LA COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso in appello n. 1083/1994, proposto dal sig. Vigilante Domenico; Contro il 1 ufficio imposte dirette di Bologna, non costituito in giudizio, per l'annullamento della decisione n. 800/7957, emessa in data 11 luglio 1988 dalla I sezione della Commissione tributaria di primo grado di Bologna, che ha rigettato il ricorso n. 701/1983, proposto dal ricorrente medesimo; Visto il ricorso in appello con i relativi allegati; Udito alla camera di consiglio del 26 febbraio 1998 il relatore designato dott. Raniero Dardari; Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue: F a t t o Il ricorrente ha adito la Commissione tributaria di primo grado di Bologna, avverso il silenzio rifiuto dell'intendenza di finanza di Bologna alla quale aveva presentato istanza di rimborso d'imposta parziale Irpef L. 6.274.000 per il proprio reddito e per quello della moglie, indicati nei quadri L del modello 740/1981, (redditi 1980). ll reddito per il quale venne pagato il tributo era sorto in seguito alla vendita, effettuata in data 4 novembre 1980 di un appartamento sito in Bologna, acquistato dallo stesso ricorrente il 10 febbraio 1977, non utilizzato direttamente e pertanto ritenuto, ai sensi dell'art. 76.3 punto 2) del d.P.R. n. 597/1973, reddito derivante da operazione speculativa, senza possibilita' di prova contraria. Il ricorrente sollevava anche questione di legittimita' costituzionale per pretesa violazione del cit. art. 76.3 punto 2) del d.P.R. n. 597/1973, degli artt. 3 e 53 della Costituzione. La Commissione tributaria di primo grado, richiamata la costante giurisprudenza in materia, con decisione n. 800/7957 del giorno 11 luglio 1988 rigettava il ricorso. Avverso questa decisione il ricorrente si e' appellato, riproponendo eccezione di illegittimita' costituzionale dell'art. 76.3 punto 2 del d.P.R. n. 597/1973 per violazione degli artt. 3 e 53 della Costituzione (anche se l'art. 53 e' stato erroneamente indicato nell'atto di appello come art. 35). D i r i t t o Con il presente atto di appello il ricorrente chiede la riforma della decisione di primo grado, previa trasmissione alla Corte costituzionale degli atti per illegittimita' dell'art. 76, d.P.R. n. 597/1973 terzo comma, punto 2, per violazione degli artt. 3 e 53 della Costituzione, vista la rilevanza e la pregiudizialita' della suddetta questione ai fini del presente giudizio. Il ricorrente, infatti, acquistato l'immobile de quo occupato per abitarlo, lo aveva poi rivenduto occupato sempre dallo stesso inquilino, prima che fossero trascorsi cinque anni dal giorno dell'acquisto, vista l'impossibilita' di abitarlo per le proroghe ottenute dall'inquilino nella fase esecutiva dello sfratto. Non vi sarebbe stato, pertanto, alcun intento speculativo, anche perche' la plusvalenza ricavata dalla vendita sarebbe stata causata solamente dall'inflazione. Il piu' volte richiamato art. 76 del d.P.R. n. 597/1973 (che, tra l'altro, non prevede nemmeno detrazioni che fungano da correttivo per il tasso di svalutazione, aumentando cosi' fittiziamente la capacita' contributiva del ricorrente), prevede invece, senza ammettere prova contraria, che la plusvalenza ricavata dalla rivendita di un appartamento, non utilizzato direttamente dal proprietario, prima che siano trascorsi cinque anni dall'acquisto costituisca reddito derivante da operazione speculativa e pertanto tassabile ai fini Irpef. La Corte costituzionale, piu' volte investita della questione di legittimita' costituzionale di detta disposizione (art. 76, terzo comma, punto 2 del d.P.R. n. 597/1973 ), ha sempre dichiarato insussistente il contrasto con i parametri costituzionali indicati, perche' il potere conferito al legislatore delegato comprende la possibilita' di regolare l'intera materia delle imposte sul reddito secondo ampia discrezionalita' e perche' la qualificazione del fine speculativo delle plusvalenze conseguite mediante operazioni non rientranti nei redditi d'impresa trova la sua non irragionevole giustificazione nella realta' socio-economica (Corte costituzionale n. 298/1988 e n. 528/1989). Ma con la sentenza n. 131 del 18 marzo 1991 e con una motivazione che bene illumina l'attenzione della Corte alla massima tutela possibile dei principi scaturenti dall'art. 3 della Costituzione, esaminando una questione sempre relativa all'art. 76 cit, per preteso contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., la Corte costituzionale ha cosi' statuito "... non ha senso denunciare quale violazione del diritto di difesa l'esclusione della prova diretta a dimostrare l'assenza, nel caso concreto, dell'intento speculativo. Tipizzazioni, qualiticazioni, valutazioni legali come quelle suindicate possono bensi' essere censurate sotto il profilo della mancanza di ragionevolezza, contestandosi che esse trovino rispondenza nella situazione socio-economica in riferimento alla quale sono formulate ai fini perseguiti dalla legge, o che esse, o le misure sulla base di esse adottate, siano congrue rispetto a tali fini ...". Sotto il profilo della non ragionevolezza, pertanto, le censure sollevate dal contribuente con il richiamo all'art. 3 della Costituzione, in ordine alla effettiva ricorrenza della situazione socio-economica e sull'incongruita' delle misure della legge rispetto ai fini della legge stessa, non appaiono manifestamente infondate. La realta' socio-economica, infatti, non rappresenta una situazione statica e pertanto oggettivamente valutabile ma, al contrario, essa e' una realta' dinamica e mutevole nel tempo e nello spazio, influenzata da molti fattori quali, la composizione dei nuclei familiari, il loro reddito, la crescita o il calo demografico, i movimenti migratori, i tempi tecnici e burocratici necessari per costruire nuove abitazioni, i tassi di interesse dei mutui, la normativa sulle locazioni, ecc.; tutto cio' provoca sfasamenti tra domanda e offerta nel mercato immobiliare, diversi da luogo a luogo, che certamente possono anche innescare fenomeni speculativi. Se il fine della legge e' quello di colpire con lo strumento fiscale le operazioni speculative (non essendo ipotizzabile che si voglia colpire la speculazione immobiliare solo per trarne maggiori entrate tributarie poiche', in tal caso, sarebbe quantomeno violato l'art. 2 della Costituzione), appare evidente l'irrazionalita' della norma che ritiene, il semplice fluire di un determinato periodo di tempo (5 anni), unico criterio per individuare oggettivamente, senza ammettere prova contraria, una attivita' speculativa, omettendo cosi' di valutarne l'effettiva ricorrenza nella situazione socio-economica di riferimento. Le misure della legge appaiono poi incongrue e inadeguate rispetto anche ai fini che la legge stessa intende perseguire; il vero speculatore, infatti, e' una persona accorta con una approfondita conoscenza del mercato e della specifica normativa, anche fiscale e pertanto sa benissimo che la norma in argomento nella pratica si elude, semplicemente formalizzando l'atto di vendita trascorsi cinque anni dall'acquisto. Pertanto, quanto disposto dall'art. 76, terzo comma, n. 2 d.P.R. n. 597, difficilmente ha colpito attivita' speculative, ma ha finito coll'incidere, irrazionalmente e pesantemente, sui contribuenti meno smaliziati, costretti, loro malgrado, come nel caso del ricorrente, a rivendere l'appartamento che avevano acquistato per abitare ma che non avevano poi potuto utilizzare direttamente, per motivi indipendenti dalla loro volonta'. La mancanza di correttivi che tengano conto della svalutazione ha poi snaturato ratio e lettera dell'art. 53 della Costituzione, ponendo a base del calcolo progressivo dell'Irpef, nell'anno di rivendita dell'immobile, un irrazionale maggiore base imponibile, che non tiene conto della effettiva situazione economica di riferimento. Per le suesposte ragioni, il Collegio ritiene giustificato e non manifestamente infondato il dubbio sulla legittimita' costituzionale dell'art. 76, terzo comma, punto 2, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, per violazione degli artt. 3 e 53 della Costituzione. La rilevanza e la pregiudizialita' della suddetta questione ai fini della definizione del presente giudizio, e' gia' stata dimostrata, risultando peraltro, di assoluta evidenza.