentali di
 diritto concernenti la disciplina dei rapporti fra privati (cfr.,  ad
 esempio, sentenze n. 82 del 1998; n. 462 del 1995; n. 35 del 1992).
   6.  -  Altro  discorso  e'  da  farsi  con  riguardo  alle funzioni
 schiettamente pubblicistiche o  amministrative  dei  consorzi,  e  ai
 poteri della regione nel riassetto di tali funzioni.
   Non  possono  ritenersi  far  parte dei principi fondamentali della
 legislazione statale nella  materia  ne'  la  norma  che  prevede  la
 preferenza  a  favore  dei  consorzi ai fini della concessione per la
 esecuzione delle  opere  di  bonifica  "di  competenza  statale"  che
 l'amministrazione  pubblica non esegue direttamente (art. 13, secondo
 comma, r.d. n.  215 del 1933); ne' la norma che pone la  manutenzione
 e  l'esercizio di tali opere a carico esclusivo dei proprietari degli
 immobili situati entro il perimetro di contribuenza (art.  17,  primo
 comma);  ne' quella che attribuisce di regola ai consorzi di bonifica
 la manutenzione e l'esercizio delle medesime opere, salve determinate
 categorie di esse (art. 18, primo comma, r.d. n. 215 del 1933).
   Tale assetto dei compiti amministrativi e degli oneri  era  infatti
 coerente  con  una  situazione nella quale, pur superate le primitive
 concezioni della bonifica "igienica", le attivita' di bonifica  erano
 comunque   volte  principalmente  a  realizzare  migliori  condizioni
 fisiche  e  produttive  dei  fondi  agricoli,  e  di  conseguenza   i
 proprietari  di  detti  fondi  erano  chiamati non solo ad eseguire e
 mantenere a proprio  carico  le  opere  di  bonifica  "di  competenza
 privata"  e  le  opere  di  miglioramento fondiario, indipendenti dai
 piani generali di bonifica (anch'esse considerate  come  parte  della
 "bonifica  integrale":  cfr.    art.  1, primo comma, r.d. n. 215 del
 1933), ma anche  a  contribuire  in  modo  piu'  o  meno  consistente
 all'onere  di  esecuzione  delle opere "di competenza statale" (salvo
 quelle a totale carico dello Stato), e a sostenere i  relativi  oneri
 di manutenzione e gestione.
   Questa  situazione  e'  andata  evolvendo  negli anni piu' recenti,
 cosi' che oggi le attivita' di bonifica fanno parte della piu'  ampia
 azione pubblica per la difesa del suolo, la tutela, la valorizzazione
 e il corretto uso delle risorse idriche, la tutela dell'ambiente come
 ecosistema, in una concezione globale degli interventi sul territorio
 (cfr.  sentenza  n. 66 del 1992): azione che per sua natura coinvolge
 preminenti  interessi   pubblici,   facenti   capo   alle   comunita'
 territoriali  nel  loro  complesso  piu'  che  a singole categorie di
 soggetti privati.
   Il legislatore statale, pur non avendo provveduto a  dettare  nuove
 norme  di  principio  in  tema  di bonifica, ha pero' disciplinato un
 articolato sistema di programmazione complessiva degli interventi per
 la difesa del suolo, incentrato sul ruolo dei piani di bacino e delle
 autorita' di bacino per i  bacini  di  rilievo  nazionale  (legge  18
 maggio  1989,  n.  183),  nel  cui  ambito  ha  fra  l'altro previsto
 l'adeguamento ai piani di bacino anche dei piani generali di bonifica
 (art. 17, comma 4, legge cit.); e ha, per altro verso, dettato  nuove
 norme  in  materia  di risorse idriche (legge 5 gennaio 1994, n. 36),
 prevedendo, nell'ambito di un principio generale  di  pubblicita'  di
 tutte  le  acque  (art.  1,  comma 1, legge cit.), una organizzazione
 territoriale  del   "servizio   idrico   integrato"   fondata   sulla
 delimitazione  di  "ambiti  territoriali  ottimali"  e  sul  ruolo di
 organizzazione e di gestione  del  servizio  attribuito  a  comuni  e
 Province (artt. 8 e 9 legge cit.).
   In  questo  quadro,  le  leggi  dello  Stato prevedono bensi' che i
 consorzi di bonifica concorrano, secondo  le  rispettive  competenze,
 alla  realizzazione delle attivita' di difesa del suolo e partecipino
 all'esercizio delle funzioni regionali in materia (art. 1, comma 4, e
 art. 11, comma 1, legge n. 183 del 1989);  e  che  essi,  nell'ambito
 delle  competenze  definite  dalla  legge,  abbiano  la  facolta'  di
 realizzare e gestire reti irrigue, acquedotti rurali e altri impianti
 funzionali ai sistemi irrigui e di bonifica (art. 27, comma 1,  legge
 n.  36  del  1994):  ma  non  pongono  vincoli alle regioni in ordine
 all'assetto  e  alla  distribuzione  delle  funzioni   amministrative
 incidenti in questa materia.
   Sicche' non puo' ritenersi precluso al legislatore regionale di dar
 vita  ad  un  nuovo  assetto  di  tali  funzioni,  e  cosi'  anche di
 attribuire  funzioni  pubbliche,  gia'  esercitate  dai  consorzi  di
 bonifica,  ad  altri enti pubblici, in ispecie territoriali, anche in
 attuazione e  in  coerenza  con  i  principi  dell'ordinamento  delle
 autonomie  locali  dettati dalla legge n. 142 del 1990, che riconosce
 come di spettanza delle province le funzioni di interesse provinciale
 "che  riguardino  vaste  zone  intercomunali  o  l'intero  territorio
 provinciale", fra l'altro nei settori della "difesa del suolo, tutela
 e valorizzazione dell'ambiente e prevenzione delle calamita'" e della
 "tutela  e valorizzazione delle risorse idriche ed energetiche" (art.
 14, comma 1, lettere a e b, legge cit.).
   7. - Ne', da  questo  punto  di  vista,  puo'  costituire  ostacolo
 insormontabile   la   non   coincidenza   dei   confini   degli  enti
 territoriali, come la provincia, con gli ambiti cui si  riferisce  la
 pianificazione  nel settore della bonifica, e cosi' con i comprensori
 di bonifica o i bacini  idrografici:    ben  potendo  il  legislatore
 regionale  prevedere  opportuni  sistemi di coordinamento, analoghi a
 quelli che il legislatore statale ha previsto per funzioni attribuite
 alle  regioni,  da  esercitarsi  con  riguardo ad ambiti territoriali
 interregionali (cfr. ad esempio l'art.  20, comma 2, della  legge  n.
 183  del  1989, sui piani di bacino di rilievo regionale; e lo stesso
 art. 73, secondo comma, del d.P.R.  n. 616 del 1977, sui consorzi  di
 bonifica interregionali).
   8.  -  La  legge  impugnata  non  si e' pero' limitata a riordinare
 l'esercizio delle funzioni  pubbliche  in  tema  di  bonifica,  e  in
 particolare di quelle gia' esercitate dai consorzi di bonifica, ma ha
 inteso  disporre  dell'esistenza stessa di questi ultimi, con la loro
 soppressione ed il passaggio alle province di tutte le loro funzioni,
 ivi compresa l'esecuzione delle opere di competenza privata,  nonche'
 dei  beni  e  del  personale.  In  tal  modo  ha  violato  i principi
 fondamentali della legislazione statale nella materia.
   L'impianto della legge e' tuttavia unitario:  la  dichiarazione  di
 illegittimita'  costituzionale  deve  percio'  colpire  non  solo  le
 disposizioni  che  prevedono  la  soppressione   dei   consorzi,   la
 conseguente  liquidazione e il trasferimento dei beni e del personale
 (articoli 9, 10, 11 e 12), ma anche le disposizioni che attribuiscono
 alle province tutte le funzioni in ordine alle opere di bonifica, ivi
 comprese  quelle  gia'  spettanti  ai  consorzi  di  bonifica,  anche
 riguardo alle opere di competenza privata (artt. 3 e 7, e il connesso
 art. 6); che istituiscono e disciplinano i comitati di rappresentanza
 delle   categorie   interessate,   configurati  sostanzialmente  come
 sostitutivi dei soppressi consorzi (artt. 4 e 5);  che  attribuiscono
 alle  Province, sostituite anche in questo ai consorzi, il compito di
 ripartire e di riscuotere le quote di spesa gravanti sui  beneficiari
 delle  opere  di  bonifica  (art.    8); nonche' le norme transitorie
 strettamente connesse alle disposizioni colpite (art. 13, commi da  2
 a  5),  e la clausola di abrogazione (art.  14) della legge regionale
 n. 13 del 1985, che precedentemente disciplinava la materia.
   Restano invece indenni, perche' non  coinvolti  nella  censura  qui
 accolta, ne' connessi alle altre disposizioni dichiarate illegittime,
 gli  articoli  1  e  2,  oltre  al  comma  1 dell'art. 13, in tema di
 valutazione dell'impatto ambientale.