LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE
   Ha  emesso la seguente ordinanza sul ricorso n. 882/1997 depositato
 il 15 dicembre 1988, avverso avv. di accert. n.  3630003824  Irpef  +
 Ilor,  91,  contro  imposte  dirette  di  Piacenza da Rossi Pasquale,
 residente a Vigolzone (Piacenza),  in  loc.  Cabina,  11,  difeso  da
 Antonini  Zambelli  avv.  Gian  Piero,  residente  a Piacenza, in via
 Garibaldi  n.  23  e  Tagliaferri  Liliana  residente   a   Vigolzone
 (Piacenza), in loc. Cabina, 11, difeso da Antonini Zambelli avv. Gian
 Piero, residente a Piacenza in via Garibaldi n. 23;
   Rossi  Pasquale  nato  a  Podenzano  (Piacenza)  il  31 marzo 1929,
 residente a Vigolzone (Piacenza),  loc.  Cabina  n.  11,  Tagliaferri
 Liliana  nata  a Vigolzone (Piacenza) il 1 novembre 1932, residente a
 Vigolzone, loc. Cabina n. 11, con atto notificato in data 18 novembre
 1997, ricorrevano avverso l'avviso di accertamento  emesso  dall'uff.
 distrettuale  delle  imposte  dirette  di  Piacenza, notificato il 20
 settembre 1997,  relativo  all'Irpef  e  all'Ilor  per  l'anno  1991,
 sostenendo  la  illegittimita'  del  provvedimento  e  la conseguente
 declaratoria di nullita'.
   Esponevano che con  contratto  di  locazione  per  uso  commerciale
 registrato  all'ufficio  del  registro  di Piacenza in data 9 ottobre
 1990 al n.  3215 avevano concesso in locazione alla ditta Agro Export
 s.r.l.  con sede in Piacenza, via Roma n. 35, un  fabbricato  ad  uso
 commerciale posto in Piacenza, via Arata n. 20 per il canone annuo di
 L. 9.500.000 e per la durata di anni sei.
   La  societa'  locatrice  aveva  pagato  il canone relativo al primo
 semestre 1 ottobre 1990-1 aprile 1991, ma  alle  successive  scadenze
 era  rimasta  inadempiente  ed  essi  proprietari  e  locatori  erano
 rientrati in possesso dell'immobile  nel  1992,  dopo  aver  ottenuto
 titolo  esecutivo  per  l'escomio;  ma  i  canoni  pregressi relativi
 all'anno 1991, non erano stati pagati.
   In  conseguenza  alla mancata corresponsione dei suddetti canoni, i
 ricorrenti avevano ritenuto legittimo escludere dalla dichiarazione i
 redditi  locatizi  previsti  nel  contratto  di  locazione,  ma   non
 percepiti,  limitandosi a denunciare la rendita catastale dell'unita'
 locata.
   Alla  pubblica  udienza,  le  parti,  in   sede   di   discussione,
 confermavano  le  istanze,  eccezioni  e deduzioni gia' formulate nei
 precedenti atti difensivi.
   La commissione si riservava la decisione, ai  sensi  dell'art.  35,
 comma 2, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546.
                               In diritto
   Le norme delle quali, nella fattispecie, deve farsi applicazione in
 relazione all'anno contestato sono l'art. 23, comma 1, del d.P.R.  22
 dicembre  1986,  n.  917 (testo unico delle imposte dirette) il quale
 stabiliva nel 1991, e stabilisce anche  attualmente  che  "i  redditi
 fondiari concorrono, ''indipendentemente dalla percezione'' a formare
 il  reddito  complessivo  dei  soggetti che possiedono gli immobili a
 titolo di proprieta', enfiteusi,  usufrutto  o  altro  diritto  reale
 (...) per il periodo d'imposta in cui si e' verificato il possesso".
   Nell'ambito  dei  redditi  fondiari,  il reddito dei fabbricati, in
 virtu' dell'art. 33, comma  1,  del  testo  unico  citato  (anch'esso
 invariato  rispetto  al  testo  vigente nel 1991), "e' costituito dal
 reddito medio ordinario ritraibile  da  ciascuna  unita'  immobiliare
 urbana".
   Ancora,  in base al successivo art. 34, comma 1, tale reddito medio
 ordinario  "e'  determinato  mediante  l'applicazione  delle  tariffe
 d'estimo,  stabilite  secondo  le  norme  della  legge  catastale per
 ciascuna categoria e classe".
   A sua volta, l'art. 134, comma 2, del testo unico in  esame,  nella
 versione  in  vigore  nel 1991 (cioe' antecedentemente all'entrata in
 vigore della legge 30 dicembre 1991, n. 413), stabiliva che  "qualora
 il  canone risultante dal contratto di locazione ridotto di un quarto
 sia superiore alla rendita catastale aggiornata per oltre  un  quinto
 di  questa,  il  reddito  e'  determinato in misura pari a quella del
 canone di locazione ridotto di un quarto".
   La medesima ratio, ispira la disposizione attualmente vigente,  che
 e'  stata  introdotta  dalla  legge 30 dicembre 1991, n. 414 e che ha
 modificato, introducendovi un comma 4-bis, l'art. 34 del d.P.R.    22
 dicembre  1986,  n. 917: essa prevede che se il canone risultante dal
 contratto di locazione, ridotto forfettariamente del 15% e' superiore
 al reddito medio ordinario determinato mediante l'applicazione  delle
 tariffe di estimo, il reddito sia determinato in misura pari a quella
 del canone di locazione al netto di quella riduzione.
   Senza  dubbio  la proposta questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 23, comma 1, del d.P.R. 22  dicembre  1986,  n.  917  (t.u.
 imposte dirette), merita di essere esaminata, anche in considerazione
 della  rilevanza  sociale  della  questione,  in  ordine  alla  quale
 registriamo un intervento della Camera dei deputati che, a seguito di
 ordine del giorno del deputato Ballaman,  nella  seduta  14  novembre
 1996,  con  il parere favorevole del Ministro delle finanze Visco, ha
 impegnato il Governo a modificare la normativa vigente; e' di  questi
 giorni (Il Sole 24 Ore del 29 maggio 1998) l'emendamento del deputato
 Zapetti,  in  Commissione  della  Camera in sede referente, votato da
 maggioranza  e  minoranza,  inteso  a  escludere  dal pagamento delle
 imposte  sul  reddito   i   canoni   non   riscossi   per   morosita'
 dell'inquilino.
   1. - Il primo motivo di contrasto con la Costituzione e' certamente
 ravvisabile  nella  violazione  del principio contenuto nell'art. 53,
 comma 1, della Costituzione.
   Secondo una consolidata giurisprudenza della Corte  costituzionale,
 il  principio  di capacita' contributiva richiede il collegamento con
 una situazione economica effettiva.
   Gia' nella sentenza n. 50 del 1965, la Corte,  con  riferimento  al
 concetto  di  capacita'  contributiva, affermava: "il riferimento del
 presupposto d'imposta alla sfera dell'obbligato deve risultare da  un
 collegamento  effettivo  e ad un indice effettivo deve farsi capo per
 determinare la quantita' dell'imposta che  da  ciascun  obbligato  si
 puo' esigere".
   La   capacita'   contributiva   di   cui  tratta  l'art.  53  della
 Costituzione fa dunque riferimento ad una attitudine  effettiva,  che
 esista in concreto, che sia certa ed attuale.
   Ed  invero,  l'art.  23,  comma  1, d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917
 prescrive che il reddito fondiario, quale risultante dal contratto di
 locazione (art. 134) "indipendentemente della percezione" concorre  a
 formare il reddito complessivo del soggetto che possiede l'immobile.
   Se  dunque,  la  disposizione  dell'art.  23, comma 1, sancisce una
 presunzione assoluta  di  redditivita'  dell'immobile  locato,  anche
 quando  il  canone  non  sia  stato percetto, a causa della morosita'
 dell'inquilino,  e'  evidente  che  viene  vulnerato   il   principio
 dell'art.   53 della Costituzione, secondo il quale ciascun cittadino
 concorre  alle   spese   pubbliche   in   ragione   della   capacita'
 contributiva.
   2.  -  La automaticita' del principio contenuto nell'art. 23, comma
 1, sembra escludere che il contribuente  possa  tutelarsi  contro  la
 pretesa     dell'A.F.    ricorrendo    a    disposizioni    immanenti
 nell'ordinamento.
   Infatti,  manca  un  procedimento  specularmente  corrispondente  a
 quello  previsto  dall'art. 23 del t.u. sulle imposte dei redditi che
 al comma 2, dispone che "In caso di perdita, per eventi naturali,  di
 almeno  il  trenta per cento del prodotto ordinario del fondo rustico
 preso a base per la formazione delle  tariffe  d'estimo,  il  reddito
 dominicale,  per  l'anno  in  cui  si  e'  verificata  la perdita, si
 considera inesistente", ovvero a quello previsto dall'art. 66,  comma
 3,  t.u.,  che  detta  i  criteri per la deducibilita' del reddito di
 impresa delle perdite su crediti, se il debitore  e'  assoggettato  a
 procedure concorsuali.
   Ma,  nella ipotesi che si ritenesse che, nonostante la prescrizione
 contenuta nell'art. 23, comma  1,  il  cittadino  ha  pur  sempre  la
 facolta'  di contrastare la pretesa del fisco in sede contenziosa, in
 questo caso sussisterebbe un autonomo motivo  di  incostituzionalita'
 della  norma citata, in relazione all'art. 24 della Costituzione, che
 garantisce la inviolabilita' del diritto di difesa, essendo  evidente
 la  onerosita'  e  la  difficolta'  alle  quale il cittadino andrebbe
 incontro per riuscire a provare  la  mancata  percezione  del  canone
 locatizio  che  la norma citata gli impone di dichiarare nella misura
 enunciata nel contratto di locazione, ancorche' non percepita.
   3.  - Il combinato disposto degli artt. 23, comma 1, 33 e 34, comma
 1, 134, comma 2, d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, realizza inoltre la
 violazione  dell'art.  3  Cost.,  essendo  irragionevole  la   scelta
 legislativa,   derivante   dal   complesso   delle   norme  impugnate
 (l'irrilevanza fiscale della morosita' del  conduttore)  per  effetto
 della  quale  e'  prescritta  la  tassazione  di un reddito meramente
 fittizio, qualora, come nel  caso  in  esame,  il  contratto  si  sia
 risolto in corso di anno e i canoni non siano stati riscossi.
   Da un secondo punto di vista, il combinato disposto citato realizza
 la  violazione  dell'art.  3 Cost. sotto il profilo della lesione del
 principio di uguaglianza.
   Viene infatti a manifestarsi una evidente disparita' di trattamento
 tra il contribuente che non puo' piu' percepire i canoni di locazione
 perche' il contratto si e' ormai risolto e che viene comunque tassato
 sulla base di questo maggior  reddito  indicato  in  contratto  e  il
 contribuente possessore di un immobile il cui reddito sia determinato
 sulla base della rendita catastale.
   Infatti,  in base agli artt. 19 e 20 del d.P.R. 1 dicembre 1949, n.
 1142 (Approvazione  del  regolamento  per  la  formazione  del  nuovo
 catasto   edilizio  urbano),  per  la  determinazione  della  rendita
 catastale il reddito lordo annuo va depurato  da  tutte  le  spese  e
 perdite   eventuali,  e  tra  queste  ultime  vengono  esplicitamente
 menzionate (art. 20 cit.)  "le rate di fitto dovute e non pagate".
   Cio' significa che, ai fini della determinazione  del  reddito  dei
 fabbricati, laddove risulti applicabile il criterio del reddito medio
 ordinario,  il  contribuente  subisce  una tassazione che tiene conto
 delle perdite subite: le esigenze erariali di certezza del gettito  e
 di   semplificazione   si   arrestano   di   fronte   alla   garanzia
 dell'effettivita'  del  reddito,  e   all'esigenza,   imposta   dalla
 Costituzione  (art.  53,  comma  1), che ciascuno concorra alle spese
 pubbliche in ragione di una reale e non meramente fittizia  capacita'
 contributiva.
   La  Corte  costituzionale  ha  ritenuto  conforme a Costituzione la
 determinazione del reddito dei  fabbricati  operata  sulla  base  del
 sistema  catastale  (sent. n. 16 del 1965), ma ha piu' volte chiarito
 che le esigenze erariali  non  possono  condurre  al  sacrificio  del
 diritto  del  contribuente  alla prova della effettivita' del reddito
 soggetto all'imposizione.
   Ora, nel  caso  della  determinazione  del  reddito  da  fabbricati
 tramite  applicazione  della  rendita  catastale,  tale  diritto alla
 "prova dell'effettivita' del reddito" viene garantito  attraverso  la
 possibilita'  per  il  contribuente  di depurare il reddito lordo dai
 fitti dovuti ma non corrisposti.
   Nel caso invece della determinazione del reddito "effettivo"  (art.
 134,  comma  2,  t.u.i.r.)  sulla  base  del  canone  risultante  dal
 contratto, al contribuente  non  e'  garantito  il  medesimo  diritto
 nemmeno quando il contratto di locazione si sia risolto per una causa
 a lui non imputabile, e cioe' per la morosita' del conduttore.