LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE
   Ha emesso la seguente  ordinanza;  sui  ricorsi  numeri  7630/90  e
 7632/90  depositati  il  10 febbraio 1990 avverso avv. intimazione di
 pagamento n. 84001184 emesso da Ufficio registro successioni di  Roma
 da  Bonessa  Alessandro, residente in Cividale del Friuli, Stretta J.
 Stellini, 7, e Bonessa Amalia residente in Romagnano Sesia, via  XXIV
 Luglio 1923;
                           In fatto e diritto
   Bonessa   Amalia   e   Bonessa   Alessandro  con  separati  ricorsi
 proponevano opposizione avverso l'avviso di  richiesta  di  pagamento
 (art.88001184)  dell'Ufficio del registro successioni di Roma, con il
 quale venivano richieste due soprattasse, la prima  del  20%  per  L.
 3.732.000 e la seconda del 10% per L. 617.000, pari a un totale di L.
 4.380.500,  ai sensi dell'art. 35 del d.P.R. n. 636/1972, per tardivo
 pagamento di ratei di imposta di  successione  (den.  20,  vol,  206,
 successione di Bonessa Enrico).
   ln  effetti  i  ricorrenti,  risiedendo  l'una  a Romagnano Sesia a
 l'altro a Cividale del Friuli, avevano inviato gli importi dovuti per
 c/c in termini, ma i plichi erano giunti all'ufficio del registro  di
 Roma,  competente  per  la riscossione, non in tempo utile per essere
 contabilizzati nei termini previsti dall'art 35 richiamato,  per  cui
 la  contabilizzazione  ritardata  era stata addebitata ai ricorrenti,
 ritenendosi equiparabile ad un omesso pagamento.
   I ricorrenti sostenevano, al contrario, la  violazione e la  errata
 applicazione  del  richiamato  art.  35  d.P.R.  n. 637/1972, perche'
 l'ufficio non aveva tenuto conto che il pagamento, effettuato tramite
 assegni  circolari,  "pervenuti  prima  della  scadenza   alla   sede
 dell'uffico del registro di Roma, sarebbe stato regolare nei termini,
 in  quanto  nessun ritardo poteva essere addebitato ai ricorrenti per
 cause   burocratiche   interne   all'apparato    dell'amministrazione
 pubblica",  e,  quindi  era  insussistente  un  qualsiasi  danno  per
 l'erario. Risultava documentato, infatti, come gli assegni  circolari
 emessi  per il pagamento erano stati inviati all'ufficio del registro
 di Roma nei termini prescritti, in quanto le modalita' del versamento
 mediante lettera  raccomandata,  rientravano  tra  quelle  ammesse  e
 possibili.  Pertanto,  nessuna  rilevanza poteva avere la circostanza
 che l'ufficio avesse contabilizzato e  riscosso  l'importo  oltre  il
 termine previsto, in quanto la norma richiamata dall'art.35 d.P.R. n.
 637/1972,  prevedeva esclusivamente la tardivita' del pagamento e non
 quella della riscossione e il ricorso, pertanto, andava accolto.
   Dopo  avere provveduto alla riunione dei ricorsi ex art. 23 d.dlgs.
 n. 546/1992, si apriva la fase della discussione a conclusione  della
 quale  le  parti  instavano per l'accoglimento delle rispettive tesi.
 Riunitasi  la  commissione  in  camera  di  consiglio,  riteneva   di
 sospendere  ogni  decisione  e  trasmettere gli atti al giudice delle
 leggi, per sospetta incostituzionalita' della norma di cui all'art.35
 richiamato e  applicato  dall'ufficio.  Infatti  dalla  automaticita'
 dell'applicazione   della   sanzione   in   caso   di  tardivita'  di
 riscossione, sorge il dubbio  di  legittimita'  costituzionale  degli
 artt. 35, 44, 52 d.P.R. n. 637/1972 per violazione degli artt. 3, 76,
 77  della  Costituzione, posto che non puo' farsi carico al cittadino
 di un ritardo dovuto ad un servizio interno  all'amministrazione  non
 efficientemente organizzato.
   Stabilito che il pagamento tramite assegno circolare rientra fra le
 forme  ammesse e considerate valide, in quanto i contribuenti possono
 risiedere in zone diverse  rispetto  all'ufficio  di  competenza,  la
 tardiva  riscossione  e  contabilizzazione delle somme da parte della
 amministrazione finanziaria non puo'  costituire  valida  motivazione
 per   l'applicazione   di   soprattasse   perche'   la  condotta  dei
 contribuenti non ha ostacolato in alcun modo il  normale  adempimento
 richiesto  dall'ammistrazione.  Altrimenti,  se  cosi'  non fosse, si
 verrebbe a creare una oggettiva disparita' di trattamento tra  coloro
 che corrispondono l'imposta pagando alla cassa dell'ufficio specifico
 e  coloro  che per vari motivi assolvano al pagamento tramite assegno
 circolare spedito per raccomandata.
   Del resto il decreto dirigenziale emesso il  9  dicembre  1997  dal
 Ministero  delle  Finanze  (pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale n.
 293/1997) ha approvato  modelli  e  modalita'  di  riscossione  delle
 entrate,  gia'  di competenza dei servizi di cassa   dipendenti dagli
 uffici, per cui si e' reso libero il pagamento su tutto il territorio
 dello Stato tramite il servizio bancario: cio', evidentemente ha reso
 obsoleta tutta la precedente normativa della riscossione.
   Sotto gli esposti profili  e  nei  suddetti  limiti  non  apparendo
 manifestamente  infondata la questione di legittimita' costituzionale
 degli artt.  35, 44, 52 d.P.R. n. 637/1972, ed essendone indubbia  la
 rilevanza della prospettata questione nel presente giudizio, trovando
 diretta applicazione le norme censurate, e' opportuno, come detto che
 si pronunci il giudice delle leggi.