IL PRETORE
   Letti gli atti tutti della causa;
                             O s s e r v a
   Con ricorso ex art. 5, secondo comma, c.p.c. depositato in data  10
 febbraio  1997 ritualmente iscritto nel r.g.a.c. di questa pretura al
 n. 286/1997, Fanales Fernanado Antonio proponeva opposizione  avverso
 il  pignoramento  mobiliare  ai  suoi  danni  effettuato  in  data 11
 dicembre 1997 dalla So.Ba.Ri.T. S.p.a. per il recupero coattivo della
 somma di L. 68.045.702 per canoni ed eccedenza acqua,  contestando  i
 criteri  di calcolo delle somme richieste e soprattutto di non essere
 ad  egli  imputabile  tutto  il  consumo,  atteso  che  le   cartelle
 esattoriali  sarebbero  cointestate  al Fanales opponente ed ad altro
 soggetto. L'opponente contestava, quindi il diritto stesso  dell'ente
 impositore  a  procedere  esecutivamente nei propri confronti, atteso
 che il titolo esecutivo azionato - la prefata cartella esattoriale  -
 si  riferirebbe  a  consumi non effettuati dall'opponente ma da altro
 soggetto e quindi intimerebbe il pagamento di somme non dovute.
   Si costituiva in  giudizio  la  So.Ba.Ri.T.  S.p.a.,  che  eccepiva
 preliminarmente   ed   in   via  assorbente  la  inammissibilita'  ed
 improponibilita' del ricorso alla stregua del divieto di cui all'art.
 54, d.P.R. n. 602/1973, e comunque la infondatezza nel  merito  dello
 stesso.  Si  costituiva  anche  l'E.A.A.P.,  quale  ente  impositore,
 chiamato in causa dal concessionario  del  servizio  di  riscossione,
 negando un proprio interesse nella presente procedura.
   Alla  stregua delle disposizioni di legge vigenti la opposizione de
 qua  andrebbe  dichiarata  inammissibile  ex  art.  54,   d.P.R.   n.
 602/1973,  perche'  trattasi  di  opposizione  proposta  ex art. 615,
 c.p.c. cio conferma, a fini decisori, la rilevanza  della  normativa,
 la  cui  difformita'  dai  principi  costituzionali  si  ritiene  non
 manifestamente infondata.
   Com'e' noto il sistema dei rimedi nei  confronti  della  esecuzione
 esattoriale  delineato  dagli artt. 53 e 54 d.P.R. 29 settembre 1973,
 n.  602,  e  segnatamente   la   improponibilita'   delle   ordinarie
 opposizioni  previste  dal codice di rito con il correlato divieto di
 sospensione cautelare ope iudicis e' stato piu' volte  sottoposto  al
 controllo di legittimita' costituzionale.
   Giova  aggiungere che, relativamente alla esecuzione esattoriale ed
 alle opposizioni previste  dagli  artt.  da  615  a  618  c.p.c.,  in
 relazione  agli  art. 53 e 54, d.P.R. n. 602/1973, alla stregua della
 piu' recente giurisprudenza della S.C. (Cass., ss.uu. l7 luglio 1992,
 n.  8686;  Cass.  ss.uu. 8 marzo 1993, n. 6668; Cass. ss.uu. 25 marzo
 1991,  n.  3191)  sussiste  il  difetto  giurisdizione  dei   giudice
 ordinario,  atteso  che  le  invocate  disposizioni  di  legge  hanno
 riservato all'intendenza di finanza (ora dir. reg. delle entrate)  il
 sindacato  sugli  atti  esecutivi  dei  concessionario  mentre  viene
 riconosciuto al pretore un sindacato giurisdizionale solo in  ipotesi
 di  opposizione  ex art.   619, c.p.c., unico rimedio giurisdizionale
 ammesso in materia di procedura esattoriale.
   Orbene non sfugge al rimettente che codesta  corte  ha  in  passato
 gia'  espresso il proprio orientamento in materia, sempre confermando
 la legittimita' delle  disposizioni  sopra  richiamate,  ritenendo  e
 chiarendo  che  nello speciale procedimento espropriativo esattoriale
 si manifesti piu' energicamente che in altre  ipotesi,  il  principio
 della  esecutorieta'  dell'atto amministrativo, al fine di assicurare
 la  sollecita  riscossione  dei  tributi,  nel  preminente  interesse
 costituzionale  di  garantire  il  regolare  svolgimento  della  vita
 finanziaria  dello  Stato.  In   relazione   alla   ritenuta   natura
 amministrativa  della  esecuzione  fiscale, dunque il controllo sulla
 regolarita' degli atti della procedura esattoriale e' devoluto in via
 esclusiva  alla  autorita'  amministrativa,  mediante  determinazioni
 avverso  le quali sono esperibili i comuni rimedi della giurisdizione
 amministrativa di legittimita'.
   Tale  peculiare  regime  della  espropriazione  esattoriale   trova
 tuttavia  applicazione  anche  alla  riscossione di crediti di natura
 non tributaria di numerosi enti  pubblici  in  virtu'  di  specifiche
 disposizioni  di  rinvio,  in  particolare delle previsioni di cui al
 d.P.R. 28 gennaio 1988, n. 43,  che  ha  realizzato  una  tendenziale
 unificazione  dei sistemi di riscossione, generalizzando l'esazione a
 mezzo ruolo di entrate pubbliche anche  per  canoni,  proventi  della
 utilizzazioni   di   beni  demaniali  o  patrimoniali  contributi  di
 spettanza degli enti locali ed altre entrate patrimoniali dello Stato
 o assimilate.
   Recenti pronunce di codesta Corte in materia di crediti non  aventi
 natura  tributaria e riscossi con il sistema dei ruoli hanno chiarito
 che per tali ultimi la tutela giurisdizionale non debba subire alcuna
 limitazione come conseguenza della riscossione mediante iscrizione  a
 ruolo  e  successiva  esecuzione  esattoriale,  atteso  che la natura
 civilistica dei crediti contestati - al di la'  dell'identico  regime
 di  recupero coatto - impedisce una estensione totale dei principi in
 materia di imposte e tasse (sent. 13 luglio 1995, n. 315, sent.    21
 settembre  1995,  n.  437,  sent.  23  luglio  l996,  n.  300), cosi'
 affermandosi la possibilita' per il giudice ordinario  di  sospendere
 la esecuzione dei ruoli esattoriali relativi ad entrate di natura non
 tributaria,  utilizzando  i  rimedi cautelari ordinari apprestati dal
 codice di rito nei confronti della esecuzione forzata.
   Ed in effetti la ratio che  sottende  le  disposizioni  dettate  in
 materia  di  esecuzione  esattoriale  appare  ispirata  a principi di
 tutela della pretesa tributaria e di assicurare  la  rapida  e  certa
 soddisfazione coattiva della stessa.
   Certamente  non puo' che condividersi, alla luce di cio', la scelta
 operata dal legislatore di escludere il ricorso  ai  rimedi  previsti
 dal  codice  di  rito dagli artt. 615 al 618 c.p.c., avverso gli atti
 esecutivi compiuti dall'esattore, laddove si  intenda  contestare  il
 diritto della ente impositore di procedura ad esecuzione forzata:  in
 tali  ipotesi solo la direzione delle entrate quale soggetto comunque
 terzo,  rispetto  allorgano  che   ha   provveduto   all'accertamento
 dell'imposta;  potra' sindacare in via amministrativa la legittimita'
 della intrapresa esecuzione in forza di tributo iscritto a ruolo.
   Cio'  che  si  pone  in  dubbio  e',  tuttavia,   la   legittimita'
 costituzionale  dell'art.  54, d.P.R. n. 602/1973, nella parte in cui
 esclude la esperibilita'  dell'opposizione  ex  art.  615,  comma  2,
 c.p.c., anche nell'ipotesi in cui si intenda contestare il diritto di
 agire  esecutivamente  dell'ente impositore per il recupero coatto di
 crediti non aventi natura tributaria.
   Sembra al remittente che lasciare tali situazioni prive delle forme
 di  tutela  giurisdizionale  previste  ordinariamente   per   crediti
 privatistici   sia  contrario  ai  principi  del  nostro  ordinamento
 costituzionale, vuoi e non solo in tema di esercizio del  diritto  di
 difesa,  quanto  e  soprattutto a principi di tutela del diritto alla
 uguaglianza fra tutti i cittadini, sotto il profilo della  disparita'
 di  trattamento  che  l'utente  subisce  rispetto  gli  altri servizi
 pubblici (Enel, Telecom, azienda di distribuzione del gas metano) non
 ricompresi nel sistema della riscossione esattoriale.
   Va da se', per le medesime considerazioni gia'  svolte  da  codesta
 Corte  per  cio'  che  concerne il potere di sospendere la esecuzione
 esattoriale, ove si tratti di esecuzione esattoriale per il  recupero
 di  crediti  di  natura  non  tributaria,  che  la  preclusione  alla
 esperibilita' della opposizione di che  trattasi  non  dovrebbe  aver
 ragion   d'essere,   attesa   la   natura   civilistica  del  credito
 indipendentemente  dalle  modalita'  di  esazione,  di  tal  che'  la
 posizione dell'utente risulta in tal modo ingiustamente sacrificata.
   Peraltro  ritiene  il  remittente  che  le  precedenti  pronunce di
 codesta Corte,  con  le  quali  si  e'  ammessa  con  interpretazione
 adeguatrice   la   possibilita'   di   sospensione  della  esecuzione
 esattoriale, non possano estensivamente essere interpretate nel senso
 di  aver   abolito   implicitamente   anche   la   preclusione   alla
 esperibilita'   delle   opposizioni   all'esecuzione   ed  agli  atti
 esecutivi,  sicche'  si  impone  una  piu'   generale   rivisitazione
 dell'intera  problematica  legata  al sistema di riscossione coattiva
 delle entrate di natura  non  tributaria,  non  limitato  all'aspetto
 della tutela cautelare.
   Va considerato, quindi, che allorche' la norma di cui all'art.  54,
 d.P.R.  n.  602/1973,  stabilisce  che  non  sono  ammesse in sede di
 esecuzione esattoriale la opposizione  all'esecuzione  ed  agli  atti
 esecutivi, detta disciplina a parere del remittente osta ad esaminare
 nel  merito  la  domanda  volta a contestare i criteri per il calcolo
 delle somme richieste e quindi in  definitiva  il  fondamento  stesso
 della pretesa avanzata dall'ente erogatore. Sicche', anche se puo' in
 astratto  disporsi  in  via cautelare la sospensione della esecuzione
 fino alla definizione del giudizio di merito, la inammissibilita'  ex
 art.  54,    d.P.R.  citato  in  concreto  del ricorso in opposizione
 potrebbe portare - alla stregua  dei  principi  vigenti  in  tema  di
 tutela  cautelare  - a denegare la sospensione, attesa la mancanza di
 fumus del ricorso stesso, perche' inammissibile.
    Non sfugge invero che, essendo il titolo rappresentato per lo piu'
 da  un  atto  amministrativo,  la  opposizione  volta a contestare un
 credito in esso consacrato e divenuto ormai inopponibile, per mancata
 impugnazione dell'atto stesso, renderebbe comunque  inammissibile  il
 rimedio  giurisdizionale di che trattasi, tuttavia non infrequente e'
 il caso in cui al debitore non e' stata offerta tale possibilita'  di
 contestare  l'accertamento  effettuato  dall'ente impositore, per non
 essere stata  notificata  la  cartella  esattoriale  ovvero  la  nota
 esplicativa,  sicche'  la  mancata  previsione  del ricorso al rimedi
 ordinari di opposizione priverebbe l'utente  di  qualsiasi  forma  di
 tutela dei propri diritti.
   La  discriminatorieta'  della  disciplina  invocata  appare  poi in
 maniera  piu'  chiara  solo  ove  si  consideri  che  precludere   la
 possibilita' di esperire la opposizione ex art. 615, comma 2, c.p.c.,
 di  fatto  significa  privare  di  tutela giurisdizionale adeguata il
 contribuente-debitore,  che,  mentre  e'   legittimato   a   proporre
 un'azione di accertamento negativo della pretesa dell'ente creditore,
 prima  che  i  ruoli siano consegnati all'esattore ed abbia inizio la
 procedura esattoriale, successivamente all'inizio della stessa non ha
 la possibilita' di ricorrere ai rimedi approntati dal codice di  rito
 - opposizione all'esecuzione ed agli atti esecutivi - preclusi in via
 assoluta,  perche'  inammissibili,  senza  che  la natura del credito
 (tributario o no) per cui l'esecuzione e' iniziata  o  il  regime  di
 recupero  coatto possano ritenersi ragioni sufficienti a giustificare
 tale diverso trattamento; e cio' anche in ragione del  fatto  che  la
 tutela  cautelare, gia' riconosciuta in materia, per essere effettiva
 deve necessariamente presupporre la possibilita' in dette ipotesi  di
 ricorrere  all'a.g.o. con le opposizioni di cui agli artt. dal 615 al
 618 c.p.c.
   La denunciata disciplina appare anche priva di  giustificazione  in
 relazione  agli  interessi che mira a tutelare. Occorre infatti tener
 conto che la riscossione delle entrate non  tributarie  dell'e.a.a.p.
 pur  essendo  inserita  nel  regime  di cui al d.P.R. n. 602/1973, ne
 mutua solo in parte la disciplina, atteso che alla riscossione  delle
 entrate non tributarie non si applica il sistema di gradualita' nella
 riscossione  previsto per le imposte dall'art. 15, del d.P.R. citato.
 Se e' vero che il contemperamento di tale discriminatorieta' e'  dato
 dal  gia'  riconosciuto  potere  per  l'a.g.o.  di  sospensione della
 esecuzione esattoriale, ove  si  tratti  di  crediti  non  tributari,
 tuttavia  non puo' tacersi che tale correttivo per essere in concreto
 valido ed effettivo  deve  essere  congiunto  alla  possibilita'  per
 l'utente  di  adire  l'autorita'  giudiziaria  ordinaria per avanzare
 contestazioni in ordine alla esistenza ed  all'entita'  dei  credito,
 provocando  un'azione  di  accertamento  negativo  non solo quando la
 esecuzione non  e'  ancora  iniziata  ma  anche  e  soprattutto  dopo
 l'inizio  della  stessa,  se  la  predetta  azione  non  si e' potuta
 proporre prima per cause non attribuibili al debitore esecutato.
   A fortiori poi sol che si consideri che la inammissibilita' ex art.
 54, d.P.R. n. 602/1973 della opposizione di  che  trattasi  ben  puo'
 essere  rilevata anche d'ufficio, precludendo al giudice qualsivoglia
 pronuncia nel merito e comportando, come conseguente  corollario,  la
 revoca  della  sospensione  della  esecuzione  eventualmente concessa
 medio tempore.
   Tali   considerazioni   inducono  il  giudicante  a  sottoporre  la
 questione al vaglio  della  Corte,  ritenuto  che  la  lettura  della
 normativa (art.  54, secondo comma, d.P.R. n. 603/1973), rilevante ai
 fini   decisori   in  senso  letterale  e  tassativo,  escludente  la
 ammissibilita' e  proponibilita'  delle  opposizioni  regolate  dagli
 artt.  dal  615  al 618 del codice di procedura, e in particolare nel
 caso che qui ci occupa, della  opposizione  ex  art.  615,  comma  2,
 c.p.c.,  limitatamente ai crediti di natura non tributaria, si presti
 ad una valutazione di non manifesta infondatezza  per  contrasto  con
 gli  artt.  3, primo e secondo comma, 24, primo e secondo comma, 113,
 primo e secondo comma, Cost.