LA COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE Ha emesso la seguente ordinanza sull'appello r.g. appelli 1074/1996 spedito il 30 giugno 1995, avverso la sentenza n. 337/33/95 emessa dalla commissione tributaria provinciale di Roma dalla Serio Fortuna Lucia, residente a Udine in via Carducci n. 23, assistito dalle controparti: ufficio D.R.E. Lazio (via del Clementino); Lucia Serio Fortuna chiedeva con istanza presentata il 26 luglio 1991 all'lntendenza di finanza il rimborso di L. 10.591.908 versate il 25 giugno 1990 dalla cassa nazionale notariato a titolo di ritenuta fiscale operata sull'indennita' di cessazione della funzione notarile. Ricorreva avverso il silenzio rifiuto sostenendo che, vertendosi in materia di indennita' formatasi esclusivamente con il contributo versato dalla contribuente, doveva essere applicato il principio stabilito nella sentenza n. 178 della Corte costituzionale di non considerare reddito tale indennita'. La 33 sezione della ct. di 1 grado di Roma respingeva il ricorso ritenendo che la sentenza della Corte si riferisse a situazioni completamente diverse (lavoro autonomo e lavoro dipendente statale). La contribuente nell'appello insiste sul principio di assoggettabilita' ad Irpef della indennita' di buonuscita limitatamente alla quota relativa ai versamenti a suo carico come nella fattispecie trattata. Produce una decisione favorevole della I sezione della ct. di 2 grado di Roma. La D.R.E. di Roma, costituitasi in giudizio, osserva che il principio stabilito nella sentenza n. 178 e' applicabile al trattamento di fine rapporto di lavoro dipendente, mentre l'indennita' di specie imponibile ai sensi della lett. e) dell'art. 16 T.U.I.R. Chiede la verifica della tempestivita' della procedura ex art. 38, d.P.R. n. 602/1973; la conferma della decisione e la condanna alle spese di giudizio a norma di legge. Osserva la commissione che, contrariamente a quanto hanno rilevato i giudici della commissione di 1 grado, non occore tanto aver riguardo alla situazione, indubbiamente diversa, fra dipendenti statali e lavoratori autonomi, quanto alla natura del reddito sottoposto a tributo; in effetti, la ricorrente non chiede affatto di essere assimilata ad una lavoratrice dipendente, sibbene di poter godere dello stesso trattamento (come modificato dalla nota sentenza della Corte costituzionale) dal momento che il beneficio assoggettato a tributo - l'indennita' di cessazione della attivita' lavorativa - trova il suo fondamento in una stessa, identica causale, vale a dire la contribuzione volontaria. Cio' premesso, neanche puo' condividersi la decisione adottata dalla 1 sezione di questa commissione di secondo grado, richiamata dalla ricorrente, secondo cui non puo' ravvisarsi identita' oggettiva fra compensi costituenti il corrispettivo dei contributi versati durante la attivita' di lavoro notarile e l'indennita' percepita per la cessazione delle funzioni notarili, con la conseguenza che i primi non rientrano nelle disposizioni previste nell'art. 6 del d.P.R. n. 917/1996; basta osservare che le indennita' percepite dal notaio alla fine del periodo lavorativo sono espressamente previste dall'art. 16 del d.P.R. ora citato, e per esse e' stabilta la tassazione separata proprio perche' vengono considerate come reddito tassabile, anche se con una aliquota di favore. Cosi' precisati i termini della questione, ritiene la commissione che, poiche' l'indennita' di cui si discute e' formata con i contributi versati dal notaio, non appare manifestamente infondata la eccezione di illegittimita' costituzionale sollevata dalla ricorrente una volta che la Corte costituzionale, con sentenze nn. 178 del 1986, 400 del 1987, 231 del 1991, ha sancito il principio che, per la parte afferente alla contribuzione dei dipendenti le indennita' di buonuscita non possono essere considerate reddito e quindi non possono essere assoggetate ne' all'Irpef ne' all'imposta di r.m. o complementare; richiamato inoltre l'art. 53 della Costituzione, la Corte ha statuito che il legislatore, nel disciplinare il regime tributario delle indennita' di fine rapporto, e' tenuto ad osservare il principio secondo il quale, per le indennita' che siano costituite anche dai contributi degli aventi diritto, deve provvedersi ad una detrazione che di cio' tenga adeguato conto. Ripetesi, la Corte ha esaminato la questione per quanto attiene al lavoro dipendente; ma se il principio della non tassabilita' delle indennita' di fine lavoro e' fondato sul presupposto che, almeno per quella parte derivante da contributi del lavoratore, occorre provvedere ad una corrispondente detrazione della imposta, non sembra azzardato ritenere che, anche per chi non e' lavoratore dipendente, debba valere lo stesso principio in presenza - come nel caso in esame - di indennita' di cessazione dal lavoro a seguito di esclusivo calcolo dei contributi versati. Ritiene quindi la commissione che, pur in presenza di situazioni dissimili ma comunque non contrastanti - lavoro dipendente e lavoro autonomo - e di indennita' dovute per cessazione della attivita' lavorativa e commisurate, in tutto o in parte, su contributi versati durante detta attivita' lavorativa un diverso trattamento, piu' rigoroso, quale e' stabilito dall'art. 16 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, possa dare adito a sospetto di incostituzionalita' per contrasto con gli artt. 3 e 53 della Costituzione, e giustifichi conseguentemente la remissione degli atti alla Corte costituzionale, previa sospensione del giudizio.