IL TRIBUNALE
   Ha pronunciato la seguente ordinanza.
   1.  -  In  data  16  febbraio  1996,  il g.u.p. c/o il tribunale di
 Avellino pronunciava decreto di rinvio a giudizio  nei  confronti  di
 Amelia  Salvatore  Ferdinando  in  relazione  ai  contestati reati di
 utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti. All'udienza  del
 13  maggio  1996, l'imputato - come da certificazione medica prodotta
 dal difensore - risultava  affetto  da  bronchite  acuta  con  rialzo
 febbrile  in  soggetto laringectomizzato totale ed il processo veniva
 percio' rinviato per legittimo  impedimento  dell'imputato  ai  sensi
 dell'art.  486  c.p.p.    Tale  patologia veniva nuovamente addotta a
 sostegno di analoghe  richieste  di  rinvio  del  dibattimento  nelle
 successive  udienze  del 9 gennaio 1997, 21 aprile 1997 e 11 dicembre
 1997. Nelle due udienze  da  ultimo  citate  il  Tribunale  disponeva
 perizia  ai  sensi  dell'art. 70 c.p.p.   onde accertare la capacita'
 dell'imputato  di  partecipare  coscientemente  al  dibattimento.  Le
 risultanze  peritali  consentivano di appurare che l'Amelia, peraltro
 soggetto di eta' avanzata, era affetto da una  serie  di  infermita',
 tra    cui    un    disturbo    d'ansia   generalizzato   conseguente
 all'asportazione della laringe, che, tuttavia, non  gli  precludevano
 la  sua  partecipazione,  utile e cosciente al processo.  All'odierna
 udienza dibattimentale il difensore dell'imputato ha  avanzato  nuova
 istanza  di rinvio producendo ulteriore certificato medico attestante
 la medesima patologia di cui sopra (broncopatia cronica  riacutizzata
 con  iperpiressia  e  laringospasmo),  che risultava comprovata dagli
 accertamenti medico-fiscali disposti dal tribunale.
   2. - Con sentenza in  data  22  ottobre  1996,  n.  354,  la  Corte
 costituzionale   ha   dichiarato   inammissibile   la   questione  di
 legittimita' costituzionale degli artt. 486,  477,  70  e  71  c.p.p.
 sollevata,  in  riferimento agli artt. 3 e 112 della Costituzione dal
 pretore di Milano con ordinanza del 30 ottobre 1995, nella  parte  in
 cui  dette  norme  (tra  l'altro)  non  prevedono  la sospensione del
 dibattimento in caso di imputato permanentemente  impossibilitato  in
 modo assoluto a comparire per legittimo impedimento dovuto a malattia
 fisica   irreversibile   che   non   consenta   la  prosecuzione  del
 dibattimento   in   sua    assenza;    dichiarando    nel    contempo
 l'incostituzionalita' dell'art. 75, comma 3, c.p.p.
   Ha  ritenuto  la  Corte che le ipotesi dell'imputato legittimamente
 impedito  a  comparire  sine  die  all'udienza  per  malattia  fisica
 irreversibile   e   dell'imputato   affetto   da  infermita'  mentale
 suscettibile di pregiudicarne la cosciente partecipazione al processo
 attengono a situazioni fra loro  non  comparabili  sotto  il  profilo
 della  tutela  del  diritto  di  difesa.  Tuttavia,  ravvisando forti
 analogie tra  la  stasi  del  processo  determinata  dall'incapacita'
 psichica  dell'imputato e quella che scaturisce dal suo impedimento a
 comparire laddove egli non consenta che il dibattimento  prosegua  in
 sua   assenza,   atteso   che  entrambe  le  situazioni  di  paralisi
 processuale    ineluttabilmente    determinano    una     sostanziale
 sterilizzazione dell'azione civile esercitata nel processo penale, la
 Corte  ha  dichiarato  l'incostituzionalita' dell'art.   75, comma 3,
 c.p.p. nella parte in cui non prevede che la disciplina ivi contenuta
 non trovi applicazione  nel  caso  di  accertato  impedimento  fisico
 permanente  che  non  permetta all'imputato di comparire all'udienza,
 ove questi non consenta che il dibattimento prosegua in sua assenza.
   Tanto premesso ritiene il tribunale  che  le  argomentazioni  della
 Corte   lascino   spazio   per  una  riproposizione  della  questione
 dell'assimilabilita' fra la  posizione  dell'imputato  fisicamente  e
 permanentemente impedito e quella dell'imputato affetto da infermita'
 mentale   idonea  a  pregiudicarne  la  cosciente  partecipazione  al
 processo,  sotto  il  profilo  della  violazione  dei   principi   di
 obbligatorieta' dell'azione penale e di buon andamento della pubblica
 amministrazione.
   Invero,  l'impedimento fisico dell'imputato di carattere permanente
 determina una situazione di stasi processuale sine die, atteso che in
 tali casi  -  per  costante  orientamento  giurisprudenziale  -  deve
 trovare  applicazione  la  norma  di  cui  all'art.  486  c.p.p., con
 conseguente obbligo per il giudice di differire il processo ad  altra
 data, senza poter procedere in contumacia dell'imputato.
   Tale  situazione  determina  un'evidente  compromissione del potere
 punitivo dello Stato, oltre che  un  notevole  aggravio  -  quantomai
 ingiustificato data l'inevitabile prescrizione dei reati in oggetto -
 di spese e di lavoro per le strutture giudiziarie.
   Ne' potrebbe sostenersi che, in presenza di reati prescrivibili, in
 un'ottica  di  bilanciamento  di interessi debba ritenersi prevalente
 l'interesse statuale alla celebrazione del processo - con conseguente
 inapplicabilita' delle disposizioni di  cui  all'art.  486  c.p.p.  -
 rispetto  al  diritto  di  difesa  dell'imputato,  come  affermato in
 giurisprudenza in relazione ai casi  di  impedimento  del  difensore,
 atteso che in quest'ultimo caso il diritto di difesa dell'imputato e'
 comunque garantito dalla presenza della difesa d'ufficio, laddove nel
 primo  caso  l'imputato legittimamente impedito e' impossibilitato ad
 esercitare il proprio diritto all'autodifesa.
   Un corretto bilanciamento di interessi e'  stato,  invece,  operato
 dal  legislatore  con il meccanismo di cui all'art. 71 c.p.p. che, da
 un lato, non vulnera il principio  costituzionale  di  obbligatorieta
 dell'azione  penale,  che  risulta  semplicemente sospesa (cfr. Corte
 cost. 28 giugno 1995,  n.  281,  Guiso),  e,  dall'altro,  tutela  il
 diritto  dell'imputato  affetto  da infermita' mentale di partecipare
 coscientemente al processo.
   La  forte analogia esistente tra l'ipotesi dell'imputato affetto da
 malattia fisica  irreversibile  e  quella  dell'imputato  affetto  da
 infermita'  mentale  esige un'uniformita' di trattamento normativo da
 realizzarsi   attaverso   una   pronuncia   additiva   della    Corte
 costituzionale  che  riporti  nell'alveo  del  meccanismo  sospensivo
 dell'art. 71 c.p.p.  anche il caso preso in esame che allo  stato  ne
 risulta irragionevolmente escluso.