IL PRETORE Letti gli atti dibattimentali; O s s e r v a Il p.m. aveva indicato nella lista ex art. 468 del c.p.p. il dott. Mario Chiesa da escutere ai sensi dell'art. 210 del c.p.p.. L'esame veniva ammesso dal pretore in sede di ordinanza ai sensi dell'art. 190 del c.p.p.. All'udienza del 25 giugno 1997 Mario Chiesa si avvaleva della facolta' di non rispondere. Conseguentemente su richiesta del p.m. venivano acquisite le dichiarazioni rese dal predetto in sede d'indagini preliminari. Alla successiva udienza del 27 gennaio 1998 essendo entrata in vigore la legge n. 267/1997, conformemente all'istanza della difesa di uno degli imputati, le predette dichiarazioni venivano dichiarate inutilizzabili e restituite al p.m.. Veniva citato nuovamente Mario Chiesa che si avvaleva ancora della facolta' di non rispondere. In mancanza di accordo all'acquisizione delle dichiarazioni rese da questi in sede d'indagini preliminari i verbali di dette dichiarazioni venivano dichiarati inutilizzabili e restituiti al p.m.. All'udienza del 16 giugno 1998 il pretore sentite le parti sollevava la questione d'illegittimita' costituzionale dell'art. 513 del c.p.p. come modificato dalla legge n. 267/1997 ed in particolare della disciplina transitoria di cui ai commi 1, 2 e 5, art. 6 della legge n. 267/1997. Tale combinato disposto, infatti, si applica alle ipotesi, come quelle in esame, in cui siano stati acquisiti ex art. 513 del c.p.p. "ante" riforma i verbali delle dichiarazioni rese in sede di indagini preliminari dall'imputato di reato connesso. Cio' premesso si ritiene che la questione sia rilevante ai fini del decidere. Il presente procedimento, infatti, trova la sua fonte principale di prova nelle dichiarazioni di Mario Chiesa, dichiarazioni che spiegano gli appunti gia' acquisiti, appunti manoscritti di Chiesa che, isolatamente valutati, non assumono alcun significato probatorio in relazione alla contestazione. Si puo' dire, quindi, che l'impianto accusatorio del presente procedimento e' fondato sulle dichiarazioni rese in sede d'indagini dall'imputato di reato connesso, di tal che non puo' trovare applicazione nel caso in esame il disposto del comma 5 dell'art. 6, legge n. 267/1997. Legittima quindi e' stata, alla luce della normativa vigente, la declaratoria di inutilizzabilita' delle menzionate dichiarazioni. Senonche', l'applicazione della normativa transitoria di cui all'art. 6, comma 1, legge n. 267/1997 appare in contrasto con il principio sancito dall'art. 3 della Costituzione. In particolare il comma 1 della norma citata determina disparita' di trattamento tra imputati sottoposti ad indagini preliminari in corso all'entrata in vigore della predetta normativa che subiscono gli effetti di un incidente probatorio tempestivamente richiesto e imputati in relazione ai quali a tale momento e' gia' iniziato il dibattimento. La norma determina altresi' disparita' di trattamento tra imputati che subiscono gli effetti delle dichiarazioni precedentemente rese dai coimputati, irripetibili oralmente per sopravvenuta impossibilita' di ripetizione dell'esame (ad esempio morte del coimputato), e imputati che non subiscono tali effetti per il rifiuto dei coimputati a rispondere (rifiuto che rappresenta altra causa sopravvenuta); nel primo caso il giudice conosce e valuta le dichiarazioni precedentemente rese dai coimputati, (art. 192, comma 3, c.p.p.), nel secondo caso no. Ed ancora la normativa richiamata si appalesa in contrasto con l'art. 3 della Costituzione nella parte in cui (comma 5) prevede che le dichiarazioni rese in sede d'indagini preliminari possono essere utilizzate solo se riscontrate da altri elementi di prova presenti nel processo che non siano dichiarazioni rese alla p.g., al p.m., al g.i.p. da parte di soggetti che si siano avvalsi della facolta' di non rispondere: e' evidente l'irragionevole discriminazione tra imputato raggiunto da dichiarazioni d'imputato di reato connesso il cui contenuto trovi riscontro in fonti di prova irripetibili, anche di natura dichiarativa ma in relazione alle quali non scatti il divieto della normativa transitoria (es. atti di cui all'art. 512 del c.p.p.), e l'imputato raggiunto da dichiarazioni d'imputato di reato connesso riscontrate da altre dichiarazioni irripetibili per l'esercizio del diritto di non rispondere. Ed infine, e' indubitabile che in base alla normativa vigente le dichiarazioni precedentemente rese dalle persone di cui all'art. 210 del c.p.p. nei cui confronti sia disposto un nuovo esame ex art. 6, comma 2, legge n. 267/1997 siano soggette a canoni valutativi piu' restrittivi rispetto a quelli di cui all'art. 192, comma 3 del c.p.p., riservati al giudizio delle dichiarazioni precedentemente rese dalle persone indagate ex art. 210 del c.p.p., che siano state sottoposte per la prima volta ad esame successivamente all'entrata in vigore della legge n. 267/1997 e si siano avvalse della facolta' di non rispondere, pur venendo i soggetti esaminati nell'ambito del medesimo procedimento penale. Poiche' nel caso in esame, di fatto trova applicazione la nuova normativa dettata dall'art. 513, comma 2 del c.p.p., i dubbi di costituzionalita' teste' illustrati in riferimento alla normativa transitoria sono riferibili anche alla predetta norma del codice di rito ed in riferimento a questa si intendono richiamati. Piu' in generale, si ritiene inoltre che la normativa da ultimo menzionata contrasti con il principio costituzionale dell'obbligatorieta' dell'azione penale che impone non solo l'elevazione dell'imputazione, ma anche la necessaria sottoposizione al giudice di tutte le fonti di prova legittimamente raccolte, affinche' sia il giudice sulla base di quelle prove a condannare od ad assolvere. La nuova formulazione dell'art. 513 del c.p.p., rende di fatto la prova disponibile compromettendo i principi di uguaglianza e di obbligatorieta' dell'azione penale. La normativa, consente infatti all'imputato disponendo della prova a suo carico di disporre indirettamente dell'oggetto stesso del processo in violazione degli artt. 3 (lede il principio di parita' tra accusa e difesa), 101 (disattende il principio della sottoposizione del giudice alla sola legge e del libero motivato apprezzamento del giudice), 102 (impedisce al giudice di esercitare razionalmente la funzione giurisdizionale in quanto gli impedisce una compiuta conoscenza delle circostanze su cui deve pronunciarsi) e 112 (vanifica il principio dell'obbligatorieta' dell'azione penale dando rilevanza a scelte discrezionali delle parti).